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ITALY, il videogioco della Farnesina per far conoscere le bellezze dell’Italia al mondo

ITALY, il videogioco della Farnesina per far conoscere le bellezze dell’Italia al mondo

La Farnesina lancia ITALY Land of Wonders, un videogioco per far conoscere l’Italia, il suo patrimonio culturale e le sue meraviglie al pubblico straniero, in particolare ai giovani. Curato nella grafica e adatto ai grandi come ai più piccoli, ITALY Land of Wonders racconta bellezza e tradizione del nostro Paese in maniera interattiva e divertente. Totalmente gratuito e in 11 lingue, è disponibile per smartphone e tablet in tutto il mondo dal 19 luglio nelle versioni per iOS e, a breve, Android.

La storia e il Gameplay

Elio è l’anziano guardiano del faro che, ogni mattina, con l’aiuto di 20 scintille recuperate nel corso della notte dalle 20 Regioni d’Italia, accende il Sole che splende sul nostro Paese. All’inizio del gioco vediamo Elio al tramonto in cerca di un aiutante per portare a termine il suo gravoso compito. Ha convocato un misterioso personaggio ai piedi del Faro: il giocatore, coinvolto in un’avvincente avventura notturna in giro per l’Italia, dovrà recuperare le 20 scintille, accendere il Faro e fare sì che il Sole torni a brillare. Nel suo viaggio, il giocatore incontrerà 5 Custodi che lo guideranno alla scoperta di Natura, Gastronomia, Arte, Spettacolo e Design, i 5 settori fondamentali del nostro patrimonio culturale. Alla fine del percorso, la grande sorpresa: il giocatore prenderà il posto di Elio, diventando simbolicamente il nuovo Guardiano del Faro, con la missione di proteggere le bellezze del nostro Paese. Ma prima dovrà superare ben 100 avvincenti livelli in stile puzzle game, ognuno con la sua ricostruzione 3D di un luogo simbolo dei tesori dell’Italia. Un vero e proprio appassionante percorso a tappe, attraverso mari e montagne, città e castelli, tradizioni e miti del nostro Paese. Pensato per chi già conosce l’Italia, ma anche e soprattutto per chi ha voglia di scoprirla, ITALY Land of Wonders si propone anche come guida di viaggio, grazie a 600 testi pieni di storie, notizie e curiosità raccolti in un album sfogliabile.

“Un vero prodotto del Made in Italy”

Anche la musica svolge un ruolo importantissimo all’interno del gioco. Composizioni originali ispirate a grandi classici della musica italiana, dal melodramma al barocco, e famose colonne sonore, fanno da cornice a un gioco che è anche uno strumento didattico, divertente e informativo, per le scuole in cui si studia l’italiano come lingua straniera. «Il mercato dei videogiochi mobile è divenuto ormai uno dei canali di maggiore diffusione di contenuti, anche artistici e culturali» ha detto l’Ambasciatore Lorenzo Angeloni, Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese. «Nel mondo post-pandemico, è nostro dovere cogliere ogni occasione e sfruttare ogni mezzo per promuovere il nostro Paese e le sue eccellenze nel mondo. Lo facciamo dunque anche con questa modalità, fortemente innovativa per il nostro Ministero e per la pubblica amministrazione italiana in generale: una modalità di comunicazione in cui crediamo moltissimo. Ci rivolgiamo a giovani e giovanissimi: con ITALY Land of wonders il nostro obiettivo è far appassionare i ragazzi di tutto il mondo al nostro Paese e alle sue bellezze, costruire un senso di familiarità che li possa guidare, un domani, alla scoperta vera e propria dei nostri territori. Il nostro titolo non è solo un gioco divertente per smartphone, è un vero e proprio prodotto del Made in Italy, che unisce sapientemente cultura e tecnologia. É un’avventura alla portata di tutti per scoprire la bellezza, la creatività e il gusto dell’Italia». Come tutta la programmazione culturale di italiana-esteri ITALY Land of Wonders si inserisce nella strategia generale della Farnesina a sostegno delle industrie culturali e creative italiane post-Covid. Per scaricarlo basterà visitare italiana.esteri.it, il nuovo portale della Farnesina per la cultura italiana nel mondo.




VALUE REPORTING FOUNDATION, VERSO LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI STANDARD PER IL REPORTING DI SOSTENIBILITÀ

VALUE REPORTING FOUNDATION, VERSO LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI STANDARD PER IL REPORTING DI SOSTENIBILITÀ

Imprese e investitori richiedono da tempo di rendere più semplice e accessibile il panorama del reporting aziendale sulla sostenibilità, finora troppo frammentato tra modelli e standard diversi fra loro. In risposta a queste istanze, l’International Integrated Reporting Council (Iirc) e il Sustainability Accounting Standards Board (Sasb) hanno deciso di fondersi insieme per dare vita alla Value Reporting Foundation. L’obiettivo dell’organizzazione è costruire un quadro di riferimento per il reporting dei criteri ESG più completo e coerente, armonizzando tra loro i framework esistenti. Il nuovo organismo è stato presentato al pubblico italiano durante un evento online organizzato da O.I.B.R (Organismo Italiano Business Reporting): per chi volesse approfondire, la registrazione del webinar è disponibile a questo link.

DI COSA SI OCCUPERÀ LA VALUE REPORTING FOUNDATION?

La Value Reporting Foundation nasce per razionalizzare e rendere più fruibili i vari standard di rendicontazione della sostenibilità, creando un terreno comune che agevolerà aziende e organizzazioni nei processi decisionali e nella comunicazione delle strategie a lungo termine. Come arriverà a questo risultato? Facilitando l’uso combinato dei due strumenti Iirc e Sasb, l’Integrated Reporting Framework e gli standard Sasb, che sono adottate rispettivamente da più di 2.500 e 1.000 organizzazioni al mondo. Si tratta di sistemi di rendicontazione che muovono da una base comune di valori e che sono complementari fra loro, ma che comunque presentano differenze che possono confondere le imprese. La Value Reporting Foundation intende allora portare maggiore trasparenza e chiarezza, guidando le aziende nell’uso combinato dei due strumenti, allineando sempre di più i concetti alla base dei due standard.

INTEGRATED REPORTING FRAMEWORK E STANDARD SASB: QUALI SONO LE DIFFERENZE?

In cosa si differenziano l’Integrated Reporting Framework e gli standard Sasb? Perché un’azienda dovrebbe decidere di fare riferimento a entrambi i modelli?

L’Integrated Reporting Framework permette di avere una visione più olistica della strategia, della governance, delle performance e delle prospettive di un’impresa in riferimento al contesto economico, sociale e ambientale in cui si muove. La prospettiva di rendicontazione adottata è multi-capitale e copre diverse aree di interesse (capitale naturale, finanziario, umano, intellettuale, ecc.). Gli standard Sasb propongono invece metriche specifiche in base al settore industriale di riferimento: questo rende i dati comparabili all’interno di aree omogenee fra di loro e mette in evidenza l’abilità di un’azienda di creare valore sul lungo termine per gli investitori.

È evidente come i due approcci siano complementari. Se il primo offre una più ampia visione di insieme, utile per indirizzare al meglio i processi decisionali, il secondo fornisce una prospettiva più specifica, che facilita gli investitori nelle loro scelte. Integrarli e facilitarne l’adozione è la missione della neonata Value Reporting Foundation.




BREVETTI SUI VACCINI COVID: UNA QUESTIONE DI (CATTIVA) REPUTAZIONE?

BREVETTI SUI VACCINI COVID: UNA QUESTIONE DI (CATTIVA) REPUTAZIONE?Brevetti vaccini e reputazione di BIg pharma

Lo scorso maggio è stato un mese di fuoco per l’andamento in borsa – negativo, in questo caso – dei colossi del comparto pharma: l’annuncio con il quale Joe Biden informava i mass-media e i mercati del possibile libero accesso ai brevetti sui vaccini per il Covid-19 di Pfitzer, Johnson&Johnson e Moderna, per la parte di proprietà intellettuale registrata in USA, scatenò una specie di terremoto.

Liberalizzare i brevetti sui vaccini? Le risposte di Big Pharma

La Federazione Nazionale del Pharma USA ha sparato a zero contro il Presidente, sostenendo pragmaticamente che “rimuovere la protezione brevettuale non farà di per sé aumentare la produzione di vaccini”. Il numero uno di Pfitzer, l’intrigante veterinario di origine greca dalla folgorante carriera, che nel 2020 ha chiuso l’accordo per la ricerca sui vaccini Covid con la partner BioNTech con una stretta di mano su Zoom, come ha raccontato lui stesso in un’interessante intervista – ha rincarato la dose: “Il modo migliore per garantire un accesso equo ai vaccini è tramite un dialogo con il settore privato, mentre questa iniziativa della Casa Bianca ha ragioni solo politiche e non aiuterà a contrastare l’emergenza sanitaria” (le ragioni politiche alle quali fa riferimento sono la necessità per Washington di blandire i Paesi in via di sviluppo, tagliati fuori dalle grandi campagne vaccinali a causa dei costi dei vaccini, nonché – per lo stesso motivo – l’India, universo inqueto da oltre 1 miliardo di potenziali pazienti, ndr).

Al di là degli eventuali esiti concreti di questa proposta del Presidente Biden, che allo stato attuale resta poco più di una provocazione (non è nota alcuna successiva iniziativa legislativa a riguardo, e l’incontro al Vertice mondiale della salute di Roma del 21 maggio scorso si è concluso su questo punto con un nulla di fatto), è interessante spendere qualche parola per analizzare l’argomento dal punto di vista della reputazione delle aziende Big-Pharma.

Covid-19 e vaccini: un dibattito aperto

In un recente articolo avevo con onestà intellettuale lodato lo sforzo dei grandi colossi farmaceutici nel portare a termine quella che si è rivelata una vera e propria impegnativa corsa – dagli esiti non scontati – verso il traguardo dell’approvazione a tempo record di un vaccino contro il SARS-CoV-2 (quattro quelli approvati in Europa, ma – oltre al vaccino cinese Sinovac e quello russo Sputnink – altre decine sono in fase di sperimentazione in tutto il mondo, e – considerata la mole di richiami che ci aspetta – il business è certamente ghiotto). Interessante ricordare che un collega, al quale ero legato da una relazione di amicizia intensa e che durava con reciproca grande soddisfazione da oltre dieci anni, mi ha tolto definitivamente il saluto a causa del “crimine” commesso dal sottoscritto – da sempre schierato criticamente verso molte operazioni di business spregiudicato delle farmaceutiche – nel lodare l’impegno di queste aziende (for profit, ovviamente, non sono degli enti benefici) nella ricerca scientifica in occasione di questa emergenza pandemica: si sa, le tesi, quali che siano, sono gradite solo fintantoché sono in linea con i nostri bias cognitivi, e – stante l’approccio ideologico di molti – è spesso considerato inopportuno criticare un’azienda a ragion veduta e nel contempo lodarla, le volte che fa qualcosa di sensato.

Tornando al focus della nostra analisi, Big Pharma – conscia del possibile rischio reputazionale – tentò nei mesi precedenti di prevenire l’attacco, in vari modi: Moderna, ad esempio, a dicembre scorso ha formalmente garantito che per tutto il periodo dell’emergenza pandemica non avrebbe intrapreso alcuna azione legale a tutela dei propri brevetti in caso di “copie generiche” degli stessi, mentre AstraZeneca e J&J hanno avviato la vendita del prodotto a prezzo di costo, e nel complesso le farmaceutiche coinvolte hanno sottoscritto circa 200 accordi di sub-licenza garantendo accesso alle formule brevettate e al relativo know-how ad aziende potenzialmente loro concorrenti, così da agevolare un aumento significativo della produzione dei vaccini, specie a vantaggio dei Paesi più poveri.

Tutto ciò non è bastato: l’annuncio del Presidente USA ha scatenato un crollo di oltre 20 miliardi in un solo giorno dei titoli Biontech, Moderna, Novavax, Pfitzer, coinvolgendo a ruota tutte le altre farmaceutiche impegnate nella corsa contro il virus.

I motivi saranno anche stati solo politici, ma i numeri parlano chiaro: dei 3,2 miliardi di dosi somministrate nel pianeta, la grande maggioranza è andata ai Paesi con reddito alto e medio, e solo l’1% è stata destinata ai Paesi poveri, nonostante in molti di essi la pandemia stia impazzando, con picchi di contagio mai visti nella prima fase della pandemia nel 2020. Considerando la forte interrelazione tra tutti i territori del mondo e la facilità di veicolazione del virus, che ha il brutto vizio e la maleducazione di non rispettare le barriere doganali, il tema è di assoluta attualità anche per l’intero mondo occidentale.

Il percorso dell’ipotesi di liberalizzazione – anche solo temporanea – della proprietà intellettuale relativa ai vaccini Covid è tuttavia assai accidentato: difficile sia percorribile in tempi brevi una modifica dei Trattati WTO che la renderebbero possibile, ancor più se consideriamo che il sostegno alla proposta – anche grazie alle pressioni delle abili agenzie di lobbies al servizio di Big Pharma – non è certamente unanime da parte di tutti i Paesi. Il tema tornerà tuttavia ad essere discusso in occasione della prossima pandemia, dal momento che quella generata dal SARS-CoV-2 non sarà certamente l’ultima ad affliggerci.

Le grandi aziende farmaceutiche hanno solo eventualmente rimandato il problema, strette come sono tra la contraddizione generata dal disallineamento tra l’evidenza dei fatti (aziende i cui sforzi nella ricerca hanno aumentato – e di molto – l’aspettativa di vita di tutti noi, “dettaglio” che i complottisti tendono sempre a dimenticare o sottostimare), la narrazione eccessivamente enfatica e poco genuina che tentano di costruire nei loro bilanci sociali e report integrati (aziende che salvano il mondo per sincera dedizione al benessere del genere umano, sic) e le problematiche giudiziarie da sempre sotto gli occhi di tutti (disease mongering, ovvero variazione dei criteri diagnostici di una malattia per vendere più farmaci, tecnica di marketing ampiamente documentata in letteratura, ma anche corruzione vera e propria, e occultamento doloso di studi scientifici che dimostravano che alcuni loro prodotti farmaceutici blockbuster erano non solo inutili ma anche pericolosi per la salute umana).

Sotto il profilo reputazionale, pare insomma che l’industria farmaceutica si sia davvero impegnata, negli ultimi decenni, per pregiudicare il valore dei propri stessi brand, incrinando sistematicamente il rapporto di fiducia con i pazienti e la cittadinanza in generale, tanto che a seguito di questi deprecabili comportamenti la quasi totalità delle aziende farmaceutiche multinazionali è stata negli anni oggetto di contestazioni e a volte di sanzioni assai elevate, in alcuni casi vere e proprie multe monstre da miliardi di dollari.

Un giro di smalto ai propri marchi l’avevano dato con i brillanti risultati – dei quali tutti stiamo godendo – derivanti dalla messa a punto e approvazione a tempo record dei vaccini contro il Covid, per poi scivolare di nuovo sullo sdrucciolevole terreno della reputazione con l’alzata di scudi dinnanzi alla proposta di liberalizzare i brevetti avanzata da Biden, contrarietà tanto comprensibile tecnicamente quanto difficilmente spiegabile alla popolazione. La sensazione è che, nonostante tutto, questi giganteschi colossi siano arrivati piuttosto impreparati allo tsunami della polemica sui mass-media, ad ulteriore dimostrazione – come dico e scrivo da sempre – che il dimensionamento in termini di fatturato non è quasi mai di per sé automaticamente sintomo di efficienza, dal punto di vista del crisis management e della crisis communication, ovvero della capacità di governo delle crisi reputazionali.

Si potrà obiettare che il caso dell’India tende a confermare la linea narrativa di Big Pharma: nonostante la concessione a titolo completamente gratuito – da parte dell’azienda stessa – della licenza sul brevetto Moderna al governo di New Delhi, agli inizi di giugno solo il 3% della popolazione era stata vaccinata (la campagna ha tuttavia subito una forte accellerazione a metà giugno, con 8 milioni di dosi somministrate al giorno, ndr), a riprova che le problematiche non ruotano tanto attorno alla disponibilità delle formule per il vaccino quanto più alle inefficienze interne e alla burocrazia notoriamente incompetente e corrotta di quel Paese.

Vaccini e brevetti: la parola all’esperto

Inoltre, le farmaceutiche hanno dalla loro un argomento più forte di altri: se gli Stati desiderano formule Patent free, investano essi stessi decine di miliardi di dollari in ricerca, e si creino loro proprietà intellettuali pubblicamente disponibili. Crudo, scontroso e cinico, come statement, ma denso di una certa logica.

Più sobrio ma non meno schietto è stato Fabrizio Jacobacci, avvocato a capo dell’impero italiano della protezione intellettuale, tra i primi 3 gruppi del genere in Europa, che da me interpellato ha dichiarato:

“Il brevetto di per sé non rende indisponibile il prodotto e qualora così fosse, esistono dei rimedi legali che gli Stati potrebbero esperire per superare l’indisponibilità del prodotto, se essa fosse causata dall’esistenza di un brevetto. Questa tuttavia è una decisione politica, non tecnica. Da sempre l’intervallo temporale più o meno ampio tra scoperta di un farmaco, compreso un vaccino, e il suo rilascio per la somministrazione al pubblico è la conseguenza dei molti test e sperimentazioni che devono essere fatti allo scopo – giustamente – di tutelare la salute pubblica. Inoltre, la produzione di farmaci sofisticati come i vaccini per il Covid-19 non sono alla portata di tutti i produttori di farmaci: la domanda di vaccini determinata dalla pandemia è di carattere esplosivo, capace di mettere in crisi molti sistemi produttivi, non tarati sulla fabbricazione di centinaia di milioni di dosi in poco tempo. A queste complessità, si aggiunge il fatto che nel caso di un vaccino somministrato durante un’epidemia, la domanda è caratterizzata da un picco seguito da una rapida flessione: chi vende un vaccino – e le aziende, al netto delle ipocrisie, esistono per vendere prodotti e servizi – sa che deve sfruttare il picco, perché una volta superata la crisi, la domanda inevitabilmente viene meno”.

Tutto assai ragionevole, ma si sa – come spiego nel dettaglio nel mio ultimo volume, dal titolo Il reputation management spiegato semplice – la buona o cattiva reputazione è determinata, oltre a ciò che si fa, anche da come si è percepiti dai vari stakeholder. E lavorare sul proprio profilo reputazionale equivale a creare valore e guadagnare più denaro: il Reputation Institute americano stima che, in media, una variazione di 1 punto nell’indice reputazionale dell’azienda (misurato dal loro indice RepTrak) vale un incremento di circa il 2,6% del valore di mercato dell’azienda stessa.

Per i colossi di big-pharma, tuttavia, la strada della buona reputazione, in termini di percezione da parte del grande pubblico – pare essere sempre, invariabilmente e nonostante tutto, in salita.




Costruisci la tua reputazione come leader affidabile

Costruisci la tua reputazione come leader affidabile

Di recente ho dovuto fornire un feedback a un dirigente – chiamiamolo “Gabe” – in base a una serie di dati che avevo raccolto. Il dirigente ha trovato quello che avevo da dirgli – ovvero: “Le persone fanno fatica a fidarsi di te” – dolorosamente difficile da ascoltare. Gabe si è difeso in modo intenso. Ha insistito sul fatto di aver mantenuto i suoi impegni, di aver ottenuto risultati positivi e di non aver mai agito in modo ingannevole o senza scrupoli. Ogni sua affermazione era vera.

Come molti leader, è rimasto scioccato nell’apprendere che gli standard di affidabilità sono aumentati in modo significativo, mentre l’ esperienza mondiale relativa all’onestà e alla fiducia è calata vertiginosamente. L’ Edelman Trust Barometer 2021 ha rivelato che il governo, le ONG e i mass-media hanno continuato a perdere fiducia, e nello scenario delineato da Edelman solo il mondo del business sembra resistere, a malapena, come settore che le persone considerano competente ed etico. Le aspettative delle persone, oltre che la definizione di affidabilità si stanno evolvendo rapidamente, e per i leader di oggi occorre molto impegno per guadagnarsi fiducia.

I risultati dello studio longitudinale di 15 anni su più di 3.200 leader sul tema dell’onestà organizzativa, che ho condotto per il mio libro To Be Honest: Lead with the Power of Truth, Justice, and Purpose, mostrano che per guadagnare e mantenere la fiducia i leader devono accettare che l’affidabilità e l’integrità sono solo una parte del percorso. Queste caratteristiche, da sole, non ti faranno guadagnare la reputazione di essere degno di fiducia. Potrebbero farti etichettare come “credibile” o come “persona con cui è facile lavorare”, ma essere considerati degni di fiducia richiede ancora un maggiore sforzo. Se vuoi essere certo che le persone che guidi ti concedano la loro fiducia, ecco quattro pratiche da padroneggiare. La mia ricerca ha rivelato che se seguirai questi consigli, avrai molte più probabilità di guadagnare e mantenere la fiducia degli altri.

Sii chi dici di essere.

Consapevolmente o meno, tutti noi navighiamo nel mondo guidati da una serie di valori che vengono confermati dalle nostre azioni. Potremmo dire di essere empatici e che apprezziamo la compassione, ma se la prima domanda che ci poniamo dopo aver sentito qualcuno schiantarsi contro la nostra nuova auto nel parcheggio è: “Quanto è grave il danno…?” invece di: “Qualcuno si è fatto male?”, il nostro impegno ad essere compassionevoli risulterà piuttosto scarso. Molti giudicano la nostra affidabilità dalla misura in cui le nostre azioni e parole corrispondono. Ecco come assicurarsi essi che lo facciano:

  • incarna i valori che dichiari. La prima cosa che dovrai fare è chiarire ed articolare i tuoi valori in modo che gli altri sappiano cosa aspettarsi. Inoltre è importante sottolineare che le buone intenzioni non contano. Tornando al nostro dirigente Gabe, uno dei problemi riscontrati nel suo feedback era che esaltava abitualmente l’importanza del lavoro di squadra e di essere una squadra “tutto per uno”, tuttavia durante le riunioni diventava impaziente quando si trattava di ascoltare gli aggiornamenti degli altri e spesso era sarcastico con i suoi feedback verso i membri del team. Nonostante non fosse sua intenzione, le sue azioni avevano intimidito gli altri e avevano impedito loro di partecipare al lavoro di team: in definitiva questo atteggiamento gli aveva fatto perdere la fiducia della squadra. I tuoi valori sono un metro di valutazione che gli altri usano per valutarti. Se non li hai articolati, le persone saranno libere di fare supposizioni che potrebbero non allinearsi con ciò in cui realmente credi. Altresì se li hai articolati, come ha fatto Gabe, stai particolarmente attento a mantenere una coerenza con quanto affermi e come ti comporti. Fai un elenco dei valori più importanti per te e, per ciascuno, definisci i modi in cui intendi declinarli nelle tue azioni quotidiane.
  • Riconosci eventuali lacune tra quello che dici e quello che fai. Nessuno di noi è sempre coerente per tutto il tempo. Identifica i momenti in cui le tue azioni hanno smentito i tuoi valori portando a conseguenze indesiderate per gli altri, come è accaduto per Gabe con il suo il comportamento durante le riunioni. Se necessario, chiedi scusa a coloro che hanno subito tali conseguenze. Altrimenti, l’ipocrisia che le persone ti attribuiscono eroderà rapidamente la fiducia nei tuoi confronti. Dimostrare umiltà circa quanto è accaduto quando si è verificato un disallineamento tra i tuoi valori e le tue azioni può rivelarsi un moltiplicatore di fiducia in quanto le persone capiranno che sei abbastanza umile da assumerti la responsabilità per quei momenti in cui le tue azioni e le tue parole non corrispondono.

Tratta gli altri e il loro lavoro con dignità.

In un’economia in cui la produzione primaria delle persone è spesso un riflesso di loro stesse – delle loro idee, intuizioni e ingegnosità – l’importanza di trattare con dignità sia il contribuente che il contributo è vitale. C’è una maggiore probabilità che le persone si fidino di quei colleghi che considerano ciò che fai come una parte distinta di ciò che sei. Ecco come farlo:

  • crea opportunità per valorizzare gli altri. Cerca modi per consentire agli altri di mostrare il proprio talento. Ad esempio, invita le persone che non hanno un’elevata visibilità a presentare i loro progetti a un pubblico più ampio all’interno della tua organizzazione. Oppure incoraggia i partecipanti di una riunione a cui sei presente ad ascoltare un collega che sai avere una grande idea, ma che sta lottando per farsi ascoltare. Forse puoi mettere in contatto qualcuno che conosci con aspirazioni di carriera con persone all’interno della tua rete organizzativa che potrebbero essere in grado di aiutarli a realizzare il loro sogno. Diventa noto come qualcuno che nobilita i contributi degli altri, assicurandosi che siano ascoltati e riconosciuti in tutta l’organizzazione;
  • sii un posto sicuro dove fallire. Sono pochi i momenti che richiedono maggiore dignità di quando gli sforzi di qualcuno falliscono. Le persone tendono a fidarsi intrinsecamente di coloro con i quali non sentono il bisogno di nascondersi, specialmente nei momenti nei quali si prova la vergogna del fallimento. Quando gli altri commettono errori, anche sostanziali, assicurati che mantengano intatto il rispetto di loro stessi. Trova un giusto equilibrio tra l’esprimere il tuo disappunto e il rimanere un alleato, e fai tutto il possibile per aiutare chi si trova in difficoltà a tornare in pista.

Equilibrio tra trasparenza e discrezione.

Per essere percepiti come trasparenti, è fondamentale essere in grado di discernere i momenti in cui concedersi di essere essere vulnerabili e aperti, e quelli in cui proteggere alcune confidenze. Guadagnerai fiducia quando sceglierai di divulgare informazioni che aiutano le persone a capire chi sei e come pensi, così come quando sceglierai di nasconderne altre, essendo però trasparente sul perché scegli di non parlarne. Ecco come trovare l’equilibrio:

  • stabilisci e mantieni i limiti delle informazioni. Sii chiaro su quali informazioni condividerai su di te e con chi. Rivelare cose sulla tua vita, come la famiglia, gli interessi esterni, la vita sociale e persino alcune sfide, apre una finestra su chi sei dietro il tuo personaggio lavorativo, creando una maggiore connessione e fiducia tra te e gli altri. Inoltre, sii generoso nel condividere informazioni relative al lavoro non trattandole mai come una fonte di potere o di vantaggio né usandole per dimostrare che sai qualcosa che gli altri non sanno. La condivisione di informazioni che potrebbero aiutare gli altri a prendere decisioni ragionate consente loro di vederti come un’utile e affidabile fonte di dati. Infine, assicurati di mantenere alcune cose per te, come le confidenze. Stai alla larga dai pettegolezzi nell’organizzazione dove operi. Le persone che ti hanno affidato informazioni sensibili non devono mai pensare che la loro fiducia sia stata mal riposta;
  • offrire e invitare a condividere dissenso e feedback. Incoraggia gli altri a far sentire la propria voce, attraverso rituali che invitano le persone a offrire idee fuori dagli schemi e feedback sinceri, così come ad esprimere vulnerabilità personale. Ad esempio, potresti aprire le riunioni chiedendo alle persone di scrivere idee, feedback o domande su delle schede, per poi sceglierne a fine riunione una o due a caso su cui discutere. Iniziare questa routine, mantenendo l’anonimato, metterà a proprio agio le persone facendole sentire al sicuro nel poter partecipare liberamente. Un leader con cui ho lavorato dopo aver condiviso le sue idee regolarmente chiedeva al suo team: “Dove ho sbagliato?”, sollecitando eventuali feedback negativi. Questa attività ha migliorato la qualità delle sue idee in modo significativo. È inoltre altrettanto importante usare la propria voce per offrire feedback o dissenso con lo scopo di aiutare gli altri a migliorare le proprie idee e il proprio lavoro. Se fai fatica a essere sincero con le persone importanti della tua vita preoccupandoti di come reagiranno, probabilmente significa che non ti sei guadagnato la loro fiducia. Non lasciare che il tuo disagio ti impedisca di offrire input che potrebbero contribuire alla loro crescita personale. Le persone si fidano naturalmente di coloro che si preoccupano abbastanza da offrire gentilmente informazioni concrete che altri non lo faranno.

Costruisci ponti che uniscono.

Se l’ultimo anno ci ha insegnato qualcosa, è quanto sia diventato frammentato il nostro mondo. Abbiamo sviluppato un’attitudine agli impulsi immediati, per schierarci, affiancandoci a coloro che vedono il mondo come noi. Coloro che contribuiscono a creare un senso di unità nelle organizzazioni saranno molto più fidati di coloro che perpetuano la polarizzazione e la divisione:

  • trasforma i rivali in complici. Il lavoro di maggior rilievo in un’organizzazione complessa avviene attraverso i confini dipartimentali. Sfortunatamente quei confini creano delle barriere, e coloro che cercano di superarle possono essere percepiti come rivali, spesso a causa di parametri e priorità in competizione tra loro o di un senso di sfiducia precedentemente accumulata. Tuttavia il valore più grande prodotto all’interno delle organizzazioni si verifica nelle “intersezioni”, i luoghi in cui le funzioni chiave si incontrano. Ad esempio, le vendite e il marketing dovrebbero creare un’ottima esperienza per il cliente. Coloro che sono in grado di costruire alleanze attraverso quei confini guadagnano maggiore fiducia, non solo dalle proprie squadre, ma anche dai team che una volta li disprezzavano. Il coraggio di servire un bene più grande con gli altri, invece di rimanere antagonisti verso gli altri, mostra la volontà di mettere da parte il tuo ego e fidarti di coloro di cui una volta avresti potuto avere difficoltà a fidarti;
  • Lasciarsi affascinare dagli altri per creare appartenenza. Quando le persone si sentono abbastanza sicure da essere sé stesse, si fidano naturalmente di coloro che emanano tale sicurezza. La frenesia della routine quotidiana, aggravata dall’essere stati separati dai colleghi per più di un anno, rende difficile notare le qualità uniche di coloro che ci circondano. Cerca e ascolta i dettagli importanti che le persone condividono sulla loro vita – forse un hobby, un recente viaggio che hanno fatto o un aspetto della loro vita familiare – poiché questi offrono importanti vie d’accesso per coltivare il senso di squadra e di appartenenza al team. Esprimi genuino entusiasmo nel sapere di più su ciò che impari dagli altri. Quando le persone comprendono che sei sinceramente interessato alle cose a cui tengono, questo le fai sentire accolte. Inoltre più imparerai su ciò che è importante per gli altri, specialmente per le persone diverse da te, meno probabilità avrai di giudicarli male, assicurandoti maggiori livelli di fiducia.

Nelle organizzazioni, non c’è valuta più preziosa della fiducia. Non possiamo più presumere che gli altri ci attribuiscano questa qualità solo perché crediamo di non aver fatto nulla per violarla. In questi tempi di incertezza senza precedenti, è fondamentale guadagnare e mantenere la fiducia degli altri ogni giorno. Se speri di godere di una carriera di grande influenza e impatto, inizia coltivando una reputazione affidabile. Ricorda che da qualche parte nella tua organizzazione un collega sta condividendo una storia sulla sua esperienza di lavoro con te. Che storia speri che stia raccontando?




Elon Musk sperimenterà i primi chip nel cervello umano entro il 2021! Ecco la conferma

Elon Musk sperimenterà i primi chip nel cervello umano entro il 2021! Ecco la conferma

Nei giorni scorsi abbiamo visto come Elon Musk con la sua Neuralink, l’azienda americana che si propone di porre in contatto macchine ed esseri viventi utilizzando chip di comunicazione impiantati nel cervello, abbia raggiunto un traguardo incredibile e anche importante: quello di far giocare un macaco a Pong grazie ad un chip impiantato nel cervello. Un risultato che ha certamente dell’incredibile e che ha posto un obiettivo che ha ancora più dell’incredibile: quello di impiantare un chip nel cervello umano entro quest’anno.

Elon Musk impianterà un chip nell’uomo entro il 2021

Gli sviluppi di Neuralink hanno davvero sconvolto tutti e vedere un macaco che si è esibito in una partita al videogioco Pong comandando la sua racchetta virtuale soltanto con il pensiero non fa che ben sperare per un implementazione nel cervello umano per la lotta a malattie degenerative. Ed è proprio questo lo scopo della Neuralink di Elon Musk che prosegue nelle ricerche e nei test e l’obbiettivo appunto è quello di riuscire a testare i suoi chip sui primi soggetti umani già entro il 2021.

In questo caso però l’ostacolo principale a questa operazione non è tanto dipendente dagli sviluppi tecnologici del chip o ddi Neuralink ma anche dall’approvazione della FDA, ovvero la Food and Drug Administration: l’organo che negli Stati Uniti regolamenta i test e l’ingresso sul mercato nel territorio nazionale di tutti i farmaci e i dispositivi ad uso medico. Di fatto però Elon Musk ha già confermato la possibilità che l’implementazione di un chip nel cervello umano possa avvenire davvero entro questo 2021.

Direttamente tramite Twitter, il CEO di Tesla ma anche di Neuralink appunto, ha deciso di rispondere ad un utente che ha domandato effettivamente quando potremo vedere l’implementazione di un chip in un cervello umano. In questo caso la domanda è più che lecita visto che l’utente che ha posto la domanda è rimasto paralizzato dalle spalle in giù in un incidente d’auto avvenuto ormai 20 anni fa e dunque si è praticamente candidato per i test clinici che Neuralink vorrà fare sugli esseri umani prima o poi. Elon Musk ha in qualche modo esternato la roadmap della sua azienda rispondendo che “Neuralink sta lavorando a stretto contatto con la FDA per garantire che gli impianti dei chip siano sicuri. Se le cose andranno come speriamo, potremmo essere in grado di effettuare i primi test sugli esseri umani più tardi nel corso dell’anno. Insomma sembra proprio che Neuralink ed Elon Musk facciano le cose sul serio. E non c’erano poi troppi dubbi.