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FINANZA ETICA: SOSTANZA, O SOLO DICHIARAZIONE D’INTENTI?

FINANZA ETICA: SOSTANZA, O SOLO DICHIARAZIONE D’INTENTI?

Ne parliamo oggi con Aniello Milano, consulente finanziario e patrimoniale nel settore da oltre 20 anni, che con la Sua Newsletter tiene informati gli utenti anche sui temi legati agli investimenti “green”.

Dottore, si parla sempre più frequentemente di finanza etica, può definire correttamente il termine?

Semplificando al massimo, è un modo di fare finanza e investimenti che dovrebbe mettere al centro anche altri aspetti oltre il solo mero ed utilitaristico fine del rendimento. L’approccio d’investimento SRI (Social Responsible Investment) nasce in realtà negli anni ’60 negli Stati Uniti, con strategie che si basano inizialmente sull’esclusione dal portafoglio di aziende che operano in settori ritenuti controversi o dannosi per la società e l’ambiente, come tabacco, pornografia, alcol, gioco d’azzardo, armi o energie fossili. Successivamente gli investimenti SRI si sono evoluti andando ad includere una grande varietà di approcci con specifiche caratteristiche tra cui l’integrazione di metriche positive legate alla società e l’ambiente, fino ad arrivare agli investimenti che presentano un impatto intenzionale positivo sul pianeta e le persone.

Come s’incrociano la finanza etica e il modello ESG, sempre più di moda?

La finanza etica richiama al suo interno queste tre sensibilità verso degli investimenti sostenibili: l’ambiente, riguarda principalmente temi legati al contrasto dell’inquinamento e alla razionalizzazione degli sprechi; la società, che interessa le politiche di genere, i diritti dell’uomo, gli standard di lavoro e i rapporti tra la realtà produttive e la realtà in cui sono insediate; la governance, che riguarda le buone pratiche di governo delle società e i comportamenti  virtuosi delle aziende in tema di rispetto delle leggi e della deontologia. Tutto ciò dev’essere incrociato con l’approccio basato sugli “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile” promossi dalle Nazioni Unite. Parlare di sostenibilità oggi è diventato imprescindibile, in un dialogo virtuoso tra aziende, gestori e investitori in cui finanza, economia e rispetto per l’ambiente si intrecciano e si rinforzano a vicenda. Il cambiamento è in atto, si tratta di un’evoluzione naturale e irrefrenabile, non si tratta più di discutere se si o no, ma solo quando e come.

Secondo PricewaterhouseCooper’s le masse dei fondi ESG distribuiti in Europa nel 2025 conteranno per il 50% del totale, grazie ad una crescita annua del 29%. Che lettura da di questa crescita?

La domanda è pricipalmente e sostanzialmente da parte dei Clienti, i fondi devono adeguarsi, ed anche velocemente. Per effettuare davvero investimenti “sostenibili” ci si deve appoggiare ad advisor indipendenti e specializzati in investimenti ESG, e – mi vien da dire – con una seniority adeguata, da almeno oltre un decennio. Che si parli di gestioni patrimoniali, di rating ESG su fondi e titoli o di allineamento agli SDGs, non ci si può certamente improvvisare. Serve una cultura su queste materie anche da parte dei singoli investitori, non basta chiedere a gran voce “finanza etica”, bisogna selezionare i consulenti giusti.

Può fare una comparazione riguardo le rendite di fondi “etici” rispetto a fondi più tradizionali?

I fondi Esg nel corso dell’ultimo decennio hanno dimostrato una resilienza maggiore rispetto ai fondi tradizionali, ma anche oltre: la scelta di un fondo sostenibile non è penalizzante in termini di performance. A dirlo è uno studio Morningstar su circa 4.900 fondi ed Exchange traded fund (Etf) domiciliati in Europa, di cui 745 sostenibili, appartenenti a sette delle categorie più popolari, come ad esempio Azionari globali large cap, Usa, Eurozona e corporate bond in euro. L’analisi ha confrontato i risultati a tre, cinque, dieci anni e durante l’epidemia di Coronavirus. Nel decennio, circa il 59% dei fondi sostenibili ha battuto i corrispondenti tradizionali (il dato considera solo quelli sopravvissuti negli ultimi dieci anni a fine 2019), mentre le probabilità di successo nel decennio, intese come sopravvivenza del fondo sostenibile e sovra-performance rispetto a uno tradizionale, sono più alte per gli Azionari specializzati su Wall Street (81,3%).

Come tutte le mode ci sono delle cose da tenere presente, degli aspetti negativi da valutare, dal greenwashing, alle certificazioni “facili”.

Si, di questo abbiamo accennato anche in una recente video-intervista. L’ESMA tuttavia sta scendendo in campo, e tra il 2022 e il 2024 il regolatore condurrà una vera e propria lotta contro la “finta” finanza sostenibile, e in primis contro le azioni di marketing poco chiare. In questo modo s’inizerà finalmente a distinguere tra operatori seri e chi vuole solo darsi una mano di verde per vendere più facilmente. Sarà quindi importante che la volontà delle UE sia portatrice di un reale cambiamento di “ sensibilità” degli attori del mercato, per integrare una visione sostenibile oltre il mero classamento degli asset che compongono gli strumenti di investimento, attraverso una seria e rigida regolamentazione, così da dare realmente seguito a quanto deciso con l’adozione  nel  2015  dell’accordo  di  Parigi sui  cambiamenti  climatici e  dell’Agenda  2030 delle Nazioni  Unite  per  lo  sviluppo  sostenibile. I governi di  tutto  il  mondo  hanno  scelto  di intraprendere una  via  più sostenibile  per  il  nostro  pianeta  e  la  nostra  economia, e il piano  d’azione  sulla  finanza  sostenibile  è  parte  di  più  ampi  sforzi  per  collegare  la  finanza  alle esigenze  specifiche  dell’economia  europea  e  mondiale  a  beneficio  del  nostro  pianeta  e  della  nostra società.

Quali sono le direttrici d’intervento principali?

Sostanzialmente, riorientare i  flussi  di  capitali  verso  investimenti  sostenibili  al  fine  di  realizzare  una  crescita sostenibile e  inclusiva; gestire  i  rischi  finanziari  derivati  dai  cambiamenti  climatici,  l’esaurimento  delle  risorse,  il degrado ambientale  e  le  questioni sociali; promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine  nelle  attività  economico-finanziarie attraverso un sistema unificato di  classificazione delle attività sostenibili, ma anche promuovendo la trasparenza, istituendo norme e marchi per i prodotti finanziari sostenibili, e promuovere gli  investimenti in progetti imprenditoriali sostenibili. Per questo, la consulenza qualificata di imprese  d’ investimento  e di distributori  di  prodotti  di investimento sosterrà un  ruolo  centrale  nel  riorientamento  del  sistema  finanziario  verso  la  sostenibilità, che andrà sempre più integrata nella consulenza finanziaria.




Cosa cambia in Italia dopo la prima sentenza per greenwashing

Cosa cambia in Italia dopo la prima sentenza per greenwashing

I green claim, gli spot sulle presunte qualità sostenibili di un prodotto o di un’azienda, non potranno più essere “vaghi, generici o esagerati”. È la rivoluzione giurisprudenziale innescata in questi ultimi anni in Italia da decisioni di istituti e authority, esplosa con la prima sentenza di un tribunale civile per greenwashing: è successo a Gorizia, a novembre scorso.

Ma è solo l’inizio, come spiega a Wired Sara Valaguzza, avvocata esperta di tematiche ambientali e docente di diritto dell’ambiente all’Università degli Studi di Milano: “Il ruolo del giudice sarà sempre più centrale nell’interpretazione evolutiva delle norme sulla tutela ambientale e sui casi di greenwashing: aumenteranno questo tipo di istanze da parte di cittadini e aziende, e le sentenze a loro favore”. È una tendenza internazionale: particolarmente cresciuta in questi ultimi mesi in Europa e che adesso tocca anche l’Italia. Un’azienda deve provare scientificamente ciò che proclama in uno spot commerciale quando descrive le proprie virtù di sostenibilità.

Ilgreenwashing e il fenomeno dei green claim

Termine inglese ormai sempre più familiare, il greenwashing è l’uso distorto della sostenibilità ambientale a fini promozionali. Questo avviene attraverso i green claim aziendali, ovvero i messaggi pubblicitari di un brand che spesso non rispecchiano la realtà oppure dove le informazioni riguardo la loro proclamata sostenibilità non risultano verificabili e attendibili. “Per questo, varie legislazioni tentano di proteggere i consumatori e di promuovere pratiche di green marketing corrette, spiega l’avvocata. 

A gennaio dell’anno scorso, la Commissione europea ha pubblicato un report sullo screening dei siti web alla ricerca di messaggi promozionali relativi a profili di sostenibilità dei prodotti e servizi pubblicizzati. Il risultato è stato che oltre la metà dei green claim esaminati ha presentato ‘sintomi’ di illiceità. Di questi, il 40% era basato su affermazioni vaghe e generiche, mentre il restante 60% non permetteva di accedere a dati e informazioni che dimostrassero la fondatezza di quanto raccontato negli spot pubblicitari.

Alcantara-Miko: la prima sentenza digreenwashing in Italia

Il 25 novembre del 2021 il Tribunale di Gorizia ha accolto il ricorso presentato dalla società Alcantara nei confronti dell’azienda Miko, che commercializza il materiale Dinamica, microfibra dall’aspetto simile al camoscio impiegata nel settore dell’arredamento, della moda e soprattutto delle automobili. La decisione ha riconosciuto che le espressioni “scelta naturale”, “amica dell’ambiente”, “la prima e unica microfibra che garantisce eco-sostenibilità durante tutto il ciclo produttivo”, “microfibra ecologica” erano pubblicità ingannevole

A proposito della sentenza, Miko ha rilasciato a Wired una nota in cui precisa che“alcune di queste espressioni sono state utilizzate in passato per descrivere il prodotto Dinamica di Miko. L’ordinanza, tuttavia, non riguarda il valore del prodotto stesso. Miko respinge con forza l’accusa di “ambientalismo di facciata”: l’azienda produce Dinamica dal 1997, un prodotto innovativo il cui valore è da tempo riconosciuto da clienti internazionali di vari settori industriali”Cosa cambia in Italia con l’ordinanza di Gorizia

Nell’ordinanza, il Tribunale di Gorizia cita l’articolo 12 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, secondo cui “la comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili”. Un punto interessante secondo Valaguzza perché con questo riferimento al Codice il giudice tutela non solo il cittadino ma anche le altre imprese.

Nonostante l’Italia sia in un ordinamento di civil law, dove le sentenze giudiziarie non costituiscono un precedente giuridicamente vincolante come nel Regno Unito e negli Stati Uniti (paesi di common law), per l’avvocata questo orientamento potrà essere un esempio importante“Prima, per condannare spot che millantavano virtù sostenibili in realtà fumose, si parlava di ‘pratiche commerciali scorrette’: oggi il tema è il green, adesso si è capito che sul tema della sostenibilità si gioca una sensibilità crescente dei consumatori. Quindi chi giudica fa attenzione al merito della questione: c’è una nuova e grande attenzione dei tribunali italiani e stranieri a non farsi ingabbiare dalla forma”.

In conclusione, la definizione “sostenibile” non è di per sé in grado di definire un contenuto commerciale. No ad affermazioni generiche: sì all’uso di questa definizione se c’è la prova e la descrizione di una metodologia tecnica di produzione sostenibile. Metodologie che, tornando all’oggetto della sentenza, la Miko dichiara a Wired di aver adottato dal 2011. Ma a prescindere dal caso specifico, l’indicazione del Tribunale di Gorizia diventa una regola che sarà d’esempio d’ora in avanti in casi simili in Italia. “Ora dovrai essere circostanziato in un green claim: dovrai giustificare perché sei sostenibile”, specifica Valaguzza.

Come contestare un caso di presunto greenwashing

In Italia, per contestare un green claim, un cittadino, un’associazione a tutela dei consumatori e un’impresa possono: fare denuncia all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm); instaurare un giudizio civile (come nel caso della sentenza di Gorizia); segnalare il caso all’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria (Iap). Allo Iap possono rivolgersi anche le aziende, anche per chiedere un parere preventivo sul proprio messaggio, così come all’Antitrust.

Cosa è successo prima della sentenza di Gorizia

L’ordinanza di Gorizia è la prima sentenza civile mai emessa in Italia in materia di greenwashing. Ma è l’esito di un percorso che negli ultimissimi anni ha visto crescere la sensibilità di tribunali e istituti di autodisciplina in materia. In particolare, a novembre 2021 il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso presentato da Eni contro il provvedimento preso nel 2019 dall’Agcm con cui aveva accertato la scorrettezza della campagna pubblicitaria dell’azienda, incentrata sulla valenza ecologica del combustibile Eni Diesel+.

Chi si è pronunciato tanto sul greenwashing sono gli organi dell’Iap che dal 1966 operano per tutelare onestà, verità e correttezza della comunicazione commerciale. Lo Iap non è un authority, né tantomeno un organo giudiziario ma è un’associazione di aziende che raccoglie la maggior parte delle società che operano nel settore pubblicitario. Le ingiunzioni di questo istituto bloccano una campagna pubblicitaria ed ordinano la pubblicazione della pronuncia attraverso gli organi di informazione indicati dal Giurì. Negli ultimissimi anni, lo Iap ha prodotto molte ingiunzioni contro aziende responsabili di messaggi green non veritieri.

Per esempio, a ottobre del 2021, si è messo contro lo spot dei Pisellini primavera della Findus. “Lo spot recitava ‘i pisellini primavera sono teneri, dolci, piccoli, sostenibili perché rispettano l’ambiente e anche te’. Non si può affermare qualcosa del genere – continua Valaguzza – perché nella genericità della frase è chiaro che il prodotto pubblicizzato cita “sostenibilità” da una parte e “rispetto per l’ambiente dall’altra” senza che ci sia un substrato di base scientifica che faccia capire di cosa stia parlando, di quale fase del ciclo produttivo e in che senso parli di sostenibilità“.

Cosa succede sul greenwashing all’estero

Anche se non esiste ancora una disciplina di diritto comunitario in materia, in Europa diversi paesi si stanno muovendo per tutelare a livello giuridico cittadini e imprese dal greenwashing

Nel Regno Unito il 20 settembre 2021 l’Antitrust locale ha emanato il Green Claims Code, che fornisce un supporto alle imprese per non incorrere nel greenwashing e quindi nella violazione della disciplina in materia di tutela del consumatore, che può costare processi e risarcimenti. 

In Spagna nel 2009 è stato emanato il Còdigo de Autorregulaciòn sobre argumentos ambientales en comunicaciones comerciales, che inserisce i principi di veridicità (riportare informazioni corrette sul prodotto) e oggettività (evitare esagerazioni) nelle promozioni commerciali. Mentre in Francia il governo ha recentemente introdotto una sanzione, in forza della quale le imprese accusate di greenwashing e ritenute responsabili di pubblicità ingannevole per violazione del codice del consumo saranno multate con una sanzione pecuniaria di importo fino all’80% del costo totale della campagna pubblicitaria ingannevole, con l’obbligo di correzione nei media, nei manifesti pubblicitari e nel sito web.

Infine, negli Stati Uniti, l’amministrazione Biden sta discutendo di inserire ulteriori strumenti volti a combattere il greenwashing. Per esempio, la creazione di nuove unità operative in materia di cambiamento climatico all’interno delle agenzie finanziarie. 




Seoul Metaverse, la prima grande Smart City del futuro

Seoul Metaverse, la prima grande Smart City del futuro

«La televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando» cantava Lucio Dalla nel lontano 1979. Ricordate quando il mondo attendeva con trepidazione l’avvento del futuro e dell’anno 2000? Sicuramente molto è cambiato nel giro di un ventennio e ancora di più da quel 1979, ma questa volta ci siamo davvero! All’inizio del 2023, Seoul diventerà ufficialmente la prima città del futuro, inaugurando la sua gemella virtuale nel metaversoSeoul Metaverse. Ad annunciarlo, il sindaco della capitale sudcoreana Oh Se-hoon in un tweet dello scorso novembre. Per questo grandioso progetto – che rientra nel piano politico quinquennale Seoul Vision 2030 – sono stati stanziati 3,3 milioni di dollari.

Spostarsi nel metaverso, istruzioni per l’uso

Ogni cittadino, munito di visori 3D o occhiali di ultima generazione e con il proprio avatar, potrà muoversi fisicamente all’interno del metaverso urbano, compiendo ogni tipo di azione quotidiana: da una semplice passeggiata, a una chiacchiera in un bar con amici, passando per lo shopping o per il cinema, fino alle commissioni economiche e burocratiche, recandosi nei vari uffici comunali.

È prevista anche l’apertura di Metaverse 120 Center, l’ufficio del servizio civile generale, che consentirà agli utenti di incontrare comodamente e in maniera smart gli avatar di impiegati e funzionari, per gestire denunce e consultazioni civili. Il governo ha annunciato, altresì, l’apertura di un nuovo ufficio 3D dello stesso sindaco e l’offerta di servizi virtuali tra cui Seoul Fintech Lab, Invest Seoul e Seoul City Campus.

Spazio alla cultura: la città del futuro è davvero smart

Naturalmente non sono state sottovalutate cultura e turismo e la Seoul del futuro offrirà tanto anche al pubblico virtuale di tutto il mondo. Si potranno visitare monumenti e attrazioni storiche come Gwanghwamun Plaza, il Deoksugung Palace e il Namdaemun Market, ma anche compiere viaggi nel tempo visitando le ricostruzioni 3D di edifici storici come la Donuimun Gate, antica porta d’ingresso alla città distrutta nel 1915.

A partire dal 2023 tutti i festival cittadini e le cerimonie più rappresentative dell’identità coreana, come il Festival delle Lanterne o il rituale suono delle campane di Capodanno al Bosingak Belfry, si terranno anche nel metaverso, consentendo a chiunque e nel mondo e da qualsiasi posto, di parteciparvi in tempo reale, apprezzando a 360° una città e la sua cultura così distante. Per ora, governo coreano e sindaco cittadino ci consegnano il ‘bozzolo’ di un progetto tanto grandioso da poter diventare presto una farfalla. La prima Cripto Città al mondo. Seoul, con la sua moneta S-coin, sarà la prima grande smart city del futuro.




OLIVETTI: DAL MITO ALLA STORIA

INTERVISTA A GIACOMO GHIDELLI x VOLUME SU OLIVETTI

Su Adriano Olivetti è stato scritto molto: industriale, filantropo, innovatore, visionario, incubatore intellettuale della psicologia del lavoro. Tutto è già stato detto? Forse no. Ne parliamo con Giacomo Ghidelli, raffinato copywiter che per la Olivetti ha lavorato firmando alcune delle più importanti campagne pubblicitarie dell’azienda di Ivrea (inclusa quella del primo personal computer progettato al mondo) e che ci accompagna in un volume di recente pubblicazione alla ri-scoperta dell’insegnamento profondo lasciatoci dal pensiero di Adriano Olivetti.

Prendo spunto dalla domanda che si pone Pietro Bordoli aprendo la presentazione del volume: “Ma era necessario un altro libro su Olivetti, dopo tutto quanto è già stato scritto?”.

Si, perché le molte cose che sono state scritte e dette da tanti dei protagonisti olivettiani hanno in realtà  creato una “vulgata mitica” intorno a questa azienda: un racconto diventato di moda, che ha però contribuito a occultare quello che ritengo essere il più profondo insegnamento di Adriano Olivetti. Per recuperarlo, con questo libro invito a uscire dal mito per andare alla storia.

Qual’è la “vulgata mitica”?

Che cè stato un fondatore, Camillo, che oltre a trattare i propri dipendenti come un buon padre di famiglia, ha dato il via a una comunicazione elegante e raffinata che sarà sviluppata nel tempo. Il figlio Adriano ha sistematizzato e ampiamente integrato in molti modi – welfare aziendale, design, cultura etc. – ciò che aveva fatto il padre. A spingerlo fu un afflato che mantenne la propria forza propulsiva per quasi vent’anni dopo la sua morte, sino all’arrivo di De Benedetti il quale, dopo aver salvato l’azienda, stravolgendone però l’identità, fu il vero responsabile dell’olivetticidio finale.

Non è andata così?

Dal mio punto di vista, no. Innanzitutto Camillo non fu un “padrone-filantropo-paternalista”: fu un imprenditore di idee socialiste, alla ricerca di una giustizia sociale che se non era garantita dallo Stato poteva almeno in parte essere favorita da lui e dalla sua impresa. Lo testimoniano ampiamente scritti e azioni. Per quanto riguarda la comunicazione, inoltre, Camillo si mosse nel solco del tempo, senza inventare nulla di nuovo ma affidandosi semplicemente a creativi che seppero ben cogliere le novità da lui introdotte. Per Adriano le cose sono diverse: lui pone alla base di tutto il suo agire il tema della costruzione di una comunità formata da persone consapevoli, che diventano tali grazie al continuo accrescimento dei valori morali dell’individuo, vale a dire dei valori umani, culturali, sociali ed estetici. Da qui il suo lavoro per costruire quello che nel libro ho definito il “design globale”, articolato lungo quattro direttrici: il design della giustizia sociale, della cultura, della bellezza e della comunicazione. Accanto a questo “lavoro di una vita”, negli ultimi anni vengono in primo piano le ricerche nel settore elettronico, che portarono alla nascita del primo calcolatore al mondo: un risultato che sembrò anticipare il mutamento della stessa missione aziendale: da produttore di strumenti per l’ufficio a produttore di strumenti per il benessere di tutti.

Con la sua morte, però, tutto cambiò: il nuovo AD portò l’azienda verso un indebitamento così profondo che alla fine, di fronte a insanabili disaccordi nel CDA, viene costituito sotto la guida di Visentini un “gruppo di intervento” capitanato da Fiat e Mediobanca…

Si, è sotto la guida di queste entità vengono compiute tre mosse importanti. Il tema della costruzione della comunità, centro propulsivo dell’azione di Adriano, viene dimenticato: l’azienda prosegue a vivere non per costruire comunità di persone ma solo per produrre profitti. Poi, la Divisione elettronica venne malamente liquidata, e la Olivetti si concentra di nuovo sui prodotti meccanici, destinati però inevitabilmente all’obsolescenza tecnologica. Infine, venne sviluppata un’immagine aziendale fondata sul design, sulla cultura e sulla comunicazione, in un certo senso in continuità con il passato, ma solo a fini di marketing. L’insieme di queste mosse, anche se non sembra, cambiò tutto e ci portò al mito Olivetti. All’obiettivo della costruzione di una comunità subentra quello del profitto; al centro dell’azione non c’è più la persona ma il consumatore; la cultura non è più ciò che deve contribuire alla formazione di una persona che fa parte consapevolmente di una comunità, ma diventa elemento fondante per la costruzione del posizionamento aziendale; infine, la bellezza non è più – come diceva Adriano – il “valido elemento dello spirito”, ma è un valido elemento solo per le vendite dei prodotti. Contestualmente viene in primo piano un’immagine aziendale che copre i radicali cambiamenti in favore di una continuità che in realtà non esiste: la prevalenza della forma è ciò che riscrive la storia della Olivetti.

Il libro discute poi il periodo di De Benedetti che, dopo aver sfruttato in modo ancora più forte dal punto di vista marketing l’immagine aziendale, concluderà la sua parabola – come confessa lo stesso ingegnere –nel vuoto di idee. La forma, quando è solo forma, conduce al nulla?

Corretto. E anche grazie a questa ultima parte di analisi, mi auguro che l’aver dato valore alla reale storia aziendale consenta di cogliere l’insegnamento più profondo di Adriano, che fu quello di indicare la via verso una CSR radicale dove il profitto è in funzione dell’etica e non viceversa; dove la persona è realmente messa al centro e viene trattata kantianamente “come fine”, constatando come la sua crescita porti anche alla crescita della comunità e complessivamente a quella dell’innovazione, della partecipazione e, alla fine, alla crescita di quel profitto che serve, oltre che per soddisfare in misura adeguata l’azionista, anche per far crescere le persone, per creare un clima interno benefico all’azienda e soprattutto a chi vi lavora.


Il volume “Comunicazione Olivetti: dal mito alla storia”, Libraccio Editore, di Giacomo Ghidelli è disponibile in libreria e online




Zelensky Vs. Putin: la guerra della comunicazione mette male per la Russia

Zelensky Vs. Putin: la guerra della comunicazione mette male per la Russia

“Buongiorno a tutti gli Ucraini. Circolano informazioni false su internet che dicono che io starei chiedendo al nostro esercito di deporre le armi e che è in corso un’evacuazione. Bene, io sono qui, a Kiev. Non deporremo le armi, e difenderemo il nostro Stato, perché la nostra arma è la verità, e la verità è che questa è la nostra terra, il nostro Paese, i nostri figli, e noi difenderemo tutto questo. Questo è ciò che volevo dirvi, gloria all’Ucraina.”

Questa è la trascrizione letterale di un video registrato e diffuso oggi di prima mattina dal Presidente della Repubblica di Ucraina Volodymyr Zelensky, da Kiev, dove guida la resistenza nelle città sotto attacco delle forze della Federazione Russa, che hanno invaso l’Ucraina 3 giorni fa.

In un precedente video registrato ieri a tarda sera, sempre a Kiev, con indosso un maglione in stile militare, aveva detto: “Siamo qui, siamo a Kiev, stiamo difendendo l’Ucraina. Sono io l’obiettivo di Putin, e la mia famiglia è l’obiettivo numero due”, scandendo lentamente e convintamente le parole, e indicando poi – uno per uno – i quattro fedelissimi del Governo accanto a lui. La moglie e i due figli sarebbero infatti ancora nel Paese, e secondo i servizi di intelligence la famiglia Zelen’sky sarebbe il primo target di Mosca: Putin avrebbe dato ordine di eliminare il Presidente a qualunque costo.

Volodymyr Zelenskyi: da attore a presidente sotto assedio

44 anni, Volodymyr Zelenskyi è a capo della repubblica semipresidenziale dell’Ucraina da pochi anni. Nato nel gennaio del 1978, da padre docente e madre ingegnere, si laurea in giurisprudenza, e diventa poi nel 1997 un attore comico, senza alcuna contiguità con il mondo della politica. Gli ucraini lo conoscono bene per il personaggio che interpreta nella trasmissione “Servitore del popolo”: un professore di storia onesto che decide di diventare presidente sfidando gli oligarchi ucraini. Il passo dalla fiction alla realtà è sorprendentemente breve: sulla scia del successo del programma TV, insignito anche di diversi premi internazionali, Zelenskyi fonda l’omonimo partito, Servitore del popolo, si candida alle elezioni e il 20 maggio 2019 vince le presidenziali con il 73,22% dei voti. Il suo partito vince inoltre le elezioni politiche indette subito dopo la sua elezione, conquistando la maggioranza in Parlamento.

Filoeuropeista, Zelen’sky, ha spinto fin da subito per l’ingresso dell’Ucraina nell’UE (anche se nessun dossier per l’ingresso ne nell’Unione ne tanto meno nella NATO è stato fin qui formalizzato), scatenando così le ire del Cremlino. Ha voluto senza esitazione prendere le distanze dalla Russia di Putin, che considererebbe l’Ucraina ancora come una sua appendice, con il sogno di restaurare il dominio territoriale dell’ex URSS. Le dichiarazioni del neo Presidente Ucraino furono inequivoche: “Vogliamo un’Ucraina forte, potente e libera, che non sia la sorella minore della Russia, che non sia un partner corrotto dell’Europa, ma che sia solo la nostra Ucraina indipendente”.

Ora la crisi è al suo apice, con l’esercito Russo che è penetrato da più fronti in Ucraina e preme sulla capitale. Per certo si sa che gli americani avevano già messo a disposizione un elicottero militare con adeguata scorta, destinazione Leopoli, due giorni prima che cominciasse l’invasione, ma niente da fare: il Presidente non è scappato. Il Corriere della Sera riporta quanto segue: “’Giovedì sera ci ha impressionati’, racconta uno sherpa UE che ha sentito una sua telefonata dal nascondiglio segreto preparato per tempo, a prova d’intercettazioni: ‘Eravamo in videoconferenza e a un certo punto Zelensky ha detto: Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedete vivo…. E si vedeva che non recitava, l’angoscia del momento c’era tutta’”.

L’ex comico, Presidente apparentemente forse un po’ improvvisato, in queste ore buie per l’intera Europa, e tragiche per l’Ucraina, sapientemente e del tutto inaspettatamente sta dipingendo con successo il contorno del suo nuovo personaggio, poggiato su pilastri robusti e di prim’ordine: coraggio, coerenza, sprezzo del pericolo, attaccamento ai valori della sua Patria, resistenza a costo della vita.

Lo “stile” di Vladimir Putin

Putin per contro appare in TV serio, leggermente sovrappeso dopo i quasi due anni di totale isolamento per il Covid, che pare avergli generato molta ansia: nella Sua Dacia ha fatto predisporre un sofisticato sistema di sterilizzazione anti-virus, con quarantena obbligatoria di 7 giorni per chiunque lo volesse vedere, tanto che recentemente il Segretario Generale dell’ONU, in viaggio in Russia per incontri istituzionali, non è riuscito a combinare un incontro. Chiuso in sé stesso, i bene informati osservano come non ascolti più con attenzione neppure le voci dei Suoi più stretti Consiglieri. Al Cremlino si respira un’aria pesante, come quando in una riunione ieri l’altro ha convocato i vertici delle Forze Armate e dell’Intelligence chiedendo a margine di una conferenza stampa a reti unificate: “Siamo tutti d’accordo sulla strategia di gestione della questione Ucraina?”. Calato il gelo, nessuno ha fiatato, tutti hanno fatto cenno di si con la testa, un’immagine che ha ricordato Hitler quando interrogava, a scopo meramente formale, i suoi generali.

A fronte di uno Zelenskyi in mimetica, che entra ed esce dal bunker, e si muove agilmente in Kiev dando ordini alle truppe e tenendo viva la resistenza – inaspettata – del popolo Ucraino, Putin fa poi un altro scivolone dal punto di vista reputazionale: sollecita i generali Ucraini a “tradire il Presidente”, chiedendo alle alte gerarchie dell’esercito di Kiev di destituirlo: “Se volete salvare Kiev, prendete il potere nelle vostre mani, sarà più facile per me negoziare con voi, piuttosto che con questa banda di drogati e neonazisti che si è stabilita a Kiev”, spiega Putin con il volto livido.

Alle accuse di contaminazioni naziste in Ucraina mosse da Putin, Zelensky aveva già risposto con un video diventato virale, girato durante il primo giorno dell’invasione, dicendo: “La Russia ci ha attaccato a tradimento questa mattina, come ha fatto la Germania nazista negli anni della Seconda guerra mondiale. Vi hanno detto che siamo nazisti, ma come fa un popolo a essere nazista quando ha perso oltre 8 milioni di vite nella vittoria contro il nazismo? Come posso essere io accusato di essere un nazista? Chiedetelo a mio nonno, che ha combattuto tutta la Seconda guerra mondiale nella fanteria dell’Armata Rossa ed è morto con i gradi di colonnello dell’Ucraina indipendente”.

Putin: Rolex e colpi bassi

In ogni caso, un appello “al golpe” viscido e poco onorevole, quello lanciato dallo “zar” Putin, che vorrebbe ricostruire la grande Russia ma deve anche fare i conti con significativi problemi economici che mettono a rischio la tenuta sociale nel suo Paese: stipendi medi di 300 dollari o poco più, in larga parte ai limiti della sussistenza, un PIL inferiore a quello della sola Italia, all’orizzonte mesi se non anni di lacrime e sangue per le nuove sanzioni – durissime – decise da UE e USA, e il pugno duro non solo più contro dissidenti politici e giornalisti, ma ora anche contro la popolazione civile; mentre scrivo, hanno superato quota 3.000 gli arresti tra manifestanti pacifici che in 34 città della Russia imbracciavano cartelli con scritto “Questa non è la guerra della Russia, è la guerra di Putin”.

Mentre l’occidente blocca il suo (assai ingente) patrimonio personale all’estero, Forbes fa il conto del valore degli orologi da polso del Presidente Putin come sono apparsi nelle foto ufficiali: oltre 550.000 euro. In molti si chiedono: sarebbe questo il “padre della nazione” che mette sempre al primo posto gli interessi dei suoi cittadini? Lo storytelling farlocco orchestrato dal Cremlino, e che ha tenuto banco per 20 anni, inizia a mostrare le prime – vistose – crepe.

Opposta la narrazione di Volodymyr Zelens’kyi: da sempre nemico di oligarchi e della casta corrotta e arricchita, che spadroneggia in Ucraina come in Russia e fin dai primi giorni nel mirino del suo mandato presidenziale, è ora in “trincea” per il suo popolo. Nonostante gli USA abbiano nuovamente rinnovato ieri le offerte per un corridoio di fuga da Kiev adeguatamente protetto, ha detto: “Ho bisogno di munizioni anticarro, non di un passaggio”. Passaggio che i Russi sostengono però alla fine abbia accettato, riparando questa mattina a Leopoli, a pochi chilometri dal confine con la Polonia: nessuna replica per ora dal Presidente Ucraino, la battaglia della propaganda quindi continua.

Zelensky Vs. Putin: per concludere

Come ben sappiamo, la reputazione è un asset importante – il più prezioso tra quelli “immateriali” – che si costruisce assieme ai propri pubblici per durare nel tempo, ed essere poi “scambiata” con una più ampia licenza di operare. Autenticità, coerenza, comunicazione di valori conformi alla propria identità, capacità di gestire scenari di crisi e propensione ad assumersi le proprie responsabilità, tono deciso ma caldo, da comandante in capo responsabile per il proprio popolo: ecco i pilasti sui quali Volodymyr Zelen’skyi sta efficacemente costruendo la propria rinnovata immagine, a rischio della vita.

Putin è isolato e “paria” per pressoché tutte le nazioni del mondo, con la Russia schiacciata dalla sua arroganza e macchiata dal crimine dell’invasione di uno Stato sovrano in Europa. Forse vincerà sul terreno, e porterà a casa il successo della sua “operazione militare speciale”, ma dal punto di vista della gestione della reputazione e del nation branding, a dispetto degli enormi mezzi dedicati alla propaganda, specie on-line, il Presidente Russo, in realtà, ha già perso questa guerra della comunicazione.

AGGIORNAMENTO del 26/02/22 h 19:23: a proposito di ecosistemi digitali, il noto collettivo internazionale di cyberattivisti “Anonymous” si è schierato contro le attività militari di Mosca. Dopo la TV di Stato russa “RT News”, sono stati messi off-line il sito del Ministero della Difesa, del colosso del gas Gazprom, dell’azienda statale di armamenti Tetraedr, e infine – clamorosamente – mentre scriviamo anche il sito della Presidenza Russa Kremlin.ru è irraggiungibile. «Vogliamo mandare messaggi al popolo russo perché possa essere libero dalla macchina della censura statale». Chi di cyberwar colpisce…