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Secondo uno studio, più di 500 siti web fanno affari d’oro con le fake news

Secondo uno studio, più di 500 siti web fanno affari d'oro con le fake news

Dati recenti e concordanti mostrano che la disinformazione sui social network genera di per sé più engagement della maggior parte delle notizie accurate e verificate. Su Facebook, per esempio, notizie false o tendenziose ricevono sei volte più mi piace, condivisioni e interazioni rispetto alle notizie affidabili, come emerge da una ricerca della New York University e dell’Università francese di Grenoble Alpes. Non bastasse questo, la notizia preoccupante è che con le fake news si guadagna, e molto.

Secondo un rapporto di NewsGuard, un’organizzazione che monitora tramite un team di giornalisti la disinformazione online, sono 519 i siti – tra i  6.730 domini monitorati tra Europa e Stati Uniti – a diffondere regolarmente bufale o notizie infondate soprattutto su covid e vaccini. Questo significa che il 7% dei siti di notizie più seguiti pubblica sull’argomento contenuti dannosi. Tra questi siti ce ne sono 41 anche in Italia, anche se la maggioranza si trova negli Usa.

Lo studio mostra che questi siti guadagnano molti soldi con la pubblicità che ospitano, generando un cortocircuito informativo per cui la disinformazione finanzia altra disinformazione, inquinando il dibattito pubblico. L’analisi è stata condotta combinando i 7.500 siti il cui traffico e le cui spese pubblicitarie sono misurate da Comscore, e i siti di notizie valutati da NewsGuard. Le due organizzazioni hanno stimato che l’1,68% della spesa per la pubblicità programmatica nei 7.500 domini del campione è andata a siti che pubblicano disinformazione.

Considerando i 155 miliardi di dollari della spesa mondiale della pubblicità automatizzata che finisce sui siti web, chi pubblica fake news ricava 2,6 miliardi di dollari all’anno. “Centinaia di questi milioni di dollari finanziano la diffusione di affermazioni false sulla salute, bufale sui vaccini, disinformazione elettorale, propaganda e notizie false”, sintetizza NewsGuard.

La disinformazione sul web è finanziata anche dai maggiori inserzionisti pubblicitari anche se in modo involontario. La pubblicità programmatica, infatti, è un processo che non offre informazioni chiare e complete alle aziende su dove esattamente compaiano le loro pubblicità e di conseguenza su quale tipo di informazioni stiano finanziando. Le piattaforme si limitano a incrociare domanda e offerta.

Le fake news più finanziate

Che tipo di notizie false sta finanziando maggiormente la pubblicità? Dal report emerge che le 50 bufale più diffuse riguardano i temi più sensibili in questo momento: covid-19 e i vaccini. È paradossale scoprire poi che tra 4.000 noti marchi che hanno finanziato con i loro annunci siti che promuovono disinformazione su covid 19 sono inclusi produttori di vaccini, reti ospedaliere e perfino i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie americani.

Per evitare questo circolo vizioso che non fa altro che aumentare la diffidenza verso la vaccinazione e la pericolosità della pandemia, NewsGuard propone anche un paio di soluzioni, ammettendo però che non esiste una “bacchetta magica” per fare sparire il problema.

Secondo l’organizzazione, le aziende dovrebbero servirsi di più dell’intelligenza umana e meno di quella artificiale nel campo pubblicitario. NewsGuard sta usando questa strategia con alcuni brand fornendo una lista di esclusione di siti inaffidabili, dando la possibilità agli inserzionisti di collaborare con le loro agenzie pubblicitarie e le piattaforme dedicate per tenere la loro pubblicità  lontano da questi siti. NewsGuard offre inoltre delle liste di siti d’informazione che ritiene di qualità e affidabili e che gli inserzionisti possono usare per raggiungere il loro pubblico di riferimento

Non finanziare le notizie pseudoscientifiche e le bufale online è necessario perché non prosperino. Le notizie false hanno un costo molto ridotto e possono competere in termini di engagement ed introiti con organizzazioni giornalistiche che spendono significativamente di più per produrre contenuti accurati e di qualità. Per questo “ogni dollaro speso in pubblicità che va a siti di disinformazione – scrive NewsGuard – contribuisce molto più alla produzione di notizie false di quanto un dollaro speso in pubblicità che va a media credibili”.




Patto Ue-Usa sull’innovazione: nasce il Trade & Tech Council, la Cina sempre più ai “margini”?

Patto Ue-Usa sull’innovazione: nasce il Trade & Tech Council, la Cina sempre più ai “margini”?

La visita di Joe Biden in Europa continua a produrre iniziative che rafforzano la collaborazione con gli alleati e tentano di arginare l’aggressiva avanzata economica, tecnologica e politica della Cina. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente degli Stati Uniti hanno lanciato lo Eu-Us Trade and technology council al Summit tra Usa e Ue a Bruxelles.

Il consiglio servirà come piattaforma di incontro con cui Stati Uniti e Unione europea coordineranno l’approccio su temi cruciali per il commercio, l’economia e la tecnologia e rafforzeranno le relazioni commerciali ed economiche transatlantiche basate su “valori democratici condivisi”, come si legge nella nota pubblicata dalla Commissione europea.

È finita dunque l’era della trade war di Donald Trump contro l’Europa, ma non termina la politica di contenimento dell’avanzata cinese da parte degli Stati Uniti. Per gli Usa la tecnologia del 21mo secolo dovrà essere sviluppata dai Paesi democratici e non da quelli autoritari, secondo le dichiarazioni della Casa Bianca riportate da Cnbc.com.

Co-presidenza Usa-Ue

Il Consiglio si riunirà periodicamente a livello politico per orientare la cooperazione. Sarà co-presieduto dal vicepresidente esecutivo della Commissione europea e commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager; vicepresidente esecutivo della Commissione europea e Commissario europeo per il commercio, Valdis Dombrovskis; Segretario di Stato americano, Antony Blinken; Segretario al Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo; e dal rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Katherine Tai.

Investimenti bilaterali, sviluppo tecnologico, leadership delle imprese Usa e Ue

Gli obiettivi principali del Council saranno:

  • espandere e ampliare il commercio e gli investimenti bilaterali;
  • evitare nuove barriere tecniche al commercio;
  • cooperare sulle politiche chiave riguardanti la tecnologia, il digitale e le catene logistiche;
  • sostenere la ricerca collaborativa;
  • cooperare sullo sviluppo di standard internazionali e compatibili;
  • facilitare la cooperazione sulle politiche regolatorie e la loro attuazione;
  • promuovere l’innovazione e la leadership delle aziende di Ue e Usa.

Il Consiglio sarà composto da gruppi di lavoro divisi per tematiche:

  • cooperazione sugli standard tecnologici (come intelligenza artificiale, Internet of things e altre tecnologie emergenti);
  • clima e green tech;
  • supply chain sicure, con un focus sui semiconduttori;
  • sicurezza e competitività dell’Ict;
  • governance dei dati e piattaforme tecnologiche;
  • abuso della tecnologia, minaccia alla sicurezza e ai diritti umani;
  • controlli sulle esportazioni;
  • screening sugli investimenti;
  • promozione dell’accesso delle Pmi alle tecnologie digitali;
  • sfide globali per il commercio.

Cooperazione anche sui temi della concorrenza nell’hitech

Gran parte del lavoro dello Eu-Us Trade and technology council sarà “affrontare i comportamenti della Cina che non rispettano le regole del mercato, i suoi abusi economici e i suoi tentativi di dettare le regole sullo svoluppo della tecnologia del 21mo secolo”, secondo la Casa Bianca.

Per Margrethe Vestager “Abbiamo valori democratici comuni e vogliamo tradurli in azione tangibile sui due lati dell’Atlantico. Intendiamo lavorare verso una digitalizzazione che ha al centro l’essere umano e per mercati aperti e competitivi. Questo è un grande passo per una rinnovata alleanza”.

In parallelo, Unione europea e Stati Uniti hanno creato un Joint Technology competition policy dialogue un organismo dedicagto allo sviluppo di approcci comuni e al rafforzamento delal cooperazione sulle politiche sulla concorrenza e la loro attuazione nei settori tecnologici.

Il Senato Usa vuole inasprire il “ban” tecnologico contro la Cina

La controffensiva americana sulla Cina continua a Washington: un gruppo di dieci senatori Repubblicani (tra cui Tom Cotton e Marco Rubio) ha chiesto al segretario del Commercio Gina Raimondo (che è tra i co-presidenti del nuovo Council Ue-Usa) di mettere il suo dipartimento al lavoro per individuare altre tecnologie americane che il governo di Pechino potrebbe usare per scopi illeciti o antidemocratici e di bloccarne l’esportazione verso la Cina.

La lettera alla Raimondo è stata vista in anteprima da Reuters e si focalizza su tecnologie definite “sensibili” ma anche sugli investimenti che la Cina potrebbe fare negli Stati Uniti su queste stesse tecnologie per poi utilizzarle per le forze militari e i servizi di intelligence cinesi. I senatori sottolineano che la lista delle tecnologie emergenti di valore strategico non è stata mai completata dal dipartimento del Commercio e chiede di accelerare i lavori. Tra le tecnologie sensibili ci sono, per esempio, quelle per il riconoscimento vocale e facciale, ma anche i semiconduttori.




Quickload powered by Ogr: come agirà il primo acceleratore italiano dei videogiochi

Quickload powered by Ogr: come agirà il primo acceleratore italiano dei videogiochi

“Potendo contare sul supporto di molte realtà presenti all’interno del gruppo Embracer, 34BigThings è il partner tecnologico ideale per un esperimento di accelerazione sul territorio italiano come quello proposto da Quickload powered by Ogr”: a parlare è Valerio Di Donato, amministratore delegato dello studio di sviluppo 34BigThings.

Quickload powered by Ogr Torino nasce dall’unione di realtà torinesi e internazionali per la creazione di un hub, centrale nel sistema Italia, per lo sviluppo e l’accelerazione di startup in ambito gaming. 34BigThings è stato scelto come partner tecnico grazie all’esperienza, all’attenzione al territorio e all’affaccio internazionale dell’azienda, che da poco è stata acquisita ed è entrata a fare parte del gruppo svedese Embracer, holding specializzata nella produzione e distribuzione di videogiochi.

Di Donato ci ha spiegato che “per il progetto, Microsoft ha garantito un investimento iniziale di 100mila dollari per le startup selezionate, cui andranno ad aggiungersi gli investimenti degli investor e publisher partner del programma, in base ai risultati raggiunti durante il percorso di accelerazione e l’evento finale”.

La parte centrale dell’acceleratore di imprese è l’approccio basato sul costruire, consolidare e compartimentalizzare la cultura aziendale prima di qualsiasi altro aspetto. Mentre il percorso tipico di accelerazione prevede la formazione su aspetti legali, finanziari e tecnologici come fulcro dell’esperienza, ci ha detto Di Donato: “Quickload powered by Ogr mette al centro le soft skill degli imprenditori e del team, lo sviluppo di una cultura aziendale che possa funzionare da motore, collante e motivazione per tutte le persone coinvolte, e su questo aggiunge le competenze tecniche necessarie a navigare correttamente l’industria del gaming internazionale”.

Chiusa la call del 20 settembre inizieranno i lavori: “Daremo qualche settimana ai giudici per selezionare i migliori team provenienti da tutta Europa e qualche altra settimana ai vincitori per accettare il contratto e trasferirsi a Torino. A quel punto inizierà un percorso formativo full-time, misto in presenza alle Ogr e online, che vedrà come mentori grandi nomi internazionali e nazionali, con un programma personalizzato sulle startup selezionate. L’impegno con i mentori continuerà a scendere lentamente per far spazio a esercizi mirati e lavoro sull’Mvp da presentare all’evento finale”.

Per come è strutturato Quickload powered by Ogr, si potrebbe pensare a una prova generale per la creazione futura di un hub permanente per lo sviluppo di videogiochi sul territorio italiano, ci ha detto Di Donato: “Il progetto è parte di un piano coraggioso e importante per il presente e il futuro dell’industria Italiana del gaming, ma non è mai stato pensato come un esperimento temporaneo. Quickload powered by Ogr nasce per diventare l’hub di riferimento per tutto il sud Europa”.

Quickload powered by Ogr è un primo, importante passo in un momento di forte evoluzione del mercato italiano che necessita di attrarre competenze e investimenti esteri sul nostro territorio: “Attrarre competenze e investimenti esteri è un punto strutturale per il futuro di questa industria. Credo che l’intero settore si stia muovendo in questa direzione, svecchiare l’immagine dell’industria italiana agli occhi del mondo e proporsi come il nuovo punto di caduta del vero made in Italy digitale”.

L’Italia dei videogiochi ha già ampiamente dimostrato che non ha problemi produttivi o qualitativi, rimane da dimostrare la capacità di crescita, di maturazione e di impatto globale, è la riflessione di Di Donato: “Sono questi i temi da affrontare nei prossimi anni e su cui il pieno supporto da parte delle istituzioni potrebbe concretizzarsi in un differenziale potente e importante”.




Il rapporto OCSE sulla lobby fra partecipazione e trasparenza

Il rapporto OCSE sulla lobby fra partecipazione e trasparenza

L’OCSE nell’ultimo rapporto – “Lobbying in the 21st Century, Transparency, Integrity and Access” – afferma senza mezzi termini che la lobby è un modo per informare e influenzare i governi: la lobby è parte integrante della democrazia da almeno due secoli, ed è uno strumento legittimo per influenzare le politiche pubbliche. E l’attività di lobby, e il suo insieme più vasto del public affairs, è una delle discipline delle relazioni pubbliche. Scrive l’Ocse: “Il lobbying può favorire la partecipazione democratica e fornire dati e analisi utili direttamente ai responsabili decisionali. Tuttavia, l’assenza di trasparenza e integrità, potrebbe distanziare le politiche pubbliche dall’interesse pubblico, in particolare se un piccolo gruppo che rappresenta interessi forti utilizzasse la sua ricchezza, il suo potere d’influenza o i suoi privilegi per ottenere vantaggi in modo sleale”.

Il nostro auspicio è che venga presto analizzato il testo unificato delle tre proposte di legge sulla rappresentanza di interessi. Agli inizi di agosto 2021, infatti, la I Commissione Affari costituzionali, in sede referente, ha adottato il testo unificato, proposto dalla relatrice Vittoria Baldino, unificando appunto i progetti di legge degli Onorevoli Francesco Silvestri, Silvia Fregolent e Marianna Madia in materia di “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi”.

I punti fondamentali ai quali la legge dovrà ispirarsi saranno: l’adozione di una normativa generale che permetta un’implementazione trasversale alle diverse istituzioni realizzando un registro di lobbisti cui possano aderire sia le istituzioni centrali e locali; l’introduzione di una struttura premiale per favorire l’iscrizione al registro dando così riconoscimento alla professionalità del lobbista; la definizione di cosa sostanzi la professione del lobbista e quindi l’identificazione della stessa; la necessità di trasparenza sia per i lobbisti sia per il decisore pubblico; l’indicazione di un’autorità preposta a gestire la normativa sull’attività di lobbying; l’introduzione del divieto di revolving doors che impedisce a chi ha svolto funzioni pubbliche di esercitare l’attività di lobby per i due anni successivi. Durante l’audizione della Ferpi alla I Commissione Affari Costituzionali del 30 giugno del 2020, avevamo suggerito il CNEL come autorità preposta alla gestione del registro. La casa dei corpi intermedi e della rappresentanza, nonché organo di rilievo costituzionale, ci sembra essere il luogo più efficace dove gestire il registro della rappresentanza e delle relazioni istituzionali. Ed è quanto mai urgente regolare la materia anche in vista dell’implementazione del PNRR che per essere efficace ha bisogno di avere il massimo supporto della rappresentanza.

Il valore strategico delle relazioni pubbliche

Adam Smith nella “Teoria dei sentimenti morali” scrisse nel 1759: «La preoccupazione per la nostra personale felicità ci raccomanda la virtù della prudenza: cioè la preoccupazione per la felicità degli altri». Per paradossale che possa sembrare, le relazioni pubbliche sono tutte quelle attività che i professionisti della materia pongono in essere per rendere felici le organizzazioni e le persone che ne fanno parte. Hanno a che fare con il benessere e la bellezza, entrambe basate sulla competenza. Durante la Lectio Magistralis all’Università Cattolica, nell’ottobre del 2019, il Presidente Mario Draghi disse: «La competenza fondata sulla conoscenza è essenziale per capire la complessità». E la complessità è l’alveo fondamentale delle relazioni pubbliche e della comunicazione. 

Le relazioni pubbliche creano la struttura cognitiva per analizzare la complessità e la comunicazione, con le sue tecniche e i suoi flussi può essere considerata la risposta “oggettiva” (?), strumentale e operativa, delle soluzioni immaginate e disegnate nella fase di analisi. “Le relazioni pubbliche sono la gestione della comunicazione tra un’organizzazione e i suoi pubblici”, scriveva James Grunig nel 1984. Ed ancora: “Le relazioni pubbliche sono l’insieme più vasto della comunicazione d’impresa e fanno parte della scienza del management, che si occupa della gestione delle organizzazioni complesse” secondo la definizione di Toni Muzi Falconi del 2005. 

Rimettere al centro del dibattito il valore e l’efficacia delle relazioni pubbliche ci consente di “rallentare” lo sguardo, non lasciandoci ingabbiare dalla tentazione del breve termine e ci consente di dare all’ascolto, all’analisi – alla valutazione ex ante e alla rendicontazione ex post – lo spazio corretto. Porre al centro la costruzione di senso e di significato e non le urla scomposte, la velocità della comunicazione che invade, ma non crea, le tecniche ispirate solo dal profitto e non dalla creazione di valore. L’obiettivo delle relazioni pubbliche, come funzione di management, è di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di un’organizzazione con un’attività continuativa, consapevole e programmata di gestione e di coordinamento dei sistemi di relazione che si attivano fra la stessa organizzazione e i suoi diversi stakeholder: orientare opinioni, atteggiamenti, comportamenti e decisioni degli stakeholder influenti e di tutti i soggetti che a vario titolo interagiscono con l’organizzazione. Soggetti che possono ostacolare o agevolare il raggiungimento degli obiettivi di management e di governance perché dotati di specifici poteri decisionali o perché in grado di creare influenza. Non si annichilisce il dialogo o il rispetto fra le parti ma si creano i presupposti per una negoziazione sostenibile ed inclusiva. E da questo punto di vista gioca un ruolo cruciale il pensiero critico e l’intelligenza contestuale, una intelligenza emotiva che il relatore pubblico pone in essere in quanto “ingegnere delle relazioni” e dei processi di cambiamento: analisi di contesto/scenario; definizione degli obiettivi di governance; sviluppo e implementazione della strategia; creazione e attivazione della tattica; valutazione costante e miglioramento continuo. Le relazioni pubbliche diventano una parte fondamentale della strategia complessiva dell’azienda. 

Se consideriamo le relazioni pubbliche come espressione di molteplici funzioni di management – Corporate Reputation, Corporate branding e Identity, Brand Management, Public Affairs, Lobbying, Advocacy, Public Policy, Risk management, Issue Management, Crisis Management, Cause related marketing, e tante altre – forse è possibile capire allo stesso tempo la complessità della materia e le sue intersezioni strategiche in tutti gli ambiti di governance.

Le relazioni pubbliche sono una liturgia che sta al centro, tra leadership e potere, e procede per la risoluzione dei problemi complessi affinché il gioco non sia a somma zero, o che comunque ci possa essere, anche se in parte, soddisfazione per tutte le parti in gioco: una visione olistica, o forse, anche ingenua, ma certamente auspicabile. 

Il testo che sarà approvato in Parlamento sarà uno spartiacque per il mondo delle relazioni pubbliche: una delle discipline più pregnanti e sistemiche per tutta la professione, – relazioni istituzionali e lobby – sarà regolamentata. Potremo così provare ad uscire dall’equivoco di considerare le relazioni pubbliche una attività diversa dalla comunicazione, e riportare anche il nostro paese, nel percorso dell’eccellenza delle relazioni pubbliche come avviene a livello internazionale.

Le relazioni pubbliche sono la disciplina, la comunicazione è la tecnica: tecnica per lo sviluppo della rappresentanza di interessi e come funzione ancillare per determinazione della strategia di lungo periodo e per la strutturazione della governance. E questo processo non può e non deve restare un auspicio ma un percorso di creazione di valore e di benessere diffuso.




Modello PERMA

Modello PERMA

Martin Seligman, psicologo e scrittore statunitense, è considerato il fondatore e il padre della Psicologia Positiva e, in questo post, vedremo nel dettaglio la teoria del benessere, conosciuta anche come Modello Perma; il suo contributo più recente in questa disciplina, che rappresenta una vera e propria evoluzione della sua prima proposta è “Le 3 strade verso la felicità”, pubblicato nel 1999.

Il Modello PERMA o Teoria del benessere è, essenzialmente, una teoria di scelta non forzata. Si tratta di una descrizione di ciò che le persone scelgono liberamente per aumentare il proprio benessere. Questo modello raccoglie le basi e gli indicatori del benessere per riuscire a sentirsi bene, essere positivi e mantenere quest’atteggiamento e sensazione più a lungo possibile nel corso della vita.

Perma è un acronimo e racchiude i 5 fattori principali su cui si basa questa teoria. In questo modo, lo sviluppo e il miglioramento di ciascuno di essi sarà di grande aiuto per incrementare nuovi livelli di soddisfazione e motivazione.

Ogni elemento del modello PERMA deve rispettare alcune proprietà per poter essere considerato parte della teoria:

  1.  Deve contribuire al benessere. .
  2. Le persone devono sceglierlo per il proprio bene e non solo come metodo per ottenere una qualsiasi delle altre variabili.
  3. Deve essere definito e misurato in maniera indipendente rispetto alle altre variabili del modello. .

Dunque, i 5 fattori del modello PERMA sono i seguenti:

  • P: “Positive Emotions”. Emozioni Positive. Presuppone l’aumento delle emozioni positive, non scambiandole con quelle negative o con la loro trasposizione, bensì come strumento per gestirle. Le emozioni positive ci permettono di sperimentare il benessere. Esempi possono essere la pace, la gratitudine, la soddisfazione, il piacere, l’ispirazione, la speranza, la curiosità o l’amore.
  • EEngagement. Impegno. Si tratta di una specie di patto o accordo con noi stessi e con i nostri punti di forza, al fine di raggiungere una certa sintonia che ci permette di situarci in uno stato di armonia, di affinità, di flusso di coscienza. Si tratta di impegno nella ricerca di quelle attività che ci permettono di entrare nel “flow”, o stato ottimale di attivazione. Quando ci impegniamo in un compito o un progetto, sperimentiamo uno stato di flusso in cui il tempo sembra fermarsi e perdiamo la percezione di noi stessi, concentrandoci intensamente nel presente.
  • RRelationships. Relazioni positive. Sotto la nostra innegabile condizione di esseri sociali, risulta ovvio affermare che questo fattore è indispensabile per il raggiungimento del nostro benessere. In maggiore o minor misura, tutti noi abbiamo relazioni con gli altri, più o meno intense ma che presuppongono un fattore di protezione e appoggio estremamente potente e, pertanto, importante e necessario. Perciò, promuovere quest’aspetto può favorire in modo importante la nostra felicità. Questo fattore si basa nel migliorare le nostre relazioni interpersonali, ciò implica anche un miglioramento delle nostre abilità personali.
  • MMeaning and purpose. Scopo e significato.  Questo fattore fa riferimento alla ricerca dell’appartenenza a qualcosa di più grande di noi stessi. Comporta l’idea che il senso della nostra vita va oltre il concetto di noi sessi. In questo modo, per ogni obiettivo raggiunto, per ogni meta, per ogni scopo ottenuto, sottostà un significato rilevante che lo pervade di un significato trascendentale. Tutti abbiamo bisogno di dare un senso alle nostre vite per ottenere un senso di benessere.
  • AAccomplishment. Successo e senso di riuscita. Implica lo stabilire mete, le quali una volta raggiunte, serviranno a farci sentire competenti, promuovendo la nostra autonomia. Si riferisce al raggiungimento degli obiettivi in relazione al miglioramento delle nostre abilità.

Quando riusciamo a coprire tutti questi ambiti, possiamo dire di aver raggiunto un benessere totale e sostenibile. In questo senso, Seligman, afferma che non dobbiamo cercare di coltivare né promuovere tutti i fattori del modello Perma in maniera uguale e nemmeno in maniera obbligatoria o impositiva. Bensì, dobbiamo cercare di promuovere i fattori con i quali ci identifichiamo e ci sentiamo a nostro agio, senza il bisogno di ipotecare il nostro benessere. In fin dei conti, questo modello è direttamente connesso al potenziamento nel nostro comfort; obiettivo che, d’altra parte, non sarà raggiunto in maniera forzata.

È lo stesso Seligman ad affermare, in maniera esplicita, che il modello Perma costituisce una “descrizione” di ciò che fa la gente disponendo di una felicità e un benessere autentici, e non una “prescrizione”; ciò vuol dire che non esiste una formula esatta valida per tutti.