Il giorno della Tassonomia verde Ue: che cosa è, perché è importante, le divisioni politiche su nucleare e gas, la bocciatura dei tecnici e la strategia dell’Italia
E venne il giorno. Quello in cui la Commissione europea adotterà il secondo e attesissimo atto delegato che, insieme a una serie di altri atti delegati, dovrebbe definire nel dettaglio il regolamento sulla Tassonomia verde europea, che dice agli investitori privati cosa sia ‘sostenibile’ e cosa non lo sia. Solo che questo secondo atto ha spaccato l’Europa, divisa tra i Paesi che sostengono l’inclusione di gas e nucleare nella Tassonomia e quelli che vi si oppongono. In realtà da mesi si assiste a una diatriba tra la Germania, sfavorevole all’inserimento dell’energia dell’atomo e la Francia, che ricava dai reattori nucleari quasi il 70% dell’energia. Nei giorni scorsi, la commissaria Ue responsabile del dossier, l’irlandese Mairead McGuinness, ha già anticipato che saranno possibili solo “piccole modifiche” rispetto alla bozza inviata il 31 dicembre ai Paesi membri. Nelle ultime ore la conferma: “Vi sarà una modifica, non una riscrittura” della bozza che ha aperto le porte sia al gas (“combustibile fossile, ma molto meglio del continuo uso di carbone sporco”) sia al nucleare. Con dei paletti, ritenuti però insufficienti anche dal Gruppo sulla finanza sostenibile (Platform for Sustainable Finance), il gruppo di esperti istituito dall’Unione europea per stilare la lista di attività green.
La Tassonomia verde
Per raggiungere, infatti, gli obiettivi climatici che si è posta l’Ue – la riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030 e la neutralità climatica al 2050 – non bastano i fondi pubblici, come quelli del Next Generation EU, ma è necessario anche l’intervento dei privati. Da qui la necessità di un sistema di classificazione che faccia da faro alle imprese da un lato, agli investitori dall’altro. Il regolamento sulla Tassonomia Verde è entrato così in vigore il 12 luglio 2020. Sei gli obiettivi climatici: mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine, transizione verso l’economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento, protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi. Per rientrare nella Tassonomia Verde, dunque, un’attività dovrebbe contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali e non produrre impatti negativi su nessuno degli altri target (oltre a rispettare le garanzie sociali minime).
Il primo atto delegato
Il vero nodo, però, sono proprio gli atti delegati che devono fissare i criteri tecnici da seguire per stabilire quali siano le attività sostenibili. Il primo atto delegato, che riguarda gli obiettivi della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici, è stato pubblicato dalla Commissione il 21 aprile 2021. Dopo una prima bozza respinta da Polonia, Romania, Bulgaria, Slovacchia, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria e Malta, l’atto è stato approvato il 9 dicembre scorso. Tra i vari settori, tra cui energia, trasporti, edilizia e attività manifatturiere, include il 40% circa delle imprese quotate in borsa. Senza contare il tentativo di inserire tra le attività sostenibili anche la produzione di armi, portato avanti da Leonardo spa, la società che si occupa di tecnologie spaziali, di difesa e di armamenti, il cui maggior azionista è il ministero dell’Economia con una quota di circa il 30% e dove il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha lavorato a capo della divisione tecnologica e innovazione. Tornando all’atto delegato, il documento ha stabilito un limite alle emissioni di CO2 per le attività energetiche di 100 grammi CO2e/kWh (considerando le emissioni dirette e indirette), sospendendo la decisione su gas e nucleare, cuore del secondo atto delegato.
La spaccatura in Ue
Nel frattempo, però, sul tema si è scatenato il dibattito tra i Paesi dell’Unione. In questi mesi si è parlato anche di una sorta di patto tra Italia, interessata a far includere il gas e Francia, impegnata a promuovere il nucleare. Poi la Commissione ha iniziato a scoprire le carte. Già a ottobre 2021, la presidente Ursula von der Leyen (di cui era nota la posizione a favore dell’energia dell’atomo) ha espresso per la prima volta in modo chiaro la direzione che si stava prendendo: “Abbiamo bisogno di più rinnovabili, ma anche di una fonte stabile, il nucleare e del gas”. Negli stessi giorni 12 Paesi (Francia, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Romania) hanno inviato una lettera alla Commissione Ue chiedendo l’inserimento del nucleare nella Tassonomia. Poi c’è stata la Cop 26 di Glasgow, dove Germania, Austria, Lussemburgo, Danimarca e Portogallo hanno firmato una dichiarazione congiunta contro l’inserimento dell’energia dell’atomo. Un vero e proprio scontro che non si è mai fermato.
Il secondo atto delegato
Alla fine, il 31 dicembre, è arrivata la bozza del secondo atto delegato. Per quanto riguarda il nucleare, la Commissione europea la considera una fonte energetica necessbaria durante la transizione verso la neutralità climatica. Con dei paletti: si darebbe il via libera a progetti realizzati entro il 2045 per cui si dimostri di avere un impianto di smaltimento delle scorie operativo entro il 2050 e a condizione che si rispettino i più alti standard di sicurezza, imposti dai trattati internazionali. Solo che, ad oggi, non è ancora chiaro quali siano gli impianti da considerare sicuri, senza pensare alla quarta generazione di cui molto si parla, ma che non può vantare ancora nessun reattore commerciale in funzione. Per intenderci, quello entrato in funzione a dicembre 2021 in Cina, dopo 10 anni di lavori, è un reattore dimostrativo. E anche in Italia, pur cambiando politica e inserendo l’acceleratore, i reattori commerciali non potrebbero mai entrare in funzione entro il 2030. Porte aperte anche per il gas. In questo caso, i nuovi progetti per impianti a gas dovrebbero essere approvati entro il 31 dicembre 2030. Sarebbero considerate ‘sostenibili’ le centrali a gas con un limite di emissioni (ma solo dirette) di 270 grammi di CO2 equivalente per kWh oppure che emettano sotto i 550 chilogrammi di CO2 equivalenti per kW di potenza installata, in media, nei prossimi 20 anni. In pratica, il limite non è sulla sostenibilità o meno dell’impianto in sé, ma ci si affida a un suo minore utilizzo per arrivare a una conseguente riduzione delle emissioni. Altra alternativa prevista nella bozza è la sostituzione graduale del gas fossile, come carburante della centrale, con un altro carburante a bassa intensità di carbonio, come biogas o idrogeno. Con degli step di miscelazione al 2026 e al 2030 (modificati nella versione definitiva) e la sostituzione totale entro il 2036.
Le ultime prese di posizione
La bozza non ha fatto che alimentare polemiche e accuse. Intanto il dossier del gruppo di esperti istituito dall’Unione europea per stilare la lista di attività green (Platform for Sustainable Finance), ha bocciato il secondo atto delegato, come ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Luca Bonaccorsi, direttore della Finanza Sostenible dell’ong Transport&Enviroment e tra gli autori del rapporto. Oltre alla Germania, in una lettera pubblica hanno ribadito il loro “no al nucleare” anche Spagna, Danimarca, Lussemburgo e Austria. Questi ultimi due Paesi hanno anche minacciato di ricorrere alla Corte di giustizia dell’Ue. Nel frattempo, l’Italia (che non si è mai esposta ufficialmente sul gas, limitandosi a strizzare l’occhio a Parigi con diverse dichiarazioni) ha inviato a Bruxelles un documento, concentrandosi sugli affari più cari a Roma, quelli legati al gas. Nel documento, il governo Draghi ha valutato come troppo stringenti i limiti previsti nel secondo atto delegato per riconoscere come ‘verdi’ gli impianti. Secondo l’Italia, la soglia di emissione di Co2/kWh dovrebbe essere alzata a 340 grammi, oppure si dovrebbe consentire di mantenere una media annuale di 750 chilogrammi di Co2/kWh calcolata su vent’anni. Non la pensa così, evidentemente, il presidente della Banca europea per gli investimenti, Werner Hoyer. “Il fatto che alcuni investimenti siano possibili non vuol dire che occorra farli” ha detto, ribadendo che non c’è alcuna intenzione di investire sul nucleare e manifestando perplessità anche sui criteri inseriti per il gas. In Italia, sulla stessa linea, Banca Etica. “Mai ci saremmo aspettati una soluzione finale così al ribasso che inserisce tra le attività finanziabili anche gas e nucleare” ha commentato la presidente Anna Fasano, annunciando che “il gruppo continuerà a distinguersi con politiche di investimento più rigorose e selettive per portare un vero cambiamento nel sistema economico”.
Cosa accadrà
Dopo l’adozione da parte della Commissione, toccherà a Parlamento e Consiglio Ue pronunciarsi sul testo. I due organi avranno tra i quattro e i sei mesi di tempo per approvarlo o respingerlo (non potranno emendarlo). Per bloccare l’atto delegato al Consiglio è necessaria una maggioranza qualificata di Paesi contrari, ossia almeno 20 stati rappresentanti il 65 per cento della popolazione europea. Al Parlamento Ue, invece, servirebbe la maggioranza assoluta dei suoi componenti, vale a dire 353 europarlamentari. Il verdetto finale, quindi, è atteso per luglio 2022.