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Nuovi linguaggi di csr: Fondazione Barilla fa “edutainment” con i comici

Nuovi linguaggi di csr: Fondazione Barilla fa “edutainment” con i comici

I nuovi linguaggi della csr e la capacità di fare divulgazione su temi-chiave in modo puntuale, ma al contempo efficace e coinvolgente, sono un tema centrale della comunicazione odierna. In quest’ambito si colloca il nuovo progetto di Fondazione Barilla, che avviato una campagna che mette al centro la relazione uomo-cibo-ambiente, raccontando con messaggi semplici e concreti come sostenere il Pianeta.
Per diffondere la conoscenza scientifica ci si è affidati a diversi comici e food influencer noti, da Lillo a Max Mariola, per una serie di contenuti (28 video nei formati clip da 30 e da 15 secondi) che fondono informazione e intrattenimento attraverso una pianificazione cross-media completa.

I messaggi al cuore della campagna, sviluppata con il supporto dell’agenzia digitale integrata Next 14, sono veicolati sul web e i social, e su 29 radio, nazionali e locali, appartenenti ai principali gruppi editoriali. A supporto anche un sito internet, rinnovato in ottica più user-friendly, che fa da punto di riferimento di ogni iniziativa. Attraverso il portale, inoltre, è possibile richiedere il libro, “100 Food Facts – Piccola guida per grandi cambiamenti”, contenente una selezione di 100 messaggi brevi, utili e interessanti, comprensibili da tutti, con evidenze chiare associate a un gesto semplice da mettere in atto. L’ideazione e la pianificazione delle nuove attività di comunicazione della Fondazione Barilla sono state affidate all’agenzia Next 14, mentre le attività di pr e media relation sono seguite da Inc, Pr partner di Fondazione Barilla dal 2016.




Metaverso tra hype e applicazioni pratiche. Facciamo un pò di chiarezza

Metaverso tra hype e applicazioni pratiche. Facciamo un pò di chiarezza

Come vedi il futuro del turismo nel Metaverso?

Nel nostro settore basta parlare di Metaverso (o, più precisamente, di UN metaverso) per provocare una peculiare dicotomia: perché il Metaverso è, almeno semanticamente, l’opposto del turismo. Il Cambridge Dictionary definisce il viaggio come “l’atto di muoversi, di solito su una lunga distanza”. Ma, nei metaversi, non ci sono distanze, in quanto la nozione stessa di spazio non ha senso in un ambiente virtuale. Ecco perché la maggior parte degli addetti ai lavori è ancora scettica sulle possibili meta-applicazioni nel settore. Se rimuovi una parte essenziale (la distanza) dall’equazione di viaggio, rimane solo il movimento. E anche la domanda: viaggiare senza distanza, è ancora viaggiare? O è qualcos’altro? È una domanda legittima, tuttavia dubito che il Metaverso avrà un impatto negativo sul turismo, anzi. Semmai, lo completerà.

Come immagini che sia il viaggio nel Metaverso?

Il metaturismo difficilmente sostituirà il turismo fisico, ma giocherà sicuramente un ruolo, soprattutto nelle prime fasi del traveler’s journey. Attualmente, scegliamo un hotel basando la nostra decisione su foto, video e recensioni. La maggior parte dei metaversi di viaggio può già fornire un’esperienza molto più coinvolgente e senza attriti, consentendo agli utenti di “visitare” una destinazione, prenotare una stanza o un tavolo al ristorante stando comodamente seduti sul divano e, infine, vivere l’esperienza IRL. Nessuna immagine statica, video 2D o sito Web sarà mai in grado di fornire qualcosa di simile. Pensa ad app come National Geographic Explore VRWanderBRINK Traveller o una delle mie preferite, i tour in autobus di Alcove VR. L’“Internet incarnato” è un territorio vergine per il nostro settore e stiamo solo scalfendo la superficie della tecnologia.

Come può l’industria del turismo trarre vantaggio dal Metaverso?

Penso che la recente pandemia abbia messo in luce molte delle vulnerabilità del nostro settore. In primo luogo, vale la pena ricordare l’impatto disastroso che il  turismo ha sull’ambiente. Secondo il Journal Nature Climate Change, siamo responsabili dell’8% delle emissioni di anidride carbonica dell’economia globale. E se è vero che circa il 75% di questo inquinamento è prodotto dai trasporti, il 21% è da attribuire esclusivamente ai consumi energetici degli alberghi. Queste cifre fanno riflettere. Trovare alternative praticabili a un’industria non ecosostenibile come la nostra non è solo auspicabile a questo punto; è obbligatorio. E il passaggio a un’ibridazione di viaggio fisico/virtuale potrebbe essere un buon punto di partenza. Da un punto di vista strettamente economico, inoltre, alcune aziende stanno già sfruttando il Metaverso. Pensa a HotelVerse, la prima vera meta-OTA, o alle catene che hanno iniziato a costruire proprietà virtuali, come M Social (su Decentraland) o CitizenM (su The Sandbox). Quest’ultimo, in particolare, lo sta facendo in maniera molto intelligente e innovativa: i profitti derivanti dal meta-hotel verranno usati per finanziarne la costruzione di uno fisico, reale, e i possessori di token voteranno sulla sua location, in puro stile DAO.

Quali sono i vantaggi di questo tipo di viaggio per turisti e aziende?

Una ricerca IDC ha dimostrato che il mercato mondiale di visori per realtà aumentata e virtuale è cresciuto del 92,1% nel 2021. Inoltre, secondo Bloomberg, il Metaverso potrebbe diventare rapidamente un mercato da 800 miliardi di dollari (200 in più rispetto alle dimensioni dell’intero mercato dell’industria dei viaggi). Quindi direi che il vantaggio principale è nel volume. Il tecnofilosofo David Chalmers teorizza che, in pochi decenni, la realtà virtuale (e, di conseguenza: il Metaverso) diventerà così indistinguibile dalla realtà fisica al punto che sarà privo di senso provare a distinguere tra i due. Potrebbe non esserci alcuna differenza tra turismo fisico e virtuale e questo prima di quanto pensiamo.

La nozione centrale di viaggio potrebbe trasformarsi in modi che possiamo solo intravedere oggi. Pensa a come è cambiata negli anni la connotazione della parola “amico”. Fino al 2004, un amico era una persona fisica con cui uscivi nella vita reale. Dopo Facebook, il termine è diventato anche sinonimo di “connessione virtuale”, qualcuno con cui potresti non aver mai scambiato una singola parola. Oppure considera il termine “cloud”: prima di Microsoft Azure e AWS, una “nuvola” era semplicemente condensa di vapore acqueo, quindi chissà cosa significherà viaggiare tra 10-15 anni. Possiamo solo speculare, ma, almeno in teoria, le applicazioni del Metaverso sono illimitate: vuoi visitare la Ciudad Perdida, Atlantide, l’Antica Roma o Marte? Puoi viaggiare nel tempo e nello spazio e sperimentare qualcosa che non esiste nel mondo fisico. I MICE organizer potranno ispezionare la sala riunioni due settimane prima del congresso vero e proprio, visitandola virtualmente. Il Metaverse può anche aiutare le persone a mobilità ridotta a fare quella crociera che hanno sempre sognato, o permettere alle classi meno abbienti di viaggiare, democratizzando, di fatto, un settore altamente elitario e antidemocratico come il nostro. I motori di prenotazione virtuali, alimentati da criptovalute e NFT, potrebbero cambiare completamente (e in meglio) il processo di prenotazione come lo conosciamo. Booking experience migliorata, Conciergerie digitale, congressi ibridi, travel equity, marketing immersivo… L’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Infine, il Metaverse offre già ora nuovi vettori advertising sia per gli inserzionisti che per i marketer, i quali non dovrebbero essere sottovalutati, non importa quali siano i nostri sentimenti riguardo agli universi virtuali.

Quali pensi siano le principali sfide per il turismo nel Metaverso?

L’interoperabilità, senza dubbio. La mancanza di interoperabilità crea sfide complesse per l’adozione di massa del Metaverso, e non solo nel nostro settore. Ci sono oltre 150 aziende metaversiche che operano oggi. Senza standard condivisi e comuni, possono diventare rapidamente silos chiusi, limitando la navigazione degli utenti a un’unica piattaforma invece di consentirgli di navigare liberamente attraverso più mondi virtuali. Potresti avere un hotel in Spatial, ma lo stesso hotel potrebbe non essere accessibile su Horizon, per esempio. Ecco perché non mi piace parlare di Metaverso, perché non esiste una cosa del genere. Ci sono più Metaverso. Se e come interagiranno tra loro, in questa fase, non è altro che speculazione.

Raccontaci del primo evento sui viaggi e l’ospitalità nel Metaverso che hai organizzato e moderato. Quali domande interessanti ne sono venute fuori?

Il mio studio di consulenza, Travel Singularity, insieme a Henri Roelings, fondatore di HospitalityNet e mio amico personale, ha lavorato in segreto per mesi a un progetto chiamato “HN meta meetup”. Volevo organizzare un meta-evento da anni e alla fine l’ho fatto. Tutto è iniziato con una chiacchierata nel mio meta-appartamento su Spatial. Prima di rendermene conto, siamo finiti con un evento di dieci ore con 25 speaker C-level provenienti da tutto il mondo, in una location (virtuale) iconica : Trinità dei Monti, a Roma. Per rispondere alla tua domanda, ecco alcuni degli argomenti più interessanti che ne sono emersi: “Il Metaverso può aiutare a formare il personale prima di introdurlo in un hotel vero e proprio?” “La realtà virtuale sarà la prossima evoluzione dello smart working?” “Nel Metaverso, dovremo vendere stanze virtuali. In che modo questo influirà le politiche di revenue management?” “Come possono gli attuali PMS gestire sale riunioni virtuali?” Pubblicheremo un video con i momenti salienti dell’evento nelle prossime due settimane, quindi, se volete sentire le risposte, stay tuned…




Sheryl Sandberg, numero 2 di Mark Zuckerberg, lascia Meta

Sheryl Sandberg, numero 2 di Mark Zuckerberg, lascia Meta

Sheryl Sandberg ha annunciato le sue dimissioni da Meta. La manager — che ha 52 anni, e da 14 era braccio destro di Mark Zuckerberg come Chief operating officer e mente commerciale di Facebook prima e di Meta poi – lo ha scritto sulla sua pagina Facebook.

«Dopo 14 anni lascio Meta», ha scritto, in un lungo post, sotto il quale il primo commento è proprio quello di Zuckerberg: «È la fine di un’era. In questi anni, hai dato forma al nostro modello di business fondato sulla pubblicità forgiato la nostra cultura manageriale, e mi hai insegnato come guidare un’azienda. Mi mancherà lavorare al tuo fianco, ogni giorno: ma sono grato di averti, per sempre, come amica. Grazie per tutto ciò che hai fatto per me e per la mia famiglia, per la nostra azienda, per milioni di persone in tutto il mondo. Sei una superstar».

Sandberg era entrata a Facebook nel 2008, dopo che Zuckerberg — all’epoca solo un informatico geniale e un po’ impacciato — era rimasto folgorato da lei durante una festa di Natale e aveva poi fatto di tutto per strapparla a Google, dove era stata decisiva nella creazione della piattaforma in grado di cambiare per sempre il mondo della pubblicità.

«Quando accettai questo lavoro, speravo di poter ricoprire l’incarico per 5 anni. Quattordici anni dopo, è arrivato per me il momento di scrivere il prossimo capitolo della mia vita», ha scritto senza però rivelare nel dettaglio i suoi piani futuri.

Con Sandberg, Facebook è divenuta il colosso che il mondo conosce: e non è un caso che il titolo, a Wall Street, abbia subito accusato il colpo.

Nel suo post, Sandberg descrive Zuckerberg con parole che riflettono il percorso condiviso in questi anni, dal primo incontro alle «innumerevoli cene e conversazioni» dopo le quali il fondatore di Facebook le aveva offerto il ruolo, fino alle crescenti difficoltà cui la società si è trovata a dover far fronte («dire che non è sempre stato facile è un eufemismo: ma è giusto che sia così. I prodotti che facciamo hanno un impatto enorme, e abbiamo la responsabilità di costruirli in modo tale che proteggano la privacy e garantiscano la sicurezza degli utenti. Sia io, sia i colleghi di Meta abbiamo sentito il peso delle nostre responsabilità»).

«Gli avevo chiesto tre cose», ricorda ancora Sandberg: «Di poter sedere vicino a lui nella sede di Facebook; di poterlo incontrare, di persona e da soli, una volta alla settimana; e di avere un feedback diretto e onesto. Ha mantenuto queste promesse fino ad oggi. Spesso dice che siamo cresciuti insieme: e ha ragione».

Nel suo post su Facebook, Zuckerberg ha scritto che a prendere il posto di Sandberg sarà Javier Olivan. «Questo ruolo però», ha scritto il fondatore di Facebook, «sarà diverso da come l’ha interpretato Sheryl: sarà più simile a quello tradizionale di un COO, e Javi si concentrerà soprattutto sugli aspetti interni e operativi, continuando a dar prova della sua capacità di renderci più efficienti e rigorosi».

Sandberg, al contrario, svolgeva un ruolo in qualche modo «pubblico», che la portava ad avere rapporti con legislatori o a dover prendere posizioni su tematiche come il ruolo delle donne nei posti di lavoro o, più recentemente, l’aborto.

Al ruolo di Sandberg — e al rapporto tra Zuckerberg e Sandberg, fondativo della crescita di Facebook — due croniste del New York Times , Sheera Frenkel e Cecilia Kang, avevano recentemente dedicato Facebook. L’inchiesta finale (Einaudi 2021): un libro frutto di oltre 400 interviste con esperti, ma soprattutto dipendenti ed ex dipendenti, a tutti i livelli, di Facebook.

Il quadro che emergeva da quel libro era, fino al 2016, quello di un legame simbiotico: lui, programmatore visionario, impegnato a dirigere l’innovazione del prodotto, lei, manager dalle capacità fuori dall’ordinario, pronta a farne una macchina da profitti.

Tutto – secondo le autrici – è però iniziato a cambiare quando Trump ha vinto le elezioni, nel 2016.

Sandberg, storicamente legata al Partito democratico e fino a quel momento «volto» dell’azienda a Washington, si era trovata improvvisamente senza punti di riferimento nella capitale.

Zuckerberg — dopo averla osservata gestire le crisi di Cambridge Analytica e dell’intromissione russa nella campagna elettorale americana, e dopo essere stato costretto dalle circostanze a scusarsi di fronte al mondo — nel 2019 era volato a Washington, per un incontro «fuori agenda» con Trump. Aveva deciso, contro il parere di Sandberg, di non cancellare il video alterato in cui la presidente della Camera Nancy Pelosi sembrava biascicare. Ed era arrivato a teorizzare – nell’ormai famoso discorso alla Georgetown University – la necessità per la sua piattaforma di essere «neutra» nei confronti dei contenuti politici, anche se apertamente falsi.

Secondo quanto ricostruito dalle autrici del libro, a Sandberg, nelle ore successive a quelle parole, erano iniziate ad arrivare ad arrivare raffiche di email – deluse, infuriate, preoccupate – di dirigenti e dipendenti. Non c’è molto che possa fare per far cambiare a Mark, aveva spiegato a chi le sta vicino.

E ad alcuni aveva risposto di indirizzare le loro mail altrove. Ad esempio a Nick Clegg, diventato vicepresidente per gli affari globali e le comunicazioni di Facebook.

Quando, durante una intervista, la star tv Katie Couric le aveva chiesto se non fosse preoccupata della sua legacy, essendo lei così organica a una piattaforma vista come tanto tossica per la società, Sandberg aveva risposto di essere «onorata» del suo ruolo: ma dentro di lei — avevano scritto le autrici, citando fonti vicine alla manager — era «divorata dall’umiliazione».

«Per molti dei massimi dirigenti dell’azienda», scrivevano Frenkel e Kang, «la sensazione ormai è che non ci siano più un numero uno e un numero due, ma un numero uno e molti altri»: e quanto avvenuto negli ultimi mesi sembra provare il punto.

In particolare, è il ruolo di Clegg – ex vicepremier britannico, assunto per essere il “ministro degli Esteri” di Facebook, formalmente a diretto riporto di Sandberg, ma recentemente diventato «president of global affairs» di Meta – ad essere cresciuto, con il tempo.

A lui Zuckerberg aveva affiato il compito di scrivere la bozza del post con il quale Zuckerberg aveva sospeso, dopo l’assalto al Congresso, gli account di Trump; ed era stato lui a prendere parola dopo le rivelazioni su Facebook dei «Facebook files» dello scorso anno, quando il cronista del Wall Street Journal Jeff Horwitz, in una lunga, e dettagliatissima, serie di articoli, aveva pubblicato documenti riservati e ricerche interne su temi estremamente delicati.

Di queste frizioni, sempre smentite dalla società, Sandberg non fa menzione nel suo post. Spiega di «volersi dedicare di più alla sua fondazione e al suo lavoro filantropico, che è più importante per me di quanto non lo sia mai stato dato il momento critico che stiamo vivendo, per le donne». Parla del matrimonio — previsto per l’estate — con Tom Bernthal, incontrato dopo la morte improvvisa del secondo marito, Dave Goldberg, e del suo ruolo di madre di una «famiglia estesa con cinque bambini». Spiega che lascerà il posto di COO di Meta «in autunno», dopo un passaggio di consegne ordinato e – necessariamente, dato il suo ruolo – complicato e lungo. Annuncia che rimarrà nel board dell’azienda. E ringrazia «Mark, per avermi dato quest’opportunità ed essere uno dei migliori amici che si possano avere».




Edimburgo e la sostenibilità sociale

Edimburgo e la sostenibilità sociale

Edimburgo, la capitale della Scozia, con i suoi circa 500.000 abitanti sta diventando un esempio di realtà urbana che punta, oltre alla sostenibilità ambientale, anche alla sostenibilità sociale.
Sul fronte ambientale la città scozzese ha avviato da tempo una strategia che le permetterà di raggiungere la neutralità climatica in anticipo rispetto al resto d’Europa grazie a un piano che ha già consentito di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti.
Sul fronte sociale la città si distingue per elevati standard di istruzione e sanità, un basso livello di criminalità e una buona distribuzione di reddito tra la popolazione. Interessante l’esperimento partito nel 2018 a nord di Edimburgo, nel quartiere di Granton, dove è stato realizzato un villaggio per gli homeless, una comunità innovativa che offre alloggio e ampio supporto ai residenti. Costruito su un terreno non edificato donato dal Comune di Edimburgo, il villaggio è stato ideato da Social Bite, un’impresa sociale scozzese che dà lavoro agli homeless e che dona i suoi profitti ad associazioni non profit. Nel villaggio i residenti non solo ricevono una casa in cui stare, ma anche supporto e consulenza.

Cosa c’è di nuovo

È necessario diffondere l’idea che occorre misurare gli impatti sociali non solo quelli ambientali per comprendere su una realtà urbana sta andando nella direzione giusta verso uno sviluppo sempre più sostenibile.




Un murale di 1000 mq per festeggiare i 50 anni delle Acciaierie Calvisano (Feralpi Group)

Un murale di 1000 mq per festeggiare i 50 anni delle Acciaierie Calvisano (Feralpi Group)

Le Acciaierie di Calvisano (Feralpi Group) festeggiano il decimo lustro con una serie di iniziative speciali. Tra le numerose – molte ancora riservate – ce n’è una che è difficile nascondere: è stato completato di recente un nuovo murale, 1000 mq di superficie che ha cambiato volto alla facciata (50×20 mt) in testa allo stabilimento. Se il lavoro operativo è durato dieci giorni, il percorso di avvicinamento è partito già nel mese di marzo coinvolgendo fin da subito le persone dell’azienda che hanno contribuito a fornire all’artista, Tellas, le testimonianze, le sensazioni e il ruolo di Acciaierie di Calvisano nella comunità e nel territorio, restituendo valore anche dal punto di vista estetico.

Il coinvolgimento di Tellas – al secolo Fabio Schirru – è particolarmente singolare. Intanto, Tellas in sardo significa “pietra di scarto”, un analogismo che ben si fonde con l’anima dell’attività dove ha operato e che vede il rottame ferroso come cardine della produzione. Tellas ha nel suo portfolio realizzazioni in Brasile, Australia, passando per Stati Uniti, Europa e Asia. Da oggi, anche Calvisano. Ma la sua realizzazione non solo è frutto del suo estro, così unico e riconoscibile, bensì delle testimonianze, della contaminazione corale delle persone di Acciaierie di Calvisano. Lui, Tellas, ha passato una giornata intera in azienda, tra i reparti produttivi, dialogando e approfondendo il senso di appartenenza che si cela dietro questa azienda cinquantenaria. E solo dopo ha tradotto in arte le sensazioni generate da questa condivisione:

«L’acciaieria – dice l’artista – è un luogo molto forte. Rumoroso, spigoloso, potente. Gli si accomuna facilmente il colore grigio, ma questo è invece pieno di colori. Gli stessi colori che ho visto e che vedono ogni giorno le persone che ci lavorano, che rendono possibile il processo di riciclo di queste materie di cui ogni giorno usufruiamo. Se non fosse per loro, nemmeno quest’ opera avrebbe la sua esistenza».1 di 4  

Il colore è protagonista assoluto del murale, nel quale coesistono elementi naturali, forme morbide e spigolose rappresentando in modo astratto il modo di produrre e lavorare l’acciaio. E al quale si lega, anche in questo caso, il claim che caratterizza l’anniversario: “All special, All different”. La volontà è quella di migliorare e di rendere più accogliente l’ambiente di lavoro delle persone stesse che vivono l’azienda. Un progetto a più ampio respiro che non sarà limitato esclusivamente alla facciata, ma che coinvolgerà diverse aree dell’azienda e i cui lavori sono in corso proprio in queste settimane. Un’azione che è in linea con uno degli impegni di tutta Feralpi Group nel rendere dignitoso il luogo di lavoro, richiesto peraltro da uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.

Sul murale firmato da Tellas e dalle persone di Acciaierie di Calvisano non si trovano scritte perché volutamente l’opera vuole trascendere il tempo e deve essere continuamente interpretata e reinterpretata. Le persone non troveranno il numero 50 o qualche scritta celebrativa: la volontà è quella di legare presente e futuro. Un futuro che, per Acciaierie di Calvisano, è sempre più a colori…

«Il murale – sottolinea Giovanni Pasini, presidente di Acciaierie di Calvisano – è un’opera d’arte contemporanea, fortemente comunicativa della bellezza e della ricchezza della nostra attività. E’ un patrimonio collettivo, realizzato da tutti noi per la comunità interna ed esterna all’acciaieria. In tutto questo anniversario i protagonisti sono le persone della nostra azienda, che non sono semplici destinatari ma sono parte integrante del nostro percorso».