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Hostile media effect. I media tra ragioni, torti e pregiudizi

Hostile media effect. I media tra ragioni, torti e pregiudizi

PERSONE CHE SI ACCUSANO A VICENDA. Insomma: sto per offrirvi un piccolo grimaldello che vi apre molte porte. Le quali conducono a innumerevoli stanze, enormi o minuscole, dove c’è un sacco di gente che si accusa a vicenda di essere fuorviata da pregiudizi. È uno spettacolo interessante. È ancora più interessante perché, almeno in parte, le accuse reciproche sono espresse in buona fede.

OPINIONI RADICATE. Ecco di che si tratta: a chiunque abbia un’opinione radicata piacerebbe che l’intero mondo concordasse con lui. Anzi: più l’opinione, quale essa sia, è radicata, più al soggetto che la coltiva sembra giusto, necessario e doveroso che tutti condividano quella opinione. Anche quando dati e fatti non sono incontrovertibili come appare a lui.

TORTI E TRAME. Quando questo non succede, la prima reazione del (chiamiamolo così) soggetto opinionato, cioè connotato dall’avere una forte opinione,è immaginare che sia il mondo, a essere in torto. 
La seconda reazione è ipotizzare che il mondo trami consapevolmente per sostenere e favorire i nemici, gli antagonisti. Insomma, coloro che promuovono la tesi avversa. E per sostenerne la causa.
Ed ecco che ci imbattiamo nell’hostile media effect, o phenomenon: l’effetto, o fenomeno, dei media ostili. Questa sindrome è stata messa a fuoco nel 1985 da Vallone, Ross e Lepper, psicologi sociali dell’università di Stanford (qui l’articolo originale).

DATI POCO CHIARI. Vallone e soci partono da una constatazione in apparenza ingenua: ogni giorno abbiamo occasioni per meravigliarci per la capacità di chi è schierato per una parte politica, sociale e perfino scientifica di trovare forte sostegno alla propria opinione in dati che ad osservatori più spassionati e neutrali trovano contraddittori, poco chiari e per niente discriminanti.
Così, la meraviglia si trasforma in esperimento.
I ricercatori mostrano i medesimi spezzoni di cronaca televisiva, riguardanti un fatto storico cruento e divisivo, a esponenti dei due gruppi antagonisti coinvolti in quel fatto. 
Si tratta di spezzoni che gli osservatori neutrali considerano equilibrati e obiettivi.

DUE COSE SORPRENDENTI. Succedono due cose sorprendenti: in primo luogo, entrambi i gruppi giudicano che la presentazione del fatto sia parziale (e, implicitamente, troppo favorevole alla parte avversa). 
In secondo luogo, ciascun gruppo nota di più le parti di cronaca che sostengono la posizione della parte avversa di quelle che sostengono la propria. Deducendone che quella cronaca, nel suo complesso, è anche tale da aumentare il dissenso e l’ostilità dell’opinione pubblica nei confronti della propria parte. 

I CONFLITTI PIÙ DIVERSI. A partire dal 1985 altri ricercatori riproducono l’esperimento molte e molte volte. Impiegano cronache riguardanti le situazioni conflittuali più diverse. Per esempio, contrasti tra stati o etnie, sfide elettorali, scelte legislative controverse, dilemmi etici, scioperi e conflitti sindacali, grandi sfide epocali come il cambiamento climatico, e perfino partite di football (in questo caso, ciascuna fazione sostiene che i falli degli avversari vengono regolarmente sottostimati). Qui una bibliografia sul tema.

EFFETTO CONTROINTUITIVO. In realtà, l’hostile media effect è per certi versi controintuitivo perché, poste di fronte a serie di dati controversi, di norma le persone tendono, per via del bias di conferma, a dar retta alle evidenze che si accordano alle loro opinioni, rafforzandole. E a ignorare del tutto le evidenze discordanti. 

MASS MEDIA ACCREDITATI. Perché nel caso dell’hostile media effect succede esattamente il contrario? E perché le persone, quando si parla di mass media, sono più attente alle parti di comunicazione che contrastano con le loro convinzioni?
Lo si capisce considerando due elementi ulteriori. A parità di contenuti, la (distorta) percezione di ostilità cresce e peggiora quanto più il medium ritenuto “ostile” è accreditato e gode di un pubblico ampio. Quindi, quanto più la presunta ostilità appare pericolosa, perché tale da influenzare un gran numero di persone. 

PERCEZIONE DISTORTA. Il focus, dunque, non è tanto su ciò che il medium afferma, quanto sulla capacità del medium di veicolare informazioni partigiane e fuorviate, potenzialmente convincendo (anzi, manipolando!) la massa degli osservatori neutrali.
Inoltre, la (distorta) percezione di ostilità cresce e peggiora quanto più ciascuna parte considera che il medium, o i media, siano già a priori favorevoli alla parte avversa.

NELLA MISURA IN CUI. Infine: posta di fronte a una cronaca palesemente squilibrata a favore di una sola fra due parti in conflitto, la parte favorita tenderà invece a considerare quella cronaca “equilibrata e oggettiva”, nella misura in cui conferma le sue opinioni pregresse e condanna la parte avversa. 
Con questo oltretutto contribuendo, la cronaca faziosa, a rafforzare, ed eventualmente a radicalizzare, le posizioni della parte favorita.

PRIMA DEI SOCIAL MEDIA. Dicevo che l’hostile media effect è stato intercettato e descritto per la prima volta a metà degli anni Ottanta, quando i social media non esistevano ancora. 
Ora, provate a cortocircuitare questa consistente distorsione percettiva con l’emotività, la velocità, la superficialità, la faziosità e, ahimè, l’aggressività che sono tipiche dei social media. E con l’attestata difficoltà di dibattere in modo articolato, e di  distinguere, in quella sede, notizie vere e fake news

INFORMAZIONE EQUILIBRATA?? MA VA’ LÀ! Il risultato è questo: la produzione di crescenti dosi di astio, diffidenza e accuse di partigianeria quando i mass media accreditati e autorevoli tentano (ehi, ho scritto tentano. Non è detto che sempre ci riescano) di fornire un’informazione completa ed equilibrata su argomenti divisivi. E, come si diceva prima, astio eccetera crescono quanto più i media appaiono accreditati e autorevoli.

OSTEGGIATA. Il risultato ulteriore è che la produzione di informazione completa, equilibrata ed equidistante su argomenti controversi viene osteggiata e scoraggiata. 
Chi offre un’informazione di parte, infatti, avrà almeno il sostegno e il consenso della fazione favorita. Chi cerca faticosamente l’equilibrio e la completezza rischia di ritrovarsi, invece, sotto attacco a opera di entrambe le fazioni.

L’immagine che illustra questo articolo è del giovane e bravissimo fotografo americano (vive a Los Angeles) Alex Stoddard. Qui la sua pagina su Flickr.