Ma chi si può permettere davvero di pagare il conto del ristorante in follower di Instagram?
A Milano apre il primo ristorante dove si paga in base al numero dei propri follower di Instagram, ma in sintesi, nulla di tutto ciò ci riguarda davvero
Lunedì 15 ottobre, in via Lazzaro Papi a Milano, in zona Porta Romana, ha aperto il ristorante che molti media hanno annunciato essere il primo al mondo in cui sarà possibile pagare il conto in follower. Si tratta del sesto locale della catena This is not a sushi bar, nata nel 2007, prima realtà a portare il sushi delivery nel capoluogo meneghino.
La trovata, c’è da ammetterlo, ha centrato nel segno, almeno da un punto di vista comunicativo, e viene da chiedersi come mai nessuno ci avesse pensato prima. L’obiettivo non è tanto riempire il ristorante con la folla della sagra della porchetta di Ariccia, ma trascinarvi influencer e personaggi dal discreto successo social, motivarli a condividere una foto sul proprio profilo Instagram e offrire loro uno o più piatti in base all’entità della fan base che li segue.
Il meccanismo è presto spiegato. Si ordina la prima portata, si scatta una foto al piatto o al locale, si pubblica un post su Instagram (badate bene, niente Instagram stories, perché ai proprietari “piacciono le cose che durano nel tempo”) taggando il profilo ufficiale della catena e utilizzando un apposito hashtag, e poi ci si presenta in cassa sventolando il contenuto in attesa di riscontro. A questo punto, scatta un “giochino” da fare invidia ai quiz a premi del Biscione.
Per chi ha un seguito dai mille ai 5mila follower, si ottiene un piatto gratuito, da 5mila a 10mila due, da 10mila a 50mila quattro, che diventano otto se il cliente ha tra i 50 e i 100mila fan, mentre oltre i 100mila viene offerta l’intera cena. Insomma, se siete Chiara Ferragni rilevate direttamente l’immobile con pronta consegna chiavi in mano.
Per una realtà che vive all’80% di delivery a domicilio, il pagamento in follower non è tanto un pretesto per trascinare clienti in un locale che conta appena una dozzina di coperti, ma una trovata pubblicitaria e commerciale. Le prime settimane dopo l’apertura ci possiamo facilmente immaginare uno stuolo di morti di like pronti a mostrare chi ce l’ha più lungo, il seguito: gli influencer dentro a scroccare una cena, i follower, potenziali fruitori, stuzzicati dalle condivisioni social spronati a consumare il sushi comodamente seduti sul divano di casa. O almeno è così che devono essersela immaginata i proprietari, condannandosi, con una punta di masochismo, a lavorare in un un ambiente di influencer o pseudo tali, con tutte le idiosincrasie che li contraddistinguono.
Al di là di scenari apocalittici alla Black Mirror immotivatamente paventati da qualcuno, e lasciando da parte le implicazioni etico-morali che un’iniziativa simile, volente o nolente, porta con sé, c’è da chiedersi quanti e quali saranno gli influencer o pseudo tali che beneficeranno di un meccanismo simile. Per farvi un’idea, basta dare un’occhiata alle persone che seguite dai vostri profili personali.
Tralasciando nomi monstre alla Frank Matano – gente con milioni di follower che gioca in un altro campionato social – sono appena una manciata gli amici che riuscirebbero a portarsi al tavolo un Uramaki Santa Monica con Philadelphia, avocado e sesamo gratis. Insomma, a cenare a scrocco saranno giusto gli ex tronisti di Uomini&Donne e pochi altri.
Anche perché c’è da chiedersi quale interesse possa avere chi, costruita la propria reputazione social, superati i 100mila follower, si presterà a quella che agli occhi di molti potrebbe apparire come un escamotage desolanteper non pagare la cena. Stiamo sì parlando di figure in grado di monetizzare l’attenzione del proprio seguito, ma seguendo crismi e netiquette forse lontani da dinamiche di questo tipo. Non si tratta di una caduca Instagram story pronta a sparire allo scoccare delle 24 ore, ma di un post con il quale gli influencer guadagnano, anche grazie alla pubblicità di piccole e medie realtà, fino a centinaia di euro. Ben più di un pranzo infrasettimanale. Insomma, c’è il rischio che possa dimostrarsi tutto molto fumo e poco sushi. Chi vivrà, vedrà, fotograferà e mangerà. Gratis.