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Greenwashing e cambiamento climatico spingono il contenzioso con Stato e aziende

L’aumento dell’attenzione per le politiche sostenibili e per l’ambiente spinge anche il contenzioso in ambito climatico e, più in generale, ecologico.
A partire dal fenomeno del greenwashing, vale a dire l’utilizzo di politiche di marketing eco-friendly non supportate da dati veri, su cui negli ultimi anni ha acceso i fari l’Autorità Antitrust, che più volte l’ha sanzionato come “pratica commerciale scorretta”.

La Climate change litigation è partita dagli Stati Uniti

In crescita sono anche le liti relative al cambiamento climatico, avviate contro gli Stati o contro le imprese, accusati, con argomentazioni diverse, di non avere impedito o di avere contribuito all’inquinamento e al surriscaldamento globale. Una tendenza consolidata negli Stati Uniti ma che si sta facendo spazio anche negli altri Paesi.

Secondo il Climate change litigation databases della Columbia University, le cause sul cambiamento climatico avviate negli Usa sono state oltre 1.600, contro le 450 del resto del mondo . «Oltre che negli Stati Uniti, il fenomeno è diffuso, ad esempio, anche in Australia e in Nuova Zelanda, dove la tradizione giuridica di common law si unisce a una sensibilità ambientale e sociale», osserva Gian Paolo Coppola, partner di Lca Studio Legale. La law firm ha indagato il fenomeno della climate change litigation in un ampio capitolo del proprio report «Law & sustainability», diffuso nelle scorse settimane.

Il contenzioso ora coinvolge anche lo Stato italiano

Il contenzioso climatico è partito contro gli Stati. A oggi questo è ancora il filone più battuto e si sta affacciando anche in Italia. Lo Stato italiano ha già incassato, a novembre 2020, la condanna della Corte di giustizia Ue nella causa (C-644/18) avviata dalla Commissione per il superamento dei limiti imposti dal diritto Ue sulla qualità dell’aria.

E, dopo un rinvio di un anno dovuto alla pandemia, dovrebbe essere avviata entro l’estate (probabilmente a giugno, di fronte al Tribunale di Roma) la causa dal nome evocativo «Giudizio universale», promossa da un gruppo di associazioni, comitati e cittadini per chiedere allo Stato italiano di ridurre le emissioni. Questa iniziativa si colloca nella scia delle controversie già promosse contro lo Stato olandese, che a dicembre 2019 è stato condannato dalla Corte dell’Aja a ridurre le emissioni inquinanti, e contro quello francese, che a febbraio è stato riconosciuto dal Tribunale amministrativo di Parigi responsabile per non avere agito contro il riscaldamento globale.




L’amministrazione Biden vuole riformare la finanza verde

Il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e altre autorità di regolazione sono al lavoro su un insieme di norme per aumentare il grado di comunicazione da parte delle aziende circa l’impatto ambientale delle loro attività. Le discussioni sono ancora in uno stato iniziale e non sono state rese pubbliche: ne ha scritto Bloomberg sulla base delle informazioni ricevute da alcune fonti.

FOCUS SUL “CARBON LEAKAGE”

Il lavoro dell’amministrazione Biden si starebbe concentrando sul cosiddetto fenomeno del carbon leakage (ovvero la delocalizzazione delle aziende in paesi che hanno regole meno restrittive sulle emissioni inquinanti) e sui criteri ESG (sigla che sta per Environmental, Social and Governance), utilizzati per la valutazione della sostenibilità ambientale, sociale e di governance di un investimento.

GLI OBIETTIVI

L’obiettivo di Washington – spiega Bloomberg – è sia favorire un aumento della domanda di asset dall’impatto climatico “positivo” da parte della finanza, sia evitare che le imprese si macchino di greenwashing attraverso un ecologismo “di facciata” costruito attraverso strategie di comunicazione ingannevoli.

I TIMORI DEGLI AMBIENTALISTI

Il timore degli ambientalisti è che, senza un efficace monitoraggio governativo, i settori industriali possano definire standard climatici “deboli”, che permettano alle aziende di proseguire con certe attività ad alta intensità di carbonio e di compensarle poi con pratiche di carbon offset poco incisive.

COSA FA LA SEC

La settimana scorsa la Securities and Exchange Commission (SEC), l’ente federale statunitense che si occupa di vigilare sulla borsa valori, ha detto che aprirà un appello per la presentazione di proposte per un eventuale cambiamento delle politiche sulla comunicazione dell’impatto climatico delle aziende. La SEC sta valutando la possibilità di istituire standard diversi a seconda del settore economico, tra le altre cose.

COSA FANNO LE BANCHE AMERICANE

Grandi banche americane come Citigroup e Goldman Sachs hanno annunciato l’impegno all’azzeramento delle emissioni nette, “pareggiando” cioè la quantità di gas serra generati con quelli che vengono rimossi o compensati in altro modo. Per raggiungere l’obiettivo dello zero netto, nota Bloomberg, sono però necessari “costosi cambiamenti strutturali”, visto che il focus dovrebbe essere innanzitutto sul taglio delle emissioni e solo successivamente sulle misure di compensazione delle quantità rimaste.

GLI OBIETTIVI CLIMATICI DI BIDEN

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden vuole che il paese raggiunga la neutralità carbonica entro il 2050. Per il prossimo 22 aprile il suo governo ha organizzato un vertice internazionale sul clima, durante il quale ci si aspetta che Biden annunci un obiettivo molto ambizioso per il taglio delle emissioni sul breve termine, al 2030, così da riportare l’America alla guida dell’azione climatica globale. Il predecessore di Biden, Donald Trump, si era ritirato dagli accordi di Parigi.

GLI STANDARD FINANZIARI E L’INFLUENZA INTERNAZIONALE

L’amministrazione Biden considera l’azione climatica anche una questione geopolitica, utile al rafforzamento dell’influenza internazionale degli Stati Uniti. Uno strumento utile allo scopo, oltre all’impegno per un taglio sostanzioso delle emissioni, è proprio la definizione di standard per la finanza e l’industria “verdi” che potrebbero venire adottati da altri paesi. Per Washington, l’occasione migliore per promuovere il suo eventuale set di regole – il carbon leakage è uno dei temi più caldi – è la COP26, la conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite che si terrà il prossimo novembre.




Amazon userà l’intelligenza artificiale per controllare i propri corrieri. Si inizia dagli USA.

Amazon è ormai un colosso dell’ e-commerce, presente in tantissimi paesi di tutto il mondo e questa sua conquista, compiuta in pochissimi anni è stata fin da subito basata su un controllo maniacale di ogni aspetto, dalle spedizioni all’organizzazione dei magazzini fino alla gestione degli ordini e del servizio clienti.

Oggi compie un ulteriore passo avanti in nome dell’efficienza, ma sconfinando forse un po’ a sfavore del lato umano.

Già da qualche settimana negli USA ha installato delle telecamere di sorveglianza dotate di intelligenza artificiale ma solo adesso ha iniziato ad obbligare gli autisti ad accettare di essere letteralmente sorvegliati dall’AI. Pena? Il licenziamento.

Le informazioni raccolte dall’AI riguardano un po’ tutti gli aspetti della guida, dalla velocità alle miglia percorse, le accelerazioni, le frenate gli stop rispettati, l’utilizzo della cintura, la distanza mantenuta dal veicolo che precede.
Anche le immagini del guidatore, per verificarne l’identità, e stili di guida potenzialmente pericolosi perché imprudenti o distratti verranno collezionati dalle camere.

Il sistema, inoltre è in grado di dare feedback al guidatore in tempo reale, consigliando eventualmente di fare una sosta quando rileva particolare stanchezza.

Al momento la notizia non è stata presa bene da tutti i lavoratori, alcuni dei quali dichiarano un’eccessiva invasione della privacy.

Amazon non sembra però voler fare marcia indietro e difficilmente lo farà, vedremo come proseguirà la vicenda e soprattutto come andrà in Italia.




Coca-Cola presenta l’innovativo packaging KeelClip™

Coca-Cola introduce sul mercato italiano la tecnologia KeelClip™, un innovativo sistema di imballaggio, in carta FSC proveniente da filiera responsabile e 100% riciclabile, che permette di eliminare completamente l’involucro in plastica dalle confezioni multiple di lattine. Questa tecnologia rappresenta un ulteriore passo verso confezioni sempre più sostenibili e consentirà di ridurre del 50% le emissioni di CO2 su queste confezioni e risparmiare 450 tonnellate di plastica all’anno (1) .

Il lancio di KeelClip™ in Italia è frutto di un piano industriale da 9 milioni di euro negli stabilimenti di Nogara (VR) e Marcianise (CE) che conferma l’impegno di Coca-Cola per l’ambiente e la centralità del Paese nell’attrarre investimenti strategici. Già oggi tutti i packaging in plastica, vetro e alluminio utilizzati sono riciclabili al 100% e in parte già in materiale riciclato: con questo ulteriore investimento, l’azienda si concentra anche sul cosiddetto packaging secondario, quello non a diretto contatto con il prodotto.

“La sostenibilità è un valore cardine delle nostre scelte aziendali e del modo in cui facciamo impresa” ha dichiarato Manuel Biella, Direttore Supply Chain di Coca-Cola HBC Italia “L’introduzione di KeelClip™, che si aggiunge ai numerosi progetti di innovazione e sostenibilità con investimenti di oltre 100 milioni di euro negli ultimi 10 anni, è un ulteriore passo verso la riduzione dell’impatto delle nostre confezioni per un’economia sempre più circolare”.

KeelClip™ è una delle soluzioni più tecnologicamente avanzate nella gestione delle confezioni multiple: si tratta di un sistema costituito da una parte superiore in carta che si aggancia alle lattine e una centrale che stabilizza la confezione. L’innovativo packaging è presente sulle confezioni delle lattine da 330ml, 150 ml e 500ml regular di Coca-Cola Original Taste, Coca-Cola Zero Zuccheri, Fanta Original e Sprite.

Questa innovazione si inserisce all’interno della strategia di sostenibilità di lungo periodo di Coca-Cola, chiamata World Without Waste, che – tra i vari impegni – comprende l’utilizzo crescente di plastica riciclata nelle confezioni e la riduzione della materia prima negli imballaggi in vetro, alluminio e plastica per un’economia sempre più circolare.




Nasce la Rete dei Comuni Sostenibili: Settimo Torinese insieme alle grandi città per promuovere la sostenibilità ambientale

Punta tutto sulla sostenibilità ambientale la sindaca di Settimo TorineseElena Piastra. Oggi, giovedì 14 gennaio, la prima cittadina sarà infatti al tavolo dei relatori che entreranno a far parte della Rete dei Comuni Sostenibili, un progetto portato avanti da Ali (Autonomie Locali Italiane) insieme all’Associazione Città del Bio e alla società di servizi Leganet che si pone come traguardo il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Onu. 

Insieme a lei ci saranno i rappresentanti della principali città italiane, come FirenzeBologna e Reggio Calabria

Una parte fondamentale del mio lavoro – fa sapere Elena Piastra – è confrontarmi con altri sindaci ed esperti. È un confronto importante perché serve a imparare, a capire come altre città stiano affrontando problematiche e sfide simili alle nostre e a costruire reti e ponti per portare nuove opportunità per Settimo. È per questo che onorata di partecipare a due eventi di grande rilievo questa settimana“. 

Poi continua: “I Comuni possono dare un contributo importante al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’ONU e questa nuova rete li aiuterà a pianificare e impostare progetti, a intercettare risorse e finanziamenti, a misurare – tramite 150 indicatori – l’efficacia delle realizzazioni in tema di politiche della sostenibilità, dalla mobilità alle aree verdi, dall’inclusione alla parità di genere, dalla qualità di aria e acqua agli strumenti partecipativi, dall’economia circolare alla digitalizzazione”.