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Singapore inaugura uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo

Singapore inaugura uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo

Singapore ha inaugurato un enorme parco solare galleggiante. Si tratta di uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo. Il suo utilizzo é di convertire il sistema idrico della città-stato in energia rinnovabile.

L’impianto nasce nell’ambito della strategia Green Plan 2030, pianificazione che il paese sta mettendo in atto per raggiungere obiettivi di sostenibilità. Il piano prevede, entro il 2025, di distribuire energia solare quattro volte di piú di quanto stia facendo attualmente.

Con 122.000 pannelli solari che si estendono su oltre 110 acri, l’installazione è stata sviluppata da Sembcorp Floating Solar Singapore, una consociata controllata di Sembcorp Industries e National Water Agency PUB.

Il parco solare produce ha una produzione di picco di 60 megawatt e rende Singapore uno dei pochi paesi al mondo in grado di alimentare interamente il proprio sistema idrico con energia rinnovabile.

L’elettricità generata dal parco solare sarà sufficiente per alimentare i cinque impianti di trattamento delle acque locali di Singapore, compensando circa il 7% del fabbisogno energetico annuale e riducendo l’impronta di carbonio. Si prevede di ridurre le emissioni di carbonio di circa 32 chilotoni all’anno.

La costruzione del sistema solare fotovoltaico galleggiante è iniziata nell’agosto 2020. Progettato, costruito, di proprietà e gestito da Sembcorp.

In collaborazione con Quantified Energy Labs, uno spin-off tecnologico della National University of Singapore, questo progetto è anche il primo al mondo a implementare l’imaging avanzato dei droni che identificano i difetti di funzionamento. I galleggianti sono realizzati in polietilene ad alta densità riciclabile, resistente ai raggi UV e alla corrosione.




Arte ed erotismo: Pornhub lancia audioguida museale narrata da un’attrice hard

Perché il porno potrebbe non essere considerato arte, ma alcune opere d’arte possono sicuramente essere considerate porno“. Con questo claim Pornhub, il sito per adulti più cliccato al mondo, ha lanciato la prima audio guida ai capolavori dei più grandi musei internazionali, narrati da una voce d’eccezione, quella dell’attrice hard Asa Akira. Con tono ironico e immediato, Classic Nudes invita gli utenti ad andare alla scoperta dei musei, con la volontà di sostenerli dopo oltre un anno di chiusure e limitazioni imposte dalla pandemia. All’interno del programma si trovano opere di Musee d’Orsay, Louvre di Parigi, MET di New York, Prado di Madrid, National Gallery di Londra e Uffizi di Firenze.

CLASSIC NUDES, STORIA DELL’ARTE E PORNOGRAFIA

Che l’erotismo nelle immagini sia un fatto esistente ben prima dell’invenzione della pornografia online è risaputo. E le raccolte museali ne sono una conferma: basti pensare a capolavori notissimi come la Venere di Urbino di TizianoIl bagno turco di IngresLa Maja desnuda di Goya, o l’ancora più esplicita Origine du Monde di Courbet e tanti altri presenti nella guida di Classic Nudes, consultabile qui sia da casa che dal museo (per ogni opera è disponibile la mappa che mostra la sua collocazione). Presente anche Another Perspective, una sezione aggiuntiva in cui sono riunite le più interessanti opere di arte erotica non occidentale. E, per i maggiorenni, ci sono anche le rivisitazioni di opere pittoriche a cura della coppia amatoriale Mysweetapple, che ne ha trasformato le scene in video-pillole hard. Sconsigliato vederle dentro al museo o in qualsiasi luogo affollato!

PORNHUB, CICCIOLINA NEL VIDEO PROMOZIONALE

Per Classic Nudes non poteva esserci testimonial più adeguata della pornostar italo-ungherese Cicciolina, che per il video promozionale posa con una tutina aderente color carne impersonando la Venere di Botticelli. “C’è un tesoro di arte erotica in tutto il mondo – che ritrae nudi, orge, e altro ancora – non disponibile su Pornhub. Questa arte pre-Internet è custodita nei musei, ora finalmente riaperti con l’allentamento delle restrizioni”, spiega la Pornhub Brand Ambassador Asa Akira. “Quando le persone si recheranno al Louvre o al MET, possono semplicemente aprire Classic Nudes, e io sarò la loro guida. È ora di abbandonare quelle noiose audioguide e godersi ogni singola pennellata di questi capolavori erotici assieme a me”.

LA REAZIONE DEGLI UFFIZI

Come hanno reagito i musei in cui sono custodite le opere d’arte raccontate in Classic Nudes all’iniziativa di Pornhub? Non bene, considerata la risposta degli Uffizi: il museo infatti sta per definire una diffida all’indirizzo di MindGeek Holding, società lussemburghese proprietaria del sito di pornografia online, che non ha chiesto né ottenuto nessuna autorizzazione dall’istituzione fiorentina. La motivazione della diffida è per “l’uso non consentito di contenuti, in quanto la piattaforma non ha mai fatto richiesta per l’uso degli stessi, violando il codice dei beni culturali e le procedure previste per la richiesta di immagini ed altri materiali audiovisivi del museo”, sottolineano dagli Uffizi.




Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Privacy e trasparenza dei processi decisionali rappresentano due principi cardine per il buon funzionamento delle democrazie moderne. Si tratta di due interessi di rango primario che, in quanto tali, devono ritenersi entrambi meritevoli di costante ed adeguata tutela: se, da un lato, l’obbligo di trasparenza, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso, si fonda sull’esigenza dell’imparzialità dell’azione amministrativa, dall’altro, l’obbligo alla riservatezza dei soggetti terzi afferisce alla sfera degli assetti privatistici.

Spesso, tuttavia, il confine tra questi due principi è labile, con il rischio di generare da parte degli ordinamenti nazionali un’incertezza normativa. Nelle democrazie moderne, dove l’indirizzo politico è costituito da una pluralità di attori portatori di singoli interessi che il decisore pubblico è chiamato a sintetizzare, la trasparenza del processo decisionale e il diritto di accesso alla documentazione amministrativa sono assunti fondamentali che vanno tutelati per non cadere in pericolose derive antidemocratiche.

L’ordinamento statunitense, non a caso è uno dei più chiari esempi di integrazione tra interessi particolari nella formazione dell’interesse generale con disposizioni atte a garantire non solo la massima trasparenza del processo decisionale, ma anche la parità di accesso al decisore. Di fatto, la rappresentanza degli interessi è connaturata all’ordinamento statunitense che, già nel 1791, con l’approvazione del Primo Emendamento alla Costituzione, stabiliva il Right to Petition, ovvero il diritto dei portatori d’interesse di influenzare il processo decisionale.

Diritto che è stato poi disciplinato con un susseguirsi di provvedimenti sempre più puntuali fin dal 1852, il cui primo esempio al mondo di legge organica sui portatori di interesse culminò nel 1946 con il Federal Regulation of Lobbying Act. La legislazione statunitense in materia di open government rappresenta un modello a cui tendere e a cui molti altri ordinamenti si sono ispirati. È il caso dell’Unione Europea che, sulla base del modello americano, prevede nei Trattati (Tue e Tfue) che la trasparenza e il dialogo tra le istituzioni e i portatori d’interesse siano principi base. Il regolamento del Parlamento europeo, infatti, si era già dotato nel 1996 di un registro pubblico degli stakeholder.

Misura che si è via via allargata alle altre istituzioni dell’Unione, affinando gli strumenti a servizio della trasparenza. In particolare, da luglio di quest’anno, l’Ue ha compiuto un cambio di passo con il nuovo Interinstitutional Agreement, che pone fine all’iscrizione volontaria al registro per la trasparenza e obbliga tutti i decisori a rendere pubblici gli incontri con i portatori d’interesse. Se la direzione segnata a Bruxelles è chiara, l’Italia mostra sensibili discrepanze e notevoli ritardi. Nel nostro Paese, infatti, non esiste una legge organica e si contano circa 90 disegni di legge in materia, dal 1976 ad oggi, volti a regolamentare il rapporto tra decisore pubblico e portatore d’interessi.

Invece sono presenti oltre 450 disposizioni normative frammentate, che, pur non essendo dirette a disciplinare compiutamente questa materia, pongono in capo a decisori e stakeholder variegati obblighi di trasparenza. L’Italia, insomma, registra un sostanziale ritardo sulla disciplina dell’attività di lobbying. A tal proposito, secondo una recente rilevazione dell’Associazione The Good Lobby, solamente 3 ministeri su 18 hanno costituito un’agenda degli incontri o un registro per la trasparenza. Il report annuale di Transparency International mostra poi come il sistema che regola la rappresentanza degli interessi in Italia sia insufficiente, proprio a causa di bassi livelli di trasparenza, integrità e parità di accesso al decisore.

Il “voto” complessivo che viene assegnato al nostro Paese è 20 su 100. Va detto, però, che il più delle volte queste disposizioni vengono disapplicate dalle stesse autorità. Emblematico il caso dell’Agenda del ministero della Transizione Ecologica, introdotta nel 2018, oscurata a causa di dell’istruttoria del Garante per la Protezione dei dati personali dello scorso 21 aprile, secondo la quale il registro va oltre quanto previsto dalle linee guida dell’Anac, dal momento che riporta eccessivi dettagli rispetto agli incontri, violando il diritto alla riservatezza.

Un provvedimento, quello del Garante Privacy, che va contro il necessario contemperamento tra diritto alla privacy e right to know, quale strumento di regolazione tra decisori, stakeholder e cittadini. Tanto più che il bilanciamento tra questi due principi emerge chiaramente dal Considerando 4 del Regolamento Ue 2016/679 sulla Protezione dei Dati, secondo cui “il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con gli altri diritti fondamentali in ossequio al principio di proporzionalità”.

La domanda è: l’ordinamento italiano, già carente in materia di open government, può consentire a superiori pubblici interessi, come quello assolutamente legittimo del diritto alla riservatezza, di imporre momentanei “segreti”? Trasparenza e riservatezza non sono due principi contrapposti, anzi conseguono lo stesso fine: aumentare la qualità della democrazia.




Federico Marchetti lascia Yoox: “L’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile”

Federico Marchetti lascia Yoox: “L’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile”

«Sono emozionato di lasciare l’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile: abbiamo trasformato una startup italiana in un unicorno e poi in un gruppo globale». Così Federico Marchetti ha annunciato pochi giorni fa, sui social, il suo addio a Yoox. Dopo aver ceduto il comando a Geoffroy Lefebvre, attuale Ceo di Yoox Net-A-Porter, lo scorso gennaio, l’imprenditore aveva mantenuto fino ad oggi il ruolo di presidente. Il 23 luglio, concluso il periodo di transizione, lascerà definitivamente l’azienda. Quella che per lui è stata «come un figlio».

Ieri il saluto ai dipendenti di Bologna, postato in un video su Instagram.

È iniziato tutto da qui. A differenza delle startup statunitensi, Yoox è nato in un magazzino, non in un garage. Quel magazzino di Bologna è cresciuto (tanto!) negli anni, ma sarà sempre il cuore di Yoox. Grazie al team per la passione, il duro lavoro e l’innovazione in tutti questi anni

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Da zero a re della moda online

Figlio di un capo magazziniere della Fiat e di una telefonista della Sip, Marchetti ha fatto tutto da solo. Partito dalla provincia di Ravenna, senza conoscere nessuno, ma con la voglia matta di fare qualcosa di suo, nel 1999 ha unito le sue due grandi passioni (internet e moda) e ha creato Yoox. Il «geek dello chic» lo ha definito poi il New Yorker. «Allora tutti mi dicevano: è impossibile, nessuno comprerà vestiti online» ha raccontato tempo fa a Millionaire. Oggi il gruppo Yoox Net-A-Porter fattura miliardi.

Tra difficoltà e grandi successi, Marchetti ha fatto diventare la startup un colosso del fashion e-commerce, il primo unicorno italiano. L’ha portata in Borsa, ha acquisito il suo più grande concorrente (Yoox Net-A-Porter), ha fatto una exit miliardaria, vendendo al gruppo svizzero Richemont nel 2018. Oggi Ynap ha più di 4,3 milioni di clienti in 180 paesi, oltre 5000 dipendenti. «È la destinazione di lusso online numero uno al mondo, con quasi 5 milioni di clienti attivi e una crescita dei ricavi dell’86% nell’ultimo trimestre» scrive Marchetti in un post.

Un «viaggio stellare» durato più di 20 anni

«Quando ero ragazzo, vendendo i fumetti di Topolino ai miei amici al mare a Ravenna, avevo sempre sperato di avviare un’attività tutta mia, e sognavo in grande! Ora mi piace pensare che abbiamo 21 anni: abbiamo iniziato 21 mesi dopo Google, ma prima di Facebook (dove ora ci seguono oltre 4,6 milioni di persone) e Instagram (7,8 milioni di follower) e molto prima dell’iPhone (oggi facciamo oltre 1 miliardo di dollari di vendite da mobile ogni anno). Netflix è nata prima, nel 1997, ma allora noleggiava solo video. Abbiamo fatto tanta strada!».

I progetti per il futuro

Dopo l’uscita da Yoox, «l’uomo che ha portato la moda sul web», come lo ha definito il New York Times, non resterà certo con le mani in mano. Un anno fa è entrato nel Cda di Giorgio Armani, e poi nel consiglio del gruppo Gedi. Di recente ha ricevuto dal Principe Carlo di Inghilterra il prestigioso incarico di occuparsi del settore Fashion nel progetto Sustainable Markets Initiative, per rendere la moda più sostenibile. Con il reale inglese aveva già stretto una partnership e lanciato una capsule collection nel 2020. Da settembre terrà anche un corso all’università Bocconi, Creating a Startup in the Digital and Sustainable Economy. Insegnerà ai giovani come si crea una startup nell’economia digitale e sostenibile. E forse il primo consiglio sarà quello che aveva dato tempo fa ai nostri lettori: «Farcela non è una questione di soldi. Le persone sono più importanti dei capitali, sono loro che trasformano le idee in realtà».

«Quel che è certo è che non farò più il dipendente» ha detto in un’intervista a SkyTg24. «Il Dna da imprenditore mi piace troppo e quindi l’unica cosa che posso veramente fare è aiutare gli altri oppure avere il mio progetto». Chissà se tra qualche anno non lo vedremo far nascere il prossimo unicorno italiano.




SCIENZIATI DANNO AD IA CAPACITÀ DI IMMAGINARE COSE MAI VISTE: ECCO I RISULTATI

SCIENZIATI DANNO AD IA CAPACITÀ DI IMMAGINARE COSE MAI VISTE: ECCO I RISULTATI

L’intelligenza artificiale si sta rivelando davvero preziosa in moltissimi ambiti e aspetti della vita umana. Siamo ancora all’inizio e gli esperti hanno solo iniziato a “scalfire la superficie” delle possibili applicazioni di questi potentissimi software. Così in un nuovo studio degli scienziati hanno dato all’IA la capacità di “immaginare”.

Come si fa a dare l’immaginazione a un software? I ricercatori hanno escogitato un nuovo metodo per consentire ai sistemi di intelligenza artificiale di capire come dovrebbe essere un oggetto, anche se non ne avevano mai visto uno. “Siamo stati ispirati dalle capacità di generalizzazione visiva umana per cercare di simulare l’immaginazione umana nelle macchine“, afferma l’informatico Yunhao Ge della University of Southern California (USC).

Il team ha addestrato l’intelligenza artificiale con un grande database di informazioni e ha utilizzato un approccio simile a quello utilizzato dai software che creano deepfake. In questo modo, ad esempio, se un’intelligenza artificiale vede un’auto rossa e una bici blu, sarà in grado di “immaginare” una bici rossa, anche se non ne ha mai vista una prima.

L’IA è quindi in grado di riconoscere somiglianze e differenze nei campioni che vede, utilizzando questa conoscenza per produrre qualcosa di completamente nuovo (potrete vedere un esempio di quanto detto in un’immagine che troverete in calce alla notizia). “Questo nuovo approccio scatena davvero un nuovo senso di immaginazione nei sistemi di intelligenza artificiale, avvicinandoli alla comprensione umana del mondo“, afferma Laurent Itti, informatico della USC.

Un approccio simile potrebbe essere utilizzato in futuro anche nel campo della medicina e delle auto a guida autonoma. In che modo? L’intelligenza artificiale potrebbe immaginare nuovi farmaci o visualizzare nuovi scenari stradali. Insomma, le possibili applicazioni sono davvero tantissime e siamo solamente all’inizio.