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Il colosso della tecnologia Philips “trattiene il fiato”

La crisi dei respiratori Philips

Rasoi elettrici, tv, frigoriferi, stereo: chi non ha avuto a che fare almeno una volta nella vita in un prodotto del noto marchio di elettronica di consumo Philips? Oggi l’immagine – e le finanze – della notissima multinazionale olandese, leader del mercato tecnologico consumer, rischia di essere messa a rischio per via di una gestione di crisi che pare ignorare alcuni dei principi fondamentali del crisis management e della crisis communication.

L’avviso di sicurezza legato ai dispositivi i-Level PAP, CPAP e ventilatori meccanici

Riavvolgiamo il nastro e analizziamo quanto accaduto.  È il 14 giugno del 2021 quando Philips – dopo aver scoperto un potenziale rischio per la salute legato ad alcuni propri dispositivi CPAP (PAP a due livelli e di ventilazione meccanica) utilizzati per il trattamento dell’apnea notturna e dell’insufficienza respiratoria – pubblica un avviso volontario di sicurezza (avviso di sicurezza 2021-05-A e avviso di sicurezza 2021-06-A) per mitigare i potenziali rischi per la salute legati, appunto, alla schiuma fonoassorbente presente in alcuni dispositivi del segmento Sleep & Respiratory Care.

Questa sostanza, utilizzata per attutire il rumore del motore dell’apparecchio, e che visivamente si presenta appunto come una schiuma compatta e friabile di colore scuro, tenderebbe, nel tempo, a “sbriciolarsi”, disperdendo particelle e micro-particelle nel tubo utilizzato dai pazienti per respirare, i quali – inevitabilmente – inalerebbero i frammenti di schiuma, con rischi potenziali, pare anche gravi, per la propria salute.

Nell’avviso di sicurezza l’azienda affermava:

la sicurezza dei pazienti è la nostra priorità e ci impegniamo a fornire il massimo supporto a pazienti, fornitori di apparecchiature medicali durevoli (DME), distributori, partner per l’assistenza domiciliare e medici per l’intero processo di correzione. Durante l’implementazione dell’azione correttiva per questo richiamo, forniremo indicazioni e condivideremo procedure per fare in modo che tutti abbiano a disposizione le informazioni più aggiornate e accurate. Ti ringraziamo per la pazienza mentre ci impegniamo a ripristinare la tua fiducia.

L’azione è rientrata nel piano di gestione da parte dell’azienda di potenziali rischi per la salute causati da alcuni dispositivi largamente distribuiti per trattare difficoltà respiratorie, come ad esempio l’apnea del sonno, rilevati anche da studi e approfondimenti promossi dalla stessa Philips, in relazione ai reclami ricevuti dagli utenti (0,03% nel 2020), una percentuale tutto sommato bassa rispetto ai milioni di apparecchi di questo tipo venduti a privati, cliniche ed ospedali pubblici, ma comunque tale da sollevare un campanello di allarme.

In particolare, l’irritazione delle vie aeree locali (dovuta al particolato rilasciato dalla schiuma) o il potenziale rischio cancerogeno (dovuto ai componenti organici più piccoli e volatili) sono stati considerati un potenziale rischio per la salute: pertanto, Philips ha deciso di pubblicare volontariamente un avviso di richiamo per informare pazienti e clienti di potenziali impatti sulla salute e sull’uso clinico, nonché per condividere le istruzioni sulle azioni più opportune da intraprendere.

L’azienda ha inoltre intrapreso un’azione proattiva su due fronti: un’indagine approfondita circa le conseguenze legate all’inalazione delle particelle di schiuma, e il ritiro e sostituzione dei dispositivi difettosi.  

Una gestione – a prima vista – impeccabile: a seguito del rilevamento di un problema tecnico vengono messe in campo una serie di azioni utili per meglio tutelare la salute dei pazienti ed informare il personale medico sanitario. Ma recentemente è accaduto un colpo di scena.

Il plot-twist dell’FDA: mancanza di trasparenza o semplice inadeguatezza nella gestione del rischio?

In questa storia vi è un plot-twist sorprendente: a pochi mesi dall’avviso volontario di sicurezza da parte dell’azienda, la Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha dichiarato – in un modulo di indagine – di aver osservato potenziali violazioni delle norme federali sulla sicurezza dei dispositivi medici durante l’ispezione di uno stabilimento di produzione Philips Respironics, organizzata nell’ambito delle operazioni di verifica per il ritiro di oltre 15 milioni di questi dispositivi respiratori.

La FDA, nel modulo 483, descrive nel dettaglio come Philips fosse in realtà consapevole già dal 2015 dei problemi legati alla schiuma fonoassorbente in poliuretano a base di poliestere (PE-PUR): il documento svela come nella revisione dei reclami dei consumatori Philips, risalenti fin al 2008, fossero inclusi più di 222.000 reclami, di cui il 3% legati proprio alla potenziale genotossicità della schiuma fonoassorbente.

L’immagine di trasparenza e la buona fede del marchio tecnologico inizia allora a vacillare: a seguito dei rilievi sollevati dall’FDA, la Philips Respironics – divisione della multinazionale – ha tentato di chiarire la sua posizione, riconoscendo di aver ricevuto: “limitati reclami relativi al degrado della schiuma (negli anni precedenti al 2021), che sono stati valutati e affrontati caso per caso.”  Tuttavia, aggiunge l’azienda olandese “I problemi relativi ai COV hanno iniziato a emergere più di recente, con test e interpretazioni che si sono successivamente svolti con esperti di terze parti certificati, portando alle azioni intraprese nella prima metà del 2021“.

Madris Kinard, ex analista della salute pubblica della FDA con esperienza nella sorveglianza post-commercializzazione, ha commentato l’accaduto affermando:

Sembra che siano stati piuttosto lenti ad agire. Questo richiamo era in ritardo, secondo me, anche a causa della preoccupazione che ci potesse essere una carenza di dispositivi CPAP disponibili sul mercato qualora fosse stato avviato un richiamo”.

Philips era davvero a conoscenza del rischio, e ha scelto di ignorare la questione o quantomeno posticipare la risoluzione del problema, ponendo a repentaglio la salute dei pazienti?

Il dossier è ancora aperto: siamo evidentemente in una zona grigia nella quale non è possibile emettere “sentenze” definitive circa la reale consapevolezza – o colpevolezza – da parte dell’azienda. Tuttavia, possiamo analizzare la vicenda dal punto di vista del Reputation management.

La crisi dei respiratori Philips e il suo impatto reputazionale

È evidente – e a questo punto non solo per gli addetti ai lavori – come l’azienda abbia ignorato quelli che in gergo tecnico vengono definiti “segnali deboli di crisi”, ovvero tutti quei segnali che in qualche modo aumentano il grado di entropia nell’azienda e nel suo ecosistema e che indicano quelle aree da monitorare con attenzione al fine di attivare un possibile intervento di gestione della crisi: appare quindi chiaro che le segnalazioni e le denunce – risalenti già al 2015 – avrebbero dovuto rappresentare per Philips un campanello di allarme sufficiente per avviare, ben prima della deflagrazione pubblica del dossier, un’azione preventiva e di indagine accurata.

“Ci sono azioni che un’azienda può intraprendere, con l’aiuto della FDA, per aiutare a mitigare problemi come questo. Non sembra che l’azienda abbia collaborato con la FDA in alcun modo collaborativo, per fare uno sforzo in buona fede per informare i consumatori 2-3 anni fa quando erano a conoscenza dei problemi“, ha commentato Kinard. Una sollecita collaborazione proattiva con l’FDA avrebbe senz’altro contribuito a mitigare gli impatti di questa debacle reputazionale della multinazionale olandese.

Come amiamo spesso ricordare in aula, la letteratura è assai robusta, come anche numerosissime sono le evidenze empiriche che correlano il danno reputazionale e la scorretta gestione di crisi ad ingenti danni economici e a distruzione del valore per gli azionisti, e questo caso pare non fare eccezione: l’azienda infatti, dopo il crollo in borsa (- 12% del proprio valore complessivo) a seguito della segnalazione di sicurezza e della prima quantificazione i costi per il ritiro e la sostituzione dei prodotti difettosi (poco meno di 200 milioni di euro di spese previsti) rischia anche di dover far fronte a risarcimenti milionari.

Per l’azienda la sottostima del rischio e la scorretta gestione di crisi potrebbe avere un costo colossale: dopo le iniziali perdite di borsa per circa 2 miliardi di dollari, il totale del valore “bruciato” potrebbe attestarsi poco sotto 1 miliardo di dollari, secondo le stime del quotidiano finanziario Wall Street Journal.

A questo si aggiunge la “corsa” per la sostituzione dei dispositivi, che ad oggi è pari al 20% di quelli in circolazione, ma che l’FDA ha intenzione di scadenziare in modo assai rigido, pena ingenti multe.

La European Respiratory Society (ERS) e il conflitto di interessi

La vicenda, di qui in avanti, prende i toni del grottesco. Secondo la FDA negli Stati Uniti solo nell’ultimo anno le segnalazioni di incidenti sono state oltre 21 mila e quelle di decessi che parrebbero correlate agli apparecchi difettosi, pur da verificare in via definitiva, 124.

Tuttavia, in base alle normative vigenti, l’indagine – spiega la collaboratrice del British Medical Journal  Jeanne Lenzer – toccherebbe in questa fase proprio a Philips, cioè al produttore indagato: secondo la regolamentazione USA, quindi, è proprio “l’imputato” a dover in prima battuta valutare il suo “grado di colpevolezza”.

Tra la fine del 2021 e gli inizi del 2022 Philips ha invero eseguito ulteriori test e ricerche per valutare il potenziale rischio derivante dalla schiuma fonoassorbente, informando le autorità sanitarie europee, incluso il Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (BfArM) di Berlino, sugli esiti della ricerca. Inoltre ulteriori test sono poi stati eseguiti da laboratori di test certificati e da esperti qualificati di terze parti indipendenti, utilizzando la guida ISO 18562 ed analizzati dalla European Respiratory Society.

Il primo febbraio 2022, a seguito di questi test, la società scientifica ERS (European Respiratory Society) ha pubblicato uno statement in cui afferma che i primi risultati di ricerca inerenti alla schiuma avevano avuto esiti tutto sommato rassicuranti: l’inalazione dei COV non pareva provocare conseguenze a lungo termine rilevanti per la salute dei pazienti.

Tuttavia, il brillante servizio di Report andato in onda ieri sera su RAI 3 ha svelato un ulteriore elemento che rischia di mettere in dubbio la presunta buona fede dell’azienda e anche degli enti di controllo: il Dott. Winfred Randerath, responsabile della gestione di questo dossier per conto della ERS, alla domanda della giornalista “Ci sono conflitti di interesse tra lei e Philips?” si cimenta in una performance che ha dell’incredibile. In evidente panico, prima resta in silenzio per un tempo televisivamente interminabile, poi, con palese imbarazzo, si allontana dalla telecamera chiedendo goffamente di poter rispondere in privato sul punto alla giornalista, e – quando infine viene incalzato da essa, che sollecita una risposta – ammette l’esistenza di un conflitto di interessi, confessando di aver lavorato in passato proprio per Philips (!). Una parentesi quasi “fumettistica”, che mette in luce gli enormi spazi di miglioramento – ad esser generosi – di questi sistemi di controllo.

In ultimo, a dare ulteriore riprova della relativa fallibilità del sistema di verifica e richiamo dei dispositivi, l’ammissione da parte della stessa Philips di risultati non incoraggianti che paiono contraddire le evidenze rassicuranti riportate da BfArM e COV.

Le scuse – tardive – del Direttore medico di Philips

L’ analisi circa le strategie di crisis management e di crisi communication attuate da Philips non può non tener conto dell’intervento del direttore medico di Philips nella video intervista rilasciata proprio a Report: il Dott. Jan Kimpen “chiede scusa ai pazienti”, pur negando le insinuazioni circa la consapevolezza, già nel 2015, da parte di Philips, dei rischi legati all’inalazione della schiuma fonoassorbente. “La sicurezza dei pazienti è quello su cui si basa la reputazione di Philips”, chiosa con fermezza, pur non rispondendo in modo del tutto chiaro ed esaustivo alle domande assai precise del cronista.

Mentre scriviamo, il processo di ritiro e riparazione dei dispositivi prosegue, e non si placano le legittime paure di coloro che si vedono comunque costretti, nell’attesa, a utilizzare i dispositivi medici del colosso Olandese. Quello di Philips è un ennesimo caso nel quale la reputazione di un marchio di fama mondiale viene messo a dura prova da una gestione a tratti opaca, di certo poco conforme alle buone prassi in materia di crisis management, e fin qui inadeguata a salvaguardare il valore degli azionisti, nonché – soprattutto – la salute dei cittadini.

To be continued…