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È il lusso a salvare gli alligatori della Louisiana, dice Richemont

È il lusso a salvare gli alligatori della Louisiana, dice Richemont

“E così il cliente del lusso, lo shopper apicale, permette la conservazione degli alligatori della Louisiana, predatori apicali”. Quella di Matthew Kilgariff, direttore del Corporate Social Responsibility di Richemont, sembra una battuta, ma non lo è. Il manager, dal palco del World Wildlife Day 2020 tenuto lo scorso 3 marzo presso le Nazioni Unite di Ginevra, conferma un dato che al pubblico generalista suona contro intuitivo. Lo sfruttamento economico degli alligatori, anche per la produzione dei cinturini in pelle dei marchi del gruppo elvetico, ne tutela la conservazione. In altre parole: è il lusso a salvare gli alligatori della Louisiana.

Gli alligatori della Louisiana

“Il fatto che gli alligatori depositino le uova solo nella natura permette alle paludi di rimanere paludi – sono le parole di Kilgariff diffuse da una nota stampa –. Se così non fosse, i proprietari terrieri della Louisiana convertirebbero i fondi, non ne conserverebbero le condizioni naturali. Così facendo, distruggerebbero i biotopi da cui dipendono 8.000 specie, incluse gli alligatori”. È un argomento contro intuitivo per l’opinione pubblica, dicevamo. Ma è un concetto che conoscono bene gli addetti ai lavori. La promessa di una ricompensa economica, inserita in un contesto normativo che garantisce l’equilibrio tra attività umana e biodiversità, ha consentito alla popolazione di alligatori della Louisiana di crescere esponenzialmente negli ultimi decenni.

L’importanza delle zone umide

Oltretutto, ci ha tenuto a sottolineare il manager di Richemont, le zone umide “trattengono una quantità fenomenale di anidride carbonica, ma scompaiono più rapidamente delle foreste”. L’intervento antropico va tenuto in considerazione: “In un mondo ideale, le paludi della Louisiana e tutte le zone umide sarebbero preservate per sempre, senza nessun intervento umano. All’estremo opposto, c’è la possibilità che queste zone siano prosciugate. Gli amici del Crocodile Specialist Group di IUCN mi dicono che questo sistema è quasi troppo buono: abbiamo posto l’asticella molto in alto per i restanti progetti mondiali”. Così è e, adesso, così rimane.