I nuovi orizzonti della “ sostenibilità 2.0”
La maggior parte delle grandi aziende utilizzano i social network per diffondere le proprie iniziative in materia di responsabilità sociale (CSR, dall’inglese Corporate Social Responsibility). È il concetto di sostenibilità 2.0, che consiste appunto nell’integrare le strategie di CSR con l’uso evoluto dei social media.
Il fenomeno è in forte espansione: uno studio realizzato a fine 2010 da Zumer Interactive su 50 grandi aziende americane (multinazionali del calibro di Citigroup, Cisco Systems, Chevron, McDonald’s, Coca-Cola, Pepsi e simili) ha evidenziato che il 62% delle imprese considerate discute su Twitter di temi sociali e ambientali, il 22% su Facebook, il 66% ha un blog aziendale sulla CSR e il 42% ha condiviso sui maggiori social network il proprio rapporto di sostenibilità.
L’interesse da parte delle imprese è evidente, poiché essere percepiti come leader in un’ottica di sostenibilità paga in termini di immagine e di rafforzamento del brand. Inoltre, rispetto al budget aziendale complessivamente investito da una grande impresa in attività di CSR, l’investimento in “sostenibilita 2.0” è minimo: in media circa 100.000 dollari l’anno, secondo Zumer. Il che lascia presumere che nei prossimi anni si registrerà un vero e proprio boom delle attività, con investimenti che sono previsti aumentare – solo negli USA – dai 250 milioni di dollari del 2010 a 1 miliardo entro il 2015.
D’altra parte, è anche interessante osservare che in questo caso l’interazione tra imprese e social media sembra funzionare più che per altri settori. Infatti, una volta innescato il meccanismo, le imprese si sentono in qualche modo obbligate a recepire le indicazioni che vengono dal basso, con il risultato che le attività di “sostenibilità 2.0” diventano esse stesse un motore di promozione della sostenibilità.
La ciliegina sulla torta – da un punto di vista strettamente commerciale – è che in tema di sostenibilità il feedback con i cittadini non si risolve in un generico “mi piace, non mi piace”, ma quasi sempre stimola il dibattito e le proposte, presentando spesso l’opportunità di nuovi mercati per prodotti e servizi trascurati dalle imprese e invece spinti dai cittadini.