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In vendita i numeri degli utenti Clubhouse e dei loro contatti: 3,8 miliardi le potenziali vittime

In molti, nel periodo d’oro di Clubhouse all’inizio del 2021, avevano avvertito che alcune pratiche adottate dal social per fare incetta di nuovi utenti potevano ritorcersi contro alla sicurezza degli iscritti, e alla fine lo scenario potrebbe essersi verificato: in queste ore è emersa la notizia della presenza online di una colossale banca dati di numeri di telefono rubati dalle liste segrete dei gestori dell’app. Si tratterebbe di ben 3,8 miliardi di numeri di telefono comprensivi non solo dei numeri telefonici degli iscritti al social, ma anche quelli di tutti i loro contatti. Chiunque abbia mai usato Clubhouse o abbia un amico, un parente o un collega iscritto al social potrebbe essere insomma finito coinvolto nell’operazione di rastrellamento emersa in queste ore.

La banca dati in vendita

Tra i primi a dare la notizia c’è il ricercatore informatico Marc Ruef, che ha pubblicato la schermata di un forum online relativa al presunto archivio dei numeri degli utenti Clubhouse, rastrellati nel corso degli scorsi mesi da un venditore la cui identità è rimasta celata. Come prova dell’autenticità dell’operazione il soggetto ha messo a disposizione dei lettori una sottoselezione che comprende più di 80 milioni di numeri di telefono. Stando alle indicazioni fornite nell’intervento sul forum, il pacchetto completo sarà messo in vendita attraverso un’asta che si terrà a settembre e include due elementi che se ben sfruttati possono essere decisamente pericolosi: i numeri di telefono degli utenti del social audio e il valore assegnato loro dal sistema di valutazione dell’app, che prende in considerazione la frequenza con la quale un numero compare nelle rubriche degli altri utenti.

I dati rubati

Tra le informazioni sottratte a Clubhouse non ci sono dunque nomi e cognomi né altri dati sensibili legati ai numeri di telefono; legare un numero di telefono a una identità è una operazione che i truffatori interessati potrebbero svolgere tranquillamente sfruttando altre banche dati illegali messe insieme utilizzando informazioni trapelate da altre piattaforme. Il sistema di valutazione dei numeri messo in piedi da Clubhouse può però dare un’idea di massima su quanto un numero di telefono sia importante rispetto a un altro, e di conseguenza quanto sia importante il proprietario e quanto possa valere la pena bersagliarlo con una campagna truffaldina oppure semplicemente approfondirne la conoscenza.

I dubbi sull’operazione

Non è chiaro come i dati siano stati ottenuti dal social, che al riguardo non ha ancora fornito una dichiarazione. Sul motivo per cui una banca dati di un’app da pochi milioni di utenti possa contenere i numeri di miliardi di individui, una risposta può però arrivare dalla pratica in uso presso parecchie piattaforme social di chiedere l’accesso ai numeri di telefono nella rubrica dei nuovi iscritti. In Clubhouse l’operazione viene portata a termine subito dopo l’iscrizione per dare la possibilità di invitare altre persone all’interno del social, ma così facendo memorizza i numeri di telefono di persone che potrebbero non voler regalare questo dato a un’azienda che neanche conoscono.




Singapore inaugura uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo

Singapore inaugura uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo

Singapore ha inaugurato un enorme parco solare galleggiante. Si tratta di uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo. Il suo utilizzo é di convertire il sistema idrico della città-stato in energia rinnovabile.

L’impianto nasce nell’ambito della strategia Green Plan 2030, pianificazione che il paese sta mettendo in atto per raggiungere obiettivi di sostenibilità. Il piano prevede, entro il 2025, di distribuire energia solare quattro volte di piú di quanto stia facendo attualmente.

Con 122.000 pannelli solari che si estendono su oltre 110 acri, l’installazione è stata sviluppata da Sembcorp Floating Solar Singapore, una consociata controllata di Sembcorp Industries e National Water Agency PUB.

Il parco solare produce ha una produzione di picco di 60 megawatt e rende Singapore uno dei pochi paesi al mondo in grado di alimentare interamente il proprio sistema idrico con energia rinnovabile.

L’elettricità generata dal parco solare sarà sufficiente per alimentare i cinque impianti di trattamento delle acque locali di Singapore, compensando circa il 7% del fabbisogno energetico annuale e riducendo l’impronta di carbonio. Si prevede di ridurre le emissioni di carbonio di circa 32 chilotoni all’anno.

La costruzione del sistema solare fotovoltaico galleggiante è iniziata nell’agosto 2020. Progettato, costruito, di proprietà e gestito da Sembcorp.

In collaborazione con Quantified Energy Labs, uno spin-off tecnologico della National University of Singapore, questo progetto è anche il primo al mondo a implementare l’imaging avanzato dei droni che identificano i difetti di funzionamento. I galleggianti sono realizzati in polietilene ad alta densità riciclabile, resistente ai raggi UV e alla corrosione.




Arte ed erotismo: Pornhub lancia audioguida museale narrata da un’attrice hard

Perché il porno potrebbe non essere considerato arte, ma alcune opere d’arte possono sicuramente essere considerate porno“. Con questo claim Pornhub, il sito per adulti più cliccato al mondo, ha lanciato la prima audio guida ai capolavori dei più grandi musei internazionali, narrati da una voce d’eccezione, quella dell’attrice hard Asa Akira. Con tono ironico e immediato, Classic Nudes invita gli utenti ad andare alla scoperta dei musei, con la volontà di sostenerli dopo oltre un anno di chiusure e limitazioni imposte dalla pandemia. All’interno del programma si trovano opere di Musee d’Orsay, Louvre di Parigi, MET di New York, Prado di Madrid, National Gallery di Londra e Uffizi di Firenze.

CLASSIC NUDES, STORIA DELL’ARTE E PORNOGRAFIA

Che l’erotismo nelle immagini sia un fatto esistente ben prima dell’invenzione della pornografia online è risaputo. E le raccolte museali ne sono una conferma: basti pensare a capolavori notissimi come la Venere di Urbino di TizianoIl bagno turco di IngresLa Maja desnuda di Goya, o l’ancora più esplicita Origine du Monde di Courbet e tanti altri presenti nella guida di Classic Nudes, consultabile qui sia da casa che dal museo (per ogni opera è disponibile la mappa che mostra la sua collocazione). Presente anche Another Perspective, una sezione aggiuntiva in cui sono riunite le più interessanti opere di arte erotica non occidentale. E, per i maggiorenni, ci sono anche le rivisitazioni di opere pittoriche a cura della coppia amatoriale Mysweetapple, che ne ha trasformato le scene in video-pillole hard. Sconsigliato vederle dentro al museo o in qualsiasi luogo affollato!

PORNHUB, CICCIOLINA NEL VIDEO PROMOZIONALE

Per Classic Nudes non poteva esserci testimonial più adeguata della pornostar italo-ungherese Cicciolina, che per il video promozionale posa con una tutina aderente color carne impersonando la Venere di Botticelli. “C’è un tesoro di arte erotica in tutto il mondo – che ritrae nudi, orge, e altro ancora – non disponibile su Pornhub. Questa arte pre-Internet è custodita nei musei, ora finalmente riaperti con l’allentamento delle restrizioni”, spiega la Pornhub Brand Ambassador Asa Akira. “Quando le persone si recheranno al Louvre o al MET, possono semplicemente aprire Classic Nudes, e io sarò la loro guida. È ora di abbandonare quelle noiose audioguide e godersi ogni singola pennellata di questi capolavori erotici assieme a me”.

LA REAZIONE DEGLI UFFIZI

Come hanno reagito i musei in cui sono custodite le opere d’arte raccontate in Classic Nudes all’iniziativa di Pornhub? Non bene, considerata la risposta degli Uffizi: il museo infatti sta per definire una diffida all’indirizzo di MindGeek Holding, società lussemburghese proprietaria del sito di pornografia online, che non ha chiesto né ottenuto nessuna autorizzazione dall’istituzione fiorentina. La motivazione della diffida è per “l’uso non consentito di contenuti, in quanto la piattaforma non ha mai fatto richiesta per l’uso degli stessi, violando il codice dei beni culturali e le procedure previste per la richiesta di immagini ed altri materiali audiovisivi del museo”, sottolineano dagli Uffizi.




Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Privacy e trasparenza dei processi decisionali rappresentano due principi cardine per il buon funzionamento delle democrazie moderne. Si tratta di due interessi di rango primario che, in quanto tali, devono ritenersi entrambi meritevoli di costante ed adeguata tutela: se, da un lato, l’obbligo di trasparenza, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso, si fonda sull’esigenza dell’imparzialità dell’azione amministrativa, dall’altro, l’obbligo alla riservatezza dei soggetti terzi afferisce alla sfera degli assetti privatistici.

Spesso, tuttavia, il confine tra questi due principi è labile, con il rischio di generare da parte degli ordinamenti nazionali un’incertezza normativa. Nelle democrazie moderne, dove l’indirizzo politico è costituito da una pluralità di attori portatori di singoli interessi che il decisore pubblico è chiamato a sintetizzare, la trasparenza del processo decisionale e il diritto di accesso alla documentazione amministrativa sono assunti fondamentali che vanno tutelati per non cadere in pericolose derive antidemocratiche.

L’ordinamento statunitense, non a caso è uno dei più chiari esempi di integrazione tra interessi particolari nella formazione dell’interesse generale con disposizioni atte a garantire non solo la massima trasparenza del processo decisionale, ma anche la parità di accesso al decisore. Di fatto, la rappresentanza degli interessi è connaturata all’ordinamento statunitense che, già nel 1791, con l’approvazione del Primo Emendamento alla Costituzione, stabiliva il Right to Petition, ovvero il diritto dei portatori d’interesse di influenzare il processo decisionale.

Diritto che è stato poi disciplinato con un susseguirsi di provvedimenti sempre più puntuali fin dal 1852, il cui primo esempio al mondo di legge organica sui portatori di interesse culminò nel 1946 con il Federal Regulation of Lobbying Act. La legislazione statunitense in materia di open government rappresenta un modello a cui tendere e a cui molti altri ordinamenti si sono ispirati. È il caso dell’Unione Europea che, sulla base del modello americano, prevede nei Trattati (Tue e Tfue) che la trasparenza e il dialogo tra le istituzioni e i portatori d’interesse siano principi base. Il regolamento del Parlamento europeo, infatti, si era già dotato nel 1996 di un registro pubblico degli stakeholder.

Misura che si è via via allargata alle altre istituzioni dell’Unione, affinando gli strumenti a servizio della trasparenza. In particolare, da luglio di quest’anno, l’Ue ha compiuto un cambio di passo con il nuovo Interinstitutional Agreement, che pone fine all’iscrizione volontaria al registro per la trasparenza e obbliga tutti i decisori a rendere pubblici gli incontri con i portatori d’interesse. Se la direzione segnata a Bruxelles è chiara, l’Italia mostra sensibili discrepanze e notevoli ritardi. Nel nostro Paese, infatti, non esiste una legge organica e si contano circa 90 disegni di legge in materia, dal 1976 ad oggi, volti a regolamentare il rapporto tra decisore pubblico e portatore d’interessi.

Invece sono presenti oltre 450 disposizioni normative frammentate, che, pur non essendo dirette a disciplinare compiutamente questa materia, pongono in capo a decisori e stakeholder variegati obblighi di trasparenza. L’Italia, insomma, registra un sostanziale ritardo sulla disciplina dell’attività di lobbying. A tal proposito, secondo una recente rilevazione dell’Associazione The Good Lobby, solamente 3 ministeri su 18 hanno costituito un’agenda degli incontri o un registro per la trasparenza. Il report annuale di Transparency International mostra poi come il sistema che regola la rappresentanza degli interessi in Italia sia insufficiente, proprio a causa di bassi livelli di trasparenza, integrità e parità di accesso al decisore.

Il “voto” complessivo che viene assegnato al nostro Paese è 20 su 100. Va detto, però, che il più delle volte queste disposizioni vengono disapplicate dalle stesse autorità. Emblematico il caso dell’Agenda del ministero della Transizione Ecologica, introdotta nel 2018, oscurata a causa di dell’istruttoria del Garante per la Protezione dei dati personali dello scorso 21 aprile, secondo la quale il registro va oltre quanto previsto dalle linee guida dell’Anac, dal momento che riporta eccessivi dettagli rispetto agli incontri, violando il diritto alla riservatezza.

Un provvedimento, quello del Garante Privacy, che va contro il necessario contemperamento tra diritto alla privacy e right to know, quale strumento di regolazione tra decisori, stakeholder e cittadini. Tanto più che il bilanciamento tra questi due principi emerge chiaramente dal Considerando 4 del Regolamento Ue 2016/679 sulla Protezione dei Dati, secondo cui “il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con gli altri diritti fondamentali in ossequio al principio di proporzionalità”.

La domanda è: l’ordinamento italiano, già carente in materia di open government, può consentire a superiori pubblici interessi, come quello assolutamente legittimo del diritto alla riservatezza, di imporre momentanei “segreti”? Trasparenza e riservatezza non sono due principi contrapposti, anzi conseguono lo stesso fine: aumentare la qualità della democrazia.




Federico Marchetti lascia Yoox: “L’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile”

Federico Marchetti lascia Yoox: “L’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile”

«Sono emozionato di lasciare l’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile: abbiamo trasformato una startup italiana in un unicorno e poi in un gruppo globale». Così Federico Marchetti ha annunciato pochi giorni fa, sui social, il suo addio a Yoox. Dopo aver ceduto il comando a Geoffroy Lefebvre, attuale Ceo di Yoox Net-A-Porter, lo scorso gennaio, l’imprenditore aveva mantenuto fino ad oggi il ruolo di presidente. Il 23 luglio, concluso il periodo di transizione, lascerà definitivamente l’azienda. Quella che per lui è stata «come un figlio».

Ieri il saluto ai dipendenti di Bologna, postato in un video su Instagram.

È iniziato tutto da qui. A differenza delle startup statunitensi, Yoox è nato in un magazzino, non in un garage. Quel magazzino di Bologna è cresciuto (tanto!) negli anni, ma sarà sempre il cuore di Yoox. Grazie al team per la passione, il duro lavoro e l’innovazione in tutti questi anni

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Da zero a re della moda online

Figlio di un capo magazziniere della Fiat e di una telefonista della Sip, Marchetti ha fatto tutto da solo. Partito dalla provincia di Ravenna, senza conoscere nessuno, ma con la voglia matta di fare qualcosa di suo, nel 1999 ha unito le sue due grandi passioni (internet e moda) e ha creato Yoox. Il «geek dello chic» lo ha definito poi il New Yorker. «Allora tutti mi dicevano: è impossibile, nessuno comprerà vestiti online» ha raccontato tempo fa a Millionaire. Oggi il gruppo Yoox Net-A-Porter fattura miliardi.

Tra difficoltà e grandi successi, Marchetti ha fatto diventare la startup un colosso del fashion e-commerce, il primo unicorno italiano. L’ha portata in Borsa, ha acquisito il suo più grande concorrente (Yoox Net-A-Porter), ha fatto una exit miliardaria, vendendo al gruppo svizzero Richemont nel 2018. Oggi Ynap ha più di 4,3 milioni di clienti in 180 paesi, oltre 5000 dipendenti. «È la destinazione di lusso online numero uno al mondo, con quasi 5 milioni di clienti attivi e una crescita dei ricavi dell’86% nell’ultimo trimestre» scrive Marchetti in un post.

Un «viaggio stellare» durato più di 20 anni

«Quando ero ragazzo, vendendo i fumetti di Topolino ai miei amici al mare a Ravenna, avevo sempre sperato di avviare un’attività tutta mia, e sognavo in grande! Ora mi piace pensare che abbiamo 21 anni: abbiamo iniziato 21 mesi dopo Google, ma prima di Facebook (dove ora ci seguono oltre 4,6 milioni di persone) e Instagram (7,8 milioni di follower) e molto prima dell’iPhone (oggi facciamo oltre 1 miliardo di dollari di vendite da mobile ogni anno). Netflix è nata prima, nel 1997, ma allora noleggiava solo video. Abbiamo fatto tanta strada!».

I progetti per il futuro

Dopo l’uscita da Yoox, «l’uomo che ha portato la moda sul web», come lo ha definito il New York Times, non resterà certo con le mani in mano. Un anno fa è entrato nel Cda di Giorgio Armani, e poi nel consiglio del gruppo Gedi. Di recente ha ricevuto dal Principe Carlo di Inghilterra il prestigioso incarico di occuparsi del settore Fashion nel progetto Sustainable Markets Initiative, per rendere la moda più sostenibile. Con il reale inglese aveva già stretto una partnership e lanciato una capsule collection nel 2020. Da settembre terrà anche un corso all’università Bocconi, Creating a Startup in the Digital and Sustainable Economy. Insegnerà ai giovani come si crea una startup nell’economia digitale e sostenibile. E forse il primo consiglio sarà quello che aveva dato tempo fa ai nostri lettori: «Farcela non è una questione di soldi. Le persone sono più importanti dei capitali, sono loro che trasformano le idee in realtà».

«Quel che è certo è che non farò più il dipendente» ha detto in un’intervista a SkyTg24. «Il Dna da imprenditore mi piace troppo e quindi l’unica cosa che posso veramente fare è aiutare gli altri oppure avere il mio progetto». Chissà se tra qualche anno non lo vedremo far nascere il prossimo unicorno italiano.