Poca sostenibilità nella Supply Chain
OSSERVATORIO BILANCI CSR 2011 DI AVANZI E A&S
Non tutte le crisi vengono per nuocere. Quella attuale potrebbe infatti spingere le imprese a rivedere le proprie strategie tra cui quella relativa agli acquisti e alla selezione dei fornitori sulle basi di criteri che premiano i comportamenti etici e sostenibili. La tendenza emerge dalla quinta edizione dello studio “Le pratiche di sostenibilità della Supply Chain nei Bilanci Csr 2011” condotto dall’Osservatorio Bilanci Csr di Avanzi e da Acquisti & Sostenibilità che sottolinea una crescente attenzione al reporting delle pratiche di Csr all’interno della filiera degli acquisti.
Nonostante la forte spinta determinata dalla disclosure richiesta dagli analisti Sri e prevista dalla nuova versione G4 dallo standard GRI, la strada tuttavia è ancora in salita. L’adozione dei criteri Csr nella selezione dei fornitori e l’inserimento della clausola contrattuale relativa al rispetto del Codice Etico, con effetti anche sanzionatori nel caso di inosservanza, non risponde di fatto a un miglioramento del profilo ambientale e sociale della catena di fornitura. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’obiettivo di tali procedure resta prevalentemente quello di mitigare il rischio operativo e reputazionale dell’azienda. Allo stesso modo, le iniziative di coinvolgimento specifico sui temi Esg sono scarse e perlopiù confinate al semplice scambio di informazioni gestito attraverso il portale fornitori.
Come se ciò non bastasse, chi ha condotto l’indagine, che ha lo scopo di valutare attraverso indicatori di facile lettura i progressi nella rendicontazione e comunicazione della gestione della sostenibilità nella supply chain, ha dovuto purtroppo spesso fare i conti con la mancanza non solo di informazioni e dati quantitativi, ma anche di uniformità tra gli indicatori stessi.
L’ambito della ricerca è rappresentato dalle società quotate negli indici Ftse All Share a fine agosto 2012 per un totale di 222 titoli. All’interno di questo universo di riferimento, ad aver pubblicato il bilancio Csr in versione completa sono state 40 società. I ricavi conseguiti ammontano complessivamente a circa 576 miliardi di euro, mentre il valore degli acquisti di beni e servizi è invece di circa 230 miliardi di euro, con un’incidenza media sui ricavi pari al 40%. Per reperire le informazioni oggetto di analisi sono stati considerati l’Annual Report, i Codici Etici, i Bilanci Csr, le sezioni sostenibilità dei siti web e i portali fornitori dedicati.
La prima evidenza positiva emersa dall’Osservatorio è lo spazio attribuito alla rendicontazione relativa agli aspetti di integrazione della Csr nella catena della fornitura: il 53% del campione ha dichiarato di dedicare uno spazio di 5 pagine e oltre. La prima nota dolente riguarda invece il ruolo del Codice Etico ( o Codice di Condotta aziendale): nonostante il 90% del campione preveda all’interno del documento uno spazio riservato ai rapporti con i fornitori, solo il 10% ha indicato precisi impegni etici verso i fornitori ( come ad esempio la puntualità nei pagamenti) oppure l’integrazione reale dei principi di responsabilità sociale e ambientale nella catena di fornitura (ad esempio, la preferenza per i fornitori più virtuosi).
Nel processo di selezione dei fornitori il 78% delle aziende esaminate dichiara di considerare anche criteri di responsabilità ambientale e sociale: il valore è confortante anche se rispetto allo scorso anno non vi sono stati incrementi. Ben il 60% del campione ( con un’incidenza del 76% sul valore complessivo degli acquisti) inserisce clausole di Csr nei contratti e documenti di gara: tra queste la più frequente è il rispetto del Codice Etico della società committente. Quando si guarda tuttavia alle prassi concrete, tuttavia, non è chiaro se l’eventuale inosservanza dia o meno luogo a una sanzione, né tanto meno all’interruzione del contratto. La stessa percentuale di aziende è in grado di fornire informazioni relative al rating dei propri fornitori sulla base dei parametri di Csr: nonostante la valutazione delle prestazioni dei fornitori rispetto agli standard previsti dal committente sia una pratica fondamentale per migliorare la qualità degli acquisti sotto il profilo ambientale e sociale, tale monitoraggio resta prevalentemente un’attività ad esclusivo appannaggio delle grandi aziende. La percentuale si riduce ulteriormente quando si passa alla fase di verifica vera e propria: solo il 40% delle società del campione dichiara di effettuare audit presso i propri fornitori sia ai fini della selezione iniziale, sia in fase di monitoraggio successivo.
Il principale elemento distintivo, e anche più critico, dell’ultima edizione dell’indagine rispetto a quella dell’anno precedente, risiede nel livello di rendicontazione quantitativa. La tendenza positiva è data dal livello di diffusione della rendicontazione: il 73% del campione è in grado di presentare dati e Key Performance Indicators (Kpi) rispetto alla gestione dei fornitori. Tale percentuale viene fatta risalire dagli autori stessi dell’Osservatorio all’attenzione posta dagli analisti Sri (tra cui SAM-Dow Jones) che nei questionari per il rating hanno anticipato l’ampliamento degli indicatori sulla supply chain previsti dalla nuova versione dello standard Gri G4 che entrerà in vigore l’anno prossimo.
Nonostante l’incremento nella disponibilità di dati relativi alla caratterizzazione sia degli acquisti, sia della base dei fornitori, le difficoltà nell’analisi tuttavia permangono: i Kpi impiegati dalle aziende, e in grado di misurare, e quindi rappresentare, correttamente l’efficacia della gestione rispetto ai criteri di sostenibilità, hanno di fatto ancora una diffusione limitata e si confermano poco omogenei tra loro.