Green influencer, chi sono i 10 protagonisti che usano i social per promuovere la sostenibilità
In queste ore c’è una foto che ha scaldato i social di mezzo mondo, diventando una delle più condivise dell’anno. Al centro della scena due elefanti che si sfiorano con le loro proboscidi. Dietro quello scatto c’è però una storia di attivismo che affonda le radici in anni di battaglie. Uno dei due esemplari nell’immagine è Kaavan, noto come l’elefante più solo al mondo perché rinchiuso nello zoo di Islamabad da trentacinque anni in completa solitudine. Tutto questo almeno fino a qualche giorno fa. Nell’anno che ci ha costretti all’isolamento per via dell’emergenza sanitaria, la liberazione di Kaavan è suonata quasi come una rivincita. In prima linea nell’operazione si è schierata Cher, che ha addirittura accompagnato l’elefante nel suo viaggio aereo dallo zoo del Pakistan al santuario cambogiano, dove da alcune ore vive insieme ad altri suoi simili. Per la missione sono stati mobilitati un cargo russo e un team di veterinari che hanno trascorso tre mesi nella capitale del Pakistan. «I nostri desideri si sono avverati. Abbiamo fatto il conto alla rovescia per questo momento e l’immagine di Kaavan trasportato fuori dallo zoo ci accompagnerà per sempre. Dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta e di tutte le specie che lo abitano», ha dichiarato l’icona della musica pop, che ha condotto questa campagna per liberare Kaavan con l’imprenditore Eric Margolis e con l’organizzazione animalista Four Paws, arrivando addirittura a pagare per il trasferimento.
Tutti pazzi per l’oro verde
Kaavan trending topic sui social. D’altronde queste storie scalano l’attenzione globale in un momento di forte disorientamento. E in fondo declinano l’attenzione al pianeta con gesti concreti: così la narrazione dell’ambiente – e tutto ciò che lega l’emergenza pandemica a quella ambientale, climatica e sociale – diventa una leva differenziante. Perché i consumatori sono maggiormente orientati a fare la differenza anche nel loro quotidiano. È la riscossa dell’oro verde, con la sostenibilità diventata business per le marche: così ha titolato pochi giorni fa il Financial Times. Dalle carte di credito in plastica riciclata alle scarpe biodegradabili, i prodotti eco-compatibili hanno invaso i mercati. Si moltiplicano salviette riciclabili, preparati per dolci fatti con olio di palma sostenibile, detergenti in bottiglie riutilizzate. «I corridoi dei market londinesi raccontano la storia del boom verde in atto negli acquisti. In un settore estremamente competitivo, le credenziali eco-compatibili sono diventate la chiave per attirare l’attenzione di consumatori preoccupati per il futuro del pianeta», hanno scritto Judith Evans e Camilla Hodgson.
Fare la cosa giusta attraverso consumi quotidiani consapevoli: è quanto fanno sui social i nuovi testimonial di questa rivoluzione. Lo certifica la nuova classifica degli influencer legati alla sostenibilità emersa dall’Osservatorio Alkemy- Il Sole 24 Ore. «La ricerca è stata affrontata tenendo in considerazione un perimetro piuttosto ampio che include varie declinazioni dei concetti di green, sostenibilità e ambientalismo. Questo approccio ci ha portati a identificare influencer caratterizzati da sensibilità e professionalità differenti, ma tutti accomunati dall’obiettivo di difendere l’ambiente in cui viviamo», racconta Matteo Menin, Managing Director di Alkemy. Una classifica che esclude le metriche meramente quantitative e si concentra sui profili più relazionali, svincolandosi dalla notorietà televisiva. Nei primi dieci posti si va dal divulgatore scientifico alla blogger di moda sostenibile. Sul fronte dei canali ad imporsi è Instagram. Salvo alcuni casi isolati – come Francesca Della Giovampaola o Alex Bellini – Facebook, pur presidiato da tutti con almeno un profilo, generalmente non viene aggiornato, mentre YouTube resta centrale per quegli influencer che fanno del video il formato più incisivo. «Abbiamo rilevato inoltre un potenziale interessante su questi temi in TikTok, un buon segno se interpretiamo il fenomeno come una crescente sensibilità sul tema ambientale da parte delle nuove generazioni. E poi sette delle prime dieci posizioni in classifica sono occupate da donne, più un’ulteriore presenza di una coppia uomo-donna: un fenomeno, quello dell’attivismo ambientale sui social, che quindi risulta prevalentemente femminile, almeno per quanto riguarda i profili che propongono le narrative più efficaci», precisa Menin.
La sfida delle eco-marche
Dai testimonial ai brand: un’alleanza che intercetta realtà grandi e piccole nel segno dell’attenzione alle materie prime e al packaging. Tra i colossi ci sono E.ON, Nivea, Coop, Sephora. Con queste eco-marche i green influencer entrano spesso in contatto. «Oggi la comunicazione sui temi della sostenibilità non è più un lusso, è una necessità. Nessuna azienda pensa ormai di essere competitiva senza dimostrare il proprio impegno verso la sostenibilità. Ma lo si fa ancora in modo superficiale o tecnico. Oggi pochissimi consumatori si lasciano convincere da pubblicità green generiche», afferma Fabio Iraldo, professore ordinario di management alla Scuola Sant’Anna di Pisa e autore di “Oltre il Greenwashing” per Edizioni Ambiente. Per competere bisogna scommettere su concretezza ed efficacia. «Serve dare credibilità ai messaggi, dimostrando con dati e indicatori, meglio se certificati, che il proprio impatto ambientale è inferiore rispetto ad altri e trovando il modo giusto per tradurre quei numeri complessi in un messaggio che abbia un appeal emotivo», precisa Iraldo.
La sfida è per le aziende, ma anche per le agenzie di marketing e comunicazione impegnate a disegnare le nuove campagne. «La sostenibilità è un bellissimo viaggio, non semplice da compiere. La soluzione è quella di ragionare circolarmente e non linearmente, pensare per inclusione e non per esclusione, con un approccio che sia in grado di integrare ragione ed emotività, fatti dimostrati e misurabili con la passione», dice Davide Andrea Sicolo, senior vice president di Edelman. La società ha partecipato ad uno spin-off con la Scuola Sant’Anna e ha creato EPIC. Si tratta di un modello racchiuso in un acronimo: evocatività, prossimità, indicatori, coinvolgimento. «Questi elementi vengono misurati tecnicamente per rendere la comunicazione scientificamente sostenibile, ma allo stesso tempo di impatto», precisa Sicolo. Ancora una volta per i brand la sfida per imporsi sui mercati globali sta nel difficile equilibrio tra misurabilità delle azioni e la loro narrazione.