Anche Starbucks boicotta Facebook e ferma la pubblicità sui social: «Siamo contro l’odio, dobbiamo unirci per il cambiamento»
Cresce il fronte delle società che intendono mettere pressione ai principali social network perché introducano regole più efficaci per contrastare l’odio e il razzismo
La lista continua ad allungarsi. Dopo Coca-Cola, anche Starbucks ha annunciato che sospenderà la pubblicità su tutti i social, pur non aderendo formalmente alla campagna Stop Hate for Profit, un’iniziativa che chiede appunto alle aziende di non investire su Facebook per tutto il mese di luglio. L’obiettivo è quello di spingere Mark Zuckerberg a prendere posizione sui contenuti che incitano all’odio presenti sulle sue piattaforme.
L’elenco delle aziende che hanno deciso di partecipare a questo programma comprende anche multinazionali come Unilever, Verizon, The North Face, Coca Cola. Il gigante del caffè ha deciso di sposare comunque la causa e ha fatto sapere: «Noi siamo contro i contenuti d’odio e crediamo che il mondo delle imprese e quello della politica debbano unirsi per realizzare un vero cambiamento».
Stop Hate for Profit
La campagna Stop Hate for Profit è stata organizzata da diverse associazioni che si occupano di lottare per i diritti dei neri negli Stati Uniti. Una lotta che secondo Stop Hate for Profit deve passare anche dai social: «Mandiamo a Facebook un messaggio potente: i tuoi profitti non varranno mai abbastanza per promuovere l’odio, il bigottismo, il razzismo, l’antisemitismo e la violenza».
Non solo Facebook, dove non vedremo Coca-Cola e Starbucks
Oltre ai social di Zuckerberg, The Coca-Cola Company e Starbucks hanno deciso di estendere il loro stop alla pubblicità anche ad altre piattaforme come Twitter e YouTube. Per Coca-Cola a spiegare le ragioni di questa scelta è il ceo James Quincey: «Non c’è spazio per il razzismo nel mondo e non c’è spazio per il razzismo sui social media».
Il dibattito sulla libertà di espressione dei social media
Il dibattito sui contenuti che possono restare sui social network è già attivo da molti anni ma è esploso con l’inizio delle proteste per la morte di George Floyd quando Twitter ha scelto di oscurare un commento del presidente Donald Trump che incitava alla violenza. Facebook davanti allo stesso commento era rimasto fermo, incassando però diversi attacchi per questa scelta.
La posizione di Zuckerberg, ribadita dalle sue scelte, è che le piattaforme di Menlo Park non sono media company: non sono responsabili quindi di tutti i contenuti postati dagli utenti. Alcune settimane dopo però la stessa Facebook ha deciso di rimuovere un simbolo nazista pubblicato sempre dal Presidente degli Stati Uniti.