No, a mente fredda, non vi dirò che “Open to Meraviglia” è una campagna orrenda
La campagna sulla meravigliosa Venere botticelliana trasformata in influencer ha generato in pochi giorni fiumi di parole, analisi, dibattiti, scontri, forse qualche rapporto di stima compromesso, come sempre accade quando qualcuno che riteniamo esperto almeno quanto noi non ha esattamente il nostro stesso punto di vista. Perché quello è il principio dei Lovemark, come lo codificò Kevin Roberts, storico CEO dell’agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi: ci immedesimiamo e riponiamo fiducia nel marchio che amiamo. Quindi se un Paolo Iabichino o un Massimo Guastini, entrambi a vario titolo “guru della pubblicità” (cito due amici a caso, solo perché sono essi stessi intrinsecamente lovermark) dissentono dal nostro sentire, quale che esso sia in un dato momento, per qualcuno si rischia di rompere l’incanto.
In ogni caso, ora che il rumore di fondo si è un poco placato, e al netto del rispetto comunque dovuto a chi a quella campagna ha lavorato, ci tenevo a condividere con voi qualche riflessione. Che la brillante (sic!) campagna pubblicitaria dell’ENIT (Agenzia Italiana per il Turismo, ex Ente Nazionale Italiano del Turismo) ideata allo scopo di promuovere il Belpaese – la cui video-presentazione com’è noto è stata realizzata con immagini stock acquistate on-line e filmati girati in Slovenia, tanto che il Governo ha poi deciso di rimuoverla dal sito web dell’iniziativa – fosse così divisiva, neppure gli autori l’avrebbero forse mai previsto, e fin qui ci siamo.
Non desidero però aggiungere altri fiumi di inchiostro a quelli già versati, perché tutti – ma proprio tutti – quelli che conosco e che operano nel settore della comunicazione e delle relazioni pubbliche (e in 30 anni di lavoro in quei dintorni ne ho conosciuti parecchi), e con loro molti che non conosco, hanno giustamente già preso la parola sulla Venere, sul suo viso, sul payoff, sui 9 milioni investiti, sul tone-of-voice generale delle campagna, sul tone-of-voice specifico della lettera di spiegazioni dell’agenzia Testa che la campagna l’ha ideata, sulle uscite della Ministra Santanché, e via discorrendo. A volo d’uccello: Filippo Giustini, che registra il dominio del payoff della campagna, Open to Meraviglia appunto, perché il Governo si è dimenticato di farlo, e provocatoriamente lo fa puntare alla sua agenzia MarketingToys (geni!); Luca La Mesa, che critica da subito l’iniziativa per la sciatteria della confezione e per molto altro, e ha in larga parte ragione; Matteo Flora, che si affida a Chat GPT e commissiona una Venere che esce molto più affascinante di quella malamente copia-incollata dal quadro ideata dall’Agenzia Testa (e dagli torto); Selvaggia Lucarelli, che denuncia gli orrendi errori grammaticali e di traduzione sul sito web della campagna, e certo che ha due volte ragione; Daniele Chieffi, che con garbata fermezza commenta (fa a pezzi, in realtà) la lettera di spiegazioni (giustificazioni?) dell’Agenzia Armando Testa pubblicata a pagina intera sul Corriere della Sera, evidenziando quel tono supponente da Marchese del Grillo (cit: “Io so’ io, e voi nun siete n’caxxo”) e – come al solito – come non essere d’accordo con Daniele; Massimo Guastini, che invece riporta le parole di un suo collega direttore creativo che ha detto “viva Testa che ha preso la parola” (qui, meno d’accordo, Massimo non me ne volere, perché è vero che dovevano prendere la parola, ma nessuna buona prassi di crisis management suggerisce di far passare per idioti i tuoi interlocutori…), e con lui Giovanna Cosenza, che lucidamente dice cosa le piace e cosa no dell’annuncio di Testa, ma si tradisce quando scrive che “è la migliore possibile” (non è vero, Prof!); Luciano Floridi, che prende a sua volta la parola con un provocatorio appello ai creativi (“donate due idee per amor di patria); e potremmo continuare davvero a lungo, con le scuse per i tanti che per ragioni di spazio non posso citare, pena la noia del lettore.
Quindi se tutto è già stato detto su questa discussa campagna, su cosa ci sarebbe ancora, forse, da scrivere…? Beh, sulla sciatteria, darling.
La sciatteria di chi – sapendo di esporsi al giudizio della pubblica opinione, com’era tanto prevedibile quanto inevitabile – non ha istituito un comitato scientifico di specialisti delegando loro la scelta di una proposta creativa sulla base di un brief chiaro, nel rispetto di un perimetro estetico e semantico ben definito, e con caratteristiche pubblicizzate in modo trasparente, sgravandosi così da specifiche responsabilità. Si chiama pre-crisi, bellezza, e si insegna al primo anno di università.
La sciatteria di chi quella gara non l’ha messa a bando, con lo strattagemma di mantenerla giusto un pelo al di sotto della soglia che avrebbe fatto scattare l’obbligo di attivare una gara pubblica, perché, si sa, i cittadini sono coglioni, e quindi è da coglioni che bisogna continuare a trattarli; dimenticando (ignorando?) che l’autenticità è il secondo pilastro del reputation management, come codificato in letteratura, e varare un progetto con a monte un trucchetto non aiuta certamente la creazione di quella fiducia che è fattore indispensabile per costruire buona reputazione.
La sciatteria di chi ha deciso (perché qualcuno l’ha deciso…) di presentare una campagna pubblicitaria ancora in bozza (perché questa è stata la scusa per gli errori marchiani di traduzione, “è ancora in bozza”… e allora perché la presenti al pubblico?). Sappia l’autore di questa giustificazione – sciatta di per sé, appunto – che la scusa del tipo “non sapevo, non c’ero, se c’ero dormivo e comunque non è colpa mia” è una palese ed eclatante violazione di una delle norme fondamentali della comunicazione di crisi, quindi anche in questo caso c’è da tornare sui banchi a studiare.
La sciatteria – ancora – di chi permette all’agenzia Testa di rispondere pubblicamente con una pagina intera su un quotidiano nazionale, con un messaggio provocatorio, dicendo a mezza Italia (anzi, più di mezza, a giudicare il sentiment non propriamente positivo registrato sulla campagna…) “siete degli incompetenti, solo noi ne capiamo qualcosa”, perché è davvero svilente semplificare tutto così; e se la pagina l’avete pubblicata di vostra iniziativa, cari eredi di Armando Testa, è un grave sgarbo istituzionale, se invece era concordata o autorizzata dal Ministero è un’ulteriore dimostrazione di ignoranza dei meccanismi più elementari della comunicazione efficace, tertium non datur.
La sciatteria – anche – di chi sbandiera “9 milioni di investimento”, e di chi per contro critica tale presunto spreco di denaro pubblico: ebbene, in realtà si tratta di cifre semplicemente ridicole per una campagna di nation branding sui principali mercati internazionali: quante nazioni pretenderemmo di coprire con i denari a mala pena sufficienti per una campagna pubblicitaria decente al Festival di Sanremo?
Infine, la sciatteria di chi pare aver comprato account fake per pubblicare commenti farlocchi di “complimenti” in calce ai post Social della suddetta campagna (che se fosse successo davvero sarebbe uno scandalo peggio della campagna di per se…); e – come non sottolinearlo – la sciatteria, e davvero concludo, di chi dalle parti di Via di Vila Ada (sede del Ministero del Turismo, ndr) ha strombazzato ingenuamente online, ieri l’altro, festeggiando le 265.000.000 view “prima ancora che la campagna venga lanciata” (cit), come se il sentiment in larga parte negativo fosse un dettaglio (ancora con il “bene o male, purché se ne parli”…? Ma il modello Press agentry è di fine ‘800!) e come se rilevassero in qualche modo le view tutte nostrane/italiane di una campagna che in teoria dovrebbe essere esclusivamente indirizzata all’estero, fuori dai confini nazionali.
Impossibile non notare allora – ne scrivevo in un’analisi pubblicata in epoca non sospetta – come le aziende abbiano da tempo compreso il valore enorme generato dalla costruzione di buona reputazione nel medio-lungo termine, mentre la politica pare muoversi in senso esattamente opposto, in preda ad un’ottusa coazione a ripetere gli errori nel tentativo di accaparrarsi facili consensi. Il sintomo più allarmante di questa “malattia”, che in un’intervista all’Harvard Business Review l’economista Stefano Zamagni definì “shortermismo”, ovvero ossessione per i risultati di breve periodo, lo riscontriamo anche nel pericoloso calo di adesione dei cittadini alla vita pubblica, con oltre il 40% degli aventi diritto al voto che sistematicamente disertano le urne. La reputazione è un asset che si costruisce nel tempo assieme ai propri pubblici, per durare nel tempo, ed essere “scambiata” con una più ampia licenza di operare: la verità è che la scelta dei politici di ignorare sistematicamente le best practices in materia di reputation management sta continuando a bruciare il loro capitale reputazionale, prova ne sia che, in Italia, i politici in genere godono di pessima reputazione.
Tornando alla campagna della Venere, cara Ministra Santanché, casomai Le fosse sfuggito, seppure con inspiegabile ritardo al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione è stata attivata da un paio d’anni una nuova Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, guidata dall’Ambasciatore Pasquale Terracciano, diplomatico di lungo corso e grande esperienza, con l’obiettivo di rendere il “soft power italiano” uno strumento sempre più efficace di influenza e costruzione di un consenso globale attorno al “brand Italia”: comunicazione, progetti di diplomazia culturale, dialogo costante con il mondo dei mass-media e promozione del sistema Italia tramite una narrazione moderna, coerente e integrata. Lo so, la competenza sull’incoming è vostra come Ministero del Turismo, e il mandato di Terracciano è più ampio e strategico. Tuttavia, la prossima volta – ascolti un consiglio non richiesto, Ministra – date un colpo di telefono in Farnesina e fatevela una pausa pranzo con loro, per chiarirvi le idee: tutto sommato al Circolo sul Lungo Tevere non si mangia malissimo, e – soprattutto – agli Esteri ci sanno fare, davvero, e da sempre. Magari vi eviteranno altre figuracce tremende.
AGGIORNAMENTO del 12/06/23 h 19:51: da fonti che ritengo assai affidabili (diciamo di prima mano), ho appreso con un certo sconcerto che l’idea creativa alla base di questa campagna, già di per se assai criticata, è stata per giunta “riciclata” dall’Agenzia Armando Testa da un precedente bando, perso dall’agenzia stessa nel 2021 e vinto da concorrenti della AT. Ho quindi contattato l’agenzia chiedendo conferme (o smentite), e mi ha (non) risposto il responsabile relazioni esterne, come segue: “Gentile Prof . Poma, la ringrazio per la sua email. Ci dispiace se un nostro collaboratore ha diffuso materiale di proprietà dell’agenzia ma non lo riteniamo un problema . Cordiali saluti, Nini Collini”. Ad ognuno le proprie conclusioni…
AGGIORNAMENTO del 16/08/23 h 15:43: è release la campagna di promozione turistica destinata all’estero confezionata dal Ministero del Turismo francese, una (pur indiretta) risposta “a tono” all’iniziativa italiana della Venere Influencer. Stile straordinario, eleganza, colori, emozione: in poche parole, Francia 1/Italia 0. Potete vedere la clip qui…