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Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Lobbying, l’eccezione (opinabile) dell’Italia tra privacy e trasparenza

Privacy e trasparenza dei processi decisionali rappresentano due principi cardine per il buon funzionamento delle democrazie moderne. Si tratta di due interessi di rango primario che, in quanto tali, devono ritenersi entrambi meritevoli di costante ed adeguata tutela: se, da un lato, l’obbligo di trasparenza, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso, si fonda sull’esigenza dell’imparzialità dell’azione amministrativa, dall’altro, l’obbligo alla riservatezza dei soggetti terzi afferisce alla sfera degli assetti privatistici.

Spesso, tuttavia, il confine tra questi due principi è labile, con il rischio di generare da parte degli ordinamenti nazionali un’incertezza normativa. Nelle democrazie moderne, dove l’indirizzo politico è costituito da una pluralità di attori portatori di singoli interessi che il decisore pubblico è chiamato a sintetizzare, la trasparenza del processo decisionale e il diritto di accesso alla documentazione amministrativa sono assunti fondamentali che vanno tutelati per non cadere in pericolose derive antidemocratiche.

L’ordinamento statunitense, non a caso è uno dei più chiari esempi di integrazione tra interessi particolari nella formazione dell’interesse generale con disposizioni atte a garantire non solo la massima trasparenza del processo decisionale, ma anche la parità di accesso al decisore. Di fatto, la rappresentanza degli interessi è connaturata all’ordinamento statunitense che, già nel 1791, con l’approvazione del Primo Emendamento alla Costituzione, stabiliva il Right to Petition, ovvero il diritto dei portatori d’interesse di influenzare il processo decisionale.

Diritto che è stato poi disciplinato con un susseguirsi di provvedimenti sempre più puntuali fin dal 1852, il cui primo esempio al mondo di legge organica sui portatori di interesse culminò nel 1946 con il Federal Regulation of Lobbying Act. La legislazione statunitense in materia di open government rappresenta un modello a cui tendere e a cui molti altri ordinamenti si sono ispirati. È il caso dell’Unione Europea che, sulla base del modello americano, prevede nei Trattati (Tue e Tfue) che la trasparenza e il dialogo tra le istituzioni e i portatori d’interesse siano principi base. Il regolamento del Parlamento europeo, infatti, si era già dotato nel 1996 di un registro pubblico degli stakeholder.

Misura che si è via via allargata alle altre istituzioni dell’Unione, affinando gli strumenti a servizio della trasparenza. In particolare, da luglio di quest’anno, l’Ue ha compiuto un cambio di passo con il nuovo Interinstitutional Agreement, che pone fine all’iscrizione volontaria al registro per la trasparenza e obbliga tutti i decisori a rendere pubblici gli incontri con i portatori d’interesse. Se la direzione segnata a Bruxelles è chiara, l’Italia mostra sensibili discrepanze e notevoli ritardi. Nel nostro Paese, infatti, non esiste una legge organica e si contano circa 90 disegni di legge in materia, dal 1976 ad oggi, volti a regolamentare il rapporto tra decisore pubblico e portatore d’interessi.

Invece sono presenti oltre 450 disposizioni normative frammentate, che, pur non essendo dirette a disciplinare compiutamente questa materia, pongono in capo a decisori e stakeholder variegati obblighi di trasparenza. L’Italia, insomma, registra un sostanziale ritardo sulla disciplina dell’attività di lobbying. A tal proposito, secondo una recente rilevazione dell’Associazione The Good Lobby, solamente 3 ministeri su 18 hanno costituito un’agenda degli incontri o un registro per la trasparenza. Il report annuale di Transparency International mostra poi come il sistema che regola la rappresentanza degli interessi in Italia sia insufficiente, proprio a causa di bassi livelli di trasparenza, integrità e parità di accesso al decisore.

Il “voto” complessivo che viene assegnato al nostro Paese è 20 su 100. Va detto, però, che il più delle volte queste disposizioni vengono disapplicate dalle stesse autorità. Emblematico il caso dell’Agenda del ministero della Transizione Ecologica, introdotta nel 2018, oscurata a causa di dell’istruttoria del Garante per la Protezione dei dati personali dello scorso 21 aprile, secondo la quale il registro va oltre quanto previsto dalle linee guida dell’Anac, dal momento che riporta eccessivi dettagli rispetto agli incontri, violando il diritto alla riservatezza.

Un provvedimento, quello del Garante Privacy, che va contro il necessario contemperamento tra diritto alla privacy e right to know, quale strumento di regolazione tra decisori, stakeholder e cittadini. Tanto più che il bilanciamento tra questi due principi emerge chiaramente dal Considerando 4 del Regolamento Ue 2016/679 sulla Protezione dei Dati, secondo cui “il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con gli altri diritti fondamentali in ossequio al principio di proporzionalità”.

La domanda è: l’ordinamento italiano, già carente in materia di open government, può consentire a superiori pubblici interessi, come quello assolutamente legittimo del diritto alla riservatezza, di imporre momentanei “segreti”? Trasparenza e riservatezza non sono due principi contrapposti, anzi conseguono lo stesso fine: aumentare la qualità della democrazia.




Federico Marchetti lascia Yoox: “L’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile”

Federico Marchetti lascia Yoox: “L’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile”

«Sono emozionato di lasciare l’azienda che ho creato e che amo, dove ho osato fare l’impossibile: abbiamo trasformato una startup italiana in un unicorno e poi in un gruppo globale». Così Federico Marchetti ha annunciato pochi giorni fa, sui social, il suo addio a Yoox. Dopo aver ceduto il comando a Geoffroy Lefebvre, attuale Ceo di Yoox Net-A-Porter, lo scorso gennaio, l’imprenditore aveva mantenuto fino ad oggi il ruolo di presidente. Il 23 luglio, concluso il periodo di transizione, lascerà definitivamente l’azienda. Quella che per lui è stata «come un figlio».

Ieri il saluto ai dipendenti di Bologna, postato in un video su Instagram.

È iniziato tutto da qui. A differenza delle startup statunitensi, Yoox è nato in un magazzino, non in un garage. Quel magazzino di Bologna è cresciuto (tanto!) negli anni, ma sarà sempre il cuore di Yoox. Grazie al team per la passione, il duro lavoro e l’innovazione in tutti questi anni

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Da zero a re della moda online

Figlio di un capo magazziniere della Fiat e di una telefonista della Sip, Marchetti ha fatto tutto da solo. Partito dalla provincia di Ravenna, senza conoscere nessuno, ma con la voglia matta di fare qualcosa di suo, nel 1999 ha unito le sue due grandi passioni (internet e moda) e ha creato Yoox. Il «geek dello chic» lo ha definito poi il New Yorker. «Allora tutti mi dicevano: è impossibile, nessuno comprerà vestiti online» ha raccontato tempo fa a Millionaire. Oggi il gruppo Yoox Net-A-Porter fattura miliardi.

Tra difficoltà e grandi successi, Marchetti ha fatto diventare la startup un colosso del fashion e-commerce, il primo unicorno italiano. L’ha portata in Borsa, ha acquisito il suo più grande concorrente (Yoox Net-A-Porter), ha fatto una exit miliardaria, vendendo al gruppo svizzero Richemont nel 2018. Oggi Ynap ha più di 4,3 milioni di clienti in 180 paesi, oltre 5000 dipendenti. «È la destinazione di lusso online numero uno al mondo, con quasi 5 milioni di clienti attivi e una crescita dei ricavi dell’86% nell’ultimo trimestre» scrive Marchetti in un post.

Un «viaggio stellare» durato più di 20 anni

«Quando ero ragazzo, vendendo i fumetti di Topolino ai miei amici al mare a Ravenna, avevo sempre sperato di avviare un’attività tutta mia, e sognavo in grande! Ora mi piace pensare che abbiamo 21 anni: abbiamo iniziato 21 mesi dopo Google, ma prima di Facebook (dove ora ci seguono oltre 4,6 milioni di persone) e Instagram (7,8 milioni di follower) e molto prima dell’iPhone (oggi facciamo oltre 1 miliardo di dollari di vendite da mobile ogni anno). Netflix è nata prima, nel 1997, ma allora noleggiava solo video. Abbiamo fatto tanta strada!».

I progetti per il futuro

Dopo l’uscita da Yoox, «l’uomo che ha portato la moda sul web», come lo ha definito il New York Times, non resterà certo con le mani in mano. Un anno fa è entrato nel Cda di Giorgio Armani, e poi nel consiglio del gruppo Gedi. Di recente ha ricevuto dal Principe Carlo di Inghilterra il prestigioso incarico di occuparsi del settore Fashion nel progetto Sustainable Markets Initiative, per rendere la moda più sostenibile. Con il reale inglese aveva già stretto una partnership e lanciato una capsule collection nel 2020. Da settembre terrà anche un corso all’università Bocconi, Creating a Startup in the Digital and Sustainable Economy. Insegnerà ai giovani come si crea una startup nell’economia digitale e sostenibile. E forse il primo consiglio sarà quello che aveva dato tempo fa ai nostri lettori: «Farcela non è una questione di soldi. Le persone sono più importanti dei capitali, sono loro che trasformano le idee in realtà».

«Quel che è certo è che non farò più il dipendente» ha detto in un’intervista a SkyTg24. «Il Dna da imprenditore mi piace troppo e quindi l’unica cosa che posso veramente fare è aiutare gli altri oppure avere il mio progetto». Chissà se tra qualche anno non lo vedremo far nascere il prossimo unicorno italiano.




SCIENZIATI DANNO AD IA CAPACITÀ DI IMMAGINARE COSE MAI VISTE: ECCO I RISULTATI

SCIENZIATI DANNO AD IA CAPACITÀ DI IMMAGINARE COSE MAI VISTE: ECCO I RISULTATI

L’intelligenza artificiale si sta rivelando davvero preziosa in moltissimi ambiti e aspetti della vita umana. Siamo ancora all’inizio e gli esperti hanno solo iniziato a “scalfire la superficie” delle possibili applicazioni di questi potentissimi software. Così in un nuovo studio degli scienziati hanno dato all’IA la capacità di “immaginare”.

Come si fa a dare l’immaginazione a un software? I ricercatori hanno escogitato un nuovo metodo per consentire ai sistemi di intelligenza artificiale di capire come dovrebbe essere un oggetto, anche se non ne avevano mai visto uno. “Siamo stati ispirati dalle capacità di generalizzazione visiva umana per cercare di simulare l’immaginazione umana nelle macchine“, afferma l’informatico Yunhao Ge della University of Southern California (USC).

Il team ha addestrato l’intelligenza artificiale con un grande database di informazioni e ha utilizzato un approccio simile a quello utilizzato dai software che creano deepfake. In questo modo, ad esempio, se un’intelligenza artificiale vede un’auto rossa e una bici blu, sarà in grado di “immaginare” una bici rossa, anche se non ne ha mai vista una prima.

L’IA è quindi in grado di riconoscere somiglianze e differenze nei campioni che vede, utilizzando questa conoscenza per produrre qualcosa di completamente nuovo (potrete vedere un esempio di quanto detto in un’immagine che troverete in calce alla notizia). “Questo nuovo approccio scatena davvero un nuovo senso di immaginazione nei sistemi di intelligenza artificiale, avvicinandoli alla comprensione umana del mondo“, afferma Laurent Itti, informatico della USC.

Un approccio simile potrebbe essere utilizzato in futuro anche nel campo della medicina e delle auto a guida autonoma. In che modo? L’intelligenza artificiale potrebbe immaginare nuovi farmaci o visualizzare nuovi scenari stradali. Insomma, le possibili applicazioni sono davvero tantissime e siamo solamente all’inizio.




ITALY, il videogioco della Farnesina per far conoscere le bellezze dell’Italia al mondo

ITALY, il videogioco della Farnesina per far conoscere le bellezze dell’Italia al mondo

La Farnesina lancia ITALY Land of Wonders, un videogioco per far conoscere l’Italia, il suo patrimonio culturale e le sue meraviglie al pubblico straniero, in particolare ai giovani. Curato nella grafica e adatto ai grandi come ai più piccoli, ITALY Land of Wonders racconta bellezza e tradizione del nostro Paese in maniera interattiva e divertente. Totalmente gratuito e in 11 lingue, è disponibile per smartphone e tablet in tutto il mondo dal 19 luglio nelle versioni per iOS e, a breve, Android.

La storia e il Gameplay

Elio è l’anziano guardiano del faro che, ogni mattina, con l’aiuto di 20 scintille recuperate nel corso della notte dalle 20 Regioni d’Italia, accende il Sole che splende sul nostro Paese. All’inizio del gioco vediamo Elio al tramonto in cerca di un aiutante per portare a termine il suo gravoso compito. Ha convocato un misterioso personaggio ai piedi del Faro: il giocatore, coinvolto in un’avvincente avventura notturna in giro per l’Italia, dovrà recuperare le 20 scintille, accendere il Faro e fare sì che il Sole torni a brillare. Nel suo viaggio, il giocatore incontrerà 5 Custodi che lo guideranno alla scoperta di Natura, Gastronomia, Arte, Spettacolo e Design, i 5 settori fondamentali del nostro patrimonio culturale. Alla fine del percorso, la grande sorpresa: il giocatore prenderà il posto di Elio, diventando simbolicamente il nuovo Guardiano del Faro, con la missione di proteggere le bellezze del nostro Paese. Ma prima dovrà superare ben 100 avvincenti livelli in stile puzzle game, ognuno con la sua ricostruzione 3D di un luogo simbolo dei tesori dell’Italia. Un vero e proprio appassionante percorso a tappe, attraverso mari e montagne, città e castelli, tradizioni e miti del nostro Paese. Pensato per chi già conosce l’Italia, ma anche e soprattutto per chi ha voglia di scoprirla, ITALY Land of Wonders si propone anche come guida di viaggio, grazie a 600 testi pieni di storie, notizie e curiosità raccolti in un album sfogliabile.

“Un vero prodotto del Made in Italy”

Anche la musica svolge un ruolo importantissimo all’interno del gioco. Composizioni originali ispirate a grandi classici della musica italiana, dal melodramma al barocco, e famose colonne sonore, fanno da cornice a un gioco che è anche uno strumento didattico, divertente e informativo, per le scuole in cui si studia l’italiano come lingua straniera. «Il mercato dei videogiochi mobile è divenuto ormai uno dei canali di maggiore diffusione di contenuti, anche artistici e culturali» ha detto l’Ambasciatore Lorenzo Angeloni, Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese. «Nel mondo post-pandemico, è nostro dovere cogliere ogni occasione e sfruttare ogni mezzo per promuovere il nostro Paese e le sue eccellenze nel mondo. Lo facciamo dunque anche con questa modalità, fortemente innovativa per il nostro Ministero e per la pubblica amministrazione italiana in generale: una modalità di comunicazione in cui crediamo moltissimo. Ci rivolgiamo a giovani e giovanissimi: con ITALY Land of wonders il nostro obiettivo è far appassionare i ragazzi di tutto il mondo al nostro Paese e alle sue bellezze, costruire un senso di familiarità che li possa guidare, un domani, alla scoperta vera e propria dei nostri territori. Il nostro titolo non è solo un gioco divertente per smartphone, è un vero e proprio prodotto del Made in Italy, che unisce sapientemente cultura e tecnologia. É un’avventura alla portata di tutti per scoprire la bellezza, la creatività e il gusto dell’Italia». Come tutta la programmazione culturale di italiana-esteri ITALY Land of Wonders si inserisce nella strategia generale della Farnesina a sostegno delle industrie culturali e creative italiane post-Covid. Per scaricarlo basterà visitare italiana.esteri.it, il nuovo portale della Farnesina per la cultura italiana nel mondo.




VALUE REPORTING FOUNDATION, VERSO LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI STANDARD PER IL REPORTING DI SOSTENIBILITÀ

VALUE REPORTING FOUNDATION, VERSO LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI STANDARD PER IL REPORTING DI SOSTENIBILITÀ

Imprese e investitori richiedono da tempo di rendere più semplice e accessibile il panorama del reporting aziendale sulla sostenibilità, finora troppo frammentato tra modelli e standard diversi fra loro. In risposta a queste istanze, l’International Integrated Reporting Council (Iirc) e il Sustainability Accounting Standards Board (Sasb) hanno deciso di fondersi insieme per dare vita alla Value Reporting Foundation. L’obiettivo dell’organizzazione è costruire un quadro di riferimento per il reporting dei criteri ESG più completo e coerente, armonizzando tra loro i framework esistenti. Il nuovo organismo è stato presentato al pubblico italiano durante un evento online organizzato da O.I.B.R (Organismo Italiano Business Reporting): per chi volesse approfondire, la registrazione del webinar è disponibile a questo link.

DI COSA SI OCCUPERÀ LA VALUE REPORTING FOUNDATION?

La Value Reporting Foundation nasce per razionalizzare e rendere più fruibili i vari standard di rendicontazione della sostenibilità, creando un terreno comune che agevolerà aziende e organizzazioni nei processi decisionali e nella comunicazione delle strategie a lungo termine. Come arriverà a questo risultato? Facilitando l’uso combinato dei due strumenti Iirc e Sasb, l’Integrated Reporting Framework e gli standard Sasb, che sono adottate rispettivamente da più di 2.500 e 1.000 organizzazioni al mondo. Si tratta di sistemi di rendicontazione che muovono da una base comune di valori e che sono complementari fra loro, ma che comunque presentano differenze che possono confondere le imprese. La Value Reporting Foundation intende allora portare maggiore trasparenza e chiarezza, guidando le aziende nell’uso combinato dei due strumenti, allineando sempre di più i concetti alla base dei due standard.

INTEGRATED REPORTING FRAMEWORK E STANDARD SASB: QUALI SONO LE DIFFERENZE?

In cosa si differenziano l’Integrated Reporting Framework e gli standard Sasb? Perché un’azienda dovrebbe decidere di fare riferimento a entrambi i modelli?

L’Integrated Reporting Framework permette di avere una visione più olistica della strategia, della governance, delle performance e delle prospettive di un’impresa in riferimento al contesto economico, sociale e ambientale in cui si muove. La prospettiva di rendicontazione adottata è multi-capitale e copre diverse aree di interesse (capitale naturale, finanziario, umano, intellettuale, ecc.). Gli standard Sasb propongono invece metriche specifiche in base al settore industriale di riferimento: questo rende i dati comparabili all’interno di aree omogenee fra di loro e mette in evidenza l’abilità di un’azienda di creare valore sul lungo termine per gli investitori.

È evidente come i due approcci siano complementari. Se il primo offre una più ampia visione di insieme, utile per indirizzare al meglio i processi decisionali, il secondo fornisce una prospettiva più specifica, che facilita gli investitori nelle loro scelte. Integrarli e facilitarne l’adozione è la missione della neonata Value Reporting Foundation.