Papa Karol Wojtyla “Il più grande comunicatore del secolo”
Il dott. Valls – era nel Suo Studio medico, l’orologio segnava le 12:45, aveva appena visitato l’ultimo paziente della mattinata e si accingeva ad andare a pranzo. Il seguito della giornata si preannunciava tranquillo: qualche altra visita, un appuntamento presso la sede della Stampa Estera in Italia – il Dottore aveva la passione per il giornalismo – cena in famiglia, ma prima magari una preghiera nella cappella sulla strada tra lo Studio e casa.
La segretaria entrò nella sua stanza con il viso pallido e visibilmente turbata: “Dottore, è arrivata una chiamata per Lei. Dal Vaticano. La vogliono a pranzo…”. Valls rispose sorridendo: “Ma chi? Sarà uno scherzo, sicuramente! Richiami la Santa Sede, scopra che succede…”.
La segretaria rientrò dopo 5 minuti, confermando che la chiamata era autentica. “A che ora?”. “Tra 45 minuti Dottore. Pare che la attenda il Papa in persona”. A quel punto anche Valls sbiancò in viso…
Meno di un’ora dopo il medico era nelle Sacre Stanze, e mangiava con il Papa, che si rivolse a Lui dicendo: “So che Lei è una persona stimata: mi deve aiutare. Io voglio sapere: come possiamo comunicare meglio al mondo intero i valori – spirituali ma anche umani – dei quali siamo depositari?”. Ecco com’è iniziata la collaborazione tra Giovanni Paolo II e Joaquin Navarro Valls, di professione medico, e giornalista per passione, che per 22 anni governò la comunicazione della Santa Sede in tutto il mondo. “Il Papa quel giorno – ha dichiarato Valls recentemente in un’intervista a RAI 1 – mi disse ‘ho bisogno di Lei, la prego di riflettere su questo. Può anche prendersi del tempo per pensarci, diciamo fino a domani mattina…’. Vi confesso avevo molti, troppi dubbi, ma… come potevo dire di no al Papa?”.
In ogni caso, proprio il tema della comunicazione – e a che livello! – è stato al centro del primo colloquio tra il più amato Pontefice della storia della Chiesa e l’uomo che lo rappresentò nei confronti dei mass-media – e quindi del mondo – per l’intero pontificato.
La forza comunicativa straordinaria di Papa Wojtyla era emersa con chiarezza già nel suo primo discorso, dal balcone dell’insediamento: “Questo discorso proverò a farlo nella Vostra lingua… nella nostra lingua italiana… vorrà dire che se sbaglio mi corigerete…” (l’errore è nel discorso originale, fatto dal Pontefice a braccio). L’applauso scoppiò fragoroso in piazza e nel mondo intero, a qualcuno vennero i brividi e scesero le lacrime, e nacque immediato l’amore tra la gente comune e il modo di comunicare snello, diretto e appassionato del Cardinale polacco.
L’opera di Navarro Valls si concentrò da subito sulla necessità di rinnovamento del modo di gestire le media-relations della Chiesa Cattolica, peraltro in perfetta sintonia con gli spunti forniti dal Pontefice stesso, che con la Sua impronta particolare e modernissima spesso “scavalcava” lo stesso portavoce in termini di capacità di innovazione, rompendo gli schemi e spiazzando i mediatori della comunicazione di tutti i paesi del mondo.
E’ impossibile comprendere il “taglio” di Wojtyla se non partendo dal quotidiano. Navarro Valls racconta le “fughe” del Papa per andare… a sciare! “Il Papa – ha dichiarato Valls – mi faceva chiamare, e mi diceva ‘Oggi ci prendiamo qualche ora di pausa’. Allora dovevo organizzare un’auto, senza targa del Vaticano: salivamo l’autista, io, il Papa e il Suo segretario personale. Dietro, un’auto di appoggio, sempre anonima, e ci tuffavamo nel traffico romano all’ora di punta…vi lascio immaginare che situazione! Arrivavamo al casello, pagavamo il pedaggio, e io avevo una paura che ci riconoscessero…! L’unico tranquillo era Lui. Poi, arrivati sul posto, il Papa sciava per circa 4 ore, poi rientravamo alla Santa Sede…”
Lo stile di comunicazione del Papa nel suo “privato”, con i collaboratori, era congruente con lo stile “pubblico”, in un’assoluta corrispondenza di stile, molto rara tra personaggi notissimi come Wojtyla. Valls conferma che non esistevano distonie: “Come era in pubblico, come lo vedevate Voi, era anche in privato, quindi per Lui era assai facile comunicare”. L’assenza di “sovra-strutture” rendeva al Pontefice assai facile entrare in sintonia diretta con la gente, “Quando parlava, avevi la sensazione che si stesse rivolgendo proprio a te, personalmente”, ricorda l’ex portavoce Vaticano.
Una grande capacità strategica e di governo delle complessità, unità a una straordinaria sobrietà: “Una sera a cena portai al Pontefice una copia fresca di stampa del TIME, che lo ritraeva in copertina come uomo dell’anno. Lui la guardò, e la posò sul tavolo, rovesciata. Parlammo del più e del meno mentre mangiavamo, poi quando finimmo Lui si alzò, e la lasciò sul tavolo. Gliela porsi di nuovo, e lui la prese e la mise sotto il braccio, sempre dandogli pochissima importanza, mentre a me pareva un gran risultato sotto il profilo della comunicazione pubblica. Mi azzardai allora a chiedergli: ‘Santo Padre… forse non le piace la fotografia?’. E lui mi rispose, con un bellissimo sorriso: ‘No, il problema è che forse mi piace troppo’…”
La sofferenza è stata la cifra di una parte significativa di quel Pontificato, tanto che Valls ama ripetere che ‘L’enciclica più bella Wojtyla l’ha scritta non con le parole su un foglio, ma con la vita che ha vissuto”. Il Papa ha “comunicato” al mondo anche mediante il suo sguardo malato, in un periodo di forte relativismo etico. Questo Suo voler restare al governo della Chiesa Universale anche in condizioni di fortissimo disagio psico-fisico rese complesso anche il lavoro di Valls.
In particolare negli ultimi 2 mesi di vita del Santo Padre, Valls scelse di dare un’informazione ancor più completa del solito, in perfetta consonanza con un Pontificato che non aveva mai nascosto nulla: due conferenze stampa al giorno, puntuali, una al mattino e una al pomeriggio, per aggiornare la stampa mondiale sulla situazione del Pontefice. Un unico momento di esitazione, quando un giornalista della stampa estera domandò a Valls: “Dal punto di vista strettamente personale, come vede Lei questa situazione del Papa?”. Valls rallentò il suo abituale eloquio immediato e snello, ebbe un’esitazione, gli occhi gli si velarono di lacrime, e rispose con parole di circostanza, visibilmente emozionato. Una relazione professionale ed umana – quella tra Valls e Wojtyla – che ha costituito il vero tandem vincente del XX° secolo: dai concerti rock in presenza del Papa, al crollo del muro di Berlino, frutto di un lavoro incessante durato oltre 10 anni, dalla visita al Lìder Màximo a Cuba all’incontro con i pellerossa, con tanto di Papa che indossa davanti ai giornalisti il tradizionale copricapo di piume del Sioux.
“Quando per la prima volta incontrammo Gorbachov – racconta Valls – il capo dell’URSS era agitato, quasi a chiedersi che tipo di atteggiamento avrebbe dovuto tenere con il Papa. Wojtyla invece era in una stanza, e pregava. C’era tensione nell’aria. Un’ora dopo, a colloquio in corso, entrai, e tutto era rilassatissimo. Il Papa ‘comunicava’ nel senso più alto del termine. Posso garantirvi che era una persona emozionante, l’avete visto tutti, ma di persona emozionava ancora di più”.
“Alle 21:37 di oggi, due aprile, il nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo II è tornato alla Casa del Padre”. Questo l’annuncio dato al mondo. L’ultimo sguardo, due ore prima di lasciare definitivamente il corpo, Wojtyla lo riservò proprio a Jioaquin Navarro Valls.
Il portavoce del più grande comunicatore del secolo ricorda così quel momento: “Uno sguardo carico di significato, ci siamo guardati a lungo e abbiamo ripercorso nella mente, in silenzio, quei vent’anni di avventure in giro per il mondo. Lui soffriva, era evidente. Ma era anche straordinariamente lucido”.
Come la Sua comunicazione, che rivoluzionò l’ingessato protocollo della Chiesa e insegnò alla Santa Sede a parlare direttamente alle folle di tutto il mondo.