Quel bilancio è da rifare
Com’era concepito fino a ora non va più bene. Il bilancio di sostenibilità delle aziende italiane cambia, raccordandosi agli standard europei e ai dati forniti dall’Istat
Così com’è il bilancio di sostenibilità non serve più.Lo hanno deciso i rappresentanti degli oltre 30 mila professionisti che si occupano di sostenibilità in tutto il mondo durante l’ultima assemblea del Gri (Global reporting initiative) di Amsterdam. I rappresentanti delle aziende si sono espressi per un cambio di passo e l’attivazione di nuove regole. L’obiettivo è individuare indici, valori e metriche comuni per misurare in modo oggettivo le performance socio-ambientali e rendere comparabili i bilanci di sostenibilità delle imprese.In Italia Altis, Alta scuola d’impresa e società dell’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con Istat, ha fatto un passo in più. Il centro studi della Cattolica, insieme con il Csr Manager Network Italia, ha realizzato un progetto per promuovere e diffondere tra le imprese italiane regole per la stesura dei bilanci di sostenibilità che integrino i dati con i principali indicatori macro economici prodotti da Istat. Obiettivo: creare un ponte tra quello che le imprese rendicontano e la misurazione dei fenomeni sociali e ambientali del Paese. Insomma il benessere del Paese dipende anche dal benessere “prodotto” nelle aziende.«Questo progetto, sviluppato e sostenuto dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini, parte dall’assunto che i bilanci sociali (o di sostenibilità) sono redatti ormai da quasi tutte le grandi imprese italiane (il 60% delle aziende quotate) seguendo lo standard globale del Gri», dice Mario Molteni, direttore di Altis, «ma non sono ancora comparabili perché le imprese producono i dati guardando solo a se stesse, come dimostrato dall’analisi comparata dei bilanci di alcune grandi imprese».In questo quadro, un gruppo di imprese (Gruppo Hera, Autogrill, Vodafone, Terna, Generali, Gruppo San Pellegrino, Obiettivo Lavoro, Holcim Italia, Gucci, Bureau Veritas, Enel e Gruppo Unipol) appartenenti al Csr Manager Network Italia si è impegnato a rendere i dati tra loro comparabili.«Questa prima, importante novità è destinata a cambiare per tutti il modo di operare», prosegue Molteni. «Una volta a regime, infatti, le imprese potranno essere giudicate anche in base alle loro performance sociali e ambientali».La seconda importante novità del progetto, che non ha eguali a livello internazionale, riguarda l’armonizzazione tra dati di impresa e alcuni dei nuovi indicatori considerati da Istat per giudicare il livello di benessere del Sistema Italia.«Questo progetto pone l’Italia all’avanguardia nella trasparenza dell’informativa d’impresa», dice Matteo Pedrini, direttore della ricerca, «e creerà indici di rilevazione con validità statistica a livello nazionale che tengano conto anche di criteri ambientali, sociale e di governance. In sintesi si tratta di stabilire protocolli che garantiscano effettiva comparabilità dei dati».Fino a oggi la rendicontazione della sostenibilità ha incluso molte informazioni, ma solo una parte di essa è realmente rilevante. Alcuni indicatori trovano applicazioni differenti sia tra aziende che operano in settori diversi, sia tra aziende che producono nello stesso comparto.«Ci sono aziende che utilizzano indicatori e unità di misura differenti per rendicontare le medesime performance», prosegue Molteni. «Inoltre i dati statistici ufficiali, forniti da Istat sull’andamento economico del Paese, non bastano più per capire come si vive veramente e qual è la qualità della vita». Istat infatti non copre tutte le informazioni sulla sostenibilità. Da qui l’impossibilità di comparare le performance di sostenibilità e, per gli stakeholders, quella di giudicarle.«L’idea ultima è quella di uniformare gli indicatori rilevanti di diversi settori economici per ottenere un benchmark con Istat nei bilanci di sostenibilità», sostiene Molteni.Ma quali sono gli indicatori ritenuti realmente rilevanti sia per le imprese sia a livello macro?«Abbiamo identificato nove cause di scarsa comparabilità», prosegue Pedrini, «Per esempio, quando si parla di fornitori locali quali sono i perimetri in cui ci si muove? 50 km, la regione, la nazione? Come si devono trattare gli stagisti e gli agenti nella valutazione dell’organico? Vanno calcolati oppure no?». Dopo aver individuato indicatori comuni sulla base dei dati forniti dalle aziende che sostengono il progetto, elaboreremo un protocollo da distribuire alle aziende quotate in Borsa con la richiesta di compilare le tabelle e fornire commenti sulle indicazioni fornite».Omologare per farsi comprendere«Alcune aziende si sono poste il problema dell’omologazione dei loro dati con quelli di altre realtà economiche, ma prima ancora si sono rese conto della necessità di ottenere una rendicontazione verso l’esterno che sia confrontabile con quella di altre aziende dello stesso settore, per dare una lettura omogenea», dice Silvio de Girolamo, Csr manager di Autogrill. «Ma c’è di più. Il nostro sforzo è quello di trovare anche un allineamento tra il valore delle imprese e il valore degli stati. Nella prima fase del progetto abbiamo cercato di capire all’interno degli indicatori definiti dal Gri quali di questi potevano essere associati con quelli forniti dall’Istat. Quindi si troverà un allineamento di visione e di metrica. Per esempio, nei consumi energetici Istat misura quello del Paese, noi siamo impegnati a individuare parametri comuni in ambito aziendale e in ambito settoriale. Nella catena delle forniture legate al territorio, altro esempio, da che punto di vista lo guarda l’impresa? Città, provincia o regione? E come si misurano i rifiuti? Per volume, in metri cubi, o in tonnellate? Idem per i consumi energetici: li calcoliamo al costo o al kilowatt erogato dall’impresa di energia?».Il tema della responsabilità sociale d’impresa e il ritorno economico, non solo di reputazione, della Csr saranno al centro dell’ottava edizione del Salone della responsabilità sociale d’impresa “Tra il dire e il fare” che si svolgerà il 30 e 31 maggio prossimi all’Università Bocconi di Milano, e che lo scorso anno ha visto la partecipazione di 70 organizzazioni e oltre 3 mila visitatori.