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Greenwashing addio: BlackRock inaugura l’era del tealwashing

Greenwashing addio: BlackRock inaugura l’era del tealwashing

Il greenwashing, forse, è il passato. Finiti i tempi in cui le aziende si affannavano (con la mano sinistra) a spennellare di verde facciate e facce pur di mostrarsi amiche del clima, della natura, dell’ambiente, della biodiversità. Continuando però (con la mano destra) a finanziare carbone, petrolio, gas convenzionale e non, o miniere. Troppa fatica, probabilmente. Una grande scocciatura, certamente. 

La lettera ai dirigenti del 2020 e le promesse mancate sul clima

A inaugurare un possibile nuovo corso è stato il numero uno del più grande fondo d’investimenti del mondo. Parliamo di Larry Fink, da anni al vertice del colosso americano della finanza BlackRock, che nella sua consueta (ci tocca…) lettera annuale ai dirigenti d’impresa ha segnato di fatto una svolta rispetto a due anni fa. Nel 2020, infatti, fece scalpore la promessa di operare una trasformazione delle proprie pratiche, in senso appunto ambientalista.

«Le imprese, gli investitori e i governi – scrisse – devono prepararsi ad una significativa riallocazione dei capitali. E ciò in un futuro prossimo. Più prossimo di quanto la maggior parte delle persone credano. Riteniamo che gli investimenti sostenibili rappresentino ormai il miglior modo di garantire solidità ai portafogli dei clienti». Ciò in quanto i cambiamenti climatici «rappresentano un problema più strutturale e più di lungo termine» di qualsiasi altra crisi economica attraversata negli ultimi 40 anni.

BlackRock difende la scelta di continuare ad investire nelle fossili

Ora, va detto che gli applausi erano stati soffocati in breve dal perpetrarsi del business as usualda parte di BlackRock. Alle parole, insomma, di fatti ne erano seguiti ben pochi. Ma adesso Fink sembra aver optato per una sorta di abiura. Condita, gli va riconosciuto, da una certa sincerità. Nella lettera del 2022, infatti, il dirigente è parso tracciare una nuova linea. E in qualche misura una nuova espressione del capitalismo.

Dopo aver esortato le aziende a «considerare l’insieme dei propri partner per garantire valore sul lungo periodo ai propri azionisti», ha difeso senza colpo ferire la scelta di continuare ad investire nelle fossili: «Lo facciamo – ha affermato – per passare da sfumature di nero a sfumature di verde». Come? Non è dato saperlo. Accontentatevi dell’apoftegma concesso da uno dei re di Wall Street. Ciò che è chiaro è che «BlackRock non applica una politica sistematica di disinvestimento dalle società petrolifere e del gas». E ce ne siamo accorti. 

Dal green al teal. Senza troppe pretese

Il più grande fondo d’investimenti del mondo, insomma, ha deciso di lanciare una nuova era. Il greenwashing ora potrebbe essere soppiantato dal tealwashingdal verde al verde acqua. Sbiadito. Pallido. Senza troppe pretese.

Perché affaticarsi, d’altra parte, nel cercare di dissimulare le proprie strategie? Meglio dirlo chiaro e tondo: «Siamo per difendere il clima, ma non toccateci le fonti fossili e gli enormi guadagni che centriamo grazie agli investimenti nelle società che le sfruttano». Così Fink non dovrà neppure passare i prossimi anni a rispondere alla banale quanto dirimente domanda: «E quindi?»




Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Continua a crescere in Italia il mercato della distribuzione B2C (Business to Consumer) di contenuti digitali. Da un lato, la spesa dei consumatori italiani per la fruizione dei contenuti – in abbonamento e/o in acquisto singolo – sfiora nel 2021 i 3 miliardi di euro; dall’altro, dopo la frenata provocata dalla pandemia (-2%), nel 2021 riprendono a crescere gli investimenti in advertising (+9%) sui contenuti e sulle piattaforme di distribuzione, che superano quota 1 miliardo di euro.

Qual è lo stato attuale del mercato dei contenuti digitali in Italia?
Anche complice la pandemia e il conseguente modificarsi delle abitudini di consumo degli italiani, la fruizione dei contenuti digitali ha avuto una forte impennata: il mercato della distribuzione dei contenuti digitali B2C nel 2021 è cresciuto di circa il 20% rispetto al 2020, e parliamo di un settore che attualmente sfiora i 3 miliardi di euro, secondo i dati Osservatorio e-commerce B2C della School of Management del Politecnico di Milano. Nel loro tempo libero, e non solo, gli italiani stanno inserendo in misura sempre maggiore la fruizione di prodotti digitali come Podcast e audiolibri. Inoltre l’informazione si fa sempre più digitale tra e-book e digital news. A trainare il settore sono i contenuti video, che si confermano il prodotto di maggiore appeal. Questo trend – spiega Luca Poma Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino – è ovviamente riscontrabile anche dai nuovi strumenti offerti dalle piattaforme Social come TikTok, l’amatissimo social network della generazione Z, che offre contenuti dinamici esclusivamente in forma video, e Instagram che con gli IG Reels e le sempre seguitissime Instagram Stories sta mantenendo comunque la sua quota di mercato. Tra i contenuti digitali non dobbiamo dimenticare infine i prodotti realizzati dagli Influencer, un mercato, quello dell’influenza digitale, che in Italia raggiunge il valore stimato di 241 milioni di euro.
Quali sono le traiettorie evolutive e le reali opportunità che può offrire questo mercato?
Attualmente ci stiamo spostando verso una nuova dimensione del digitale, che potremmo definire la dimensione 3.0 – sottolinea il professor Poma -. Solo un mese e mezzo fa circa Mark Zukerberg, presentando Meta, la sua “nuova” azienda – mossa non troppo agile che dimostra anche un probabile tentativo greenwhasing, stante le polemiche nelle quali è stata coinvolta Facebook recentemente – ha parlato appunto di metaverso: una nuova dimensione, un ambiente sociale e connesso h 24 in cui gli utenti sperimenteranno un nuovo tipo di interazione digitale vasta e immersiva, fortemente connessa con il nostro mondo fisico. Nel metaverso, ad esempio, ogni persona sarà una versione realistica di sé stessa, un avatar che potrà indossare un vestito – sempre in formato digitale – del suo stilista preferito per assistere alla lezione virtuale tenuta dalla propria università. Questo apre uno scenario nuovo circa la fruizione dei contenuti digitali che potrà portare – come ogni nuovo strumento – vantaggi ma anche rischi. Attualmente l’investimento in questo nuovo universo digitale da parte di Facebook Inc. (aka “Meta”) sarà di circa 10 miliardi di dollari l’anno.

Luca Poma, Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino

Una prospettiva commerciale ghiotta, infatti, sono diversi i noti brand che stanno già investendo in questo innovativo scenario come il settore del fashion da Gucci a Balenciaga fino a Nike Vuitton e Moncler. Persino strutture pubbliche, come il Ministero del turismo islandese ha scelto con lungimiranza di puntare sul metaverso. Nell’imminente futuro assisteremo quindi a un nuovo capitolo circa le opportunità del mercato dei contenuti digitali. Al momento la traiettoria evolutiva sembra esser questa, lo scenario è totalmente fluido, in divenire ed andrà esplorato, analizzato, compreso e regolato man mano. Per quanto riguarda le opportunità, e riprendendo il tema degli influencer e dell’influencer marketing – continua Poma – oggi un’opportunità per i brand è centrale la valorizzazione di questi nuovi “canali di trasmissione e advertising”, degli esseri umani in carne ed ossa che fanno del digitale il loro luogo professionale di elezione. È un tema, quello degli influencer, che cavalca il trend della personalizzazione dei contenuti che deriva dalla crescente necessità di umanizzazione, di persone in carne ed ossa, con valori, identità e pregi (ma anche debolezze) di cui potersi fidare. Di questo ho scritto recentemente, assieme al mio team di ricercatori e consulenti, per far chiarezza sul fenomeno, nel volume #Influencer, come nascono i miti del web, edito da Lupetti.

Confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei
Al di la dei numeri e delle statistiche sulla fruizione – spiega il professor Poma – quello che mi pare importante sottolineare è che il nostro Paese è in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei sul tema dell’economia digitale. Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi hanno le economie digitali più avanzate tra gli Stati membri, l’Italia invece, assieme alla Romania, Bulgaria e alla Grecia ha i punteggi più bassi, pur avendo registrato alcuni miglioramenti negli ultimi anni, e questo è uno svantaggio infrastrutturale che indubbiamente ha un forte impatto sull’utilizzo dei contenuti digitali. Il ritardo del nostro Paese in termini di adozione digitale e innovazione tecnologica è causato da diversi fattori che includono da un lato la limitata diffusione di competenze digitali da parte della cittadinanza, dall’altro la bassa adozione di tecnologie avanzate, ad esempio le tecnologie iCloud, da parte delle istituzioni.

L’Italia si posiziona infatti solo al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE come livello di digitalizzazione secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) 2020, un indice multidimensionale che misura il livello di digitalizzazione nei Paesi UE. La speranza è che quanto previsto dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, acceleri il processo verso la digitalizzazione, tema alla quale è dedicata la prima delle sei missioni del PNRR stesso, con stanziamenti per i diversi interventi pari a oltre 40 miliardi di euro. Certamente, grazie all’implementazione delle reti ultraveloci e alla spinta verso l’ottimizzazione delle infrastrutture – alla quale dovrebbero aggiungersi auspicabilmente percorsi di formazione per formare nuovi professionisti esperti in ambito digitale ed aumentare il livello di cultura del nostro Paese – potremmo allinearci competitivamente con gli altri paesi europei e migliorare il nostro posizionamento nel settore della fruizione dei contenuti digitali, settore in costante e forte crescita.




Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Continua a crescere in Italia il mercato della distribuzione B2C (Business to Consumer) di contenuti digitali. Da un lato, la spesa dei consumatori italiani per la fruizione dei contenuti – in abbonamento e/o in acquisto singolo – sfiora nel 2021 i 3 miliardi di euro; dall’altro, dopo la frenata provocata dalla pandemia (-2%), nel 2021 riprendono a crescere gli investimenti in advertising (+9%) sui contenuti e sulle piattaforme di distribuzione, che superano quota 1 miliardo di euro.

Qual è lo stato attuale del mercato dei contenuti digitali in Italia?
Anche complice la pandemia e il conseguente modificarsi delle abitudini di consumo degli italiani, la fruizione dei contenuti digitali ha avuto una forte impennata: il mercato della distribuzione dei contenuti digitali B2C nel 2021 è cresciuto di circa il 20% rispetto al 2020, e parliamo di un settore che attualmente sfiora i 3 miliardi di euro, secondo i dati Osservatorio e-commerce B2C della School of Management del Politecnico di Milano. Nel loro tempo libero, e non solo, gli italiani stanno inserendo in misura sempre maggiore la fruizione di prodotti digitali come Podcast e audiolibri. Inoltre l’informazione si fa sempre più digitale tra e-book e digital news. A trainare il settore sono i contenuti video, che si confermano il prodotto di maggiore appeal. Questo trend – spiega Luca Poma Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino – è ovviamente riscontrabile anche dai nuovi strumenti offerti dalle piattaforme Social come TikTok, l’amatissimo social network della generazione Z, che offre contenuti dinamici esclusivamente in forma video, e Instagram che con gli IG Reels e le sempre seguitissime Instagram Stories sta mantenendo comunque la sua quota di mercato. Tra i contenuti digitali non dobbiamo dimenticare infine i prodotti realizzati dagli Influencer, un mercato, quello dell’influenza digitale, che in Italia raggiunge il valore stimato di 241 milioni di euro.
Quali sono le traiettorie evolutive e le reali opportunità che può offrire questo mercato?
Attualmente ci stiamo spostando verso una nuova dimensione del digitale, che potremmo definire la dimensione 3.0 – sottolinea il professor Poma -. Solo un mese e mezzo fa circa Mark Zukerberg, presentando Meta, la sua “nuova” azienda – mossa non troppo agile che dimostra anche un probabile tentativo greenwhasing, stante le polemiche nelle quali è stata coinvolta Facebook recentemente – ha parlato appunto di metaverso: una nuova dimensione, un ambiente sociale e connesso h 24 in cui gli utenti sperimenteranno un nuovo tipo di interazione digitale vasta e immersiva, fortemente connessa con il nostro mondo fisico. Nel metaverso, ad esempio, ogni persona sarà una versione realistica di sé stessa, un avatar che potrà indossare un vestito – sempre in formato digitale – del suo stilista preferito per assistere alla lezione virtuale tenuta dalla propria università. Questo apre uno scenario nuovo circa la fruizione dei contenuti digitali che potrà portare – come ogni nuovo strumento – vantaggi ma anche rischi. Attualmente l’investimento in questo nuovo universo digitale da parte di Facebook Inc. (aka “Meta”) sarà di circa 10 miliardi di dollari l’anno.

Luca Poma, Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San MarinoLuca Poma, Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San MarinoUna prospettiva commerciale ghiotta, infatti, sono diversi i noti brand che stanno già investendo in questo innovativo scenario come il settore del fashion da Gucci a Balenciaga fino a Nike Vuitton e Moncler. Persino strutture pubbliche, come il Ministero del turismo islandese ha scelto con lungimiranza di puntare sul metaverso. Nell’imminente futuro assisteremo quindi a un nuovo capitolo circa le opportunità del mercato dei contenuti digitali. Al momento la traiettoria evolutiva sembra esser questa, lo scenario è totalmente fluido, in divenire ed andrà esplorato, analizzato, compreso e regolato man mano. Per quanto riguarda le opportunità, e riprendendo il tema degli influencer e dell’influencer marketing – continua Poma – oggi un’opportunità per i brand è centrale la valorizzazione di questi nuovi “canali di trasmissione e advertising”, degli esseri umani in carne ed ossa che fanno del digitale il loro luogo professionale di elezione. È un tema, quello degli influencer, che cavalca il trend della personalizzazione dei contenuti che deriva dalla crescente necessità di umanizzazione, di persone in carne ed ossa, con valori, identità e pregi (ma anche debolezze) di cui potersi fidare. Di questo ho scritto recentemente, assieme al mio team di ricercatori e consulenti, per far chiarezza sul fenomeno, nel volume #Influencer, come nascono i miti del web, edito da Lupetti.

Confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei
Al di la dei numeri e delle statistiche sulla fruizione – spiega il professor Poma – quello che mi pare importante sottolineare è che il nostro Paese è in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei sul tema dell’economia digitale. Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi hanno le economie digitali più avanzate tra gli Stati membri, l’Italia invece, assieme alla Romania, Bulgaria e alla Grecia ha i punteggi più bassi, pur avendo registrato alcuni miglioramenti negli ultimi anni, e questo è uno svantaggio infrastrutturale che indubbiamente ha un forte impatto sull’utilizzo dei contenuti digitali. Il ritardo del nostro Paese in termini di adozione digitale e innovazione tecnologica è causato da diversi fattori che includono da un lato la limitata diffusione di competenze digitali da parte della cittadinanza, dall’altro la bassa adozione di tecnologie avanzate, ad esempio le tecnologie iCloud, da parte delle istituzioni.

L’Italia si posiziona infatti solo al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE come livello di digitalizzazione secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) 2020, un indice multidimensionale che misura il livello di digitalizzazione nei Paesi UE. La speranza è che quanto previsto dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, acceleri il processo verso la digitalizzazione, tema alla quale è dedicata la prima delle sei missioni del PNRR stesso, con stanziamenti per i diversi interventi pari a oltre 40 miliardi di euro. Certamente, grazie all’implementazione delle reti ultraveloci e alla spinta verso l’ottimizzazione delle infrastrutture – alla quale dovrebbero aggiungersi auspicabilmente percorsi di formazione per formare nuovi professionisti esperti in ambito digitale ed aumentare il livello di cultura del nostro Paese – potremmo allinearci competitivamente con gli altri paesi europei e migliorare il nostro posizionamento nel settore della fruizione dei contenuti digitali, settore in costante e forte crescita.




Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Continua a crescere in Italia il mercato della distribuzione B2C (Business to Consumer) di contenuti digitali. Da un lato, la spesa dei consumatori italiani per la fruizione dei contenuti – in abbonamento e/o in acquisto singolo – sfiora nel 2021 i 3 miliardi di euro;  dall’altro, dopo la frenata provocata dalla pandemia (-2%), nel 2021 riprendono a crescere gli investimenti in advertising (+9%) sui contenuti e sulle piattaforme di distribuzione, che superano quota 1 miliardo di euro.

Qual è lo stato attuale del mercato dei contenuti digitali in Italia?
Anche complice la pandemia e il conseguente modificarsi delle abitudini di consumo degli italiani, la fruizione dei contenuti digitali ha avuto una forte impennata: il mercato della distribuzione dei contenuti digitali B2C nel 2021 è cresciuto di circa il 20% rispetto al 2020, e parliamo di un settore che attualmente sfiora i 3 miliardi di euro, secondo i dati Osservatorio e-commerce B2C della School of Management del Politecnico di Milano. Nel loro tempo libero, e non solo, gli italiani stanno inserendo in misura sempre maggiore la fruizione di prodotti digitali come Podcast e audiolibri. Inoltre l’informazione si fa sempre più digitale tra e-book e digital news. A trainare il settore sono i contenuti video, che si confermano il prodotto di maggiore appeal. Questo trend – spiega Luca Poma Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino – è ovviamente riscontrabile anche dai nuovi strumenti offerti dalle piattaforme Social come TikTok, l’amatissimo social network della generazione Z, che offre contenuti dinamici esclusivamente in forma video, e Instagram che con gli IG Reels e le sempre seguitissime Instagram Stories sta mantenendo comunque la sua quota di mercato. Tra i contenuti digitali non dobbiamo dimenticare infine i prodotti realizzati dagli Influencer, un mercato, quello dell’influenza digitale, che in Italia raggiunge il valore stimato di 241 milioni di euro.
Quali sono le traiettorie evolutive e le reali opportunità che può offrire questo mercato?
Attualmente ci stiamo spostando verso una nuova dimensione del digitale, che potremmo definire la dimensione 3.0 – sottolinea il professor Poma -. Solo un mese e mezzo fa circa Mark Zukerberg, presentando Meta, la sua “nuova” azienda – mossa non troppo agile che dimostra anche un probabile tentativo greenwhasing, stante le polemiche nelle quali è stata coinvolta Facebook recentemente – ha parlato appunto di metaverso: una nuova dimensione, un ambiente sociale e connesso h 24 in cui gli utenti sperimenteranno un nuovo tipo di interazione digitale vasta e immersiva, fortemente connessa con il nostro mondo fisico. Nel metaverso, ad esempio, ogni persona sarà una versione realistica di sé stessa, un avatar che potrà indossare un vestito – sempre in formato digitale – del suo stilista preferito per assistere alla lezione virtuale tenuta dalla propria università. Questo apre uno scenario nuovo circa la fruizione dei contenuti digitali che potrà portare – come ogni nuovo strumento – vantaggi ma anche rischi. Attualmente l’investimento in questo nuovo universo digitale da parte di Facebook Inc. (aka “Meta”) sarà di circa 10 miliardi di dollari l’anno.

Luca Poma, Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino

Una prospettiva commerciale ghiotta, infatti, sono diversi i noti brand che stanno già investendo in questo innovativo scenario come il settore del fashion da Gucci a Balenciaga fino a Nike Vuitton e Moncler. Persino strutture pubbliche, come il Ministero del turismo islandese ha scelto con lungimiranza di puntare sul metaverso. Nell’imminente futuro assisteremo quindi a un nuovo capitolo circa le opportunità del mercato dei contenuti digitali. Al momento la traiettoria evolutiva sembra esser questa, lo scenario è totalmente fluido, in divenire ed andrà esplorato, analizzato, compreso e regolato man mano. Per quanto riguarda le opportunità, e riprendendo il tema degli influencer e dell’influencer marketing – continua Poma – oggi un’opportunità per i brand è centrale la valorizzazione di questi nuovi “canali di trasmissione e advertising”, degli esseri umani in carne ed ossa che fanno del digitale il loro luogo professionale di elezione. È un tema, quello degli influencer, che cavalca il trend della personalizzazione dei contenuti che deriva dalla crescente necessità di umanizzazione, di persone in carne ed ossa, con valori, identità e pregi (ma anche debolezze) di cui potersi fidare. Di questo ho scritto recentemente, assieme al mio team di ricercatori e consulenti, per far chiarezza sul fenomeno, nel volume #Influencer, come nascono i miti del web, edito da Lupetti.

Confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei
Al di la dei numeri e delle statistiche sulla fruizione – spiega il professor Poma – quello che mi pare importante sottolineare è che il nostro Paese è in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei sul tema dell’economia digitale. Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi hanno le economie digitali più avanzate tra gli Stati membri, l’Italia invece, assieme alla Romania, Bulgaria e alla Grecia ha i punteggi più bassi, pur avendo registrato alcuni miglioramenti negli ultimi anni, e questo è uno svantaggio infrastrutturale che indubbiamente ha un forte impatto sull’utilizzo dei contenuti digitali. Il ritardo del nostro Paese in termini di adozione digitale e innovazione tecnologica è causato da diversi fattori che includono da un lato la limitata diffusione di competenze digitali da parte della cittadinanza, dall’altro la bassa adozione di tecnologie avanzate, ad esempio le tecnologie iCloud, da parte delle istituzioni.

L’Italia si posiziona infatti solo al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE come livello di digitalizzazione secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) 2020, un indice multidimensionale che misura il livello di digitalizzazione nei Paesi UE. La speranza è che quanto previsto dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, acceleri il processo verso la digitalizzazione, tema alla quale è dedicata la prima delle sei missioni del PNRR stesso, con stanziamenti per i diversi interventi pari a oltre 40 miliardi di euro. Certamente, grazie all’implementazione delle reti ultraveloci e alla spinta verso l’ottimizzazione delle infrastrutture – alla quale dovrebbero aggiungersi auspicabilmente percorsi di formazione per formare nuovi professionisti esperti in ambito digitale ed aumentare il livello di cultura del nostro Paese – potremmo allinearci competitivamente con gli altri paesi europei e migliorare il nostro posizionamento nel settore della fruizione dei contenuti digitali, settore in costante e forte crescita.




Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Digital content, mercato in crescita anche in Italia. Quanto vale?

Continua a crescere in Italia il mercato della distribuzione B2C (Business to Consumer) di contenuti digitali. Da un lato, la spesa dei consumatori italiani per la fruizione dei contenuti – in abbonamento e/o in acquisto singolo – sfiora nel 2021 i 3 miliardi di euro; dall’altro, dopo la frenata provocata dalla pandemia (-2%), nel 2021 riprendono a crescere gli investimenti in advertising (+9%) sui contenuti e sulle piattaforme di distribuzione, che superano quota 1 miliardo di euro.

Qual è lo stato attuale del mercato dei contenuti digitali in Italia?
Anche complice la pandemia e il conseguente modificarsi delle abitudini di consumo degli italiani, la fruizione dei contenuti digitali ha avuto una forte impennata: il mercato della distribuzione dei contenuti digitali B2C nel 2021 è cresciuto di circa il 20% rispetto al 2020, e parliamo di un settore che attualmente sfiora i 3 miliardi di euro, secondo i dati Osservatorio e-commerce B2C della School of Management del Politecnico di Milano. Nel loro tempo libero, e non solo, gli italiani stanno inserendo in misura sempre maggiore la fruizione di prodotti digitali come Podcast e audiolibri. Inoltre l’informazione si fa sempre più digitale tra e-book e digital news. A trainare il settore sono i contenuti video, che si confermano il prodotto di maggiore appeal. Questo trend – spiega Luca Poma Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino – è ovviamente riscontrabile anche dai nuovi strumenti offerti dalle piattaforme Social come TikTok, l’amatissimo social network della generazione Z, che offre contenuti dinamici esclusivamente in forma video, e Instagram che con gli IG Reels e le sempre seguitissime Instagram Stories sta mantenendo comunque la sua quota di mercato. Tra i contenuti digitali non dobbiamo dimenticare infine i prodotti realizzati dagli Influencer, un mercato, quello dell’influenza digitale, che in Italia raggiunge il valore stimato di 241 milioni di euro.
Quali sono le traiettorie evolutive e le reali opportunità che può offrire questo mercato?
Attualmente ci stiamo spostando verso una nuova dimensione del digitale, che potremmo definire la dimensione 3.0 – sottolinea il professor Poma -. Solo un mese e mezzo fa circa Mark Zukerberg, presentando Meta, la sua “nuova” azienda – mossa non troppo agile che dimostra anche un probabile tentativo greenwhasing, stante le polemiche nelle quali è stata coinvolta Facebook recentemente – ha parlato appunto di metaverso: una nuova dimensione, un ambiente sociale e connesso h 24 in cui gli utenti sperimenteranno un nuovo tipo di interazione digitale vasta e immersiva, fortemente connessa con il nostro mondo fisico. Nel metaverso, ad esempio, ogni persona sarà una versione realistica di sé stessa, un avatar che potrà indossare un vestito – sempre in formato digitale – del suo stilista preferito per assistere alla lezione virtuale tenuta dalla propria università. Questo apre uno scenario nuovo circa la fruizione dei contenuti digitali che potrà portare – come ogni nuovo strumento – vantaggi ma anche rischi. Attualmente l’investimento in questo nuovo universo digitale da parte di Facebook Inc. (aka “Meta”) sarà di circa 10 miliardi di dollari l’anno.

Luca Poma, Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San MarinoLuca Poma, Professore di Reputation management e scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San MarinoUna prospettiva commerciale ghiotta, infatti, sono diversi i noti brand che stanno già investendo in questo innovativo scenario come il settore del fashion da Gucci a Balenciaga fino a Nike Vuitton e Moncler. Persino strutture pubbliche, come il Ministero del turismo islandese ha scelto con lungimiranza di puntare sul metaverso. Nell’imminente futuro assisteremo quindi a un nuovo capitolo circa le opportunità del mercato dei contenuti digitali. Al momento la traiettoria evolutiva sembra esser questa, lo scenario è totalmente fluido, in divenire ed andrà esplorato, analizzato, compreso e regolato man mano. Per quanto riguarda le opportunità, e riprendendo il tema degli influencer e dell’influencer marketing – continua Poma – oggi un’opportunità per i brand è centrale la valorizzazione di questi nuovi “canali di trasmissione e advertising”, degli esseri umani in carne ed ossa che fanno del digitale il loro luogo professionale di elezione. È un tema, quello degli influencer, che cavalca il trend della personalizzazione dei contenuti che deriva dalla crescente necessità di umanizzazione, di persone in carne ed ossa, con valori, identità e pregi (ma anche debolezze) di cui potersi fidare. Di questo ho scritto recentemente, assieme al mio team di ricercatori e consulenti, per far chiarezza sul fenomeno, nel volume #Influencer, come nascono i miti del web, edito da Lupetti.

Confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei
Al di la dei numeri e delle statistiche sulla fruizione – spiega il professor Poma – quello che mi pare importante sottolineare è che il nostro Paese è in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei sul tema dell’economia digitale. Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi hanno le economie digitali più avanzate tra gli Stati membri, l’Italia invece, assieme alla Romania, Bulgaria e alla Grecia ha i punteggi più bassi, pur avendo registrato alcuni miglioramenti negli ultimi anni, e questo è uno svantaggio infrastrutturale che indubbiamente ha un forte impatto sull’utilizzo dei contenuti digitali. Il ritardo del nostro Paese in termini di adozione digitale e innovazione tecnologica è causato da diversi fattori che includono da un lato la limitata diffusione di competenze digitali da parte della cittadinanza, dall’altro la bassa adozione di tecnologie avanzate, ad esempio le tecnologie iCloud, da parte delle istituzioni.

L’Italia si posiziona infatti solo al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE come livello di digitalizzazione secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) 2020, un indice multidimensionale che misura il livello di digitalizzazione nei Paesi UE. La speranza è che quanto previsto dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, acceleri il processo verso la digitalizzazione, tema alla quale è dedicata la prima delle sei missioni del PNRR stesso, con stanziamenti per i diversi interventi pari a oltre 40 miliardi di euro. Certamente, grazie all’implementazione delle reti ultraveloci e alla spinta verso l’ottimizzazione delle infrastrutture – alla quale dovrebbero aggiungersi auspicabilmente percorsi di formazione per formare nuovi professionisti esperti in ambito digitale ed aumentare il livello di cultura del nostro Paese – potremmo allinearci competitivamente con gli altri paesi europei e migliorare il nostro posizionamento nel settore della fruizione dei contenuti digitali, settore in costante e forte crescita.