1

Tesi di laurea: SOCIAL PURPOSE E BRAND ACTIVISM. LE AZIENDE PRENDONO POSIZIONE: COME LO COMUNICANO, COME VIENE PERCEPITO DAL PUBBLICO.

Libera Università Maria Assunta, Roma – Dipartimento di scienze umane
Corso di Laurea in Marketing & Digital Communication, Anno Accademico 2018 – 2019

SOCIAL PURPOSE E BRAND ACTIVISM. LE AZIENDE PRENDONO POSIZIONE: COME LO COMUNICANO, COME VIENE PERCEPITO DAL PUBBLICO.
SOCIAL PURPOSE AND BRAND ACTIVISM. COMPANIES TAKE POSITION: HOW TO COMMUNICATE IT, HOW IT IS PERCEIVED BY THE PUBLIC.

Tesi di Edoardo Greco – Relatore Prof. Luca Poma
A questo link, il testo integrale della Tesi (111 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Nel contesto socio culturale e geo politico attuale, caratterizzato da diverse problematiche a livello globale, in primo luogo il collasso climatico, la disuguaglianza e quindi la discriminazione di genere e di razza, la diffusa corruzione, l’estinzione delle specie animali e la sovra popolazione in alcune zone del Mondo ci conducono alla nascita di conflitti come ad esempio quelli per acqua, cibo, trasporti e istruzione.

Le attuali piaghe che incidono sul benessere collettivo della comunità, stanno portando ad una rivisitazione dei ruoli nella società. Le aziende sono chiamate, non più esclusivamente a generare profitto, creare posti di lavoro, produrre beni o fornire servizi, ma a prendere posizione attivamente sui temi più caldi della società contemporanea, pronte ad impegnarsi e prodigarsi per il raggiungimento del bene comune.

L’elaborato si propone di studiare il nuovo ruolo che le aziende pioniere sono pronte a rivestire, dedite ad aiutare e risolvere, non ad aggravare, i maggiori problemi che affliggono il Mondo, spiccando per la propria eticità e trasparenza.

All’interno del primo capitolo si introdurrà il concetto di Corporate Social Responibility, mettendo in risalto la sua storia e gli eventi che ne hanno contraddistinto l’evoluzione. Si iniziò a parlare di eticità del business nel lontano 1950, riferita al ruolo esclusivo del businessman, fino a giungere all’attuale definizione che prevede comportamenti responsabili, sinceri e duraturi con tutti i portatori d’interesse dell’azienda.

Il focus a questo punto si sposta sui contesti di applicazione della CSR.

Le aziende dovranno impegnarsi nei rapporti con gli stakeholder interni con particolare riferimento alle risorse umane, e quelli esterni, attraverso l’introduzione di concetti come l’etica di prodotto e della comunicazione. Infine questa sarà chiamata alla salvaguardia dell’ambiente: i propri processi di produzione non dovranno in nessun modo influire ed impattare negativamente sul Mondo in cui viviamo.

Il processo di affermazione della CSR ha richiesto molto tempo, infatti i documenti internazionali ed europei, presi come riferimento per inquadrare con precisione la materia, risalgono al periodo attuale. I primi passi in direzione della creazione di una società più etica e responsabile in termini normativi, sono stati mossi nel dicembre del 1984 con la stesura della “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.

Durante il corso degli anni, numerose commissioni si sono susseguite e hanno affrontato i problemi di natura etica che stavano emergendo in particolare modo nei confronti dello strapotere dimostrato dalle multinazionali. I documenti redatti in questi anni rivestono un ruolo fondamentale, in riferimento principalmente al “Global Compact e all’Agenda 21”.

Il capitolo primo si conclude con l’introduzione del concetto di bene comune. Il secondo capitolo si apre, invece, con l’indagine riguardante l’innovativa idea di Brand Activism, nato come la naturale evoluzione della Corporate Social Responsibility associata alla “Teoria del bene comune”. Verranno distinte le attività svolte da un brand definito “progressive” da quelle di uno detto “regressive”, in base alle azioni svolte, ai suoi impatti sul pianeta e la relazione con gli stakeholder.

Il capitolo si propone di mostrare le linee guida che un’azienda deve seguire per attuare politiche di brand activism, volte alla creazione di vantaggio competitivo e di benessere per la comunità. Verranno inoltre esplicitate le maggiori cause di conflitto e decadenza della nostra società, temi che le aziende sono chiamate ad affrontare attivamente, sfruttando la loro possibilità di raggiungere un bacino d’utenza enorme, veicolando messaggi responsabili ed etici, e attraverso l’impegno in cause sociali mediante manifestazioni, prese di posizione e soprattutto donazioni.

La ricerca ha lo scopo di esaltare le due tecniche di comunicazione esterna maggiormente diffuse tra i brand che fanno dell’attivismo una strategia con cui creare valore: l’advertising emozionale e il Cause Related Marketing.

Attraverso il girato di spot emozionali per media tradizionali come la televisione o mediante l’utilizzo dei social network, le aziende potranno veicolare messaggi dal forte impatto, sensibilizzando la propria audience, combattendo politiche di discriminazione razziale e sessuale, o farsi promotori di messaggi per il benessere della collettività o la salvaguardia dell’ambiente.

Le azioni di Cause Related Marketing portano un sostegno attivo a numerose cause sociali, promuovendo allo stesso tempo le vendite dell’azienda e differenziandola per i propri valori di riferimento, esplicitati nella mission. Verranno analizzati inoltre i programmi di CRM più largamente diffusi: Transactional programs, Message promotion programs, Licensing programs e il Joint fund raising.

In riferimento alle tecniche utilizzate per comunicare le attività di brand activism, sono state presentate diverse campagne attuate da brand leader nel settore in primo luogo Diesel, brand sotto la direzione di Renzo Rosso, ma anche Guna, attiva nel settore farmaceutico, che ha fatto sentire il suo notevole appoggio alla Marcia per la Pace e la Non Violenza, Nike in collaborazione con la King Baudounin Foundation e la partnership tra Coca-Cola e WWF.

Il terzo e ultimo capitolo si propone invece di mostrare la percezione del pubblico quando viene stimolato da attività di brand activism, attraverso l’analisi di tre ricerche primarie raccolte negli ultimi anni negli Stati Uniti: la “Battle of wallets: the changing landscape of consumer activism” di Weber Shandwick, la “Meaningful Brands” redatta da Havas ed infine, “Championing Change in the Age of Social Media” ad opera di Sprout Social.

L’intero elaborato si pone l’obiettivo di fare chiarezza riguardo l’innovativo concetto di Brand Activism, mostrando, la connessione che intercorre tra gli obiettivi di business dell’azienda e quelli sociali, i vantaggi ed i rischi che si corrono comunicando i propri valori e le proprie idee ed infine, indagando la risposta dell’audience a prese di posizione forti e non prive di rischi da parte dei brand.