Fracking, il Brasile fa marcia indietro e protegge le terre indigene della Vale do Juruá
La svendita della Vale do Juruá
Senza avere consultato preventivamente le comunità indigene, il governo ha venduto all’asta un’area di più di 122mila chilometri quadrati che si estende in dodici stati brasiliani, tra cui le terre dello stato di Acre che ospitano tribù che vivono intenzionalmente isolate. La condanna del tribunale è arrivata dopo mesi di proteste da parte della Coalizão não fracking Brasil (Coesus), la coalizione brasiliana contro il fracking, movimento della società civile di migliaia di persone che si batte contro la fratturazione idraulica con l’obiettivo di sensibilizzare le persone sul suo impatto sugli ecosistemi, sulle comunità e sui diritti dei popoli indigeni. Durante l’asta dei terreni delle aree indigene negli stati di Acre e Paraná, organizzata dalla National petroleum agency (Anp), l’organizzazione ha effettuato un’incursione in cui nove leader indigeni hanno condiviso le proprie esperienze davanti ai rappresentanti delle compagnie di petrolio e gas e alla stampa internazionale.
Cos’è il fracking
Il fracking consiste nel perforare il terreno fino a raggiungere le rocce che contengono i giacimenti di gas naturale e successivamente iniettare un getto ad alta pressione di acqua mista a sabbia e altri prodotti chimici per provocare l’emersione in superficie del gas. Questa pratica ha un impatto enorme sull’ambiente, richiede un consumo consistente di acqua e rischia di contaminare il suolo e le falde acquifere circostanti. Difatti, l’80 per cento del liquido iniettato ritorna in superficie come acqua di riflusso. Inoltre, diversi scienziati teorizzano una correlazione tra il fracking e terremoti di bassa magnitudo.