Csr: le aziende italiane investono male e comunicano poco il “green”
Se da una parte la crisi economica ha costretto le aziende di mezzo mondo a ridurre i budget destinati alla sostenibilità ambientale, dall’altra manager e vertici sono sempre più consapevoli della necessità di occuparsi di Csr. Gli investimenti a sostegno delle politiche verdi sono crollati del 25% ma sono cresciute del 22% le azioni rivolte all’efficienza energetica e alla sostenibilità ambientale. Secondo la Borsa italiana, gli investitori internazionali sono più propensi ad capitalizzare nelle aziende con una buona Csr perché garantisce una buona “corporate image” nel lungo termine.
A rivelare i dati sulla Csr e sulle green performance nel mondo e in Italia è il CDP Climate Change Report 2013, il rapporto che dal 2008 analizza l’impegno, in termini di sostenibilità ed efficienza energetica, delle aziende più importanti di 70 Paesi nel mondo. In Italia il CDP è stato condotto da Accenture insieme all’Imq (all’Ente italiano del marchio di qualità) su 46 aziende che volontariamente hanno fornito i dati richiesti: il report ha evidenziato che le aziende italiane hanno aumentato le azioni verso la sostenibilità ma con effetti deludenti (solo -0,8% di emissioni) derivanti da azioni e investimenti con effetti solo nel breve periodo.
La FIAT è leader nella CDP Italy 100 sia per l’indice “Climate Disclosure Leadership Index” (CDLI) che per il “Climate Performance Leadership Index” (CPLI), distinguendosi quindi per le basse emissioni di CO2 delle proprie autovetture (- 6,5% in due anni) e per una buona comunicazione e trasparenza della propria Csr. Seguono la YOOX e Assicurazioni Generali che si posizionano subito dopo la casa automobilistica nella classifica dei green performer (CPLI). Nella classifica dei CDLI seguono invece Pirelli, Intesa San paolo, CNH Industrial, ST Microeletronics, Buzzi Unicem, e aziende solitamente categorizzate come energivore come ENI, Italcementi, Snam (che passa da uno score di 50 a 95) e Terna.
“Lo spazio per il miglioramento, – precisa Danilo Troncarelli, responsabile Practice Sustainability di Accenture, – è ancora ampio. Infatti, anche se le iniziative aziendali per la riduzione della CO2 sono aumentate del 22%, il totale delle emissioni si è ridotto soltanto di un magro 0,8%”. Inoltre la pecca delle aziende italiane è che l’80% di esse ha una visione a breve termine nella pianificazione degli investimenti green “mentre, per stimolare un vero cambiamento occorrono operazioni che affrontino il problema dell’impatto ambientale anche oltre i due anni”. Insomma, in Italia le aziende potrebbero fare di più in termini di azioni, investire di più nella comunicazione e nel risparmio energetico ma, soprattutto pensare più in grande.
Sara Lovisolo, Group Corporate Responsability Manager di London Stock Exchange Group, conferma l’importanza di una comunicazione trasparente e di una visione di lungo termine anche per attirare gli investitori esteri che sono interessati alle aziende più lungimiranti.
Scarica il Report qui: www.cdp.net/CDPResults/CDP-Italy-100-Climate-Change-Report-2013.pdf