Il mercato del Metaverso è destinato a crescere, ma gli esperti sono preoccupati
Di Metaverso, il futuristico mondo virtuale sempre più sulla bocca di tutti, si è iniziato a parlare su larga scala nell’ottobre 2021, dopo che Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook con l’occasione ribattezzata Meta, ha annunciato il lancio di una nuova modalità d’interazione con il web, consistente in un sistema di realtà virtuale che sarebbe in grado di garantire un nuovo standard di esperienza totalmente immersiva per gli utenti. A quella data vi erano tuttavia già numerose aziende che stavano creando prodotti e servizi basati su estensioni virtuali di mondi reali: la quota di mercato del Metaverso è cresciuta costantemente arrivando quasi a 60 miliardi di dollari della fine dello scorso anno. Secondo le previsioni della società di ricerca Prescient & Strategic Intelligence il futuro è dalla parte di questo nuovo ecosistema digitale visto che il business nel Metaverso crescerà del 1500% nei prossimi otto anni superando la quota di mercato di 1.520 miliardi di dollari nel 2030 con una crescita media annuale del 44%. Anche Pantone scommette sul Metaverso visto che ha dedicato il suo “Colour of the Year 2023” con il Viva Magenta.
Nonostante questo nuovo mondo sia entrato nel vocabolario di decine di milioni di persone proprio grazie al fondatore di Meta e alla pubblicità divulgativa da lui diffusa in tutto il mondo, si intravvedono le prime crepe di questo nuovo ecosistema digitale: a fronte, infatti, di un investimento iniziale dichiarato di 10 miliardi di dollari, la divisione Reality Labs di Meta (branch aziendale fulcro dello sviluppo tecnologico e culturale del Metaverso) ha registrato 9,4 miliardi di dollari di perdite nel terzo trimestre di quest’anno. Questo dato economico si va ad aggiungere alla recente notizia dei licenziamenti che ha coinvolto il colosso di Menlo Park, visto che la holding che gestisce Facebook, Instagram e Whatsapp ha recentemente tagliato 11mila dipendenti, il 13% della forza lavoro. Oltre a questo c’è da aggiungere che non tutte le persone abbiano ancora compreso appieno il progetto di realtà virtuale di Meta: secondo un recente sondaggio americano il 38% delle persone ha dichiarato di non sapere cosa sia il Metaverso, e il 68% non è interessato a saperlo.
“Le difficoltà e i licenziamenti di Meta sono solo in minima parte attribuibili alla divisione che si occupa di Metaverso. Sono molti altri i progetti fallimentari abbandonati dal gruppo, vittima della bulimia creativa del suo fondatore”, analizza Luca Poma, Professore di Reputation Management e Scienze della Comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino. “Zuckerberg ha una responsabilità diretta di questi licenziamenti che mandano in soffitta varie avventure come ad esempio Lasso e Shops. Per contro, la tradizionale piattaforma Social di Facebook rimane pesantemente a corto di personale, del tutto inadeguato a gestire il back-office e il servizio clienti affidato massicciamente a Bot spesso molto inefficienti. I motivi di crisi reputazionale riconducibili a Zuckerberg sono ormai talmente numerosi da minare il valore stesso del colosso che lui stesso ha fondato”.
Difficoltà interne ma anche nette prese di posizione da parte di chi ha fatto del Metaverso un business, come il co-fondatore di Animoca Brands (società di software che sviluppa e distribuisce giochi e applicazioni), Mr. Yat Siu, che da diversi anni sta investendo risorse ed energie sull’ecosistema Web3, un insieme di tecnologie blockchain-based che propongono un nuovo tipo di utilizzo di internet, dove l’utente sa sempre esattamente cosa sta succedendo ai propri dati.
“La polemica sollevata da Siu contro Zuckerberg”, spiega ancora il Professore Luca Poma, “è centrata sulla scarsa convenienza per l’utente del modello proposto da Facebook/Meta che, nonostante la grafica accattivante, è penalizzante per i cittadini. Già oggi, infatti, miliardi di dollari vengono scambiati nello spazio aperto del mercato del Metaverso, in realtà molti di più se si considerano i token fungibili e, nella maggior parte dei sistemi attualmente in uso, la maggior parte del valore è capitalizzata dall’utente finale: perché quindi si dovrebbero effettuare transazioni sulla piattaforma proposta da Meta, dove l’utente dovrà riconoscere metà del valore sviluppato alla piattaforma stessa? Sandbox, ad esempio”, precisa Luca Poma, “lascia all’utente il 95% degli utili, quindi la proposta di Meta/Facebook è anti-economica per il cittadino e molto redditizia solo per lo stesso Zuckerberg. Facebook dovrebbe spendere molto di più per incentivare le persone ad entrare nella sua piattaforma: non è affatto detto che il modello proposto dal colosso di Menlo Park risulti alla fine quello vincente”.
Ma quali sono i settori che stanno investendo di più nel mercato del Metaverso? Secondo Statista in testa a questa classifica ci sono le società che si occupano di cryptovalute con il 53% seguite dagli NFT (44%) e dalle società che si occupano di remote working (40%). Il 30% delle aziende che ha effettuato un investimento Metaverso relativo al branding e al posizionamento mentre il 27% ha investito in progetti relativi all’acquisto di prodotti.
“Siamo dinnanzi a qualcosa di nuovo e quantomeno frizzante”, ha dichiarato Matteo Aiolfi, fondatore della società di consulenza Espresso Communication, “ed è presto per dire se tutto terminerà in una bolla, come già fu per Second Life 15 anni fa, oppure se il Metaverso prenderà consistenza. Tutto si giocherà, molto probabilmente, sulla definizione di uno standard condiviso: garantire agli utenti di non aver a che fare con tanti silos chiusi, scenario che limiterebbe molto la navigazione, ma permettergli invece di affacciarsi liberamente su più mondi virtuali magari in correlazione tra loro, appare come la vera sfida per l’affermazione del modello Metaverso su larga scala. Fermo restando che qualora il Metaverso prendesse piede, certamente si aprirebbe un mercato miliardario come raramente se ne sono visti nella storia del pianeta, con forti opportunità in termine di contenuti e di vendita di servizi online ad alto valore aggiunto”.
Quale che sia lo standard che si affermerà, gli effetti del Metaverso non si faranno sentire solo sulle cryptovalute o sulle transazioni finanziarie, ma anche su settori del terziario come il travel e l’arte. Proprio per quanto riguarda il turismo, voce del PIL di grande interesse per l’Italia visto che vale circa il 6,4% secondo gli ultimi dati Istat con la percentuale che arriva al 9% se consideriamo anche l’indotto, Simone Puorto, esperto di Metaverso e autore di Hotel Distribution 2050 spiega che il “metaturismo” difficilmente sostituirà il turismo fisico vero e proprio, ma giocherà sicuramente un ruolo importante “a side”, soprattutto nelle prime fasi del traveler’s journey: attualmente, infatti, si sceglie un hotel basando la decisione solo su foto, video e recensioni (a volte neppure genuine) mentre la maggior parte dei Metaversi di viaggio può già oggi fornire un’esperienza molto più coinvolgente, consentendo agli utenti di “visitare” una destinazione, una stanza o un ristorante prima della conferma definitiva e stando comodamente seduti sul divano di casa. La recente pandemia, inoltre, ha messo in luce molte delle vulnerabilità del settore turistico, senza contare l’impatto significativo che il turismo ha sull’ambiente: secondo il Journal Nature Climate Change, è responsabile dell’8% delle emissioni di anidride carbonica dell’economia globale, e se è vero che circa il 75% di questo inquinamento è prodotto dai trasporti, il 21% – ricorda sempre Simone Puorto – è da attribuire esclusivamente ai consumi energetici degli alberghi. Trovare alternative praticabili a un’industria non ecosostenibile non è solo auspicabile, ma a questo punto è obbligatorio, e il passaggio a un’ibridazione di viaggio fisico/virtuale potrebbe essere un buon punto di partenza. Da un punto di vista strettamente economico, inoltre, alcune aziende stanno già sfruttando il mercato del Metaverso: basti pensare a HotelVerse, la prima vera meta-OTA, o alle catene che hanno iniziato a costruire proprietà virtuali, come M Social (su Decentraland) o CitizenM (su The Sandbox). Quest’ultimo, in particolare, lo sta facendo in maniera molto innovativa: i profitti derivanti dal meta-hotel verranno usati per finanziarne la costruzione di un hotel fisico, e i possessori di token voteranno esprimendo una preferenza sulla sua location reale, in puro stile DAO. Anche se gli ostacoli non mancano dal momento che nel settore del “metaturismo” operano oltre 150 aziende senza standard condivisi e comuni.
Anche il settore dell’arte, soprattutto durante il periodo della pandemia globale, ha sfruttato le possibilità del mercato del Metaverso. Il rapporto sul mercato globale dell’arte 2021 di Artmarket.com ha messo in evidenza un cambio di paradigma con l’arrivo degli NFT, che hanno generato un +60% di fatturato nel settore. I dati di mercato mostrano uno notevole aumento del fatturato delle aste rispetto al 2020, nonostante il perdurare della pandemia: la migrazione del mercato dell’arte nella sfera virtuale di Internet è ormai una realtà in tutti e 5 i continenti, relegando quasi alla storia la necessità di sale d’asta fisiche. Questo ha permesso l’evoluzione del fare arte e anche la nascita di nuovi artisti, come Pak, creatore di opere d’arte digitali (il valore delle sue opere virtuali si aggira supera i 17 milioni di dollari, quasi 8,457.896 ETH). La sua identità rimane ignota, ma tra i suoi più grandi ammiratori c’è Elon Musk, CEO di Tesla, SpaceX e da poco anche di Twitter, da sempre grande sostenitore degli NFT. La meta-arte è stata apprezzata e colta come opportunità anche da artisti già celebri, come Damien Hirts, conosciuto soprattutto per le sue opere irriverenti di animali imbalsamati e immersi in formaldeide, il quale ha deciso di bruciare mille sue opere fisiche per “convertirle” in NFT. Il progetto è partito da una raccolta di 10.000 NFT corrispondenti a 10.000 opere d’arte originali di Hirst, i suoi famosi “Spot Paintings”. Le opere d’arte fisiche sono state create nel 2016, utilizzando vernice su carta, fatte a mano, numerate, titolate, timbrate e firmate dall’artista sul retro, e ciascun lavoro è stato acquisito a partire da una base d’asta di 2.000 dollari, arrivando dopo un anno a toccare ben 50 milioni di dollari. Ai collezionisti ora è stata data la possibilità di scegliere se mantenere l’NFT o scambiarlo con l’opera d’arte fisica: il periodo di scambio si è concluso il 27 luglio 2022 con il risultato che solo poco più della metà degli acquirenti ha deciso di mantenere l’opera d’arte fisica. A questo punto, dunque, il processo si è sdoppiato: non si tratta più dell’NFT di un’opera, di un codice virtuale generato su una blockchain e riferito a un oggetto fisico, ma di un NFT “autonomo” dalle opere reali, che sono andate in cenere.
L’artista ha dichiarato in una nota: “È di gran lunga il progetto più eccitante su cui abbia mai lavorato. Non so ancora cosa sto facendo, e non ho idea di cosa riserverà il futuro, se gli NFT o gli oggetti fisici saranno più preziosi o meno. Ma questa è l’arte!”.