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Tesi di laurea: COME LA GESTIONE PROATTIVA DI UNA CRISI AZIENDALE PUÒ RAFFORZARE LA REPUTAZIONE: IL CASO GENIO IN 21 GIORNI

Libera Università Maria Assunta, Roma – Dipartimento di scienze umane
Corso di Laurea in Marketing & Digital Communication, Anno Accademico 2018 – 2019

COME LA GESTIONE PROATTIVA DI UNA CRISI AZIENDALE PUÒ RAFFORZARE LA REPUTAZIONE: IL CASO GENIO IN 21 GIORNI
How the proactive management of a firm’s distress may enhance its reputation: the case “Genio in 21 Giorni”

Tesi di Ludovica Russo – Relatore Prof. Luca Poma
A questo link, il testo integrale della Tesi (225 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

L’attività delle Relazioni Pubbliche è radicalmente cambiata rispetto ad un decennio fa, ogni utente è potenzialmente un critico e le informazioni diffuse dai media possono essere parzialmente influenzate dalle imprese che, a seguito dello sviluppo del consumer empowerment, trovano sempre più complesso poter gestire le relazioni su questi mezzi di comunicazione.

I social media sono gli artefici della selezione di notizie che hanno il potere di focalizzare l’attenzione del pubblico su un numero limitato di temi; infatti ad oggi quello che un tempo era “lo ha detto il Tg” è diventato “lo ho letto su Facebook”. Si pensi al recente clima di isteria collettiva generato dal coronavirus, che per tasso di mortalità si colloca poco al di sopra di una normale influenza.

Tramite i social media molto spesso vengono trasmessi involontariamente dei messaggi che possono essere soggetti a false interpretazioni da parte degli utenti e ad avere una risonanza non quantificabile che sfugge al controllo delle agenzie di Public Relations. Spesso i responsabili aziendali hanno una paura terribile delle crisi che si possono sviluppare online, non curanti che esse non sono determinate dalle critiche degli utenti bensì dalla gestione errata delle risposte.

La reputazione non è più definita esclusivamente da ciò che le imprese fanno o dicono ma da come gli stakeholder percepiscono e rispondono agli output dell’impresa; è fondamentale valorizzare i rapporti con i differenti pubblici e discriminarli tra di loro, al fine di elaborare una strategia di comunicazione differenziata, volta a migliorare la percezione che essi hanno dell’azienda.

Le organizzazioni che costruiscono le relazioni fondate sulla percezione di valori condivisi con i propri stakeholder, hanno maggiori possibilità di contare, in un momento di crisi, su un atteggiamento iniziale di fiducia e sull’allineamento dell’opinione pubblica alla posizione dell’azienda. Va da sé che non è sufficiente che le relazioni siano improntate su interessi reciproci degli interlocutori se l’azienda non mostra con i propri comportamenti che i valori professati, portanti dalla società in cui opera, governano realmente l’azienda. La capacità relazionale di un’organizzazione è il fattore che incide maggiormente sull’entità delle conseguenze derivanti da una crisi d’impresa, poiché in grado di trasmettere fiducia all’opinione pubblica; infatti le persone sono maggiormente disposte a perdonare un’organizzazione se legate da una relazione di fiducia con essa. Da ciò emerge l’importanza del Reputation Management, la sottocategoria delle Relazioni Pubbliche che si focalizza sulla comunicazione che alimenta la corporate image affinché essa rimanga positiva a lungo e sia fonte di vantaggio competitivo.

Nel corso degli anni ci sono stati molti eventi che hanno messo in luce come alcune organizzazioni abbiano più successo di altre sia nel rispondere che nel sopravvivere a eventi inaspettati e ad improvvisi cambiamenti di scenario. La realtà ha dimostrato che le organizzazioni incapaci ad ambientarsi al mutevole ambiente in cui operano e, che non riescono a rispondere adeguatamente agli eventi che le trascendono, sono destinate al declino.

Il sopraggiungere di minacce o di avversità ha condotto spesso le organizzazioni a risultati insoddisfacenti, a causa di una tendenza insita nella cultura organizzativa che è volta ad enfatizzare le soluzioni già note ed intraprese, invece di cercare tecniche di apprendimento che siano flessibili e adattabili in situazioni potenzialmente pericolose. La capacità di un’azienda di gestire con successo un evento critico è in parte connessa alla sua capacità di comunicare correttamente con i propri stakeholder, poiché per risultare credibile presso il pubblico essa deve dimostrarsi affidabile, assumendosi certe responsabilità.

Certamente l’uso della sola comunicazione non è sufficiente per gestire una situazione di crisi in modo efficiente, in quanto vi è un insieme di fattori che bisogna considerare per prevenire, combattere e ridurre i danni provocati da un evento critico. Il crisis management è quel processo che consente di sviluppare misure preventive, piani di gestione e valutazioni a posteriori rispetto a uno o più eventi critici.

Nessuna organizzazione è immune dall’essere colpita da certi eventi drammatici che potremmo definire di crisi, nonostante l’atteggiamento con il quale esse operano sia volto a prevenirle, ma la totale incapacità di moltissime imprese, multinazionali, banche d’affari ed organizzazioni complesse ci hanno dimostrato che la difficoltà riscontrata nel fronteggiare gravi situazioni di crisi reputazionali ha un denominatore comune, riconducibile alla non corretta, chiara ed organica gestione dei rischi potenziali che precedono l’evento critico. Rispondere in modo strategico ad eventi negativi che investono l’impresa è possibile soltanto mediante una corretta mappatura dei rischi, in modo da evitare risposte irrazionali, eccessivamente emotive o casuali.

Alla base di questo elaborato vi è lo studio delle attività del crisis management e delle loro condizioni di applicazione. L’interesse rispetto a questo tema mi è sorto a seguito dell’analisi di alcune case history, da cui è emerso che spesso i manager hanno interpretato erroneamente un’emergenza come una crisi, non affrontandola quindi con un adeguato ed ordinario piano di gestione, generando una crisi nelle successive conseguenze pratiche; si pensi ad esempio al cosiddetto Effetto Streisand. Al contempo molte aziende hanno dimostrato di non avere la cultura aziendale e gli strumenti di management consoni a gestire in modo adeguato e razionale le loro reazioni dinanzi ad eventi critici che le hanno coinvolte, e non hanno avvertito il bisogno di consultare tempestivamente un esperto di crisis management; poiché da una parte hanno sottovalutato l’evento dall’altra hanno sopravvalutato le proprie capacità.

Il caso aziendale che ho voluto presentare in questo elaborato è Genio in 21 Giorni, il cui core business risiede in una serie di corsi riguardanti le tecniche di apprendimento strategico. L’azienda ha subito una campagna di accuse – infondata e denigratoria – nata in Italia e proliferata in Spagna. Le fake news divulgate inizialmente da un forum italiano hanno causato danni consistenti all’immagine e alla reputazione della società, alle quali purtroppo l’azienda non ha saputo rispondere in tempo.

Tuttavia Genio in 21 Giorni ha saputo cogliere la crisi reputazionale e reagire nel migliore dei modi, rendendosi conto di non aver monitorato i segnali deboli di crisi, di dover colmare un grande vuoto comunicativo che ha accompagnato la società per anni e di dover implementare una serie di procedure interne. Il primo capitolo dell’elaborato inquadra l’attività specifica del crisis management nella più ampia totale corporate communication. Si focalizza sugli aspetti preliminari alla gestione di una crisi d’impresa, quali la gestione degli asset intangibili e del rischio reputazionale.

Il fine ultimo di questo capitolo è di far comprendere l’importanza dello sviluppo della resilienza organizzativa, alla luce della possibilità concessa a chiunque di diffondere notizie a basso costo – che, tra l’altro, è il motivo principale per cui negli ultimi quindici anni abbiamo assistito alla proliferazione di fake-news e alla nascita dell’internet crisis potential.

Nel secondo capitolo si entra nel vivo del crisis management e delle sue fasi, spiegando cosa sia una crisi e perché si differenzia da una semplice issue. In una parte di esso viene discussa l’importanza di possedere alcuni strumenti manageriali evoluti, come i modelli di risk management che ipotizzano i rischi non tradizionali che potrebbero sorgere da situazioni non predeterminabili – ossia eventi che hanno una bassissima probabilità di verificarsi ma con un potenziale impatto devastante per l’impresa -. Il ruolo strategico della comunicazione, ampiamente discusso nel primo capitolo, viene ripreso in questo capitolo poiché la comunicazione di crisi è la componente critica di successo del crisis management. Inoltre a causa dell’affollamento informativo spesso il pubblico tende a minimizzare e sovrastimare la portata di alcuni eventi, in questo contesto il risk communication è di primaria importanza, avendo il fine di stimolare le corrette azioni di risposta verso i rischi reali e di appianare il dislivello tra il rischio percepito e quello reale rispetto ad un evento. L’obiettivo del capitolo risiede nel far comprendere l’importanza per un’impresa di agire in modo proattivo – ossia attuare un costante monitoraggio dei segnali deboli di crisi e delle aree maggiormente vulnerabili – affinché siano identificate le issue e tempestivamente gestite.

Il terzo capitolo del presente elaborato spiega come la diffusione di alcune notizie di dubbia affidabilità – a cui assistiamo da quindici anni a questa parte – abbia generato una vera e propria “scienza delle fake news”, e come l’abbassamento drastico del costo di diffusione delle notizie abbia ridotto la tolleranza per le visioni alternative del mondo, amplificato la polarizzazione delle opinioni ed aumentato la disponibilità nel credere alle notizie che sono ideologicamente affini alle proprie, e allo stesso tempo abbia incrementato la chiusura a nuove fonti di informazione. Questo capitolo introduce un fenomeno che in Italia sta emergendo da circa un decennio e – seppur indirettamente – connesso alla proliferazione delle fake news, ossia la diffusione di gruppi “anti-sette” o di “difesa di vittime delle sette”, che molto spesso, con il pretesto di combattere manipolazioni immaginarie, sono i veri manipolatori della realtà oggettiva.

Il capitolo, a tal proposito, espone i meccanismi mentali che portano le persone a credere alle fake news, e quali siano le tecniche giornalistiche ricorrenti adottate per la produzione di campagne sensazionalistiche e, ovviamente, di fake news. Il quarto capitolo è dedicato all’azienda Genio in 21 Giorni, spiegando nel dettaglio i servizi che offre, la reason why della sua esistenza, il controllo di qualità dei servizi commercializzati, l’importanza del CRM nel management aziendale, nonché l’excursus delle accuse mosse alle imprese che commercializzano il corso “Genio in 21 Giorni”.

Ho avuto il piacere di condurre un’intervista a Massimo De Donno, Amministratore Delegato di Genio in 21 Giorni, al quale ho posto una serie di domande per comprendere meglio il suo punto di vista – e quello dell’azienda – in merito alla crisi reputazionale avuta e a come vi hanno reagito. Il capitolo termina con la spiegazione delle attività e delle azioni messe in atto da Genio in 21 Giorni per rispondere alla campagna di black PR che ha causato la crisi e del programma di rilancio immediato tipico del post-crisi.

L’elaborato si conclude con un documento – che si trova in appendice – contenente l’analisi scientifica – condotta il 6 ottobre 2018 dal Dr. Pepe Rodríguez, Direttore della Squadra Multidisciplinare per la Consulenza e Assistenza in Problemi Settari (EMAAPS) – volta a valutare se l’azienda distributrice del corso “Genio in 21 Giorni” in Spagna, si avvicinasse al profilo di una “setta” – in virtù dell’accusa mossa all’azienda stessa.


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