Digital Health C’è ancora spazio per l’uomo?
La digital health (sanità digitale) è un insieme di conoscenze e di attività associate all’uso di tecnologie digitali, finalizzate alla prevenzione e al miglioramento della qualità delle cure e dei servizi sanitari. Essa si compone di un ampio ventaglio di tecnologie già ampiamente in uso e destinate a svolgere un ruolo sempre più importante per la nostra salute.
In linea generale le tecnologie associate alla sanità digitale possono essere raccolte entro tre ambiti di attività.
Tecnologie per l’archiviazione, la consultazione e la gestione di dati sanitari
Sono le tecnologie attualmente più diffuse e riguardano molte attività di uso corrente, come la possibilità di prenotare visite ed esami o di consultare e gestire i dati personali archiviati sul proprio cellulare o conservati su database digitali gestiti da imprese private o da istituzioni pubbliche, come il fascicolo sanitario elettronico. Quest’ultimo è una sorta di cartella sanitaria gestita dalle Regioni e accessibile on-line dove sono archiviati i dati relativi alla propria salute: esiti di esami diagnostici, prescrizione di farmaci, referti di pronto soccorso, ricoveri e altri dati di interesse sanitario.
Smart device e telemedicina
È un settore in vorticosa espansione e riguarda lo sviluppo di micro-sensori indossabili, inseriti in orologi, scarpe, magliette, cinture, occhiali, chips sottocutanee o ingeribili, capaci di misurare diversi parametri biologici quali il livello di glucosio, la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la temperatura corporea, il sudore o capaci di rilevare l’attività fisica, la quantità e la qualità del sonno, le calorie consumate e molto altro ancora1.
Tali dati possono essere analizzati e utilizzati da chi li indossa per monitorare il proprio stato di salute o per gestire specifiche patologie, oppure possono essere trasmessi a distanza al proprio medico curante o a centri di riferimento da cui ricevere indicazioni personalizzate di diagnosi e cura o suggerimenti per modificare i propri stili di vita. Chi dispone di uno Smartphone Apple (App Salute) può già rendersi conto del futuro che ci aspetta.
Intelligenza artificiale e robot
Si tratta di macchine capaci di elaborare enormi volumi di dati e nelle loro forme più evolute di simulare il comportamento umano. In effetti, in medicina, come in molti altri campi della conoscenza, le informazioni di cui tener conto al momento di decidere sono così numerose e così mutevoli che nessuno può competere con le straordinarie capacità di elaborazione di un’intelligenza artificiale.
Per esempio, vi sono applicazioni come Watson dell’IBM che supportano le decisioni cliniche sfruttando la loro potenti abilità di analisi o come Skin vision capace di identificare in pochi secondi e con ottima precisione i tumori della pelle, a partire da una fotografia scattata con lo smartphone. Ma la cosa più sorprendente è che tali sistemi, avvalendosi dei dati che via via ricevono, sono capaci di imparare e di decidere in modo autonomo (deep learning). Per esempio, sono in grado di distinguere la retina di un uomo da quella di una donna, utilizzando criteri che nessuno finora è stato in grado di spiegare o imparare da soli giocare a Go (un complesso gioco cinese) sbaragliando i migliori giocatori del mondo con mosse nuove e imprevedibili.
Aspetti etici
Le implicazioni bioetiche della digital health sono molteplici e si differenziano in relazione al tipo di tecnologia presa in considerazione e al contesto in cui viene utilizzata. Le varie situazioni hanno spesso contorni sfumati e pertanto più che di norme dovremmo parlare di valori, di principi e di responsabilità. In linea generale possiamo far riferimento a tre diversi aspetti etici.
Privacy
Le informazioni personali, anche quelle ottenute mediante gadget o social network, sono in grado di garantire l’anonimato, sono conservate in modo sicuro e possono essere utilizzate a scopo di ricerca?
Le notizie di cronica ci informano con una certa frequenza che database contenenti milioni di dati personali sono stati ripetutamente violati da ingegnosi attacchi informatici da parte di hacker o facendo leva sull’integrità delle persone implicate nei sistemi di archiviazione dei dati, mostrando la fragilità degli attuali sistemi di protezione.
Tali sistemi sono certamente destinati ad evolvere tecnologicamente ma dovranno definire adeguate procedure di raccolta del consenso informato, contrastare il crescente monopolio delle informazioni, adottare meccanismi di protezione e di controllo sulle modalità di accesso agli archivi e fornire indicazioni chiare sull’utilizzo dei dati e sul diritto all’oblio, in modo da restituire credibilità e affidabilità alle varie iniziative in atto, a molte delle quali sarebbe impossibile rinunciare2.
Efficacia e sicurezza
Quali vantaggi si possono ottenere in termini di salute dall’applicazione delle nuove tecnologie digitali e su quali prove si basano i benefici attesi? Le nuove tecnologie digitali possono arrecare danni a chi le utilizza o alla popolazione in generale?
Tutte le innovazioni afferenti alla digital health, come del resto ogni altra tecnologia sanitaria, prima di essere immesse sul mercato dovrebbero aver dimostrato la loro utilità, cioè la loro capacità di migliorare alcuni aspetti correlati alla salute individuale, collettiva o del pianeta (specificando quali) e soprattutto dovrebbero poter attestare di non essere dannose.
A questo riguardo si veda il nutrito dibattito in merito alla potenziale pericolosità per l’uomo e per l’ambiente conseguente all’esposizione dell’intero pianeta, alle radiofrequenze emesse dalla rete wireless di quinta generazione, 5G3.
Autonomia, dignità e rispetto della persona
Le nuove tecnologie digitali tengono conto della dignità della persona, delle sue specifiche esigenze e della sua autonomia decisionale?
Le tecnologie digitali che si avvalgono di parametri biochimici, genetici e funzionali per orientare le decisioni che riguardano la nostra salute sono destinate a trasformare radicalmente il modo di affrontare i problemi di salute e le relazioni tra professionisti e pazienti. In questo ambito si celano alcuni degli aspetti etici più critici della digital health, di cui dobbiamo almeno avere consapevolezza.
Le tecnologie dedicate a questo scopo sono distribuite su un ampio spetro di attività. Nei casi più semplici, le decisioni sono di tipo “meccanico”: specifici sensori rilevano un certo parametro biologico o funzionale e, al bisogno, attivano gli opportuni rimedi: glicemia-insulina, dolore-analgesico, stato d’ansia-ansiolitico, ecc.
Nei casi più sofisticati ci troviamo di fronte a decisioni di tipo “cognitivo” dove un’Intelligenza Artificiale (IA), costituita da reti neurali artificiali, orienta le decisioni che riguardano la nostra salute utilizzando in modo integrato i dati provenienti da diverse fonti: parametri biologici e funzionali, informazioni genetiche, inclinazioni, attitudini, gusti, preferenze, dati ambientali e sociali, letteratura biomedica e farmacologica e molto altro ancora. In un mondo dominato da interessi commerciali e da evidenze scientifiche aleatorie da chi saranno controllati i criteri utilizzati per la definizione degli algoritmi o delle reti neurali?
Inoltre, l’introduzione di IA capaci di apprendere dai dati e di decidere in modo autonomo sulla base di criteri indefiniti e non completamente tracciabili (black box) lascia intravedere inesplorati dilemmi etici. A chi è attribuita la responsabilità di decisioni che sfuggono al controllo umano? Le IA potranno essere dotate di personalità giuridica?
Di fatto, in nome della presunta capacità di una macchina intelligente di rispondere alle specifiche esigenze dell’individuo, stiamo progressivamente trasferendo la nostra autonomia decisionale a IA che agiscono secondo criteri almeno in parte indefiniti, che potrebbero essere dotate di personalità giuridica e controllate, come ci ricorda Harari, da una piccola élite di umani potenziati4 a cui verrebbe affidato il destino del mondo.
In questa visione l’uomo si trasformerebbe, suo malgrado, in un atomo sociale: uno dei milioni di soggetti il cui comportamento, ancorché dotato di un certo grado di libertà è controllato da un intricato sistema di algoritmi capaci di infilarsi nelle nostre vite e generare pattern comportamentali e fenomeni sociali a cui è impossibile sfuggire e che nessuno è in grado di prevedere, né tantomeno di governare.
In effetti, già oggi, in cambio di qualche like su banali storielle o invitanti prodotti di consumo, stiamo regalando i nostri dati personali a potenti imprese tecnologiche (entità astratte, giuridicamente riconosciute) che mediante algoritmi elettronici plasmano i nostri desideri, manipolano i nostri bisogni, condizionano i consumi e da ultimo controllano i nostri destini.
Perché ciò si realizzi non è necessario che via sia qualcuno dotato di una mente superiore capace di progettare l’intero sistema e di prevederne gli sviluppi. Di fatto sono le decisioni, di per sé irrilevanti, di milioni di persone che attraverso un’immensa rete relazionale in continua, rapida evoluzione, creano pattern comportamentali che regolano i rapporti sociali e danno forma al nostro futuro. Pattern comportamentali che si modificano molto più velocemente del tempo necessario alle istituzioni sociali per riconfigurarsi, con il rischio che da questo incessante rimescolamento di dati emerga qualcuno privo di scrupoli e abbastanza scaltro per cavalcare il sistema e spingere la società verso una pericolosa deriva etica.
Considerazioni finali
Non v’è dubbio che la nostra vita e la nostra salute dipenderanno in misura crescente dalle nuove tecnologie digitali che, peraltro, già oggi guidano gran parte delle nostre scelte quotidiane: alimentazione, viaggi, consumi, tempo libero, lavoro, finanza, comunicazioni, formazione, cultura e molto altro ancora.
In ambito sanitario le tecnologie digitali possono essere una grande opportunità per rendere più efficienti i servizi, semplificare l’accesso alle prestazioni, evitare perdite di tempo per passaggi amministrativi e burocratici, consentire la raccolta e la consultazione di dati, migliorare le capacità diagnostiche (visual pattern recognition), aiutare le persone e i professionisti ad accedere alle migliori conoscenze disponibili suggerendo le opzioni più appropriate al singolo caso.
La rivoluzione digitale è destinata inevitabilmente a trasformare in modo profondo la medicina e il modo di esercitarla dobbiamo quindi prendere coscienza dei benefici, dei rischi e degli aspetti etici ad essa associati5.
Le nuove IA, grazie alla loro capacità di gestire enormi volumi di dati sono certamente un valido supporto decisionale, da cui non possiamo prescindere. Dobbiamo, però, riconoscere che l’uomo si comporta contemporaneamente, ma in modo non disgiunto, sia come entità biologica che come persona.
La natura biologica dell’uomo può essere indagata e controllata attraverso strumenti di tipo deterministico (algoritmi biochimici), ma i valori, i sentimenti, le aspettative, le emozioni, quantunque dipendano da elementi di natura biologica, non si possono indagare attraverso l’analisi di variazioni molecolari o le variazioni di segnali elettrici: esse sono proprietà emergenti o, come ci ricorda Federico Faggin6, espressioni dirette della coscienza. Anche la più dettagliata conoscenza delle sinapsi non ci aiuterà a capire i disturbi mentali e viceversa la psicoterapia non potrà essere utilizzata per spiegare il funzionamento dei neuroni. I disturbi mentali non violano le leggi della chimica, della fisica e della biologia ma non si possono spiegare con esse. Sono aspetti irriducibili della medesima realtà.
La medicina deve saper utilizzare entrambi gli approcci perché la cura si avvale tanto degli aspetti biologici (di tipo meccanico, riconducibili alla fisica classica), quanto di quelli legati alla relazione, al rapporto di fiducia, di compassione e di empatia che si instaura tra persone (medico e paziente) e che non possono essere sostituiti da un robot, per quanto evoluto e dotato di “regole morali” che ne delimitano i possibili campi di azione (agenti morali artificiali).
Di fronte ad un’occlusione intestinale prevalgano di certo gli aspetti biologici, ma nelle fasi di fine vita sono gli aspetti umani a imporsi. È compito del professionista acquisire le necessarie competenze per adeguarsi alle circostanze.
Se non teniamo conto dei due diversi approcci corriamo il rischio di affidare la nostra vita a professionisti o ancor peggio ad agenti artificiali, sempre più potenti sul piano tecnico e sempre più efficienti nel gestire un immenso numero di informazioni, ma incapaci di stabilire una relazione con la persona, di mettersi in sintonia con i suoi desideri, le sue paure, i suoi bisogni e senza alcuna consapevolezza delle conseguenze etiche associate alle diverse decisioni possibili.
Computer, IA e robot sono potenti strumenti di supporto decisionale e grazie al loro aiuto faremo meno errori, saremo più efficienti e (forse) avremo più tempo da dedicare ai pazienti ma dobbiamo essere ben consapevoli che con essi sono in gioco la libertà e la dignità della persona.
1 Collecchia G: La medicina digitale. Wall Street International Magazine, 2 febbraio 2019.
2 OECD: Recommendation of the Council on Health Data Governance.
3 International Appeal: Stop 5G on Earth and in Space.
4 Harari Y N: Homo Deus: breve storia del futuro. Saggi Bombiani 2017.
5 Floridi L et al: AI4People – An Ethical Framework for a Good AI Society: Opportunities, Risks, Principles, and Recommendations. Minds and Machines (2018) 28:689–707.
6 Faggin F: Silicio Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza. Mondadori 2019.