C’è una formula magica per la credibilità dei brand?
Io l’ho trovata in un rifugio di montagna.
L’estate dei miei sedici anni andai a lavorare in un rifugio di montagna. Un giorno mi trovavo alla cassa, e il gestore mi indicò una coppia di signori francesi, dicendomi che quando fossero venuti a pagare, avrei dovuto sbagliare di proposito il resto. Mi disse di dar loro venti euro più del dovuto.
Non amava fare beneficenza: pagava un affitto, i fornitori, la luce, il gas, e aveva dei dipendenti, anche se lui preferiva definirci “collaboratori”.
Ci teneva a condividere le scelte gestionali con noi, persino quando si trattava dell’ultimo arrivato, nonché il più scarso lavapiatti che il rifugio ricordi: me. Mi spiegò che voleva metterli alla prova quei signori francesi.
In quel luogo, i rapporti tra le persone e il rispetto per il lavoro erano più importanti di ogni altra cosa.
Se i turisti francesi non avessero comunicato l’errore, sarebbero finiti sulla “lista nera”. Niente di grave: avrebbero semplicemente lasciato il rifugio senza qualche consiglio non richiesto. Un sentiero sconosciuto anche ai più esperti escursionisti, o un libro o un film o anche un semplice aneddoto o una citazione.
Io sono una persona sospettosa. E vorrei poter dire che questa mia attitudine al sospetto è un problema solo mio. Sviluppatosi magari grazie alle innumerevoli fregature che le compagnie telefoniche mi hanno rifilato nel corso degli anni. Ormai pure mia madre conosce il significato di termini come “green washing”, senza contare che lei è nata e cresciuta nei decenni d’oro delle multinazionali del tabacco, quando ci dicevano (studi scientifici alla mano) che i loro prodotti non erano dannosi.
Ma in fin dei conti, in un mondo in cui larga parte della popolazione non crede che l’uomo sia andato sulla luna o nel surriscaldamento globale, come si può dare per scontata la credibilità di un’attività, quella dei brand, il cui obiettivo dichiarato è massimizzare il consenso intorno al proprio prodotto?
Oggi i brand sono sempre più esposti al rischio concreto che le proprie iniziative, per quanto meritorie, provochino un po’ la stessa spiacevole sensazione che si prova quando un amico si vanta di aver fatto beneficenza.
Un buon esempio di cosa voglia dire il termine “credibilità” nel 2020 ce lo ha fornito proprio in questi giorni la piattaforma per il lavoro a distanza Slack. Non tanto con il Tweet del 2 giugno – con il quale l’azienda si definiva inorridita e disgustata per l’omicidio di George Floyd e per il più ampio contesto di brutalità poliziesca contro le persone nere – ma piuttosto con la recente rimozione di un post contenuto nel suo blog aziendale.
In quel post, l’azienda si vantava del fatto che il dipartimento di polizia della città di Hartford (Connecticut) usasse il suo servizio per scambiarsi informazioni sulle indagini. Sebbene alcuni dipendenti afroamericani dell’azienda l’avessero già chiesta diversi anni prima, la rimozione del post è avvenuta solo nei giorni scorsi, in concomitanza con lo scoppio delle proteste per l’assassinio di George Floyd. Probabilmente un lodevole tentativo di recuperare il tempo perso, come testimoniano le riflessioni non banali postate su Twitter dalla società dopo il messaggio del 2 giugno a sostegno delle proteste. L’unica certezza che è rimasta al pubblico però, è il tempismo sospetto dell’operazione portata avanti da Slack.
Comunque, se questa storia può insegnarmi qualcosa, è che nella maggior parte dei casi la credibilità si costruisce con costanza e in tempi non sospetti. Ma anche questa regola, non è un dogma. Lo sa bene il negozio indipendente di giochi Itch.io che ha messo insieme un bundle di 740 videogiochi e risorse per sostenere i costi legali necessari a proteggere gli attivisti che stanno protestando negli Stati Uniti. Il bundle, il cui valore stimato ammonterebbe a più di 3.400 dollari, è stato reso disponibile dall’azienda a offerta libera a partire da 5 dollari (il link per sostenere l’iniziativa è: https://itch.io/b/520/bundle-for-racial-justice-and-equality).
Fatti, non parole. Un aiuto concreto e tangibile per una causa sentita. Forse solo una gran bella pensata del Marketing, ma anche se fosse, a chi importerebbe?
Con il tempo mi sono dimenticato cosa scelsero di fare quei signori francesi al rifugio. Quella storia però mi ha insegnato che non esiste una formula magica per la credibilità. Per la precisione, ho capito che ai brand e alle persone credibili non interessa né serve avere una formula magica.
Perché questo hanno in comune quel tipo di persone: non si chiedono come aumentare il proprio fatturato con le iniziative valoriali, ma come sostenere al meglio queste iniziative con il fatturato che hanno a disposizione. Un piccolo cambio di prospettiva, sufficiente a trasformare una semplice azienda, magari modesta e sconosciuta, in un vero e proprio rifugio per i valori che sostiene.