Per le artiste la strada è ancora in salita: il mondo dell’arte è lontano dalla gender equality
Se è vero che il mondo dell’arte è da sempre considerato un microcosmo che riflette i valori e gli atteggiamenti della società in cui si sviluppa, è preoccupante notare che problematiche legate al gender gap siano ancora fortemente radicate. Sicuramente passi in avanti sono stati fatti, ma le recenti statistiche riguardanti la rappresentazione delle artiste nelle collezioni museali e nelle mostre evidenziano uno squilibrio di genere significativo. Per esempio, solo l’1 per cento delle opere della collezione della National Gallery è realizzato da donne, e l’opera di un’artista viene valutata in media solo un decimo di quella di un uomo. Inoltre, un rapporto che copre il periodo tra il 2008 e il 2020 ha rivelato che solo l’11% delle acquisizioni in trentuno musei statunitensi riguardava opere di artiste, mentre poco meno del 15% delle mostre era dedicato alle donne. Questi dati mettono in luce l’enorme disparità nel mondo dell’arte e sottolineano quanto lavoro ci sia ancora da fare per raggiungere una rappresentazione equa e inclusiva delle artiste donne.
Durante una visita alla Whitechapel Gallery, una delle istituzioni culturali più progressiste, Katy Hessel, scrittrice e storica d’arte, ha notato che solo cinque delle 86 didascalie che accompagnavano le opere facevano riferimento ad artiste, e solo in relazione agli uomini che conoscevano o frequentavano, come i mariti di Elaine de Kooning, Anna-Eva Bergman e Lilian Holt. Questo tipo di contestualizzazione delle artiste in relazione agli uomini mette in evidenza un problema più ampio nella narrazione delle opere d’arte femminili. Mentre è vero che l’opera stessa dovrebbe venire prima dell’artista e l’artista prima del suo genere, quando si tratta di
rappresentazione nelle mostre, è fondamentale valutare criticamente le narrazioni che vengono imposte ai visitatori.
È importante riconoscere che la storia dell’arte è stata storicamente dominata dal genere maschile, con le opere degli uomini che hanno goduto di una maggiore visibilità, valore e riconoscimento rispetto a quelle delle donne. Ciò è dovuto a una serie di fattori, tra cui le norme sociali e culturali che limitavano l’accesso delle donne all’educazione artistica, alle opportunità di esibizione e alle reti professionali, nonché alle aspettative di genere che relegavano le donne al ruolo di muse o modelle piuttosto che di artiste autonome. Queste disuguaglianze di genere hanno avuto un impatto duraturo sulla rappresentazione delle artiste nelle collezioni, creando un’immagine distorta della storia dell’arte in cui le donne sono state spesso ignorate o presentate solo in relazione agli uomini.
Le limitazioni storiche per le donne artiste
La difficoltà ad emergere nel mondo dell’arte per le artiste proviene da lontano. Il ruolo delle donne è stato spesso sottovalutato e limitato nel corso della storia. Fino al 1870, sono state tenute lontane dalle professioni artistiche, e anche dopo quell’epoca, hanno affrontato molte sfide nel cercare di farsi strada nel mondo dell’arte.
Sebbene ci siano state artiste talentuose anche prima di quegli anni, spesso non sono state valutate come meriterebbero e questo atteggiamento si riflette anche nella storia dell’arte che viene insegnata nelle scuole, dove le biografie e le opere delle artiste sono frequentemente trascurate o addirittura ignorate. È solo a partire dagli anni ’70 che si è iniziato a sollevare la questione del ruolo delle donne nell’arte in modo più approfondito. Nel 1971, Linda Nochlin pubblica un saggio provocatorio dal titolo “Perché non ci sono mai state grandi artiste donne?” in cui affronta la questione della scarsa presenza delle donne nel mondo delle arti figurative.
Nochlin sostiene che le donne artiste sono state escluse dal ruolo di protagoniste nel campo sociale e istituzionale a causa di un condizionamento culturale che ha limitato la loro produttività artistica. L’arte non è stata considerata un’attività autonoma e libera, ma è stata influenzata dalle accademie, dalle istituzioni culturali, dagli organismi economici e familiari. Inoltre, alle donne è stato spesso proibito studiare dal vero con modelli e modelle, a differenza degli uomini, limitando così la loro formazione e la loro possibilità di esercitarsi con tecniche e mezzi adeguati.
Le donne aspiranti artiste hanno dovuto lottare per inseguire le proprie ambizioni, affrontando spesso derisione e etichette dispregiative. Sono state divise tra le aspirazioni personali e le aspettative sociali, costrette a confrontarsi con una concezione distorta di femminilità imposta dalla società. Questo ha messo a dura prova la loro autostima e ha creato una costante ambivalenza nel cercare di affermarsi come artiste.
Nonostante queste sfide, molte donne artiste hanno raggiunto risultati significativi nel corso della storia. Dalle pittrici rinascimentali come Artemisia Gentileschi, alle scultrici come Barbara Hepworth, alle fotografe come Cindy Sherman, alle artiste contemporanee come Yayoi Kusama, molte donne hanno lasciato un’impronta duratura nel mondo dell’arte, dimostrando un talento e una creatività straordinari.
Tuttavia, la lotta per il riconoscimento delle donne nell’arte è ancora in corso. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni, le donne artiste continuano ad affrontare discriminazioni di genere, disparità salariale, e limitazioni nella visibilità e nelle opportunità di carriera.
Qual è la situazione attuale?
Una ricerca condotta nel 2020 da Kooness, realtà milanese operante nel settore artistico, e riportata in questo articolo, ha evidenziato alcuni dati preoccupanti sulla parità di genere nel sistema artistico attuale.
Innanzitutto, il valore economico delle opere create da artisti uomini risulta essere significativamente più alto rispetto a quello delle donne. L’indagine ha rilevato che gli artisti uomini guadagnano in media il 24% in più rispetto alle artiste, con un prezzo medio per un’opera di circa 3.700 euro per gli uomini e 2.900 euro per le donne.
Oltre la disparità economica, la ricerca ha rivelato che la presenza maschile prevale in modo significativo nel mondo dell’arte contemporanea. Su oltre 2.700 opere d’arte prese in considerazione, il 63,3% è stato realizzato da uomini, mentre solo il 36,7% da donne. Questo dato è particolarmente interessante se confrontato con i dati relativi agli iscritti alle accademie pubbliche di belle arti in Italia, dove le donne rappresentano la maggioranza. Questo solleva la domanda su quale tipo di carriere e percorsi scelgano dopo la formazione accademica e se ci siano ostacoli o discriminazioni di genere che limitano la loro presenza e visibilità nel mondo dell’arte.
Un altro aspetto evidenziato dalla ricerca riguarda i premi assegnati agli artisti. Tra i cinque premi più prestigiosi dell’arte contemporanea presi in considerazione nello studio, il 62,3% dei vincitori sono uomini, mentre solo il 37,7% sono donne.
Infine, l’analisi si è soffermata anche su un problema di percezione pubblica del valore dell’arte in base al genere dell’artista. Le opere d’arte delle donne hanno una probabilità tre volte maggiore di essere sottovalutate rispetto a quelle degli uomini. Più della metà delle opere d’arte femminili, il 51,6%, è stata valutata al di sotto del suo reale valore dagli intervistati, mentre solo il 12,2% è stato valutato al di sopra del suo valore. Al contrario, il 31,8% delle persone ha sopravvalutato le opere d’arte prodotte dagli uomini. Questo dimostra che la percezione pubblica del valore dell’arte è influenzata dal genere dell’artista, con un pregiudizio che porta spesso a sottovalutare l’arte delle donne.
Thegreatwomenartists: cosa possiamo fare per colmare il gender gap
Conquiste sono state fatte nell’arco di decenni, ma come evidenziato in questa analisi siamo ancora lontani dal raggiungere quegli obiettivi che potrebbero avvicinarci a una reale parità di genere nel mondo dell’arte. È quindi importante mettere in campo azioni e progetti che possano invertire la rotta, come l’idea che Katy Hessel ha deciso di sviluppare a partire dal 2015, lanciando l’iniziativa su Instagram con la pagina @thegreatwomenartists. Hessel pubblica un post al giorno per ridare la giusta fama a pittrici, scultrici, fotografe e altre professioniste che sono state tenute in ombra dalla storia passata, recente e attuale. Il suo lavoro si è poi trasformato in un podcast e, sette anni dopo, in un saggio di 500 pagine intitolato La storia dell’arte senza gli uomini, edito da Einaudi.
Hessel sottolinea che non crede nella diversità delle opere dettata dal genere. Piuttosto, è stata la società e i suoi guardiani ad assegnare sempre il primato a un gruppo, ed è di vitale importanza affrontare e mettere in discussione questa situazione.
La buona notizia è che negli ultimi anni si sono fatti molti progressi grazie agli sforzi collettivi di artiste, studiose e curatrici di tutto il mondo, che sono salite anche nelle gerarchie museali. Ad esempio, per la prima volta nella storia, le donne sono alla guida della Tate Modern, del Louvre e della National Gallery of Art di Washington. Anche in Italia ci sono più di 20 manager che dirigono istituzioni culturali e musei.
Insomma, la strada è ancora lunga. Se vogliamo che il mondo dell’arte, insieme a tutti gli altri ambiti che costituiscono la nostra scoietà, raggiunga la parità di genere dobbiamo impegnarci affinché la comunicazione e il dibattito si concretizzino in azioni e progetti incisivi. Perché tanto è stato fatto, ma tantissimo è ancora da fare.