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Le emissioni di CO2 continuano a crescere: le strategie in campo non funzionano

Le emissioni di CO2 continuano a crescere: le strategie in campo non funzionano

Il rapporto dell’IPCC relativo al 2021 è passato quasi sotto silenzio, oscurato dalle notizie minacciose dall’Ucraina. Ma ci dice cose altrettanto allarmanti. In sintesi nel 2021 le emissioni di CO2 hanno raggiunto il loro picco storico. Continuano a crescere sia per la quantità annua, superiore nel 2021 a quella di qualsiasi anno precedente, sia ovviamente per il totale accumulato. Nessun segno di inversione nonostante le roboanti promesse e impegni presi dai Governi di un po’ tutto ill mondo.

Non funziona il disaccoppiamento, vale a dire la crescita economica senza quella della CO2: anzi la crescita delle emissioni supera quella del PIL. In altri termini ad ogni unità di PIL aggiunta nel mondo corrisponde un uguale o leggermente maggiore quantità di CO2 emessa. La ragione principale sta nell’aumento dell’uso del carbone nella produzione di energia elettrica. Crescono anche le fonti rinnovabili e molto, ma non in misura tale da poter compensare  le nuove emissioni del carbone. Piuttosto le rinnovabili cannibalizzano la produzione elettrica da nucleare, per esempio in Germania, con il bel risultato che una fonte a emissioni zero, il nucleare, viene a mancare e non si arresta la crescita del carbone. 

La parte maggiore la fanno naturalmente i Paesi in via di sviluppo, Cina e India per esempio, affamati di energia per supportare la loro crescita economica. Ma non è che nei Paesi occidentali le cose vadano molto meglio. Il fatto è che i consumi di carbone, gas e petrolio non accennano a diminuire e anzi le previsioni per l’anno in corso, nonostante il loro prezzo sia aumentato in maniera vertiginosa, fanno prevedere un nuovo incremento. 

I dati impietosi mostrano con evidenza ciò che qualcuno chiamerebbe l’ipocrisia degli Stati che non rispettano le promesse fatte. Ma è una spiegazione moralista e semplicista. La verità è che non funzionano le strategie messe in campo. Non funzionano da anni e servirebbe una riflessione seria e magari politicamente un po’ più scorretta, anziché continuare a ripetere banalità inefficaci. L’uscita dai combustibili fossili, la fonte di energia in assoluto più largamente usata, non è dietro l’angolo ed è anzi un compito immane. Lasciare credere che con un po’ più di rinnovabili si risolva il problema è un evidente sottovalutazione. Lo si è visto con chiarezza anche in questa crisi e anche in Europa dove per fronteggiare la dipendenza dalla Russia e l’aumento dei prezzi si è dovuto ricorrere largamente al carbone e ci si è affannati a trovare gas ad ogni costo e da ogni parte del mondo. Possiamo continuare con narrazioni autoconsolanti e con promesse irrealizzabili. Ma ogni anno i numeri ci parlano di una realtà completamente diversa. 




Prende slancio l’interesse della moda per gli NFT

Prende slancio l’interesse della moda per gli NFT

Non è una novità che NFT e blockchain siano attualmente ritenuti un investimento privilegiato da parte del crimine organizzato. L’anonimato offerto dalle transazioni operate in criptovalute fornisce il genere di privacy ideale per ripulire ogni genere di provento illecito, spaccio di stupefacenti, prostituzione o commercio di armi che sia: un click sullo smartphone risulta più comodo dei tradizionali investimenti in ristorazione, immobiliare o società calcistiche tipico delle mafie di tutto il mondo. Persino i Paesi europei – quelli che da sempre basano la loro economia sulla movimentazione della valuta – mostrano di essere all’opera nella costruzione di autostrade informatiche utili a questo tipo di scorrimento. La criminalità organizzata dunque usa l’elemento digitale per volatilizzare il surplus creato da reali attività illecite.
Esattamente al contrario e senza illeciti operano i brand della moda: per questi ultimi, l’interesse per gli NFT ha l’obiettivo di pescare nel digitale clienti attirati all’esperienza fisica che viene loro abbinata. Secondo la società di investment banking Morgan Stanley, videogiochi e NFT potrebbero costituire il 10% del mercato dei beni di lusso entro il 2030, con un’opportunità di guadagno di 50 miliardi di euro.

Balmain + Dogpound
Balmain + Dogpound

MODA E NFT

Lo scorso 8 dicembre Balmain ha lanciato il suo terzo NFT. Particolarmente coinvolgente l’articolazione del progetto che lo sorregge: il token rappresenta un paio di trainer nate in collaborazione con Dogpound, la palestra più frequentata dalle celebrities di New York e Los Angeles. La sneaker reale, denominata BBold Dogpound, è poi stata messa a disposizione in quantità limitate per l’acquisto nel webstore di Balmain e contemporaneamente in quello di Dogpound. Prezzo base: 1.069 dollari. Possedere l’NFT di questa trainer significa ottenere non solo la sua immagine digitale, ma una tessera grazie alla quale accedere a una sessione personalizzata con il fondatore di Dogpound, Kirk Myers; aggiudicarsi due biglietti per il prossimo fashion show di Balmain; addirittura ottenere due ingressi nel suo backstage.
I proprietari dell’NFT naturalmente possono scegliere di rivendere questo privilegio a un prezzo a loro scelta. Ma non è questo che conta per il brand: nel progetto – sino a ora tra i più evoluti – la sovrapposizione tra digitale e fisico propone un’esperienza esclusiva (tipica del “lusso”) ma allo stesso tempo inclusiva (tipica del web). Balmain (proprietà di Mayhoola Investiments, fondo sovrano dell’emiro del Qatar, come il marchio Valentino) e il suo direttore artistico Olivier Rousteing hanno rispettivamente 11 e 7 milioni di follower su Instagram. L’intento è monetizzare questo vasto seguito digitale in modo coinvolgente: la vetrina luccicante della boutique di un centro cittadino, dopo diciotto mesi di pandemia, appare preistoria.

Louis Vuitton + Beeple
Louis Vuitton + Beeple

NFT: DA GUCCI A DOLCE & GABBANA

Balmain non è il solo a muoversi con decisione in questa direzione. Lo scorso maggio, Gucci ha messo all’asta un video NFT – Aria di Alessandro Michele e Floria Sigismondi – da Christie’s per 20mila dollari (tanto Gucci che Christie’s appartengono alla holding francese Artemis). Burberry, in collaborazione con Mythical Games, ha prodotto un NFT in-game per Blankos Block Party ad agosto. Sempre in agosto, all’interno del videogioco Louis the Game di Louis Vuitton sono stati inseriti 30 NFT dell’artista Beeple: ognuno poteva essere rinvenuto solo giocando e in ogni caso non rivenduto. A ottobre è arrivata la Collezione Genesi firmata Dolce & Gabbana: avrebbe nel suo insieme realizzato all’asta 1885,73 ethereum (circa 6 milioni di dollari al cambio attuale). Si è trattato della prima collezione moda dove sono comparse tanto creazioni fisiche che virtuali, comunque vendute secondo il modello NFT, in collaborazione con la piattaforma specializzata UNXD, appoggiata a sua volta a Plygin per facilitare la connessione con le blockchain. Givenchy il mese seguente ha lanciato la sua seconda collezione di quindici NFT dell’artista Chito, che è possibile acquistare sul marketplace specializzato OpenSea. A dicembre si è fatta viva pure Adidas: la divisione moda del colosso tedesco Adidas Originals ha lanciato una collezione NFT di prodotti sia fisici che digitali rivelata attraverso fumetti creati in collaborazione con Bored Ape Yacht Club, l’influencer NFT Gmoney e Punks Comics.

“La vetrina luccicante della boutique di un centro cittadino, dopo diciotto mesi di pandemia, appare preistoria”.

I brand che sono in grado di affrontare gli investimenti adeguati a operazioni del genere (per gli altri la competizione è sempre più ardua) considerano l’ambiente NFT come un nuovo necessario canale di distribuzione, un modo per rimanere rilevanti anche nella demografia del metaverso. Tutto questo è così vero che persino i media cartacei tentano un disperato inseguimento, e non solo quelli della moda. Vogue Singapore lo scorso settembre ha stampato al centro della sua copertina un codice QR che, una volta scansionato, rivela due immagini digitali poi messe all’asta come NFT. Fortune ha recentemente messo all’asta alcune copertine NFT raccogliendo 1,3 milioni di dollari, mentre le copertine NFT di Time Magazine a marzo sono state vendute all’asta per 435mila dollari.

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Burberry + Mythical Games
Burberry + Mythical Games
Dolce & Gabbana + Unxd
Dolce & Gabbana + Unxd
Adidas + Bored Ape Yacht Club + Gmoney + Punks Comics
Adidas + Bored Ape Yacht Club + Gmoney + Punks Comics
Balmain + Dogpound
Balmain + Dogpound
Givenchy + Chito
Givenchy + Chito
Gucci + Christie's
Gucci + Christie’s
Louis Vuitton + Beeple
Louis Vuitton + Beeple



Il progetto di Calvin Klein per scoprire giornalisti di musica emergenti

Calvin Klein ha collaborato con la rivista musicale Wax Poetics, nata nel 2001 come magazine dedicato al contemporary jazz, funk, soul, Latin, hip-hop, reggae, blues, and R&B, per celebrare una nuova generazione di giornalisti che hanno ridefinito il panorama musicale contemporaneo attraverso un approccio innovativo e personale. Intitolato Plugged In, l’iniziativa fa luce su quattro scrittori musicali emergenti a cui è stata data la possibilità di condividere le loro storie, lo stile e il linguaggio individuale con il pubblico di Calvin Klein, sulla scia dell’acclamato progetto dello scorso anni, Self Published, in collaborazione con Dazed per presentare le migliori riviste emergenti di tutta Europa. Selezionati tra oltre 100 candidati, a ciascuno dei giornalisti sono state offerte risorse educative, tutoraggio da esperti e commissioni pagate per creare un lungometraggio sul loro argomento musicale preferito.

I talent selezionati provengono da tutto il mondo e comprendono la scozzese Maeve Hannigan, giornalista musicale e creativa, che esplora la scena jazz emergente di Glasgow, Vuyokazi Mtukela, poetessa e critica culturale sudafricana, Violeta Arango, ricercatrice, fotografa, visual artist e scrittrice basata tra Londra e le Isole Canarie, la scrittrice musicale Amelia Fearon che riflette sulla scena post-punk di Manchester. Sulla partnership Brian DiGenti, Editor-in-Chief di Wax Poetics, ha dichiarato: “Dal nostro rilancio, abbiamo deciso di fornire quanto più supporto possibile agli scrittori e ai content creator più giovani. Calvin Klein è stato un partner straordinario nell’aiutare a realizzare tutto questo. Siamo stati sopraffatti dalla qualità e dall’energia che i candidati e i vincitori hanno portato e non vediamo l’ora di vedere cosa riserva loro il futuro”.

Le storie uniche e i video ritratti dei giovani scrittori sono da oggi disponibili su calvinklein.it e su waxpoetics.com.



I cripto-attivisti raccolgono 54 milioni di dollari per la liberazione di Assange

I cripto-attivisti raccolgono 54 milioni di dollari per la liberazione di Assange

Un collettivo di cripto-attivisti ha lanciato una campagna per raccogliere fondi in favore del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, e impedirne l’estradizione negli Stati Uniti, raccogliendo in pochi giorni – con la partecipazione di 10 mila persone – la cifra di 54 milioni di dollari. A parte l’ammontare della cifra si dirà che non c’è nulla di straordinario. Ma questa campagna potrebbe essere uno spartiacque nella storia dell’impegno politico in rete per diversi motivi. Intanto è stata lanciata via Telegram, “il collettore fognario di Internet”, come lo chiamano i suoi detrattori, ma stavolta l’app di messaggistica è stata usata con uno scopo etico e un intento collaborativo; la seconda è che a lanciarla sono stati dei crypto-attivisti, cioè programmatori e ingegneri, esperti di finanza decentralizzata con un’uguale passione per il mondo delle criptomonete, cioè le valute digitali elettroniche come Bitcoin, Ether, Litecoin, eccetera; la terza è che il progetto è una Dao basata su Blockchain.

Per capirci subito e usando un linguaggio semplificato, una Dao è una “Organizzazione autonoma decentralizzata” e nel mondo delle cripto è un’organizzazione a rete il cui orientamento e potere esecutivo (la “governance”) sono ottenuti e gestiti attraverso regole codificate da programmi per computer chiamati Smart contract. E questi contratti sono detti smart perché entrano in vigore solo a certe condizioni, in genere se si ottiene ciò per cui si “firma” il contratto, senza far uso di intermediari. Ma soprattutto significa che tutte le transazioni finanziarie Dao, insieme alle regole, sono conservate in una base dati di tipo blockchain, un libro mastro digitale irrevocabile e distribuito che ne tiene traccia e ne impedisce le falsificazioni grazie al concetto di marca temporale.

Tutti possono partecipare alla Dao per Assange, e coloro che contribuiscono al progetto ricevono il token di governance “$Justice”, che conferisce loro potere sulla direzione futura della Dao. Scopo finale del progetto è quello di utilizzare il denaro raccolto per fare un’offerta su una collezione Nft, i Non Fungible Token che certificano in maniera univoca la proprietà di un file digitale, realizzata dall’artista di musica elettronica “Pak”, proprio in collaborazione con Assange e intitolata “Censored”. Il progetto, chiamato AssangeDao, ha già raccolto 54 milioni di dollari in moneta Ethereum (Eyh) da quando è stato lanciato il 3 febbraio come si può vedere da Juicebox, un sito dedicato alla creazione di finanziamenti per questo tipo di progetti.

È la più grande raccolta fondi di Juicebox Ethereum nella storia, avendo superato sia la ConstitutionDao creata per acquistare una copia originale della costituzione degli Stati Uniti, che ha accumulato 11.613 Eth sia FreeRossDao che ha cercato di raccogliere fondi per assicurare il rilascio di Ross Ulbricht, il fondatore del mercato online Silk Road che all’epoca, raccolse oltre 12 milioni di dollari in Eth. Scopo dichiarato di AssangeDao è però “ispirare una potente rete di solidarietà e combattere per la libertà di Julian Assange” col fine di aumentare la consapevolezza pubblica della sua lotta e per “le implicazioni sulla libertà di parola che il suo caso rappresenta”.

Il gruppo di attivisti delle cripto, cypherpunks come lo era Assange da giovane (di lui si disse che partecipò alla nascita di Bitcoin, ma senza prove), ha incominciato a parlarne su Telegram il 10 dicembre scorso, quando gli Stati Uniti hanno vinto l’appello contro la sentenza di un tribunale britannico che impediva l’estradizione di Assange in America. L’AssangeDao ha iniziato a riunirsi su Telegram lo stesso giorno perché “Se estradato negli Stati Uniti, Assange rischia 175 anni di prigione per aver pubblicato informazioni veritiere”, quelle sui crimini di guerra americani in Iraq e Afghanistan.

La decisione sull’estradizione dell’hacker attivista di origine australiana è stata nel frattempo ribaltata da un’altra corte inglese e pochi giorni fa Julian Assange è stato candidato al Nobel per la pace dal deputato tedesco Martin Sonnenborn. Ma è tuttora detenuto nel carcere inglese di Belmarsh dove si è seriamente ammalato. Di lui l’inviato speciale delle Nazioni Unite contro la tortura, Nils Melzer, ha detto che “è stato torturato psicologicamente” visto che per sfuggire alla cattura per un reato che non aveva commesso si è dovuto rifugiare per sette anni nei 20 metri quadrati della stanza a lui assegnata nell’ambasciata ecuadoriana a Londra prima di esserne espulso dal presidente ecuadoriano Lenin Moreno che gli aveva ritirato l’asilo.

Secondo l’hacker artivista (crasi delle parole art più activism) e cypherpunk italiano Denis “Jaromil” Rojo, “l’evento ricorda il grande successo di Wikileaks nel raccogliere donazioni già nel 2010. Fu proprio sull’onda di tale successo che Bitcoin crebbe a partire dalla sua adozione come canale di finanziamento indipendente per l’organizzazione. Oggi l’iniziativa AssangeDao propone una dimensione partecipativa aggiuntiva: oltre a supportare le spese processuali per la difesa di Julian Assange l’iniziativa metterà in campo una piattaforma decentralizzata decisionale per l’amministrazione dei beni condivisi come l’Nft acquistato, di fatto costituendosi come un’organizzazione guidata dal volere di migliaia di investitori”.




Politico Sud Corea diventa avatar, spopola in vista elezioni

Politico Sud Corea diventa avatar, spopola in vista elezioni

n Corea del Sud esperimento tecnologico in vista delle elezioni del 9 marzo.

Il team del candidato del People Power Party, il conservatore Yoon Suk-yeol, 61 anni, ha sviluppato un avatar digitale.

Usa un linguaggio sviluppato dall’Intelligenza Artificiale con lo scopo di attrarre gli elettori più giovani. Da quando ha debuttato, il 1 gennaio, l’avatar che si chiama ‘AI Yoon’ (AI sta per intelligenza artificiale) ha attirato milioni di visualizzazioni e decine di migliaia di persone hanno posto domande. E’ la prima volta al mondo che un deepfake, cioè un video generato artificialmente, è ufficiale. Ci sono stati in passato esempi, come il video di Barack Obama che insulta Donald Trump, ma erano dei falsi.

ll vero candidato Yoon ha registrato più di 3.000 frasi — 20 ore di audio e video — per fornire dati sufficienti ad un’azienda di tecnologia locale a creare l’avatar. Quello che l’avatar dice è scritto dal team del politico. L’approccio ha dato i suoi frutti. Le dichiarazioni di AI Yoon hanno fatto notizia nei media sudcoreani e sette milioni di persone hanno visitato il sito “Wiki Yoon” per fare domande all’avatar.

“L’establishment politico è stato troppo lento di fronte a una società in rapida evoluzione”, spiega Baik Kyeong-hoon, a capo dello staff del politico, che contempla molti giovani tra i 20 e i 30 anni.