Tutti amano essere parte di una storia e i social media ce lo permettono
Le conversazioni tra aziende e consumatori stanno stravolgendo il modo di fare comunicazione: se i social media sono canali, i cambiamenti di linguaggio sono molto più ampi
Tutti amano essere parte di una storia. Non importa che ruolo dovranno giocare. Non tutti vogliono esserne i protagonisti, molti preferiscono osservare quello che succede intorno a loro. L’importante è evadere dalla routine quotidiana.
Un’altra cosa che le persone desiderano è poter toccare con mano quella storia. Non significa toccarne elementi fisici, ma essere talmente coinvolti da sentire di poterla modificare, di essere cioè così coinvolti da diventarne parte fondamentale. Anche se magari non è così nella realtà dei fatti.
Le migliori storie sono quelle che lasciano le persone con l’impressione che quel primo contatto sia ancora in corso, anche dopo che si è esaurito. Essere memorabili è uno di quegli obiettivi che qualsiasi brand si propone, ma che si realizza raramente. Fino a pochi anni fa i modi per risultare memorabili erano più legati alla capacità di produrre vere e proprie storie – nel senso di film che raccontassero qualcosa – che alla possibilità di portare le persone dentro a quelle storie.
Oggi la situazione è cambiata radicalmente. Sono i social media ad aver aperto nuove opportunità? È la sempre maggior diffusione di smartphone e tablet ad aver permesso alle marche di raggiungere le persone ovunque e in qualsiasi momento? In parte sì: i social media hanno modificato profondamente il modo in cui i consumatori si informano, cercano informazioni, le condividono con i propri contatti e partecipano attivamente al successo/insuccesso di prodotti o attività legate alle marche stesse, ma non si tratta di Facebook, di Twitter, di Instagram o Google+. Si tratta di un approccio che prescinde dai canali e che ha dato sempre più consapevolezza alle persone di poter avere un ruolo importante. Non soltanto sulla carta.
I brand devono essere sempre più capaci di prendere parte alla vita dei propri consumatori, creando – appunto – esperienze memorabili e immergendo le persone in storie che abbiano un impatto sulle loro vite. Senza interrompere le loro attività.
Esistono decine di esempi di come stiano cambiando i termini della comunicazione, di come le marche si stanno trasformando sempre più in publisher e grandi storyteller. Il primo che viene in mente è Red Bull, capace di trasformare il suo business così tanto da passare da produttore di utili attraverso la vendita di soft drink, a vero e proprio broadcaster di contenuti, che può permettersi di creare un evento globale in cui un uomo si tuffa dalla stratosfera.
Pensiamo poi a Samsung, talmente convinta delle opportunità di interagire con le persone in mobilità da portare la relazione fuori dagli smartphone nelle mani dei propri consumatori e da stravolgere lo scenario in cui gli spostamenti si verificano: è così che il Terminal 5 di Londra Heathrow per due settimane è diventato il Terminal Samsung Galaxy S5.
Ma non cambiano soltanto i rapporti tra marche e persone. No, infatti sono anche le relazioni tra le marche stesse a cambiare forma: è sufficiente un tweet per vedere Oreo e Kit Kat darsi battaglia a suon di mosse di tris.
Altri esempi eclatanti, e decisamente noti, li ha regalati negli scorsi mesi Nokia (e Microsoft), con una serie di tweet che ricorderete.
E non si tratta solo di scambi di tweet, perché – appunto – i social media sono canali, ma i cambiamenti di linguaggio sono molto più ampi: è così che Microsoft ha invaso lo spazio di Samsung – il Terminal Samsung Galaxy S5, appunto – con degli astronauti, gli Space Cadets di Lumia in cerca di un passaggio per la Via Lattea.
Ci sono poi brand che fanno leva sui trend del momento per far sì che siano le persone stesse a raccontare i loro prodotti: è emblematico il caso di Lexus, che sull’onda della diffusione di Instagram, ha deciso di coinvolgere 200 tra i suoi follower per creare uno spot usando le fotocamere dei loro smartphone; o diAdidas che ha annunciato il lancio di un’applicazione che permetterà alle persone di personalizzare le proprie ZX Flux usando le proprie foto di Instagram. Insomma, l’evoluzione del concetto di Nike iD.
Lastminute.com ha invece voluto coinvolgere tutte le persone che non riescono a non pubblicare una selfie ovunque vadano, creando una comunicazione basata proprio su questo: non immortalarti più mentre sei al bagno, ma scegli uno dei nostri hotel per creare qualcosa di più emozionante, grazie alla vista che questi alberghi ti mettono a disposizione.
Un altro caso emblematico è quello dell’Hotel Rouge di Washington, che rivede il concetto secondo cui una persona dovrebbe desiderare prenotare una stanza d’albergo: non più dedicata soltanto a chi viaggia, ma a tutti quegli appassionati di telefilm che vogliono vivere un’esperienza di visione diversa dal solito, condividendola con i propri amici. Già, perché per 350 dollari è possibile prenotare una stanza predisposta per accogliere fino a 10 persone che potranno vedere la seconda stagione diOrange is the New Black su Netflix.
Una vera maratona di 13 ore, con tutti i comfort del caso inclusi: salendo a 500 dollari c’è anche il buffet e con 750 gli alcolici. Sono 75 dollari a testa per un’esperienza mai vista prima.
Insomma, come è evidente da tutti questi casi, esistono infinite opportunità, su moltissimi livelli, e che le marche stanno sempre più sfruttando per far sì che quello che raccontano siano storie capaci di coinvolgere le persone: in alcuni casi si tratta solo di utilizzare canali diversi da quelli usati in passato, in altri di far girare la comunicazione attorno a nuovi trend, e in altri di pensare a modalità di coinvolgimento del tutto nuove, ma che garantiscano l’effetto di un contatto che non si esaurisce nel momento in cui si è verificato, ma che rimane e permette (nelle intenzioni delle marche almeno) di creare una relazione vera e propria.
Perché se è vero che sono sempre di più le opportunità, è anche vero che è anche sempre maggiore la sovraesposizione a messaggi di ogni tipo per le persone, ed è fondamentaleguadagnare l’attenzione di chi ne ha sempre meno, offrendo qualcosa che abbia un valore.
Ma perché è così importante per le marche imparare a raccontare storie interessanti? Innanzitutto perché alle persone interessa molto di più quello che i propri contatti – o altre persone – hanno da dire, rispetto a quello che viene raccontato dai brand stessi. Quando un’azienda è in grado di creare qualcosa che venga raccontato, per conto suo, da altre persone, i consumatori sono molto più propensi ad ascoltare. E a fidarsi.
Una vera storia è tale se le persone si sentono coinvolte, immerse in qualcosa di reale, in qualcosa che avranno voglia di condividere. E da questo punto di vista i social media giocano un ruolo fondamentale, sia in termini di amplificazione dei messaggi, sia di opportunità per prendere parte alla vita delle persone in luoghi che stanno già frequentando.
Le marche di successo da questo punto di vista sono quelle che vanno oltre la descrizione dei propri prodotti, snocciolandone le caratteristiche, sono quelle che raccontano al mondo chi sono, chi si impegna tutti i giorni per fornire un servizio e che sanno creare relazioni con le persone (e tra le persone) generando un valore che si rifletta poi nelle loro vite.