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pratica__ newsletter di Lifegate.it, luglio 2021

Guida al PNRR per le imprese
Missione 2: rivoluzione verde e transizione ecologica

Il contesto: le sfide ambientali e le riforme per un’Italia verde e sostenibile

A che punto è il nostro Paese nel percorso di transizione verde? Come sottolineato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza l’Italia è particolarmente esposta ai cambiamenti climatici e deve accelerare il passo per raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti dal Green Deal: decarbonizzare l’Unione europea, azzerare l’impatto climatico degli stati membri entro il 2050 e tagliare le emissioni del 55% già entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Il nostro Paese,infatti, nonostante ci siano stati progressi significativi, con una diminuzione di emissioni di gas serra del 19 registrato tra il 2005 ed il 2019, presenta ancora “notevoli ritardi e vulnerabilità”. Ma vediamoli nel dettaglio.

Per quanto riguarda il settore della mobilità, in Italia, sostiene Transport & environment, nel corso degli ultimi quarant’anni i trasporti hanno strappato all’industria il titolo di comparto più inquinante. Di sicuro non aiuta il fatto che il nostro Paese abbia il numero di autovetture ogni mille abitanti più alto tra i principali Paesi europei e una delle flotte di autoveicoli più vecchie dell’Europa occidentale, con un 45 di Euro 0, 1, 2 ed Euro 3. Per favorire il passaggio ai modelli elettrici bisognerà investire in modo molto più coraggioso sulle infrastrutture di ricarica: oggi si contano 13.721 colonnine in 7.203 stazioni accessibili al pubblico, ma la mappa è fortemente sbilanciata verso poche regioni del Nord ed è carente sulle autostrade. Inoltre l’estensione della rete ferroviaria italiana in rapporto alla popolazione è la più bassa tra i principali Paesi europei.

Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico la Commissione europea ha aperto tre procedure di infrazione per l’inquinamento contro l’Italia per particolato e ossidi di azoto. Sostanze che entrano nei nostri polmoni e ci fanno ammalare. I dati sono drammatici: l’inquinamento atmosferico è il più grave rischio ambientale per la salute dei cittadini del Vecchio continente, con almeno 400mila morti premature l’anno,seguito dall’inquinamento acustico che ne provoca oltre 12mila.Attualmente il 3,3% della popolazione vive in aree in cui sono ampiamente superati i limiti europei di inquinamento. In un’analisi di The Lancet, “Premature mortality due to air pollution in European cities: a health impact assessment” sulla maggiore mortalità causata dall’esposizione a polveri sottili e biossido di azoto, tra le prime 30 posizioni ci sono 19 città del Nord Italia, con Brescia e Bergamo ai vertici della classifica. Anche l’inquinamento del suolo e delle acque è decisamente elevato, in particolar modo nella Pianura Padana, “sfavorita” da un mix di conformazione orografica, clima e densità di centri abitati che ne fanno una delle aree più inquinate in assoluto.

Per quanto riguarda l’economia circolare, nonostante l’Italia si posizioni al di sopra della media UE per gli investimenti nel settore e per la produttività delle risorse, come abbiamo approfondito in un precedente capitolo di pratica_ la presenza di significative disparità regionali e la mancanza di una strategia nazionale per l’economia circolare suggeriscono l’esistenza di ampi margini di miglioramento.

E l’edilizia? Su questo fronte, mette nero su bianco la Commissione, c’è ancora tanto da lavorare. Su scala europea, gli edifici consumano il 40% dell’energia e rilasciano in atmosfera il 36% delle emissioni di gas serra connesse all’energia stessa. Per quanto riguarda il nostro Paese uno studio condotto nel 2017 dal Politecnico di Milano ne delinea un ritratto non troppo lusinghiero. La classe energetica più comune è la G, mentre solo il 7,4 per cento degli edifici residenziali e il 6 per cento di quelli non residenziali è certificato in classe B o classe A.

Per questi motivi il PNRR può essere un’occasione unica per accelerare la transizione ecologicaLa missione 2 intitolata Rivoluzione verde e transizione ecologica, nello specifico prevede investimenti e riforme che contribuiranno alla creazione di occupazione – in particolar modo giovanile – in tutti i settori toccati dal Green Deal europeo, tra cui le energie rinnovabili, le reti di trasmissione e distribuzione e la filiera dell’idrogeno. Alla missione 2 è destinata la fetta più grande del PNRR per un totale di 59,7 miliardi di euro. La Missione 2, è suddivisa in 4 Componenti: C1. Economia circolare e agricoltura sostenibile. La componente 1 si prefigge di perseguire un duplice percorso verso una piena sostenibilità ambientale. Da un lato, si prepone di migliorare la gestione dei rifiuti e dell’economia circolare “rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti e colmando il divario tra regioni del Nord e quelle del Centro-Sud (oggi circa 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti vengono trattate fuori dalle regioni di origine)”. Dall’altro punta a sviluppare una filiera agricola/alimentare smart e sostenibile, riducendo l’impatto ambientale in una delle eccellenze italiane, tramite supply chain “verdi”. C2. Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile. Per raggiungere la progressiva decarbonizzazione di tutti i settori, nella Componente 2 sono stati previsti interventi per incrementare decisamente la penetrazione di rinnovabili, tramite soluzioni decentralizzate e rafforzamento delle reti (più smart e resilienti) per accomodare e sincronizzare le nuove risorse rinnovabili e di flessibilità decentralizzate, e per decarbonizzare gli usi finali in tutti gli altri settori. Sempre nella Componente 2, particolare rilievo è dato alle filiere produttive. L’obiettivo è quello di “sviluppare una leadership internazionale industriale e di conoscenza nelle principali filiere della transizione, promuovendo lo sviluppo in Italia di supply chain competitive nei settori a maggior crescita, che consentano di ridurre la dipendenza da importazioni di tecnologie e rafforzando la ricerca e lo sviluppo nelle aree più innovative (fotovoltaico, idrolizzatori, batterie per il settore dei trasporti e per il settore elettrico, mezzi di trasporto)”.

  • C3. Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici. Attraverso la componente 3 si vuole rafforzare l’efficientamento energetico incrementando il livello di efficienza degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni in un Paese come il nostro, che soffre di un parco edifici con oltre il 60 per cento dello stock superiore a 45 anni, sia negli edifici pubblici (es. scuole, cittadelle giudiziarie), sia negli edifici privati, come già avviato dall’attuale misura “Superbonus 110%”, introdotta dal decreto-legge “Rilancio” del 19 maggio 2020, che punta a rendere più efficienti e più sicure le proprie abitazioni.
  • C4 Tutela del territorio e della risorsa idrica. La componente 4 prevede una serie di azioni specifiche “per rendere il Paese più resiliente agli inevitabili cambiamenti climatici, proteggere la natura e le biodiversità, e garantire la sicurezza e l’efficienza del sistema idrico.”

Come affermato nel piano la transizione ecologica non potrà avvenire in assenza di una altrettanto importante e complessa “transizione burocratica”, che includerà riforme fondamentali nei processi autorizzativi e nella governance per molti degli interventi delineati.

Plastic tax: cos’è e come funziona

Le evidenti criticità circa uno dei temi pilastri dell’economia circolare sono state evidenziate nel rapporto di recente pubblicazione “L’insostenibile peso delle bottiglie di plastica” di Greenpeace che nelle scorse settimane ha lanciato una petizione per chiedere alle aziende leader del mercato di ridurre drasticamente il ricorso a bottiglie in plastica monouso e adottare sistemi di vendita basati sull’impiego di contenitori riutilizzabili.

Il rapporto rivela che: “Circa 7 miliardi di contenitori in PET (Polietilene Tereftalato, il tipo di plastica utilizzato per produrli) da 1,5 litri, usati per confezionare le acque minerali e le bevande, rischiano di essere dispersi nell’ambiente e nei mari. A ciò si aggiungono le emissioni di gas serra generate dalla produzione delle bottiglie non riciclate, pari a 850 mila tonnellate di CO2 equivalenti, che aggravano la crisi climatica”.

Il documento di Greenpeace ha evidenziato inoltre che: “Siamo i primi consumatori di acqua in bottiglia al mondo, con Messico e Thailandia”. E aggiunge: “Se vogliamo ridurre l’inquinamento da plastica nei nostri mari, le multinazionali devono fare la loro parte e promuovere soluzioni a basso impatto ambientale come l’impiego di contenitori lavabili e riutilizzabili”.

Alla vigilia della nuova era plastic free. Infografica dello studio Ipsos sull’atteggiamento dei consumatori italiani nei confronti del packaging dei prodotti © Ipsos

Per questi motivi, al fine di promuovere attraverso lo strumento dell’imposizione fiscale, un disincentivo nell’utilizzo comune dei prodotti di materiale plastico e di favorire, al tempo stesso, la progressiva riduzione della produzione, e quindi del consumo di manufatti di plastica monouso, è stata introdotta Direttiva europea 904/2019 che istituisce un’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI).

Con l’entrata in vigore della plastic tax, prorogata al 1 gennaio 2022–originariamente fissata a luglio 2020, è già stata spostata al 1° gennaio 2021 dal decreto Rilancio, quindi al 1 luglio 2021 con la legge di Bilancio a causa delle condizioni di difficoltà in cui vertono le imprese dei settori interessati– si tenta prevenire e ridurre l’impatto sull’ambiente di determinati prodotti in plastica qualora siano disponibili alternative. L’adozione della plastic tax premierà i contribuenti green più virtuosi, vale a dire coloro che si adopereranno per un adeguamento tecnologico dedicato alla produzione di manufatti compostabili, ai sensi dello standard EN 13432:2002. L’imposta ha un valore fisso di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto.

Un impianto per il riciclo di plastica a New York, negli Stati Uniti © Spencer Platt/Getty Images

La Plastic tax fa parte di quelle misure atte a recepire la Direttiva Europea SUP (Single Use Plastics) entrata in vigore a luglio 2019 che prevede l’obbligo di essere recepita dagli stati membri entro due anni, in questo caso, entro il 2021. Con la SUP si vieta l’utilizzo di cannucce, piatti e stoviglie, cotton fioc in plastica e si impone la forte riduzione di altri oggetti come le tazze per bevande e alcuni contenitori in plastica monouso per alimenti.

Ma come funziona la plastic tax? L’accertamento dell’imposta avverrà sulla base delle dichiarazioni trimestrali presentate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – che hanno il compito di svolgere le attività di accertamento, verifica e controllo dell’imposta, con facoltà di accedere presso gli impianti di produzione di MACSI-  entro la fine del mese successivo al trimestre solare cui la dichiarazione si riferisce. Entro lo stesso termine dovrà inoltre essere effettuato il versamento dell’imposta dovuta.

10 buone prassi per un packaging più sostenibile

Amplificato dall’e-commerce diventato in tutto il mondo una modalità di acquisto sempre più diffusa, il problema di come ridurre il packaging in eccesso di milioni di prodotti e del suo smaltimento è affrontato dai consorzi di produttori e dai colossi delle vendite online secondo linee guida sostenibili. Intanto, designer e biologi lavorano insieme a ricerche innovative di biodesign, per sperimentare packaging alternativi e sostenibili che utilizzano batteri e microorganismi capaci di sostituire i materiali derivati dal petrolio. Secondo l’indagine condotta dalla società di ricerche di mercato americana Research and markets, una delle più grandi al mondo, la domanda dei consumatori sta progressivamente orientando le aziende verso il packaging sostenibile, il cui mercato globale raggiungerà un valore di circa 440 miliardi di dollari entro il 2025, con un tasso di crescita annuale del 7,7%. L’atteggiamento critico e sempre più sensibile delle persone sugli effetti sociali e ambientali dell’intero ciclo di vita del prodotto si estende anche al packaging che spesso è il primo e più evidente elemento e si rivela fondamentale nel processo decisionale di acquisto. Vediamo dunque 10 buone prassi per un packaging più sostenibile:

1. Condividi le migliori pratiche di smaltimento e riciclaggio con i consumatori. Informa i tuoi clienti sui modi migliori per riciclare e smaltire i materiali di imballaggio. Condividi le migliori pratiche generali etichettando chiaramente gli imballaggi riutilizzabili o riciclabili e spiegando quali sono le corrette procedure standard per farlo.

2. Riutilizza e non sprecareScegli prodotti che puoi riutilizzare e che possono essere riciclati. Come? Un esempio virtuoso è l’azienda Il brand mette a disposizione delle aziende di e-commerce associate una gamma di imballaggi riutilizzabili, e i marchi aderenti, a loro volta, consentono ai propri clienti di scegliere l’opzione di imballaggio RePack, scelta che prevede solitamente un incentivo per l’acquirente. Una volta che il consumatore ha ricevuto e scartato il proprio acquisto, potrà restituire gratuitamente l’imballaggio nella casella postale più vicina, affinché venga riciclato.

Il sistema sviluppato da RePack si inserisce all’interno dell’economia circolare ed è vantaggioso per acquirenti, venditori e ambiente © RePack

3. Spedisci in un pacco più piccoloRidurre la tua impronta ecologica può essere semplice come ridurre i materiali di imballaggio che usi. Ciò significa utilizzare scatole, sacchetti e contenitori più piccoli per i tuoi prodotti. Questo non solo ti aiuterà ad essere più sostenibile, ma può anche ridurre i costi di spedizione.

4. Utilizza materiali di imballaggio riciclati. Gli imballaggi riciclati sono un ottimo modo per prolungare la vita dei materiali utilizzati in precedenza. Il cartone è uno degli esempi più comuni. Viene creato utilizzando pasta di carta usata, è leggero e può essere facilmente tagliato e formato rendendolo ideale per le scatole di spedizione.

5. Scegli l’imballaggio a base vegetaleLe opzioni a base vegetale si stanno rapidamente facendo strada nel mondo del confezionamento dei prodotti. Come suggerisce il nome, questi materiali sono costituiti da fonti biologiche: da funghi e alghe, fino mais e rifiuti alimentari. Le giuste opzioni di imballaggio a base vegetale dipenderanno dai prodotti che dovrai imballare o spedire. 

6. Opta per le confezioni commestibili. Provengono dalla stessa famiglia del packaging vegetale (ovvero da fonti biologiche), ma fanno un ulteriore passo avanti: sono sicure da mangiare. L’imballaggio commestibile è un’opzione ideale per i rivenditori di cibo e bevande, in quanto rappresenta un plus in linea con il segmento di mercato. La designer polacca Roza Janusz ha creato un imballaggio per alimenti alternativo alla plastica realizzato conmateriale organico che può essere consumato dopo l’uso o compostato. È progettato per conservare alimenti secchi o semi-secchi tra cui semi e noci ma anche erbe e insalata.

7. Adopera un imballaggio piantabile. Si tratta di pacchetti o materiali che dopo l’utilizzo puoi piantare. I pacchetti piantabili hanno semi incorporati al loro interno, che i clienti della tua impresa potranno piantare dopo aver ricevuto il prodotto. L’azienda LifeBox produce scatole da imballaggio innovative e sostenibili che una volta piantate garantiranno la crescita di un albero.

8. Prediligi plastiche compostabili e biodegradabili. Gli imballaggi compostabili sono realizzati con materiali che possono essere compostati a casa e commercialmente (dai 90 ai 180 giorni). Questi imballaggi sono spesso realizzati con polimeri a base vegetale. 

9. Evita un imballaggio eccessivo lungo tutta la catena di approvvigionamento. Sappiamo che materiali di imballaggio sono abbondanti nella catena di approvvigionamento al dettaglio. I prodotti vengono imbustati, imballati o impacchettati prima che arrivino destinazione, spesso utilizzando imballaggi aggiuntivi. Pertanto, è necessario ottimizzare il modo in cui la merce si muove lungo la catena del valore in modo da ridurre al minimo questi materiali e gli sprechi che ne derivano.

10. Seleziona partner di produzione sostenibili. Scegli di lavorare con produttori che danno priorità alla sostenibilità. Usano materiali sostenibili? Cosa stanno facendo per ridurre al minimo la loro impronta ecologica e di carbonio? Indaga e opta per i partner che ti accompagnino nel tuo percorso verde.

I vantaggi della rivoluzione verde: le aziende più sensibili alle tematiche ambientali stanno resistendo meglio alla crisi pandemica

Come già ribadito in diversi episodi di questa newsletter, implementare la sostenibilità per le aziende non è un mero imperativo morale, ma consiste in una leva strategica in grado di produrre benefici tangibili e misurabili. A confermarlo il rapporto GreenItaly 2020 che rivela che le aziende più sensibili alle tematiche verdi stanno resistendo meglio alla crisi pandemica. Secondo la ricerca sono oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi che tra il 2015 e il 2019 hanno investito in prodotti e tecnologie green. Un valore in crescita del 25% rispetto al quinquennio precedente. E tra quelle che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità, il 16% è riuscito ad aumentare il fatturato contro il 9% delle non green. Un vantaggio competitivo che si conferma anche in termini occupazionali (assume il 9% delle green contro il 7% delle altre) e di export (con aumenti del 16% contro il 12%).

Performance delle imprese che hanno investito nella sostenibilità © GreenItaly 2020

Tendenze confermate dall’Indexing Report di Epson, secondo il quale esisterebbero benefici per le aziende che continuano a impegnarsi nel cammino verso la sostenibilità: l’82% dei responsabili decisionali ritiene che queste iniziative hanno un impatto sulle prestazioni aziendali, in particolare sulla percezione del marchio, sulla fedeltà dei dipendenti e sulla produttività della forza lavoro. “Il coinvolgimento dei dipendenti e la capacità dell’azienda di trattenerli sono maggiori nelle organizzazioni con obiettivi di sostenibilità chiari e ben definiti. Tuttavia, vi è la percezione che questo rappresenti un costo. Ma non è così. Aggiornando la tecnologia, le aziende possono lavorare in modo più efficiente e sostenibile.” Ha dichiarato Darren Phelps, VP business sales di Epson Europa. Infatti, attesta la ricerca, il 90% dei prodotti commercializzati in modo sostenibile ha ottenuto un successo commerciale maggiore rispetto ai concorrenti tradizionali.

L’opinione

Silvio Greco, biologo e docente presso l’università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo e dirigente di ricerca dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) 

Silvio Greco all’Osservatorio Torino sostenibile © Luigi Zanni/LifeGate

Noi non dobbiamo avere paura della plastica, dobbiamo però ricordare che la plastica – come il moplen inventato da Giulio Natta – nasce per essere una sostanza che dura addirittura per centinaia di anni. Il corto circuito, l’ossimoro, è stato l’usa e getta. Noi dobbiamo continuare a usare la plastica, ma possibilmente quella che già abbiamo invece di produrne di nuova che non riusciamo più a gestire. Quella che abbiamo deve durare sempre e, quando finisce di essere una lampada o una sedia, deve diventare altro. Non dobbiamo solo differenziare ma anche riutilizzare e riciclare. Questa è la strada. Dobbiamo abbandonare l’usa e getta che non serve a nessuno.

Good practice Company

Around

La startup Around, il primo aggregatore di servizi zero waste del settore food, offre al mercato italiano un nuovo modello circolare di utilizzo del packaging. E lo fa con l’introduzione di packaging riutilizzabile nei servizi di asporto e food delivery e attraverso la vendita del cibo rimasto invenduto a fine giornata al prezzo scontato deciso dai ristoranti. I contenitori Around possono essere usati più volte e sono dotati di Qr code che rimanda all’app Aroundrs, disponibile su Apple store e Google play. A beneficiare di questo progetto sono sia i ristoranti che i consumatori finali. I primi possono sottoscrivere un abbonamento con vantaggi e servizi differenti in base alle proprie esigenze e diminuire la propria impronta ambientale riducendo la quantità di rifiuti da imballaggio nei servizi di asporto e delivery, grazie ai contenitori riutilizzabili di Around; i secondi, invece, attraverso l’app possono visualizzare i ristoranti che hanno aderito al progetto da cui noleggiare gratuitamente il packaging della startup per il loro asporto e restituirlo entro sette giorni. Del lavaggio si occuperà il ristorante stesso, a meno che non abbia accesso al servizio extra di lavaggio centralizzato di Around.

Good Practice Communication

Radici Group

RadiciGroup lancia sul mercato Renycle, gamma di filati che nasce dal riciclo di nylon, e annuncia l’acquisizione di Zeta Polimeri, azienda italiana con esperienza trentennale nel recupero di fibre sintetiche e di materiali termoplastici. Due azioni concrete messe in campo dal Gruppo italiano nell’ambito della propria strategia di tutela dell’ambiente e di attenzione a un mercato sempre più esigente. In RadiciGroup ogni scarto di produzione diventa una nuova risorsa, il Gruppo è in grado di selezionare i diversi materiali e finalizzarli allo loro seconda vita più appropriata, fino a ieri in ambito tecnopolimeri e da oggi, con Renycle, anche per realizzare filati per pavimentazioni tessili, tappeti e moquette di design, fino ai capi di abbigliamento più preziosi della moda “Made in Italy”. Renycle diminuisce la necessità di ricorrere a nuove materie prime di origine fossile, abbinando la riduzione dell’impatto ambientale alle consuete caratteristiche tecniche di alto livello. Inoltre è 100% riciclabile a fine vita.

Tech News

H&M

Una recente innovazione tecnologica in ambito sostenibile degna di nota è la Green Machine sviluppata dalla collaborazione tra la H&M Foundation e l’Hong Kong Research Institute of Textiles and Apparel (HKRITA). Utilizzando unicamente calore, acqua, pressione e un agente chimico biodegradabile questo rivoluzionario macchinario industriale è in grado di separare poliestere e cotone dal materiale misto composto da questi due tessuti. Una rivoluzione che permetterà il riciclo di filati che fino a poco fa era impossibile riutilizzare, rappresentando un notevole passo in avanti nella direzione di un’industria meno incline agli sprechi e con una ragguardevole diminuzione dei massivi volumi di abiti prodotti e consumati e del loro impatto negativo sull’ambiente.




In vendita i numeri degli utenti Clubhouse e dei loro contatti: 3,8 miliardi le potenziali vittime

In molti, nel periodo d’oro di Clubhouse all’inizio del 2021, avevano avvertito che alcune pratiche adottate dal social per fare incetta di nuovi utenti potevano ritorcersi contro alla sicurezza degli iscritti, e alla fine lo scenario potrebbe essersi verificato: in queste ore è emersa la notizia della presenza online di una colossale banca dati di numeri di telefono rubati dalle liste segrete dei gestori dell’app. Si tratterebbe di ben 3,8 miliardi di numeri di telefono comprensivi non solo dei numeri telefonici degli iscritti al social, ma anche quelli di tutti i loro contatti. Chiunque abbia mai usato Clubhouse o abbia un amico, un parente o un collega iscritto al social potrebbe essere insomma finito coinvolto nell’operazione di rastrellamento emersa in queste ore.

La banca dati in vendita

Tra i primi a dare la notizia c’è il ricercatore informatico Marc Ruef, che ha pubblicato la schermata di un forum online relativa al presunto archivio dei numeri degli utenti Clubhouse, rastrellati nel corso degli scorsi mesi da un venditore la cui identità è rimasta celata. Come prova dell’autenticità dell’operazione il soggetto ha messo a disposizione dei lettori una sottoselezione che comprende più di 80 milioni di numeri di telefono. Stando alle indicazioni fornite nell’intervento sul forum, il pacchetto completo sarà messo in vendita attraverso un’asta che si terrà a settembre e include due elementi che se ben sfruttati possono essere decisamente pericolosi: i numeri di telefono degli utenti del social audio e il valore assegnato loro dal sistema di valutazione dell’app, che prende in considerazione la frequenza con la quale un numero compare nelle rubriche degli altri utenti.

I dati rubati

Tra le informazioni sottratte a Clubhouse non ci sono dunque nomi e cognomi né altri dati sensibili legati ai numeri di telefono; legare un numero di telefono a una identità è una operazione che i truffatori interessati potrebbero svolgere tranquillamente sfruttando altre banche dati illegali messe insieme utilizzando informazioni trapelate da altre piattaforme. Il sistema di valutazione dei numeri messo in piedi da Clubhouse può però dare un’idea di massima su quanto un numero di telefono sia importante rispetto a un altro, e di conseguenza quanto sia importante il proprietario e quanto possa valere la pena bersagliarlo con una campagna truffaldina oppure semplicemente approfondirne la conoscenza.

I dubbi sull’operazione

Non è chiaro come i dati siano stati ottenuti dal social, che al riguardo non ha ancora fornito una dichiarazione. Sul motivo per cui una banca dati di un’app da pochi milioni di utenti possa contenere i numeri di miliardi di individui, una risposta può però arrivare dalla pratica in uso presso parecchie piattaforme social di chiedere l’accesso ai numeri di telefono nella rubrica dei nuovi iscritti. In Clubhouse l’operazione viene portata a termine subito dopo l’iscrizione per dare la possibilità di invitare altre persone all’interno del social, ma così facendo memorizza i numeri di telefono di persone che potrebbero non voler regalare questo dato a un’azienda che neanche conoscono.




Singapore inaugura uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo

Singapore inaugura uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo

Singapore ha inaugurato un enorme parco solare galleggiante. Si tratta di uno dei più grandi impianti fotovoltaici galleggianti del mondo. Il suo utilizzo é di convertire il sistema idrico della città-stato in energia rinnovabile.

L’impianto nasce nell’ambito della strategia Green Plan 2030, pianificazione che il paese sta mettendo in atto per raggiungere obiettivi di sostenibilità. Il piano prevede, entro il 2025, di distribuire energia solare quattro volte di piú di quanto stia facendo attualmente.

Con 122.000 pannelli solari che si estendono su oltre 110 acri, l’installazione è stata sviluppata da Sembcorp Floating Solar Singapore, una consociata controllata di Sembcorp Industries e National Water Agency PUB.

Il parco solare produce ha una produzione di picco di 60 megawatt e rende Singapore uno dei pochi paesi al mondo in grado di alimentare interamente il proprio sistema idrico con energia rinnovabile.

L’elettricità generata dal parco solare sarà sufficiente per alimentare i cinque impianti di trattamento delle acque locali di Singapore, compensando circa il 7% del fabbisogno energetico annuale e riducendo l’impronta di carbonio. Si prevede di ridurre le emissioni di carbonio di circa 32 chilotoni all’anno.

La costruzione del sistema solare fotovoltaico galleggiante è iniziata nell’agosto 2020. Progettato, costruito, di proprietà e gestito da Sembcorp.

In collaborazione con Quantified Energy Labs, uno spin-off tecnologico della National University of Singapore, questo progetto è anche il primo al mondo a implementare l’imaging avanzato dei droni che identificano i difetti di funzionamento. I galleggianti sono realizzati in polietilene ad alta densità riciclabile, resistente ai raggi UV e alla corrosione.




Arte ed erotismo: Pornhub lancia audioguida museale narrata da un’attrice hard

Perché il porno potrebbe non essere considerato arte, ma alcune opere d’arte possono sicuramente essere considerate porno“. Con questo claim Pornhub, il sito per adulti più cliccato al mondo, ha lanciato la prima audio guida ai capolavori dei più grandi musei internazionali, narrati da una voce d’eccezione, quella dell’attrice hard Asa Akira. Con tono ironico e immediato, Classic Nudes invita gli utenti ad andare alla scoperta dei musei, con la volontà di sostenerli dopo oltre un anno di chiusure e limitazioni imposte dalla pandemia. All’interno del programma si trovano opere di Musee d’Orsay, Louvre di Parigi, MET di New York, Prado di Madrid, National Gallery di Londra e Uffizi di Firenze.

CLASSIC NUDES, STORIA DELL’ARTE E PORNOGRAFIA

Che l’erotismo nelle immagini sia un fatto esistente ben prima dell’invenzione della pornografia online è risaputo. E le raccolte museali ne sono una conferma: basti pensare a capolavori notissimi come la Venere di Urbino di TizianoIl bagno turco di IngresLa Maja desnuda di Goya, o l’ancora più esplicita Origine du Monde di Courbet e tanti altri presenti nella guida di Classic Nudes, consultabile qui sia da casa che dal museo (per ogni opera è disponibile la mappa che mostra la sua collocazione). Presente anche Another Perspective, una sezione aggiuntiva in cui sono riunite le più interessanti opere di arte erotica non occidentale. E, per i maggiorenni, ci sono anche le rivisitazioni di opere pittoriche a cura della coppia amatoriale Mysweetapple, che ne ha trasformato le scene in video-pillole hard. Sconsigliato vederle dentro al museo o in qualsiasi luogo affollato!

PORNHUB, CICCIOLINA NEL VIDEO PROMOZIONALE

Per Classic Nudes non poteva esserci testimonial più adeguata della pornostar italo-ungherese Cicciolina, che per il video promozionale posa con una tutina aderente color carne impersonando la Venere di Botticelli. “C’è un tesoro di arte erotica in tutto il mondo – che ritrae nudi, orge, e altro ancora – non disponibile su Pornhub. Questa arte pre-Internet è custodita nei musei, ora finalmente riaperti con l’allentamento delle restrizioni”, spiega la Pornhub Brand Ambassador Asa Akira. “Quando le persone si recheranno al Louvre o al MET, possono semplicemente aprire Classic Nudes, e io sarò la loro guida. È ora di abbandonare quelle noiose audioguide e godersi ogni singola pennellata di questi capolavori erotici assieme a me”.

LA REAZIONE DEGLI UFFIZI

Come hanno reagito i musei in cui sono custodite le opere d’arte raccontate in Classic Nudes all’iniziativa di Pornhub? Non bene, considerata la risposta degli Uffizi: il museo infatti sta per definire una diffida all’indirizzo di MindGeek Holding, società lussemburghese proprietaria del sito di pornografia online, che non ha chiesto né ottenuto nessuna autorizzazione dall’istituzione fiorentina. La motivazione della diffida è per “l’uso non consentito di contenuti, in quanto la piattaforma non ha mai fatto richiesta per l’uso degli stessi, violando il codice dei beni culturali e le procedure previste per la richiesta di immagini ed altri materiali audiovisivi del museo”, sottolineano dagli Uffizi.




Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Privacy e trasparenza dei processi decisionali rappresentano due principi cardine per il buon funzionamento delle democrazie moderne. Si tratta di due interessi di rango primario che, in quanto tali, devono ritenersi entrambi meritevoli di costante ed adeguata tutela: se, da un lato, l’obbligo di trasparenza, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso, si fonda sull’esigenza dell’imparzialità dell’azione amministrativa, dall’altro, l’obbligo alla riservatezza dei soggetti terzi afferisce alla sfera degli assetti privatistici.

Spesso, tuttavia, il confine tra questi due principi è labile, con il rischio di generare da parte degli ordinamenti nazionali un’incertezza normativa. Nelle democrazie moderne, dove l’indirizzo politico è costituito da una pluralità di attori portatori di singoli interessi che il decisore pubblico è chiamato a sintetizzare, la trasparenza del processo decisionale e il diritto di accesso alla documentazione amministrativa sono assunti fondamentali che vanno tutelati per non cadere in pericolose derive antidemocratiche.

L’ordinamento statunitense, non a caso è uno dei più chiari esempi di integrazione tra interessi particolari nella formazione dell’interesse generale con disposizioni atte a garantire non solo la massima trasparenza del processo decisionale, ma anche la parità di accesso al decisore. Di fatto, la rappresentanza degli interessi è connaturata all’ordinamento statunitense che, già nel 1791, con l’approvazione del Primo Emendamento alla Costituzione, stabiliva il Right to Petition, ovvero il diritto dei portatori d’interesse di influenzare il processo decisionale.

Diritto che è stato poi disciplinato con un susseguirsi di provvedimenti sempre più puntuali fin dal 1852, il cui primo esempio al mondo di legge organica sui portatori di interesse culminò nel 1946 con il Federal Regulation of Lobbying Act. La legislazione statunitense in materia di open government rappresenta un modello a cui tendere e a cui molti altri ordinamenti si sono ispirati. È il caso dell’Unione Europea che, sulla base del modello americano, prevede nei Trattati (Tue e Tfue) che la trasparenza e il dialogo tra le istituzioni e i portatori d’interesse siano principi base. Il regolamento del Parlamento europeo, infatti, si era già dotato nel 1996 di un registro pubblico degli stakeholder.

Misura che si è via via allargata alle altre istituzioni dell’Unione, affinando gli strumenti a servizio della trasparenza. In particolare, da luglio di quest’anno, l’Ue ha compiuto un cambio di passo con il nuovo Interinstitutional Agreement, che pone fine all’iscrizione volontaria al registro per la trasparenza e obbliga tutti i decisori a rendere pubblici gli incontri con i portatori d’interesse. Se la direzione segnata a Bruxelles è chiara, l’Italia mostra sensibili discrepanze e notevoli ritardi. Nel nostro Paese, infatti, non esiste una legge organica e si contano circa 90 disegni di legge in materia, dal 1976 ad oggi, volti a regolamentare il rapporto tra decisore pubblico e portatore d’interessi.

Invece sono presenti oltre 450 disposizioni normative frammentate, che, pur non essendo dirette a disciplinare compiutamente questa materia, pongono in capo a decisori e stakeholder variegati obblighi di trasparenza. L’Italia, insomma, registra un sostanziale ritardo sulla disciplina dell’attività di lobbying. A tal proposito, secondo una recente rilevazione dell’Associazione The Good Lobby, solamente 3 ministeri su 18 hanno costituito un’agenda degli incontri o un registro per la trasparenza. Il report annuale di Transparency International mostra poi come il sistema che regola la rappresentanza degli interessi in Italia sia insufficiente, proprio a causa di bassi livelli di trasparenza, integrità e parità di accesso al decisore.

Il “voto” complessivo che viene assegnato al nostro Paese è 20 su 100. Va detto, però, che il più delle volte queste disposizioni vengono disapplicate dalle stesse autorità. Emblematico il caso dell’Agenda del ministero della Transizione Ecologica, introdotta nel 2018, oscurata a causa di dell’istruttoria del Garante per la Protezione dei dati personali dello scorso 21 aprile, secondo la quale il registro va oltre quanto previsto dalle linee guida dell’Anac, dal momento che riporta eccessivi dettagli rispetto agli incontri, violando il diritto alla riservatezza.

Un provvedimento, quello del Garante Privacy, che va contro il necessario contemperamento tra diritto alla privacy e right to know, quale strumento di regolazione tra decisori, stakeholder e cittadini. Tanto più che il bilanciamento tra questi due principi emerge chiaramente dal Considerando 4 del Regolamento Ue 2016/679 sulla Protezione dei Dati, secondo cui “il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con gli altri diritti fondamentali in ossequio al principio di proporzionalità”.

La domanda è: l’ordinamento italiano, già carente in materia di open government, può consentire a superiori pubblici interessi, come quello assolutamente legittimo del diritto alla riservatezza, di imporre momentanei “segreti”? Trasparenza e riservatezza non sono due principi contrapposti, anzi conseguono lo stesso fine: aumentare la qualità della democrazia.