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Intervista a Daniele Cobianchi CEO di McCann Worldgroup Italy, Presidente Mediabrands Italy e Sustainability Advocate del gruppo in Italia.

Intervista a Daniele Cobianchi CEO di McCann Worldgroup Italy, Presidente Mediabrands Italy e Sustainability Advocate del gruppo in Italia.

Come si posiziona McCann Worldgroup in questo scenario e in che modo Responsabilità sociale e rispetto dell’ambiente sono perseguiti all’interno della nuova strategia “One operation”?

Il nostro gruppo vuole aprire la strada ad un’economia più sostenibile e meno dispendiosa per l’ambiente anche in ambito pubblicitario. Abbiamo intrapreso un percorso attivo in questa direzione, da almeno un anno e mezzo, e possiamo dire di aver fatto la scelta giusta. Siamo consapevoli che, per anni, l’industria pubblicitaria abbia contribuito ad aumentare le occasioni di consumo, a destagionalizzare prodotti, a rendere desiderabile a volte anche il superfluo riuscendoci peraltro molto bene. Ma ora il mondo è cambiato e la sostenibilità è un fattore che non può né deve passare in secondo piano.

Siamo il primo network pubblicitario ad aver pubblicato il report SASB definendo lo standard nell’industry di riferimento e fornendo informazioni trasparenti in materia di ESG. Questo rappresenta un primo importantissimo passo sia nell’ottica della responsabilità sociale che nel rispetto dell’ambiente. IPG è anche la prima holding di comunicazione ad aver siglato The Climate Pledge, il programma di Amazon e Global Optimism per raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero entro il 2040. Grazie all’input dell’agenzia Initiative, il gruppo ha aderito a questo progetto che ci coinvolge tutti al fine di raggiungere l’obiettivo prestabilito.

Stiamo indubbiamente muovendo dei passi concreti sia internamente con le persone del nostro gruppo nello sviluppo di una maggior coscienza verso queste tematiche che all’esterno con i progetti e le strategie che seguiamo per i nostri clienti.

È un commitment non da poco: azzerare la carbon footprint entro il 2040 è un obiettivo ambizioso. Vi è capitato di incontrare delle resistenze, palesi o celate, o delle antipatie in questo vostro ruolo di guida al cambiamento tra gli attori del vostro ring competitivo, e che cos’è per contro che – secondo lei – trattiene altre realtà dall’impegnarsi così attivamente?

Possiamo dire di essere dei concreti first-mover su queste tematiche all’interno dell’industry pubblicitaria e creativa. Non abbiamo mai incontrato delle nette e rigide resistenze dai nostri interlocutori. Fin dall’inizio abbiamo riscontrato, invece, molta curiosità da parte di partner e clienti rispetto a un approccio sostenibile che ha poi lasciato il passo a grande fiducia da parte loro. Da qui sono nati progetti di rilievo su queste tematiche. Progetti in cui possono e possiamo dare un contributo, smuovere le persone e determinare un cambiamento nei loro comportamenti, che è poi ciò che facciamo come McCann nell’aiutare i brand a dare un contributo meaningful alla vita delle persone. L’impatto che possono avere i grandi gruppi sarà fondamentale nei prossimi anni ed è bellissimo poterli affiancare in questa rivoluzionaria sfida.

L’attenzione alla sostenibilità è un asset che per perdurare ha bisogno della convinzione non solo del gruppo dirigente, ma di tutti i componenti dell’azienda. Quali sono le iniziative che state organizzando in quest’ottica e quali avete in programma per i prossimi mesi? Qual è il riscontro tra i dipendenti?

Nell’ultimo anno, il gruppo sta localmente adottando delle green practices volte a creare una cultura della sostenibilità partendo da noi, i nostri spazi e le nostre dinamiche d’agenzia. Poi cerchiamo di riflettere tutto questo nel rapporto con i clienti e nelle campagne pubblicitarie. Pensiamo, per esempio, ai progetti ideati nel corso dell’ultimo anno che promuovono il consumo sostenibile, solo per citarne alcune: “The Taste of no waste” di Buitoni, la campagna corporate di Nestlé “Il buono che ci auguriamo” o ancora “Eroi dell’impegno” di Mutti.

A livello internazionale c’è una Sustainability Task Force attraverso la quale condividiamo le best practices già adottate per i nostri clienti. È appena stata lanciata la ricerca globale Truth about Sustainability di cui avremo i risultati locali a breve. Uno studio che traccia le linee da seguire nel prossimo futuro e che si interroga sulle implicazioni della sostenibilità nella vita di tutti i giorni, individuando le verità intorno a questo grande filone. Non smettiamo mai di studiare…

Abbiamo creato delle partnership con piattaforme innovative come AWorld che collabora con le Nazioni Unite. E, più in generale, il nostro approccio, come One Operation, ci vede impegnati più concretamente, si è creato volontariamente un team dedicato che ha a cuore la sostenibilità e si metterà alla prova nel corso del 2022.

Sostenibilità non è solo clima e ambiente, è anche capitale umano e contenuti responsabili, etica del rispetto in qualsivoglia declinazione. Il vostro gruppo sta organizzando delle sessioni di deep learning sui principi della sostenibilità e della circular economy, basate sulle sue conoscenze acquisite nel Master dell’Università di Cambridge e sul Global Learning Programme delle Nazioni Unite, per aumentare la consapevolezza dei dipendenti. Vuole raccontarci qualcosa al riguardo? 

Sì, personalmente mi sono reso conto che si tratta di temi molto complessi che vanno approfonditi per cui, in pieno lockdown, sono diventato un Learner del programma di Strategie della Sostenibilità, basato sul Global learning Program delle Nazioni Unite, e ho frequentato un master alla Judge Business School di Cambridge. Ho capito quanto fosse importante trasferire quanto appreso agli altri così ne è nato un percorso di deep learning sui principi della sostenibilità e della circular economy, seguito da oltre 60 dei nostri talenti. È stato un momento formativo, le persone hanno preso consapevolezza dell’urgenza di agire e farlo in fretta. Ci siamo confrontati sul tema ed è nato un percorso di approfondimento che è andato oltre alle nostre consuete attività lavorative.

Nel mercato della pubblicità e della comunicazione è il cliente che detta le regole. Qual è la vostra politica quando un vostro cliente richiede una menzione alla sostenibilità, ma non attua in realtà alcuna strategia concreta per mitigare i propri impatti ambientali o migliorare le policy sociali? 

Ci poniamo sempre nella posizione di dare dei consigli ai clienti e cerchiamo di far capire loro che le campagne pubblicitarie hanno un grande risalto e possono smuovere le coscienze delle persone per cui è necessario un impegno reale e concreto. Finora abbiamo sempre lavorato con realtà in cui strategia e concretezza andavano di pari passo. Parlare di consumo critico è un obiettivo che le aziende devono cominciare a considerare.

È importante essere sostenibili, ma lo è altrettanto che gli stakeholder ne abbiano contezza. In che modo comunicate i vostri sforzi di sostenibilità al vostro pubblico di riferimento?

Noi comunichiamo per lo più attraverso il nostro lavoro, dunque tramite le nostre campagne pubblicitarie, per intenderci abbiamo ideato tante delle pubblicità che vedete in Tv, sentite alla Radio o vedete sulle piattaforme digitali. Poi abbiamo un canale preferenziale e diretto che è quello dei social, soprattutto LinkedIn con cui esterniamo le nostre azioni, progetti e campagne anche in ambito sostenibilità. Non c’è vanità nel raccontare questi progetti ma solo il desiderio di essere un buon esempio per gli altri.

Molti sembrano faticare ad accettare che le azioni di CSR e una miglior Corporate Reputation in generale producano migliori performances finanziarie. Può darci la sua esperienza in merito?

La Corporate Social Responsibility nutre la Corporate Reputation. Chiunque rinunci a questo nutrimento avrà ben poca reputation da rivendicare