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Csr, un valore per viaggiatori e tour operator

BANK SARASIN: TRA LE PROMOSSE ANCHE L’ITALIANA AUTOGRILL
La corporate social responsibility diventa un fattore critico di successo anche per le società del settore turismo. Lo dimostra, se mai ci fosse bisogno di un’ulteriore conferma, l’ultimo studio firmato Bank Sarasin sulla sostenibilità delle aziende comprese nel macrocomparto viaggi e tempo libero. Il tutto parte da una tendenza inarrestabile. Ormai una quota vicino al 50% dei viaggiatori dichiara di voler prendere la “sostenibilità” dell’offerta e della meta come variabile rilevante con cui decidere che prenotazioni fare.
In questo contesto è naturale osservare che programmi comprensibili di approccio sostenibile da parte di catene di hotel e tour operator “illuminati” vengono attualmente sempre più perseguiti tramite il progetto internazionale di azione di politiche ambientali e di sviluppo conosciuto come “Agenda 21”. I tour operator che si indirizzano verso un’attività guidata dal rispetto dei temi della sostenibilità, ne beneficiano in almeno due modi. Infatti, non solo registrano un tasso di crescita maggiore e fidelizzano di più la clientela rispetto ai concorrenti meno attenti alla Csr, ma anche osservano un minor consumo di risorse sperimentando un maggior risparmio di costi. Tutti benefici che a loro volta si manifestano con un altro grande vantaggio: un maggior interesse da parte investitori nel puntare in Borsa sulle società del settore turismo più sostenibili. Alcuni nomi? Bank Sarasin segnala, tra le più interessanti come investimento tenuto conto delle variabili della sostenibilità, aziende come Kuoni, Accor e Whitbread. Ma c’è anche un’azienda italiana tra le promosse nella matrice della sostenibilità: Autogrill.
Gli analisti della banca svizzera sottolineano che l’attenzione alla sostenibilità rappresenta una grande opportunità per tutto il settore viaggi dopo anni di difficoltà pressato da paura di epidemia Sars, attacchi terroristici e tsunami. Nonostante queste problematiche le dimensione economiche del comparto nel suo complesso sono oramai impressionanti. Si calcola che nel 2012 sono stati registrati per la prima volta nella storia oltre un miliardo di viaggi internazionali. Senza dimenticare i circa quattro miliardi di spostamenti legati al turismo nazionale. Un trend globale destinato a crescere. La World Tourism Organization (UnWto) stima un aumento del volume di viaggi di almeno il 3,3% medio annuo da qui al 2030, con un rallentamento dell’espansione del tasso annuo dal 3,8% attuale al 2,5% del 2030. Con questi numeri il turismo spicca per essere uno dei settori economici con i più alti tassi di crescita. Già oggi genera almeno il 9% del Pil mondiale.
Peccato che l’industria del turismo ha anche un lato oscuro, un’anima ben poco “etica”. Basti pensare al consumo di risorse che genera, alle massicce emissioni nocive di gas a causa soprattutto degli spostamenti, alla distruzione di ambienti naturali per lasciar spazio a nuovi hotel, villaggi turistici, residence, porti e affini, e alle condizioni precarie di lavoro per gli occupati nel settore. Per capirne le dimensioni, prendiamo ad esempio il problema delle emissioni di gas: se il turismo fosse uno Stato, sarebbe al quinto posto nel mondo come più grande produttore di inquinamento di questa origine. Che è poi una sorta di autogol. Infatti questo tipo di emissioni ha un ruolo importante nel causare importanti cambiamenti climatici come la distruzione dei ghiacciai e la parallela scomparsa di spiagge, e come la diminuizione di precipitazioni nevose che danneggia il turismo invernale. Di tutto l’inquinamento da gas nocivo riconducibile al settore viaggi, ben il 39% è generato dalla CO2 emessa dai voli degli aerei, seguito con il 32% dal traffico sui ruote. Dunque in gran parte è generato dagli spostamenti, più che dal soggiorno. Un altro aspetto delicato a livello di impatto ambientale è quello del consumo dell’acqua.
In questo contesto è comprensibile che la crescente attenzione dei consumatori ai temi dell’impatto ambientale della loro azione porta gli stessi a essere sempre più sensibili alle offerte più attente ai temi della sostenibilità, selezionando mezzi di trasporto green, itinerari ecologici, destinazione e tipologia di sistemazione durante il soggiorno. E le risposte del mercato non stanno mancando. Ad esempio gli hotel che fanno del rispetto dell’ambiente il loro bigiletto da visita stanno aumentando la attenzione a contenere i consumi di risorse non rinnovabili o a elevato impatto ambientale.
I turisti sostenibili stanno imparando a riconoscere e ormai addirittura a esigere i titoli di riconoscimento di sostenibilità ambientale dei vari pacchetti viaggi e delle strutture di ricezione. Insomma, non si guarda più solo a quante stelle ha un hotel, ma se esibisce una rating di sostenibilità ufficiale. Uno di questo è il cosiddetto “ecological footprint”, letteralmente “un’orma di piede ecologica”, che rappresenta una sorta di strumento, un tool già diffuso per eseguire uno screening di sostenibiltà del pacchetto vacanza offerto. Utile a poter dare un bel calcio alle offerte poco “etiche” in termini ambientali.