La vera rivoluzione del Bocciagate: basta Instagram per tenere in scacco premier e governo
Più di qualsiasi dichiarazione alle agenzie, discorso, nota stampa, intervista televisiva, poté un account Instagram. Si può controbattere praticamente in diretta ogni singola dichiarazione televisiva di un Presidente del Consiglio, costruendo una contronarrazione corredata da foto e documenti. Si può replicare all’intervista di un ministro riprendendone le singole frasi per smentirle, costringendo così i media tradizionali a dare spazio, più spazio alla tua contronarrazione, perché la notizia non è più ciò che i rappresentanti istituzionali dicono ma proprio il fatto che siano controbattuti da un account social. D’un colpo la narrazione la guida instagram e non le fonti ufficiali, costringendo interlocutori e media a inseguire.
Il caso del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e della imprenditrice Maria Rosaria Boccia ha d’un colpo reso tutti i tradizionali strumenti della comunicazione politica vecchi, lenti e superati, come un fax paragonato alla posta elettronica. Velocità, prontezza, capacità di ribattere tema su tema. La costruzione di una perfetta contronarrazione che utilizza codici e linguaggi nei quali siamo immersi ogni giorno: quelli degli influencers, dei brand. Una contronarrazione “visiva”, con un tempismo che è esso stesso un messaggio di capacità e forza, un abile uso di immagini, video, grafica, che costruisce un grande immaginario, un universo percettivo in grado di fagocitare le stanche interviste televisive, i polverosi articoli di giornale e le stantie dichiarazioni ufficiali.
Non è la prima volta che accade, a dir la verità. Nel 2015 fu Eni a rispondere a Report, ribattendo ogni singola affermazione di un servizio giornalistico su Twitter (l’attuale X) mentre la trasmissione andava in onda, guadagnando una grande copertura mediatica, ma è la prima volta che questo approccio viene utilizzato in ambito politico e con una tale forza. Sì, perché di approccio si tratta, anche in questo caso, anzi di una vera e propria strategia, così come fu una strategia quella di Eni nel 2015.
Basta analizzare la sequenza dei fatti. Un primo post, di ringraziamento per la nomina a “Consigliere del Ministro per i grandi eventi”, pubblicato dopo che la nomina stessa era stata bloccata. Un modo perfetto per mettere in difficoltà l’Istituzione, costretta a smentire, e un potente detonatore per innescare una conversazione social ad alta magnitudo mediatica. Poi una sequenza progressiva di scientifiche e documentalmente ben dotate smentite alle note ufficiali, che rispondono ai precedenti post, il che crea un progressivo interesse mediatico, sino all’interazione diretta con le affermazioni del presidente del Consiglio prima e del Ministro poi. Una sorta di tattica militare: attirare il nemico allo scoperto per ferirlo e attendere che arrivino i rinforzi in soccorso, per bersagliare anche quelli, in una continua escalation. Il risultato ulteriore è che persino le “truppe amiche” arrivino a chiedere che si smetta di mandare soldati allo scoperto: troppe perdite, il che, fuor di metafora, significa che persino i media più vicini al Governo sono costretti a non difendere il Ministro.
Fra gli addetti ai lavori e nelle chat che sempre più sono ciò che erano i “salotti” di qualche anno fa, si insinua sempre più il dubbio che ci sia “qualcuno che guida l’operazione”, proprio perché appare troppo ben costruita. Sia quel che sia, dopo l’affaire Sangiuliano-Boccia la comunicazione politica non sarà mai più la stessa. Quel che è accaduto dimostra in modo incontrovertibile che siamo in un’infosfera, nella quale ogni soggetto è interconnesso, interdipendente e in grado di guidare una narrazione, basta sapere come fare.
Che ci sia “qualcuno” dietro all’imprenditrice di Pompei o meno, rimane il fatto che una singola persona, con un semplice account Instagram è riuscita a mettere più in difficoltà il governo in carica di quanto non siano riuscite a fare le opposizioni, ottenendo un risultato “politico” clamoroso. Dall’altra parte ha dimostrato un evidente limite nella capacità delle strutture di comunicazione delle Istituzioni di comprendere il funzionamento dell’infosfera comunicativa e di mettere in atto le corrette strategie di contenimento e di gestione della crisi, la cui prima regola è non perdere mai il controllo della narrazione.
In ultimo, ma non per importanza, il pesante danno reputazionale che non investe solo il Ministro ma il Governo e le Istituzioni. Danno che poggia certo sul fatto in sé ma che è stato prodotto più dalla non gestione della questione che dalla questione in sé, dalla percezione delle Istituzioni messe sotto scacco da una singola persona e dal suo profilo Instagram e come sa bene chi si occupa di comunicazione e reputazione, la percezione conta più della realtà.