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Camillo Ricordi, una rock star in laboratorio

Dai Rolling Stones alla cura del diabete. Sul magazine in edicola, la storia di Camillo Ricordi, rampollo ribelle e scienziato in odore di Nobel
C’è chi nasce con la camicia. Camillo Ricordi è nato con uno spartito musicale in mano, ma dato che le imposizioni non gli sono mai piaciute – nemmeno quelle del destino – ha deciso di buttarlo via e impugnare il bisturi della ricerca medica. Partiamo dal cognome: Ricordi. Camillo è proprio il figlio di quel Ricordi lì, Carlo Emanuele, uno dei più grandi produttori musicali italiani di sempre. Il padrino di Camillo è stato Leonard Bernstein. Earl McGrath, produttore dei Rolling Stones, un amico. Con una famiglia del genere Camillo aveva due repertori da scegliere: rock star maledetta o accademico da conservatorio. Ha spiazzato tutti. Ha scelto la via del pancreas. Capito che la sua strada era la medicina, ancora Borsista all’Università del Miussouri, contro le imposizioni del suo superiore, Camillo recupera letteralmente dalla spazzatura un pancreas per comprovare la sua teoria rivoluzionaria in merito all’estrazione dell’insulina dalle cellule pancreatiche. Il metodo allora in uso consiste nel frullare l’organo in questione per poi estrarre dalla poltiglia rimanente la preziosissima sostanza indispensabile ai malati di diabete, il tutto con un rendimento abbastanza scarso. Il processo ideato da Camillo Ricordi si basa, al contrario, su una reazione chimica: attraverso degli enzimi si sciolgono le cellule pancreatiche da cui si estrae l’insulina, tutto ciò con un rendimento assai maggiore del metodo  frullatore. Il suo professore riconosce talento nel ragazzo e in tempi brevi arrivano i fondi necessari per la sperimentazione. La vita di Camillo è una costante disattesa delle aspettative comuni, una continua scelta della via meno ovvia che lo porta a risultati notevoli, come racconta l’articolo che Wired, in edicola, gli ha dedicato. Ad esempio, sempre riguardo al pancreas, il problema che tutt’ora persiste nei trapianti è il rigetto. Il procedimento attuale prevede che le isole estratte da un donatore vengano impiantate nel fegato del malato dove, attecchendo, riprendono a produrre l’ormone mancante. Una cura definitiva che però continua ad avere ampi margini di fallimento. L’idea di Camillo, ancora una volta rivoluzionaria, che potrebbe rappresentare una soluzione definitiva al problema è l’ autotrapianto: sfruttando le capacità di alcune cellule staminali adulte – tra cui quelle adipose di cui siamo tutti ben forniti – che vengono riportate ad una sorta di stato embrionale, si trapiantano nel paziente le sue stesse cellule, eliminando completamente il rischio del rigetto.  Per sviluppare la sperimentazione di questo processo, Ricordi non ha puntato su mega studi medici che costano un sacco di soldi, ma su una rete di centri collegati tra loro attraverso Internet che consente ai ricercatori di lavorare assieme anche se distanti. Una sorta di ricerca delocalizzata e in open source. Questo progetto di collaborazione basato sul networking si chiama Cure for All (Cure Focus Reserch Alliance). Partito da una famiglia di musicisti, invece della scorciatoia del rampollo agiato o la via maestra già spianata dagli avi – una via che parte dal lontano 1805 quando Giovanni Ricordi fondò la casa editrice musicale – Camillo ha scelto percorsi alternativi. Ora c’è chi pensa che la prossima destinazione sia il Nobel.
Alla fine la musica è sempre quella: ribelle.