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Sessismo, moda, famiglia e affari in Russia: la caduta dell’intoccabile Elisabetta Franchi

Sessismo, moda, famiglia e affari in Russia: la caduta dell’intoccabile Elisabetta Franchi

Un sorriso a duecento denti e un serafico “Auguri a tutte le mamme!”. É così che Elisabetta Franchi saluta l’8 maggio dal suo profilo Instagram all’indomani del guaio in cui si è cacciata per l’intervista su donne e maternità  rilasciata alla giornalista Fabiana Giacomotti, durante un evento del Foglio in collaborazione con Pwc.

E se la provocazione può lasciare basito chi non la conosce, non stupisce certamente chi è abituato alla sfrontatezza e all’esibizionismo del personaggio che da anni risponde alle critiche facendo cancellare commenti dalle sue pagine (come in questi giorni), smuovendo i suoi legali alla prima polemica, caricando compulsivamente foto e video di una vita felice “alla faccia di”.

Ecco, questa mattina, mentre le sue frasi infelici sulla maternità facevano il giro di stampa e web, lei mostrava la casa addobbata di palloncini rosa e puntava la videocamera del cellulare sui figli piccoli che la celebravano pubblicamente con doni e poesie, in questa specie di Dynasty che è la sua vita in cui anche la felicità sembra di poliestere, come i suoi vestiti. 

Ma questa è la fine dell’episodio, partiamo dall’inizio.

L’EVENTO DEL FOGLIO

 

 
 
 
 
 
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Il 4 maggio Elisabetta Franchi partecipa all’evento “Donne e moda: il barometro 2022”, evento organizzato dal quotidiano Il Foglio per discutere su «come sia cambiato il lavoro femminile nella moda« e le difficoltà che le donne incontrano ancora nel riuscire ad occupare ruoli apicali.

Denunciata per comportamenti anti-sindacali dalla Cgil, Elisabetta Franchi deve essere sembrata l’ospite più adatto su piazza. Presenti anche il ministro delle Pari opportunità Elena Bonetti, quella che “si fece dimettere” da Matteo Renzi e la vice ministra alla cultura Lucia Borgonzoni, quella che “Non leggo un libro da tre anni”.

Insomma, l’evento prometteva bene fin dall’inizio. E in effetti non ha deluso.

Il compito di intervistare Elisabetta Franchi tocca alla giornalista Fabiana Giacomotti, una che ha più o meno lo stesso piglio ficcante di Giuseppe Brindisi con Sergey Lavrov e l’accoglie in brodo di giuggiole perché grazie a questo incontro ha già 150 follower in più su Instagram. E neppure indiani, pare.

Il resto è già storia. Elisabetta Franchi, tradita da un linguaggio dispotico («le donne le prendo, le donne le metto») e parlando sempre di sé al maschile («parlo da imprenditore») snocciola una serie di scempiaggini che non si sa neppure da che parte iniziare.

In alcuni momenti quello che dice è così surreale da sembrare il discorso di Checco Zalone in Sole a catinelle, quello «Mi parlate di lavoro femminile ma IO IMPRENDITORE quando il marito la mette incinta IO devo pagare gli assegni familiari, io devo pagare la formazione di chi la sostituisce, io devo fare il reintegro. Allora sai che ti dico:  operaia te vuoi andare incinta, la botta te la do io!». Ecco, il senso di surrealtà era questo.

Che poi, a dirla tutta, le premesse erano pure interessanti, perché la maternità è un costo importante per le aziende e se per le aziende solide è riassorbibile, per quelle meno solide può essere un ostacolo.

Il problema è che per tutta l’intervista non si sentirà mai parlare di welfare, contratti collettivi, asili nido, congedi parentali, bonus, tutele per il datore di lavoro e il dipendente, gender gap, nulla.

Per quindici minuti si assisterà solo a un processo di colpevolizzazione delle donne la cui maternità è rappresentata, a tratti, come un dovere, un ostacolo, un impedimento e pure uno strazio fisico di cui però non bisogna lamentarsi, se si vuole diventare Elisabetta Franchi.

Quindi l’ormai celeberrimo: «Lo stato non aiuta, io se una donna fa un figlio mi ritrovo per due anni con un posto magari al vertice vuoto, per questo io spesso punto solo su uomini, le donne le ho MESSE solo ANTA, hanno già fatto figli, matrimoni, le PRENDO che hanno fatto tutti i giri di boa e lavorano con me h 24».

E qui già ci sarebbe molto da dire, visto che un’azienda sana come la sua (129 milioni di fatturato pre Covid) potrebbe supplire alle carenze dello stato con un’idea di welfare aziendale e invece, a quanto pare, l’unico welfare aziendale pensato dalla Franchi ad oggi è la “dog hospitality”, ovvero i dipendenti possono portare il cane nella sede di Granarolo. Per il resto, nessuna idea, nessuna proposta, niente.

Il sistema è sbagliato? E io rispondo non rendendo più virtuoso il sistema, ma presentando il conto alle donne. Tagliando le gambe da una parte a quelle giovani che quindi nella sua azienda difficilmente potranno fare carriera e dall’altra assumendo solo donne adulte che nella sua testa sono sempre a sua disposizione (ma poi da quando le donne dopo i 40 anni non fanno più figli e non hanno più pensieri o esigenze personali?).  Insomma, la questione fertilità è il primo parametro per lavorare, nel suo mondo. Ma non solo.

FIGLI DA WEEKEND

Sempre in questo devastante processo di colpevolizzazione della donna lavoratrice che si permette pure di fare figli, c’è spazio anche per la considerazioni mediche: «Io talvolta mi ritrovo con un buco in una posizione strategica…beh io ho fatto due tagli cesarei organizzati, dopo due giorni ero a lavorare con i punti che non puoi lavorare, non puoi mangiare, non puoi respirare… un grande sacrificio eh». Capito?

Ora, a parte questa descrizione apocalittica dei postumi del cesareo, il problema quindi non è più il welfare zoppicante, ma il fatto che le donne non programmino le nascite dei figli come l’appuntamento dal parrucchiere per la ricrescita e aspettino pure che i punti siano riassorbiti. Tutte le donne ad eccezione di lei, dunque.

Tra l’altro, il cesareo programmato buttato lì come un’ottima idea per ottimizzare i tempi è un altro passaggio a dir poco osceno. I corpi non sono macchine. A meno che non ci siano problemi specifici, come da linee guida dell’Iss, non c’è alcuna ragione per cui una donna che può partorire naturalmente debba affrontare un’operazione chirurgica che ha costi e rischi sia per la madre che per il nascituro.

E a leggere bene la biografia di Elisabetta Franchi viene fuori che neppure per lei, la super donna, la gravidanza è stata un ritaglio di tempo tra una sfilata e un viaggio a Dubai (quando aspettava suo figlio è stata 40 giorni in ospedale). Ma non è finita qui.

«I figli me li sono fatti, mi piacciono, durante il weekend con loro mi diverto», dice. E poi: “Sono emiliana e nonostante sono così eMMancipata, noi donne abbiamo un dovere che è nel nostro dna, i figli li facciamo noi, il camino lo accendiamo noi. Questi uomini sono dei bambinoni, dei mammoni e non vogliono crescere mai».

Qui c’è tutto il suo pensiero distorto: la deresponsabilizzazione del maschio con l’attenuante benevola “so’ ragazzi”, l’idea che la donna debba sobbarcarsi la genitorialità al cento per cento perché è un soffietto per il camino nel dna.

Fortuna che è emmancipata.

L’intervistatrice ride, poi dice alla vice ministra Borgonzoni che la Franchi «è da applausi». E ancora: «Mi sono accertata che siano ANTA, che abbiano fatto tutto…», ribadendo che le donne per lavorare da lei devono aver fatto tutti i giri di boa, lasciando dunque intendere che in fase di assunzione pretenda di avere informazioni personali da parte delle candidate. Pratica illecita, per la cronaca. 

Evidentemente non è proprio rigidissima se si tratta di parenti, visto che sua nipote Naomi Michelini (figlia di sua sorella Catia, oggi protagonista a Uomini e donne) ad appena 27 anni lavora già in azienda in un ruolo, appunto, apicale («E’ più cattiva di me», dice di lei zia Elisabetta). Avrà promesso di non figliare?

Promette bene anche sua figlia, che di anni ne ha 16, e nella sua biografia su Instagram scrive: «Money is the reason we exist».

L’INTOCCABILE

Infine, non poteva che chiudere questa memorabile intervista con la solita stoccata retorica sui giovani «Io di voglia di fare sacrifici in questi giovani non ne vedo tanta!». «Eh ma neppure lo puoi dire perché poi ti si scatenano contro gli hater!», sottolinea sorridendo l’intervistatrice.

Ora, immaginerete che il contenuto di questa intervista sia finito di chat in chat, tipo carboneria, finché non è esploso.

Invece no, lo ha postato fieramente la stessa Franchi sulla sua pagina, segno che c’è un livello di inconsapevolezza della gravità del suo pensiero preoccupante.

E penserete che poi si sia scusata. No, ha detto: «sono stata fraintesa, sono mamma», perché essere mamme è un ostacolo nel lavoro ma un bel supporto al vittimismo prêt-à-porter, quando serve. Ora, ci sarebbe ancora un’infinità di cose da dire. Per esempio sul silenzio di tutte le persone presenti in sala tra giornalisti, politici e rappresentanti di Pwc Italia.

Non ha detto neppure nulla la ministra alle Pari Opportunità Elena Bonetti (che era in collegamento) e questo nonostante siano trascorsi giorni dall’evento.

Nessuno ha alzato la mano e ha pensato bene di interromperla controbattendo, protestando, invitando l’intervistatrice a fare il suo lavoro, anziché sorridere e annuire entusiasta.

La verità è che Elisabetta Franchi, forte di pr e di inserzioni pubblicitarie, ha saputo crearsi intorno una patina di intoccabilità che gli stessi titoli riparatori di alcuni giornali oggi raccontano bene. Perfino il silenzio delle molte influencer che in altri casi non esitano ad esporsi, è indicativo della sua sfera di influenza. Negli anni, le polemiche su di lei si sono sempre spente velocemente.

C’è stato il fratello che l’ha accusata di aver inventato un’infanzia di stenti per romanzare la sua vita, c’è la già citata vertenza sindacale ancora aperta, ci sono ex dipendenti che raccontano di un carattere molto, troppo irascibile, ci sono i suoi frequenti scivoloni sui social (memorabile la sua solidarietà ai terremotati postando una foto in canotta hashtag #sole #montagna), ma la verità è che ha 3 milioni di follower, è cavaliere del lavoro, è stata celebrata in una docu-serie e da numerosi programmi tv, ha vinto il premio EY imprenditore dell’anno.

Forse è la prima volta che una polemica che la riguarda non viene oscurata in poche ore. Anzi, di solito non si apre neppure. Per esempio c’è la questione Russia: mentre la maggior parte dei marchi di lusso e non solo di lusso sono scappati da Mosca, Elisabetta Franchi ha tenuto aperti i suoi 15 monomarca in Russia nel silenzio generale. Compreso il suo (che però il 25 febbraio ha posato per una foto con la scritta NO WAR). Insomma, la guerra no, ma gli affari sì.

Morale: Elisabetta Franchi, cecchè ne dica, è la dimostrazione che dopo gli ANTA non si è fatto tutto. Si possono fare figli come li ha fatti lei, per esempio, specie se come lei si ha un dipendente filippino che ti apre le tende in camera ogni mattino, mentre tu sei ancora a letto. E ci sono ancora molti, moltissimi giri di boa da compiere.

C’è per esempio ancora tempo per una devastante, colossale, irrecuperabile brutta figura. Riuscendo però in un’impresa storica: quella di trasformare l’8 maggio, la festa della mamma, nel primo maggio. Più del concertone.




UE, tutte le chat saranno esaminate in cerca di pedopornografia

UE, tutte le chat saranno esaminate in cerca di pedopornografia

Meno di un anno fa, Apple annunciò che avrebbe inserito nei propri prodotti una funzionalità che, analizzando i contenuti dei dispositivi e confrontandoli con materiale pedopornografico noto (CSAM, Child Sexual Abuse Material), avrebbe dovuto consentire l’individuazione di quanti fanno traffico di questo genere di contenuti.

Subito si levarono le voci di quanti, pur condividendo il fine dichiarato da Apple, non potevano fare a meno di rilevare come in questo modo un’azienda privata ottenesse il diritto di curiosare all’interno dei dispositivi degli utenti, violando sistematicamente la privacy e, naturalmente, esponendo chiunque al rischio di diventare un “falso positivo”.

La reazione fu talmente decisa che Apple tornò sui propri passi, e la cosa sembrò finire lì. Invece, l’idea deve essere piaciuta molto alla Commissione Europea, che ha avanzato una nuova proposta di regolamentazione comunitaria che riprende e rende ancora più invasiva la sorveglianza immaginata da Apple.

La proposta contiene tutta una serie di obblighi per i «fornitori di servizi online» e in particolare per quanti gestiscono i servizi di comunicazione e messaggistica, quali WhatsApp, Telegram, Signal e via di seguito.

In base alla proposta, dovrà essere condotta una scansione continua dei messaggi scambiati dagli utenti alla ricerca non soltanto di materiale pedopornografico noto – e quindi rilevato perché confrontato con un database esistente – ma anche di contenuti che gli algoritmi di machine learning potrebbero considerare come tale.

Anche il contenuto dei messaggi di testo sarà analizzato: l’algoritmo dovrà valutare se, in ogni conversazione, esistano per esempio gli estremi per un caso di adescamento di minore.

Se i riscontri saranno positivi, il sistema automatico avviserà le autorità della nazione in cui si trova l’utente sospettato, le quali potranno a quel punto emanare un «ordine di individuazione», che dovrà essere – spiega la Commissione – «mirato e specifico» per violare il meno possibile la privacy dei cittadini dell’Unione.

Nonostante le rassicurazioni, molti esperti di questioni legate a riservatezza e sorveglianza sono già in allarme: «È una vergognosa legge di sorveglianza indegna di una qualsiasi libera democrazia» ha commentato Jan Penfrat, di EDRi (European Digital Rights).

Il professore di crittografia Matthew Green ha rincarato la dose, affermando«Questo documento è la cosa più spaventosa che abbia mai visto. Propone un nuovo sistema di sorveglianza di massa che leggerà i messaggi di testo privati, non per rilevare CSAM, ma per individuare l'”adescamento”».

Uno dei problemi della proposta – rileva Ella Jakubowska, di EDRi – è che gli ordini di cui parla la Commissione possono essere mirati, ma non c’è alcun obbligo in merito. «Lascia completamente spalancata la porta che conduce a una sorveglianza molto più generale».

Non dovrebbe nemmeno essere necessario spiegare come tutto ciò comporti inoltre la fine della crittografia end-to-end, non vietandola ma vanificandola: ed è facile prevedere che ciò accadrebbe a cascata in tutto il mondo, non soltanto nell’Unione Europea.

«Non esiste alcun modo per fare ciò che la proposta della UE vuol fare senza consentire ai governi di leggere ed esaminare i messaggi degli utenti su vastissima scala» spiega Joe Mullin, della Electronic Frontier Foundation. «Se diventasse legge, questa proposta sarebbe un disastro per la privacy non soltanto nella UE, ma in tutto il mondo».

È ancora Ella Jakubowska, infine, a sottolineare un ulteriore pericolo, che già era stato rilevato quand’era Apple a voler esaminare il contenuto di iPhone e iPad: quello, già citato, dei falsi positivi.

Allora, il pericolo poteva quantomeno considerarsi ridotto poiché il confronto delle immagini e dei video scovati sui dispositivi avveniva con materiale che sicuramente era definibile come pedopornografico. Nel caso della proposta della UE, invece, il giudizio spetta alla IA.

«Già c’è stato un sollevamento quando Apple suggeriva qualcosa di simile per trovare gli CSAM noti» spiega Jakubowska. «Se adesso aggiungiamo ambiguità e situazioni che dipendono dal contesto, in cui gli strumenti basati sulla IA sono notoriamente inaffidabili, le sfide diventano molto più grandi. Basta vedere quanto sono imprecisi i filtri antispam. Sono in circolazione da 20 anni, ma quanti ancora si trovano dello spam nelle caselle di posta e si vedono classificare come posta indesiderata email legittime? Già questo mostra tutti i limiti della tecnologia».

«L’intera proposta si basa su qualcosa di infattibile, se non proprio impossibile, dal punto di vista tecnico» conclude l’esperta di EDRi. E non si riesce a nascondere il sospetto che una motivazione nobile – la lotta alla pedopornografia – venga usata come grimaldello per far passare una sorveglianza pervasiva con ben altri scopi.




LA STORIA DI BURDE DAL 1901 AL 2007 E OLTRE..

LA STORIA DI BURDE DAL 1901 AL 2007 E OLTRE..

Il fondatore della ditta “Burde” è stato Egiziano Barducci (nato a Firenze il 9 dicembre 1876, morto nel 1953) che con la moglie Giulia iniziò l’attività come rivendita di generi alimentari in via Vittorio Veneto n. 260, allora Comune di Brozzi/FI, attualmente corrispondente al n. 80 rosso di via di Peretola del Comune di Firenze (vedi allegato 1, allegato 2 e allegato 3).

Egiziano, rimasto presto orfano della madre, venne allevato da una famiglia di Ponte Buggianese (in provincia di Pistoia). Tornato intorno ai 18 anni nella natia Peretola ebbe uno scontro con il Maresciallo del paese in seguito ad una serenata non autorizzata particolarmente rumorosa. Per evitare conseguenze Egiziano si rifugiò dalla Palmira, sua madre “adottiva” ma in realtà la balia, a Ponte Buggianese e fece ritorno a Peretola solo dopo che un peretolino lo aveva riconosciuto al mercato di Montecatini. Decise allora che poteva farsi rivedere in paese e sposare Giulia Gori.

Ecco un video (del 2020) di Oscar Covini per il suo Tuscany Story che racconta con la voce di Zio Giuliano quegli anni.

https://www.youtube.com/embed/xnhidb0lgo0

Insieme a lei aprì la bottega (un negozio di alimentari con forno e vendita di insaccati fatti in proprio) in pieno centro a Petriolo (rione di Peretola) in via Vittorio Veneto n. 260. Visti i precedenti trascorsi con il Maresciallo non poté intitolarsi la licenza che venne difatti richiesta a nome di Giulia Gori.  La bottega venne subito identificata e chiamata con il soprannome del proprietario che era appunto “Burde”, una toscanizzazione dell’aggettivo “burdel” che si dà in Romagna ai ragazzi.  Infatti il padre di Egiziano, Graziano Barducci, era sensale di maiali e spesso portava il figlio oltre l’Appennino alle contrattazioni. L’aggettivo divenne soprannome e rimase con lui, da lui è passato alla bottega e poi ereditato, insieme a questa, dai discendenti.

Per un contenzioso con la proprietà del fondo di via Vittorio Veneto, il 2 maggio del 1927, dopo l’apertura della nuova strada denominata in seguito via Pistoiese (v. allegato 4) ma allora semplicemente “Strada Nova”, la bottega di Burde si trasferisce nei locali al n. 6 rosso, gli stessi dove si trova ancora oggi l’esercizio.

Egiziano si fa intestare, decaduta la denuncia del Maresciallo, l’attività commerciale e si iscrive alla Camera di Commercio, registro delle firme 24831 (vedi allegato 1).

La bottega può allargarsi e diventa pizzicheria e trattoria con l’abitazione al piano di sopra. A quei tempi la Trattoria veniva chiamata “dell’Alberone” dal nome di un grosso albero di fronte ed era frequentata principalmente da barrocciai e renaioli (fruste e biada per cavalli erano in vendita in bottega accanto a pane e salame fino agli anni ’50).

L’attività commerciale prosegue tra le due guerre ma Egiziano e Giulia non hanno figli, viene ad aiutarli il nipote Turiddo (nato nel 1912, figlio di un fratello di Giulia Gori, Roberto detto Giovanni). Nel frattempo l’attività si è allargata introducendo, come detto, anche quella di trattoria e c’è bisogno di un aiuto per la cucina. Aiuto che viene cercato e trovato a Ponte Buggianese, paese adottivo di Egiziano e noto per le brave balie e cuoche che ritroviamo all’epoca in molti locali e famiglie toscane.

Arriva così in trattoria Fosca Carrara, detta Irene, una ragazza appena sedicenne (nata il 29 settembre 1915) che sposa a 17 anni Turiddo Gori. Ancorchè giovanissima, Irene si rivela subito un’ottima cuoca, interprete delle più genuine tradizioni culinarie toscane non solo del pistoiese, capace di riproporre piatti tipici di tutta la regione con un estro notevole e una capacità non comune di “far masserizia”, fondamentale per il successo del locale.

Dalla coppia nascono tre figli, Giuliano (1933), Roberto detto Fabrizio (1940) e Mario (1944).

Nel 1946 Turiddo Gori registra a suo nome la licenza di vendita al dettaglio di generi di pizzicheria e drogheria (vedi allegato 5, licenza Comune di Firenze).  Nel 1953, alla morte di Egiziano Barducci, la ditta individuale passa del tutto al nipote, che si iscrive al Registro Ditte della Camera di Commercio di Firenze con il n. 127783 (vedi allegato 6, Registro Ditte Camera di Commercio). 

Il soprannome “Burde” passa da Egiziano a Turiddo con il diminutivo “burdino” attribuito a ciascuno dei tre figli.

Dal dopoguerra in avanti la fama della trattoria si consolida e il successo è crescente con ingrandimenti successivi e con sempre più tavoli a disposizione. Aumentano le dimensioni della sala ma anche della cucina, del personale e del numero di proposte a tavola. Sempre e comunque rimane fondamentale, e lo è anche oggi, l’unione in un solo locale delle attività di bar, tabaccheria, spaccio alimentari e ristorazione con possibilità di ristorarsi con un semplice e genuino panino fatto con insaccati locali e tradizionali fino ad un pasto completo seduti ai tavoli. Nel corso degli anni Burde diviene un riferimento per le sue preparazioni toscane sempre legate a ingredienti freschi e stagionali, dalle minestre agli arrosti, alle specialità alla brace come la bistecca alla fiorentina, fino al bollito misto con le salse fatte in casa e alle carni in umido.

Nel 1976 diviene formalmente “impresa familiare” ma di fatto lo era già da tempo perché i figli hanno sempre vissuto e lavorato in trattoria.

Dal 1° gennaio 1978 il nome della ditta è “Gori Turiddo e C. sdf” (vedi allegato 7, visura camerale attuale).

Nel 1985 si modifica in “Da Burde di Gori Turiddo e C. snc” (vedi allegato 7, visura camerale attuale).

Nel 1994 (dopo la morte di Turiddo, presente in bottega fino all’ultimo e per tutti ancora l’emblema del locale) cambia il nome in “Da Burde di Gori Giuliano e C. snc” (vedi allegato 7, visura camerale attuale).

Nel 2004 entra in azienda Andrea (nato il 26 luglio 1973), figlio primogenito di Mario Gori e di Evelina Bottai, che si occupa della cantina come sommelier. Come responsabile marketing dirige l’attività web e di comunicazione informatica enogastronomica che porta il sito della Trattoria al secondo posto in Italia, tra i più influenti che si occupano di vino e cibo, semplicemente raccontando quanto ogni giorno viene fatto in sala e in cucina da Burde.

Nel 2005 muore Irene, fino a due anni prima presente costantemente ai fornelli, costretta a letto per una paralisi. Negli ultimi anni, quando non le era ormai più possibile scendere giù in cucina e mettersi ai fornelli, era comunque in grado di controllare, dagli odori che arrivavano su in camera, se quel giorno il soffritto era stato fatto come si deve o se era il caso di correggere qualcosa.

Nel 2007 entra in azienda anche il secondogenito di Mario, Paolo (nato il 25 giugno 1976), che si occupa della cucina ereditando le ricette e l’estro di nonna Irene unito ad una vera passione per la ricerca storica dei piatti della tradizione.Nel 2020 la pandemia Covid chiude la trattoria per due mesi ma non l’attività di tabacchi, alimentari (che si allarga a ortofrutta) e neanche la cucina che si inventa il Burdelivery per offrire ai clienti il servizio di asporto dei piatti e consegna a domicilio.   Nello stesso anno inaugura il negozio online e il servizio di precottura bistecca a domicilio con consegna refrigerata.




GOOGLE PAGHERÀ 300 EDITORI EUROPEI PER I LORO CONTENUTI

GOOGLE PAGHERÀ 300 EDITORI EUROPEI PER I LORO CONTENUTI

Google ha stretto accordi con oltre 300 testate giornalistiche con sede nell’Unione Europea per pubblicare estratti dei loro articoli sul motore di ricerca. Inoltre, BigG ha annunciato il lancio a breve di uno strumento per facilitare la registrazione a questo nuovo programma anche ad altri editori. Lo ha annunciato Sulina Connal, Director, News and Publishing Partnerships di Google in due blog post.

Questa mossa risponde all’implementazione della Direttiva Europea sul Diritto d’Autore entrata in vigore tre anni fa nei vari Paesi del vecchio continente, che prevede l’obbligo per le piattaforme digitali di retribuire gli editori di notizie per la diffusione dei loro contenuti sulle piattaforme online (il decreto legislativo che recepisce questa direttiva Ue è stato approvato in Italia nell’autunno del 2021): “Mentre i paesi implementano questa nuova legge, avviamo negoziati con gli editori di notizie per poter mostrare alle persone i contenuti in base a queste norme. La direttiva fornisce due importanti principi guida. Da un lato, le persone e le piattaforme possono continuare a collegarsi e includere brevi estratti dei contenuti degli editori. Allo stesso tempo, la legge evidenzia nuovi diritti per i publisher quando vengono utilizzate anteprime estese del loro lavoro online”, sottolinea il blog post.

“Sebbene la legge nella maggior parte dei Paesi non definisca l’ambito dei contenuti protetti, abbiamo avviato trattative con centinaia di editori in diverse country tra cui Germania, Ungheria, Francia, Danimarca e Paesi Bassi in cui la norma è ora in vigore. Oggetto di queste trattative sono le anteprime estese delle notizie, che vanno oltre i semplici collegamenti e gli snippet. Ove possibile, queste offerte tengono conto dei lettori delle testate, della “natura giornalistica” delle pubblicazioni di stampa e dell’investimento editoriale”. Non si specifica quanto saranno pagati gli editori.

Un secondo comunicato annuncia una nuovo strumento che sarà disponibile tramite Search Consoleper permettere ai publisher di iscriversi a questo programma: agli editori verrà offerto un accordo Extended News Preview (ENP) con Google per i contenuti, si legge sul blog. Ciò includerà informazioni sull’offerta, come iscriversi e come fornire feedback.

Negli anni scorsi, si è svolto un acceso dibattito tra governi, società big tech e editori, che chiedevano una giusta remunerazione per i propri articoli. In risposta a queste polemiche, Mountain View aveva già avviato diverse iniziative per venire incontro ai publisher, tra cui il programma Google News Showcase, lanciato lo scorso anno, con uno stanziamento iniziale di un miliardo di dollari in tre anni. Showcase ha coinvolto oltre 750 testate in Europa, compresa l’Italia.




Eurovision, non solo musica: è boom di turisti stranieri. Che descrivono Torino come “warm, friendly, surprising, amazing”

Eurovision, non solo musica: è boom di turisti stranieri. Che descrivono Torino come "warm, friendly, surprising, amazing"

Eurovision Song Contest ha portato in città e nell’intero Piemonte entusiasmo e tante emozioni. Flash mob, concerti improvvisati ed esibizioni di artisti locali e internazionali seguiti da numerosi fan e turisti, hanno riempito le strade e le piazze, trasformando Torino in un palco a cielo aperto.

Eugenio in via di Gioia, Bandakadabra, Citi Zēni (Lettonia), Subwoolfer(Norvegia), The Rasmus (Finlandia) e il corpo di ballo della cantante spagnola Chanel Terrero Martínez, per citarne alcuni, sono tra gli artisti che hanno “usato” le strade di Torino per esibirsi e far divertire il pubblico. Le ricadute positive sul turismo in città sono confermate dalle elaborazioni dei primi dati forniti da un campione di strutture all’Osservatorio Turistico Regionale per il periodo dal 1° al 14 maggio a Torino: rispetto allo stesso periodo del 2019, i pernottamenti dall’inizio del mese hanno infatti registrato un incremento del 68%. Molti gli stranieri: oltre il 40% dei movimenti del periodo.

Chi è venuto a Torino?

In occasione dell’evento, l’Osservatorio di Turismo Torino e Provincia ha somministrato un questionario qualitativo ai turisti in visita in città. Dagli oltre 750 questionari raccolti è emerso che i turisti che sono venuti a Torino per la prima volta sono il 56%; questi visitatori hanno viaggiato in coppia (30%) o con amici/colleghi (27%) utilizzando l’aereo (37%) e il treno (32%) per raggiungere la destinazione. Gli interessi sono principalmente focalizzati sulla musica (20%), sull’enogastronomia (16%) e sulle mostre (15%). La motivazione principale che li ha spinti a venire in città è l’evento Eurovision Song Contest (57%). A livello di provenienza ottimo è il riscontro da parte dei visitatori esteri che rappresentano il 49% in particolare da Gran Bretagna e Francia (12%), Spagna (9%) e Olanda (6%). Per ciò che concerne il soggiorno, la permanenza media si attesta su 3 notti o più (61%). La città è stata percepita in modo molto positivo: emergono aggettivi che la ritraggono come “bella, elegante” e dagli stranieri come “warm, friendly, surprising, amazing”. Da evidenziare altresì che oltre il 70% dei turisti ha visitato almeno un museo; emergono ai primi posti in particolare Museo Egizio, Musei Reali, Museo Nazionale del Cinema, Reggia di Venaria e Palazzo Madama. Per concludere, il livello di soddisfazione della vacanza torinese è stato decisamente molto buono, infatti l’88% ha dichiarato di aver avuto un’esperienza positiva e di voler ritornare una seconda volta (90%).

Social Programme Delegazioni – Press

Turismo Torino e Provincia ha realizzato il social programme delegazioni (da sabato 30 aprile a sabato 14 maggio per le 40 delegazioni dei 40 Paesi in gara, 20 esperienze a Torino e 6 in Piemonte, declinate nei temi eccellenza, verde, insolito, contemporaneo, multi senso, paesaggi) che ha visto l’adesione di oltre 1.100 persone di 37 delegazioni, di cui 12 che hanno scelto di scoprire anche il Piemonte. Ha ideato inoltre con il contributo della Camera di commercio di Torino il SOCIAL PROGRAMME PRESS (6 proposte dalle Associazioni di Categoria GIA/Federagit e Maestri del Gusto di Torino e provincia, 12 musei, 2 degustazioni, 6 escursioni in regione, 5 escursioni in provincia da sabato 7 a sabato 14 maggio) che ha registrato oltre 140 prenotazioni, tra cui si segnalano le visite presso le Residenze Reali e le esperienze enogastronomiche come Merenda Reale ed Extra Vermouth.

Canali Social

I canali social utilizzati dagli Enti coinvolti nella promozione dell’evento (Facebook, Twitter ed Instagram) hanno raggiunto un totale di oltre 2.400.000 persone.

Il sito turismotorino.org ha registrato più di 27 mila utenti (+ 135,96% rispetto allo stesso periodo anno precedente) e totalizzato più di 35 mila visite (+146,89% rispetto allo stesso periodo anno precedente). Ottimi i risultati della campagna digital PR, realizzata dall’ATL, con 7 creators nazionali presenti su tutti i social network con un forte seguito su TikTok l’Official Entertainment Partner di Eurovision Song Contest tra cui ad esempio Pietro Morello, già Ambasciatore della Città di Torino.  Le stories hanno totalizzato una media di visualizzazioni pari a 151.844, account raggiunti 145.126; i reel hanno totalizzato 751.739 visualizzazioni, 54.612 like, 790 commenti e 110 salvataggi. La campagna drive-to-event (attraverso SMS marketing, invio di messaggi a database profilato di Torino e provincia, Native Advertising, sui principali siti e magazine che consentono la geolocalizzazione degli utenti e DEM, invio di email a database di utenti profilato) ha registrato: 94.500 sms letti su 95.000 inviati19.000 dem lette su 200.000 recapitate e più di 750.000 visualizzazioni dei banner.

Eurovision Village – Parco del Valentino

Con quasi 350 artisti coinvolti, Eurovision Village ha proposto oltre 55 ore di spettacolo in 8 intensissime giornate spaziando tra vari generi e coinvolgendo 20 delegazioni ufficiali di Eurovision Song Contest. Con una platea di artisti provenienti da 24 diverse nazioni, band che si sono formate o riunite per questa occasione, al Village del Valentino ha visto il passaggio di oltre 220mila persone

Un format del tutto inedito ha caratterizzato il palinsesto coinvolgendo la ricchissima comunità artistica del territorio in un grande evento di portata internazionale dando vita a un palco “glocale”, immerso nel parco del Valentino nel centro città che ha visto oltre 20 tra produzioni e collaborazioni inedite, unendo così realtà locali a grandi interpreti nazionali ed esteri. Proposte inedite, di alta qualità, che hanno permesso al vasto pubblico del Village di conoscere nuovi artisti e poter vedere star internazionali suonare con musicisti torinesi e non solo. Altri numeri: volontari coinvolti 24 al giorno per 8 giorni, totale 192; personale di produzione, tecnici di spettacolo e maestranze 80 persone. In totale oltre 150 persone.

Lonely Planet

La nuovissima guida Torino Pocket Lonely Planet dal 4 al 14 maggio è stata scaricata in free download da 25.000 utenti. “Torino regala Torino” è stato l’omaggio della Città di Torino a tutti i visitatori grazie alla collaborazione tra Città di Torino, Lonely Planet e Turismo Torino e Provincia. Oltre 30.000 visitatori hanno inoltre ricevuto materiale turistico promozionale della città, mappa e cartoline.

Media Centre Casa Italia

Oltre 300 i giornalisti nazionali e internazionali accreditati al Media Centre Casa Italia a Palazzo Madama; 25 gli artisti presenti agli appuntamenti giornalieri a lori loro dedicati; 45 le degustazioni guidate che hanno coinvolto 25 aziende piemontesi tra Consorzi vitivinicoli e turistici ed Enoteche regionali e 125 aziende torinesi coinvolte dalla Camera di commercio di Torino di cui 30 Maestri del Gusto di Torino  e  Provincia, 25 aziende vitivinicole Torino DOC, 10 Associazioni di categoria.

In totale sono state oltre 1.100 le degustazioni servite.