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Costruisci la tua reputazione come leader affidabile

Costruisci la tua reputazione come leader affidabile

Di recente ho dovuto fornire un feedback a un dirigente – chiamiamolo “Gabe” – in base a una serie di dati che avevo raccolto. Il dirigente ha trovato quello che avevo da dirgli – ovvero: “Le persone fanno fatica a fidarsi di te” – dolorosamente difficile da ascoltare. Gabe si è difeso in modo intenso. Ha insistito sul fatto di aver mantenuto i suoi impegni, di aver ottenuto risultati positivi e di non aver mai agito in modo ingannevole o senza scrupoli. Ogni sua affermazione era vera.

Come molti leader, è rimasto scioccato nell’apprendere che gli standard di affidabilità sono aumentati in modo significativo, mentre l’ esperienza mondiale relativa all’onestà e alla fiducia è calata vertiginosamente. L’ Edelman Trust Barometer 2021 ha rivelato che il governo, le ONG e i mass-media hanno continuato a perdere fiducia, e nello scenario delineato da Edelman solo il mondo del business sembra resistere, a malapena, come settore che le persone considerano competente ed etico. Le aspettative delle persone, oltre che la definizione di affidabilità si stanno evolvendo rapidamente, e per i leader di oggi occorre molto impegno per guadagnarsi fiducia.

I risultati dello studio longitudinale di 15 anni su più di 3.200 leader sul tema dell’onestà organizzativa, che ho condotto per il mio libro To Be Honest: Lead with the Power of Truth, Justice, and Purpose, mostrano che per guadagnare e mantenere la fiducia i leader devono accettare che l’affidabilità e l’integrità sono solo una parte del percorso. Queste caratteristiche, da sole, non ti faranno guadagnare la reputazione di essere degno di fiducia. Potrebbero farti etichettare come “credibile” o come “persona con cui è facile lavorare”, ma essere considerati degni di fiducia richiede ancora un maggiore sforzo. Se vuoi essere certo che le persone che guidi ti concedano la loro fiducia, ecco quattro pratiche da padroneggiare. La mia ricerca ha rivelato che se seguirai questi consigli, avrai molte più probabilità di guadagnare e mantenere la fiducia degli altri.

Sii chi dici di essere.

Consapevolmente o meno, tutti noi navighiamo nel mondo guidati da una serie di valori che vengono confermati dalle nostre azioni. Potremmo dire di essere empatici e che apprezziamo la compassione, ma se la prima domanda che ci poniamo dopo aver sentito qualcuno schiantarsi contro la nostra nuova auto nel parcheggio è: “Quanto è grave il danno…?” invece di: “Qualcuno si è fatto male?”, il nostro impegno ad essere compassionevoli risulterà piuttosto scarso. Molti giudicano la nostra affidabilità dalla misura in cui le nostre azioni e parole corrispondono. Ecco come assicurarsi essi che lo facciano:

  • incarna i valori che dichiari. La prima cosa che dovrai fare è chiarire ed articolare i tuoi valori in modo che gli altri sappiano cosa aspettarsi. Inoltre è importante sottolineare che le buone intenzioni non contano. Tornando al nostro dirigente Gabe, uno dei problemi riscontrati nel suo feedback era che esaltava abitualmente l’importanza del lavoro di squadra e di essere una squadra “tutto per uno”, tuttavia durante le riunioni diventava impaziente quando si trattava di ascoltare gli aggiornamenti degli altri e spesso era sarcastico con i suoi feedback verso i membri del team. Nonostante non fosse sua intenzione, le sue azioni avevano intimidito gli altri e avevano impedito loro di partecipare al lavoro di team: in definitiva questo atteggiamento gli aveva fatto perdere la fiducia della squadra. I tuoi valori sono un metro di valutazione che gli altri usano per valutarti. Se non li hai articolati, le persone saranno libere di fare supposizioni che potrebbero non allinearsi con ciò in cui realmente credi. Altresì se li hai articolati, come ha fatto Gabe, stai particolarmente attento a mantenere una coerenza con quanto affermi e come ti comporti. Fai un elenco dei valori più importanti per te e, per ciascuno, definisci i modi in cui intendi declinarli nelle tue azioni quotidiane.
  • Riconosci eventuali lacune tra quello che dici e quello che fai. Nessuno di noi è sempre coerente per tutto il tempo. Identifica i momenti in cui le tue azioni hanno smentito i tuoi valori portando a conseguenze indesiderate per gli altri, come è accaduto per Gabe con il suo il comportamento durante le riunioni. Se necessario, chiedi scusa a coloro che hanno subito tali conseguenze. Altrimenti, l’ipocrisia che le persone ti attribuiscono eroderà rapidamente la fiducia nei tuoi confronti. Dimostrare umiltà circa quanto è accaduto quando si è verificato un disallineamento tra i tuoi valori e le tue azioni può rivelarsi un moltiplicatore di fiducia in quanto le persone capiranno che sei abbastanza umile da assumerti la responsabilità per quei momenti in cui le tue azioni e le tue parole non corrispondono.

Tratta gli altri e il loro lavoro con dignità.

In un’economia in cui la produzione primaria delle persone è spesso un riflesso di loro stesse – delle loro idee, intuizioni e ingegnosità – l’importanza di trattare con dignità sia il contribuente che il contributo è vitale. C’è una maggiore probabilità che le persone si fidino di quei colleghi che considerano ciò che fai come una parte distinta di ciò che sei. Ecco come farlo:

  • crea opportunità per valorizzare gli altri. Cerca modi per consentire agli altri di mostrare il proprio talento. Ad esempio, invita le persone che non hanno un’elevata visibilità a presentare i loro progetti a un pubblico più ampio all’interno della tua organizzazione. Oppure incoraggia i partecipanti di una riunione a cui sei presente ad ascoltare un collega che sai avere una grande idea, ma che sta lottando per farsi ascoltare. Forse puoi mettere in contatto qualcuno che conosci con aspirazioni di carriera con persone all’interno della tua rete organizzativa che potrebbero essere in grado di aiutarli a realizzare il loro sogno. Diventa noto come qualcuno che nobilita i contributi degli altri, assicurandosi che siano ascoltati e riconosciuti in tutta l’organizzazione;
  • sii un posto sicuro dove fallire. Sono pochi i momenti che richiedono maggiore dignità di quando gli sforzi di qualcuno falliscono. Le persone tendono a fidarsi intrinsecamente di coloro con i quali non sentono il bisogno di nascondersi, specialmente nei momenti nei quali si prova la vergogna del fallimento. Quando gli altri commettono errori, anche sostanziali, assicurati che mantengano intatto il rispetto di loro stessi. Trova un giusto equilibrio tra l’esprimere il tuo disappunto e il rimanere un alleato, e fai tutto il possibile per aiutare chi si trova in difficoltà a tornare in pista.

Equilibrio tra trasparenza e discrezione.

Per essere percepiti come trasparenti, è fondamentale essere in grado di discernere i momenti in cui concedersi di essere essere vulnerabili e aperti, e quelli in cui proteggere alcune confidenze. Guadagnerai fiducia quando sceglierai di divulgare informazioni che aiutano le persone a capire chi sei e come pensi, così come quando sceglierai di nasconderne altre, essendo però trasparente sul perché scegli di non parlarne. Ecco come trovare l’equilibrio:

  • stabilisci e mantieni i limiti delle informazioni. Sii chiaro su quali informazioni condividerai su di te e con chi. Rivelare cose sulla tua vita, come la famiglia, gli interessi esterni, la vita sociale e persino alcune sfide, apre una finestra su chi sei dietro il tuo personaggio lavorativo, creando una maggiore connessione e fiducia tra te e gli altri. Inoltre, sii generoso nel condividere informazioni relative al lavoro non trattandole mai come una fonte di potere o di vantaggio né usandole per dimostrare che sai qualcosa che gli altri non sanno. La condivisione di informazioni che potrebbero aiutare gli altri a prendere decisioni ragionate consente loro di vederti come un’utile e affidabile fonte di dati. Infine, assicurati di mantenere alcune cose per te, come le confidenze. Stai alla larga dai pettegolezzi nell’organizzazione dove operi. Le persone che ti hanno affidato informazioni sensibili non devono mai pensare che la loro fiducia sia stata mal riposta;
  • offrire e invitare a condividere dissenso e feedback. Incoraggia gli altri a far sentire la propria voce, attraverso rituali che invitano le persone a offrire idee fuori dagli schemi e feedback sinceri, così come ad esprimere vulnerabilità personale. Ad esempio, potresti aprire le riunioni chiedendo alle persone di scrivere idee, feedback o domande su delle schede, per poi sceglierne a fine riunione una o due a caso su cui discutere. Iniziare questa routine, mantenendo l’anonimato, metterà a proprio agio le persone facendole sentire al sicuro nel poter partecipare liberamente. Un leader con cui ho lavorato dopo aver condiviso le sue idee regolarmente chiedeva al suo team: “Dove ho sbagliato?”, sollecitando eventuali feedback negativi. Questa attività ha migliorato la qualità delle sue idee in modo significativo. È inoltre altrettanto importante usare la propria voce per offrire feedback o dissenso con lo scopo di aiutare gli altri a migliorare le proprie idee e il proprio lavoro. Se fai fatica a essere sincero con le persone importanti della tua vita preoccupandoti di come reagiranno, probabilmente significa che non ti sei guadagnato la loro fiducia. Non lasciare che il tuo disagio ti impedisca di offrire input che potrebbero contribuire alla loro crescita personale. Le persone si fidano naturalmente di coloro che si preoccupano abbastanza da offrire gentilmente informazioni concrete che altri non lo faranno.

Costruisci ponti che uniscono.

Se l’ultimo anno ci ha insegnato qualcosa, è quanto sia diventato frammentato il nostro mondo. Abbiamo sviluppato un’attitudine agli impulsi immediati, per schierarci, affiancandoci a coloro che vedono il mondo come noi. Coloro che contribuiscono a creare un senso di unità nelle organizzazioni saranno molto più fidati di coloro che perpetuano la polarizzazione e la divisione:

  • trasforma i rivali in complici. Il lavoro di maggior rilievo in un’organizzazione complessa avviene attraverso i confini dipartimentali. Sfortunatamente quei confini creano delle barriere, e coloro che cercano di superarle possono essere percepiti come rivali, spesso a causa di parametri e priorità in competizione tra loro o di un senso di sfiducia precedentemente accumulata. Tuttavia il valore più grande prodotto all’interno delle organizzazioni si verifica nelle “intersezioni”, i luoghi in cui le funzioni chiave si incontrano. Ad esempio, le vendite e il marketing dovrebbero creare un’ottima esperienza per il cliente. Coloro che sono in grado di costruire alleanze attraverso quei confini guadagnano maggiore fiducia, non solo dalle proprie squadre, ma anche dai team che una volta li disprezzavano. Il coraggio di servire un bene più grande con gli altri, invece di rimanere antagonisti verso gli altri, mostra la volontà di mettere da parte il tuo ego e fidarti di coloro di cui una volta avresti potuto avere difficoltà a fidarti;
  • Lasciarsi affascinare dagli altri per creare appartenenza. Quando le persone si sentono abbastanza sicure da essere sé stesse, si fidano naturalmente di coloro che emanano tale sicurezza. La frenesia della routine quotidiana, aggravata dall’essere stati separati dai colleghi per più di un anno, rende difficile notare le qualità uniche di coloro che ci circondano. Cerca e ascolta i dettagli importanti che le persone condividono sulla loro vita – forse un hobby, un recente viaggio che hanno fatto o un aspetto della loro vita familiare – poiché questi offrono importanti vie d’accesso per coltivare il senso di squadra e di appartenenza al team. Esprimi genuino entusiasmo nel sapere di più su ciò che impari dagli altri. Quando le persone comprendono che sei sinceramente interessato alle cose a cui tengono, questo le fai sentire accolte. Inoltre più imparerai su ciò che è importante per gli altri, specialmente per le persone diverse da te, meno probabilità avrai di giudicarli male, assicurandoti maggiori livelli di fiducia.

Nelle organizzazioni, non c’è valuta più preziosa della fiducia. Non possiamo più presumere che gli altri ci attribuiscano questa qualità solo perché crediamo di non aver fatto nulla per violarla. In questi tempi di incertezza senza precedenti, è fondamentale guadagnare e mantenere la fiducia degli altri ogni giorno. Se speri di godere di una carriera di grande influenza e impatto, inizia coltivando una reputazione affidabile. Ricorda che da qualche parte nella tua organizzazione un collega sta condividendo una storia sulla sua esperienza di lavoro con te. Che storia speri che stia raccontando?




Elon Musk sperimenterà i primi chip nel cervello umano entro il 2021! Ecco la conferma

Elon Musk sperimenterà i primi chip nel cervello umano entro il 2021! Ecco la conferma

Nei giorni scorsi abbiamo visto come Elon Musk con la sua Neuralink, l’azienda americana che si propone di porre in contatto macchine ed esseri viventi utilizzando chip di comunicazione impiantati nel cervello, abbia raggiunto un traguardo incredibile e anche importante: quello di far giocare un macaco a Pong grazie ad un chip impiantato nel cervello. Un risultato che ha certamente dell’incredibile e che ha posto un obiettivo che ha ancora più dell’incredibile: quello di impiantare un chip nel cervello umano entro quest’anno.

Elon Musk impianterà un chip nell’uomo entro il 2021

Gli sviluppi di Neuralink hanno davvero sconvolto tutti e vedere un macaco che si è esibito in una partita al videogioco Pong comandando la sua racchetta virtuale soltanto con il pensiero non fa che ben sperare per un implementazione nel cervello umano per la lotta a malattie degenerative. Ed è proprio questo lo scopo della Neuralink di Elon Musk che prosegue nelle ricerche e nei test e l’obbiettivo appunto è quello di riuscire a testare i suoi chip sui primi soggetti umani già entro il 2021.

In questo caso però l’ostacolo principale a questa operazione non è tanto dipendente dagli sviluppi tecnologici del chip o ddi Neuralink ma anche dall’approvazione della FDA, ovvero la Food and Drug Administration: l’organo che negli Stati Uniti regolamenta i test e l’ingresso sul mercato nel territorio nazionale di tutti i farmaci e i dispositivi ad uso medico. Di fatto però Elon Musk ha già confermato la possibilità che l’implementazione di un chip nel cervello umano possa avvenire davvero entro questo 2021.

Direttamente tramite Twitter, il CEO di Tesla ma anche di Neuralink appunto, ha deciso di rispondere ad un utente che ha domandato effettivamente quando potremo vedere l’implementazione di un chip in un cervello umano. In questo caso la domanda è più che lecita visto che l’utente che ha posto la domanda è rimasto paralizzato dalle spalle in giù in un incidente d’auto avvenuto ormai 20 anni fa e dunque si è praticamente candidato per i test clinici che Neuralink vorrà fare sugli esseri umani prima o poi. Elon Musk ha in qualche modo esternato la roadmap della sua azienda rispondendo che “Neuralink sta lavorando a stretto contatto con la FDA per garantire che gli impianti dei chip siano sicuri. Se le cose andranno come speriamo, potremmo essere in grado di effettuare i primi test sugli esseri umani più tardi nel corso dell’anno. Insomma sembra proprio che Neuralink ed Elon Musk facciano le cose sul serio. E non c’erano poi troppi dubbi.




Banca d’Italia, Dragotto: “La reputazione è un bene intangibile che si alimenta ogni giorno con credibilità e fiducia”

Banca d'Italia, Dragotto: "La reputazione è un bene intangibile che si alimenta ogni giorno con credibilità e fiducia"

L’ecosistema della comunicazione sta attraversando un mutamento profondo, caratterizzato sempre più dalla necessità di quella che viene definita ‘comunicazione integrata’. Qual è il suo concetto di ‘comunicazione integrata’? Quali le opportunità e i rischi? E come è cambiata e sta cambiando la professionalità richiesta a un comunicatore in generale e a un comunicatore istituzionale in particolare?
Una comunicazione integrata contribuisce a creare e veicolare la visione d’insieme dell’azienda: l’identità, i valori, la cultura. È un’opportunità, non un rischio. È necessario però che alla “comunicazione” sia riconosciuto il rango di funzione d’impresa e non solo di supporto alle altre funzioni ritenute core. E questo purtroppo non sempre accade. Poi, entrano in gioco le abilità di chi comunica: saper ascoltare e interagire con gli stakeholder, che possono essere molto eterogenei tra loro; riuscire ad utilizzare in modo sapiente ed equilibrato strumenti e canali; parlare e coinvolgere i diversi pubblici esterni e quello interno all’azienda. Sto parlando di sinergia e coordinamento. Se tutto questo si realizza, siamo sulla strada giusta per una comunicazione efficace. In questo senso non faccio differenze tra chi comunica per un’Istituzione e chi lo fa per un’impresa.

Molti esperti del settore affermano che, nel nuovo ecosistema della comunicazione, i brand – anche quelli istituzionali – hanno bisogno di uscire dalla loro ‘comfort zone’ per andare incontro al pubblico. A suo parere, cosa significa – o dovrebbe significare – in concreto in termini di strategie comunicative, di linguaggio, di approccio? E cosa significa per le massime realtà istituzionali di economia e finanza italiane, a cominciare dalla Banca d’Italia?
La “comfort zone”, per mia esperienza, è venuta meno da tempo. Il pubblico è sempre più attento ed esigente e chiede alle istituzioni – su cui mi soffermo visto che è il mio campo di attività – di dare conto del loro operato. Le istituzioni, dal conto loro, hanno bisogno di farsi conoscere e comprendere per poter consolidare l’affidamento da parte del pubblico. Internet e i social network hanno modificato il paradigma comunicativo. Le piattaforme digitali sono grandi piazze in cui si conversa alla pari anche su argomenti complessi e di cui non si conoscono le possibili sfaccettature. Il rischio di disinformazione è elevato e così anche il danno per un’istituzione che sconta scelte a volte impopolari e un linguaggio tecnico non accessibile. Trasparenza e accountability sono a mio avviso due fattori fondanti di una strategia comunicativa finalizzata a sviluppare una relazione durevole con il pubblico: far conoscere l’istituzione, i suoi valori, le sue funzioni, le sue attività. Il linguaggio merita un discorso a sè stante: è sempre più necessario trovare un punto di equilibrio tra tecnicismo, formalità e semplificazione.

Elemento chiave della comunicazione è la reputation. Come si conquista, ma soprattutto come si mantiene nel nuovo ecosistema comunicativo? E qual è l’atteggiamento che un comunicatore deve tenere quando esce una notizia che, potenzialmente, mina la reputation dell’azienda o dell’Istituzione per cui lavora?

Mi riaggancio a quanto dicevo prima. La reputazione è un valore intangibile che si costruisce ogni giorno ed è alimentata da credibilità e fiducia che a loro volta non possono prescindere da comportamenti trasparenti e responsabili. La Comunicazione svolge un ruolo strategico nel veicolare questi principi e valori. Con queste armi si affronta una notizia potenzialmente lesiva.

L’Italia, secondo un’indagine dell’Ipsos Mori Social Research Institute, è tra i Paesi sviluppati il primo per ‘Misperception Index’, che analizza e confronta il divario accumulato in 37 Paesi fra la percezione della realtà e la realtà stessa. Perché, a suo parere, questo avviene in modo particolare nel nostro Paese?

Non ho una risposta sul perché. In generale, credo che più fattori possano contribuire ad una percezione diversa della realtà. Pensiamo ai media. Il risalto o il mancato risalto che danno ad un evento, il modo in cui lo raccontano può contribuire alla sua lettura. Informazioni eccessive a volte discordanti, a volte non accurate nè verificabili, magari amplificate dall’utilizzo dei social possono provocare confusione e alterare la percezione dei fatti. Lo abbiamo visto durante questo periodo di emergenza sanitaria: notizie discordanti hanno creato incertezza nei comportamenti e disorientato anche sulle precauzioni da adottare. Sulle piattaforme social a volte si perde il confine fra fatto e opinione e anche questo contribuisce ad alterare la percezione della realtà. Il senso di disapprovazione e le emozioni che originano da un evento, il contesto socio-economico ma anche le esperienze personali a loro volta influenzano gli stati d’animo, la lettura della realtà, le risposte ad un’indagine.

Collegandoci alla domanda precedente, c’è il tema delle ‘fake news’. Come una professionista del suo livello le contrasta quando le rileva? Con quali metodi, con quale approccio?
Cercando di riportare ordine e correttezza nell’informazione, pubblicando precisazioni su fatti e dati, separando i fatti dalle opinioni. In sintesi, iniziative di fact checking e una reazione decisa e tempestiva che tiene conto della gravità della disinformazione procurata dalla notizia falsa. La notizia manipolata è un incubo per ogni comunicatore, l’impegno è sempre quello di essere chiari e utilizzare un linguaggio univoco per minimizzare il rischio. Detto questo, la rete produce disintermediazione e questo facilita e alimenta le fake news. Ricondurre un’informazione alla sua corretta lettura può tuttavia diventare impresa ardua quando la notizia falsa è sostenuta da pregiudizio e interpretazione strumentale. La fake news resterà nel retropensiero dei lettori e verrà riproposta all’occorrenza.

Da molte statistiche e studi emerge che, tra i cittadini dei Paesi sviluppati, gli italiani presentano un livello medio assai basso in termini di conoscenze economico-finanziarie di base. Sono in atto, anche da parte di Banca d’Italia, iniziative concertate di comunicazione per provare a colmare questo gap. Qualche risultato sta emergendo o siamo ancora a notte fonda?

La cultura finanziaria è inclusione, autotutela, consapevolezza nelle scelte quotidiane di spesa e di investimento. La comunicazione è focalizzata su questi messaggi. Banca d’Italia e IVASS partecipano e agiscono in sinergia con il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. Oggi esiste una strategia nazionale, il mese di ottobre dedicato all’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale; con Soroptimist è stato lanciato un corso dedicato alle donne più fragili. Banca d’Italia ha attivato il portale “L’economia per tutti” nel quale è possibile trovare informazioni per orientarsi nella gestione del denaro, nel risparmio, negli investimenti; ha siglato accordi con il MIUR per la formazione finanziaria nelle scuole; svolge seminari formativi a livello territoriale. IVASS ha pubblicato video-game, quiz e guide didattiche. Le iniziative per lo sviluppo della cultura finanziaria sono numerose. I risultati, anche se lentamente, stanno arrivando e cresce l’interesse degli utenti per queste iniziative. Un’indagine promossa dall’OCSE nel 2020 su 26 paesi, rileva che, in una scala da 1 a 21, il livello medio di alfabetizzazione finanziaria degli italiani è 11,2, in lieve miglioramento rispetto alla precedente rilevazione del 2017 ma ancora indietro rispetto al 12,7 degli altri paesi. Il gruppo di lavoro G20, sotto la Presidenza italiana, ha comunicato che saranno analizzati gli effetti della pandemia sull’inclusione finanziaria delle fasce più vulnerabili della popolazione e delle micro-imprese e che verranno individuate le azioni da intraprendere per colmare i divari generati dalla crisi.

Donne e comunicazione economico-finanziaria. Lei, insieme a Janina Benedetta Landau, ha scritto il libro “#Comunicatrici”, che contiene nove interviste a donne manager impegnate nel mondo della comunicazione all’interno di grandi realtà italiane e internazionali e traccia un’interessante e inedita panoramica sul mondo della comunicazione al femminile. Qual è lo stato d’arte sull’argomento e quale il messaggio cruciale che invia il libro?
Le donne hanno, in genere, una predisposizione all’autocritica elevata e una propensione al rischio bassa: queste caratteristiche sovente le spingono a fare un passo indietro piuttosto che a mettersi in gioco. Il libro racconta storie di successo femminile perché intende lanciare un messaggio preciso: credere nelle proprie abilità, investire in sé stesse e nelle proprie competenze costituiscono il primo passo per una crescita professionale, sociale, familiare. È una lettura un po’ diversa perché prova a mettere in luce anche gli ostacoli che le donne pongono a se stesse. Detto questo, il contesto culturale, i comportamenti, il linguaggio spesso non sono rispettosi della figura femminile. Il libro racconta dell’aggressività via social, dell’offesa fisica, della difficoltà di conciliare vita lavorativa e famiglia in assenza di un sistema di welfare pubblico o di condizioni economiche non adeguate. Secondo una recente indagine di Ministero del Lavoro e Banca d’Italia, a fine febbraio le posizioni lavorative occupate da donne erano 76 mila in meno rispetto al precedente anno e tra le ragioni si cita proprio la difficoltà di conciliare l’attività lavorativa con i carichi familiari durante l’emergenza sanitaria.

L’Italia appare in ritardo sul fronte della digitalizzazione e sull’uso del digitale. E in questo ritardo sono compresi anche pezzi importanti della comunicazione. Crede che l’esperienza che stiamo vivendo con il Covid-19 potrà dare una spinta decisiva per recuperare il terreno perduto?

Spero proprio di si. E spero soprattutto che il processo di digitalizzazione sia inclusivo. La pandemia ha dato un’accelerazione alla domanda di connessione per poter rispondere a bisogni essenziali come lavorare, studiare, acquistare beni primari, comunicare. Ma il digital divide esiste e su questo bisogna intervenire. Per chi comunica, la sfida principale è sfruttare il digitale in modo ottimale. Questo non significa semplicemente conoscere le diverse piattaforme ma soprattutto acquisirne confidenza e capirne le implicazioni, decidere la strategia di comunicazione web, scegliere dove stare e con quali contenuti. Perché sul web non bisogna solo esserci ma starci. Oggi la comunicazione è sempre più un racconto sul digitale.

Per le esperienze professionali di alto livello che ha avuto e che ha, si trova in una posizione privilegiata nel cogliere l’humus di fondo del Paese. Dietro le ansie e le preoccupazioni antiche e recenti, dietro lo stordimento di questo periodo scorge un Paese rassegnato o ancora vitale? In altre parole, come vede l’Italia e come la comunicherebbe nei suoi tratti fondamentali guardando al futuro?
L’estate scorsa ci eravamo illusi di aver superato l’emergenza sanitaria ma la recrudescenza dei contagi in autunno ci ha ricordato che nulla è ancora passato. Dolore, angoscia, ansia sicuramente rendono bene l’idea di quello che stiamo vivendo da oltre un anno. Oggi le speranze e le attese sono riposte sui progressi e sul buon esito della campagna di vaccinazione. Non percepisco rassegnazione, anzi il contrario. La prospettiva è il ritorno alla normalità, che magari sarà diversa da quella finora vissuta, ma sarà pur sempre una normalità. Credo che comunicherei il Paese partendo dallo spirito di adattamento finora dimostrato e puntando sulla capacità di reagire e di adattarsi al cosiddetto “new normal”.

L’economia, rifacendosi alla definizione coniata dallo storico del XIX secolo Thomas Carlyle, viene talvolta chiamata la “Scienza triste”. Lei, che l’economia la comunica, la trova così triste?
Non trovo l’economia una scienza triste, semmai rigorosa. Dietro ogni numero c’è un’analisi che ne spiega il perché. E poiché sono una razionale, mi piace ripercorrere i processi logici. Comunicare l’economia è molto interessante. 




COME SI COMPORTANO GLI ANIMALI SOCIALI NEL LORO HABITAT

COME SI COMPORTANO GLI ANIMALI SOCIALI NEL LORO HABITAT

Premessa: l’uomo come animale sociale

L’uomo è per natura un animale sociale, e – come diceva Aristotele – vive con il costante bisogno di confronto e di rapporto. La condivisione di esperienze, eventi sociali, rivoluzioni culturali e avvenimenti storici influiscono sulla formazione della personalità, delle attitudini e dei valori degli individui, e determinano i tratti fondamentali di una generazione. Con questo articolo andiamo brevemente a indagare le motivazioni secondo cui lo stesso bisogno avvertito da persone di età diverse venga colmato dai social network. Partiamo da un assunto: nel mondo odierno convivono sulle piattaforme sociali 3 diverse generazioni, ovvero i Baby Boomer, i Millennials e la Generazione Z: sono spesso presenti su tutte le piattaforme di tendenza (Facebook, Instagram e TikTok), ma allo stesso tempo preferiscono esprimersi intensivamente su quella che più li rappresenta.

Facebook

Il mondo dei Baby Boomer e del “Buongiornissimo caffè”. Originaariamente locazione ideale per testi lunghi e petulanti che creavano apparente socialità, ma non evasione da un mondo già pesante di per sé. Attualmente, “sfogatoio” digitale, social inutilizzabile e poco utilizzato dai giovani, poiché privo di contenuti interessanti tali da valer la pena frequentarlo. Il nonnismo soffoca la libertà d’espressione e pesa sulle nuove correnti di pensiero che preferiscono un ambiente più liberale. Nota positiva? Ricorda i compleanni.

Instagram

È la terra di mezzo. Tutte le generazioni confluiscono lì, ma è per definizione lo spazio dei Millennials. È il social in cui prevale la comunicazione fotografica d’impatto ed è sede di ostentazione della perfezione. Si apre l’App e si viene travolti da un’ondata di tossica finzione, nella quale l’immagine che si mostra di sé conta più di ciò che si è realmente.

TikTok

È la piattaforma di chi è nato con lo smartphone in tasca, con la rivoluzione in testa e con la voce più forte degli altri: i nativi digitali comunemente chiamati Gen Z. È il rifugio sicuro dove ogni ragazzo può esprimere sé stesso e i propri talenti senza paura del giudizio. Su TikTok si condividono valori in cui credere, sperare e sognare. Un social di mentalità aperta, dove si premia l’imperfezione e per certi versi si esaltano i difetti.

Social: opportunità e problemi

Abbiamo sottolineato i tratti distintivi di queste piattaforme, ora indaghiamone le criticità. Viviamo in una società molto competitiva, dove esisti solo se gli altri si accorgono di te: per questo ognuno urla più forte che può, per autodeterminarsi anche a costo di danneggiare il prossimo. La pressione sociale è molto sentita, tanto che si viene a creare un collasso epistemico, urlando per noi e contro gli altri, schiacciando i più deboli: opprimere un utente online non limita i danni su di esso offline, ma anzi può generare disturbi alimentari, ansia, depressione, rifiuto di esprimersi.

Più è ampia la libertà di espressione, più abbiamo la sensazione di poterci esprimere anche attaccando aggressivamente, e così facendo limitiamo il diritto alla altrui diversità e – implicitamente – promuoviamo l’omologazione. I social, mezzo di espressione potentissimo, costituiscono anche un’arma letale in mano a chi è in disaccordo con un’idea, il quale non si limita a esprimere il proprio pensiero, ma scredita quello altrui denigrando pubblicamente anche la persona che l’ha espresso.

Conclusioni

Dal punto di vista dei Millennials e della Gen Z, Facebook è inutilizzabile, Instagram nonostante i difetti e l’ostentazione della perfezione rimane il social più gettonato, e TikTok il più liberale e in ascesa. Siamo animali sociali che hanno bisogno di credere in qualcosa per vivere: i giovani credono nei Social come strumento per avvicinarsi in qualche modo  a ciò che non hanno. Ammettiamolo: tutti gli stereotipi irraggiungibili creano disagi e insicurezze, ma vedere vite perfette – anche se è chiaro che non rispecchiano la realtà – ti fanno fluttuare in quella bolla di irrealismo sottilmente piacevole, che rappresenta l’evasione da una giornata No, e ti fa sognare di poter vivere, prima o poi, una vita alla Chiara Ferragni.




L’Oms pubblica il primo rapporto globale sull’intelligenza artificiale per la salute

L’Oms pubblica il primo rapporto globale sull’intelligenza artificiale per la salute

L’intelligenza artificiale (AI) è molto promettente per migliorare l’assistenza sanitaria e la medicina in tutto il mondo, ma solo se l’etica e i diritti umani vengono messi al centro della sua progettazione, implementazione e utilizzo. Questo il principio cardine delle nuove linee guida dell’OMS pubblicate recentemente.

Il rapporto, Etica e governance dell’intelligenza artificiale per la salute, è il risultato di 2 anni di consultazioni tenute da un panel di esperti internazionali nominati dall’OMS .

“Come tutte le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale ha un enorme potenziale per migliorare la salute di milioni di persone in tutto il mondo, ma come tutte le tecnologie può anche essere utilizzata in modo improprio e causare danni”, ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. “Questo nuovo importante rapporto fornisce una guida preziosa per i paesi su come massimizzare i benefici dell’IA, riducendo al minimo i suoi rischi ed evitando le sue insidie”.

Sei principi per garantire che l’AI sia applicata nell’interesse pubblico in tutti i paesi

Per limitare i rischi e massimizzare le opportunità intrinseche all’uso dell’IA per la salute, l’OMS fornisce i seguenti principi come base per la regolamentazione e la governance dell’IA:

Proteggere l’autonomia dell’uomo: nel contesto dell’assistenza sanitaria, ciò significa che gli esseri umani dovrebbero mantenere il controllo dei sistemi sanitari e delle decisioni mediche; la privacy e la riservatezza dovrebbero essere protette e i pazienti devono fornire un valido consenso informato attraverso adeguati quadri legali per la protezione dei dati.

Promuovere il benessere e la sicurezza delle persone e l’interesse pubblico. I progettisti di tecnologie di intelligenza artificiale dovrebbero soddisfare i requisiti normativi di sicurezza, accuratezza ed efficacia per casi o indicazioni ben definiti. Devono essere disponibili misure di controllo della qualità e di miglioramento di quest’ultima in relazione all’impiego dell’AI.

Garantire trasparenza e intelligibilità. La trasparenza richiede che siano pubblicate o documentate informazioni sufficienti prima della progettazione o dell’implementazione di una tecnologia di intelligenza artificiale. Tali informazioni devono essere facilmente accessibili e facilitare una consultazione pubblica e un dibattito su come è stata progettata la tecnologia e su come dovrebbe o non dovrebbe essere utilizzata.

Promuovere responsabilità e appropriatezza. Sebbene le tecnologie di intelligenza artificiale svolgano compiti specifici, è responsabilità delle parti interessate garantire che vengano utilizzate in condizioni appropriate e da persone adeguatamente formate.

Garantire l’inclusione e l’equità. L’inclusività richiede che l’IA per la salute sia progettata per incoraggiare l’uso e l’accesso più equo possibile, indipendentemente da età, sesso, genere, reddito, razza, etnia, orientamento sessuale, abilità o altre caratteristiche protette dai codici dei diritti umani.

Promuovere un’IA reattiva e sostenibile. I progettisti, gli sviluppatori e gli utenti dovrebbero valutare in modo continuo e trasparente le applicazioni AI durante l’uso effettivo per determinare se l’AI risponde in modo adeguato e appropriato alle aspettative e ai requisiti. I sistemi di IA dovrebbero anche essere progettati per ridurre al minimo le loro conseguenze ambientali e aumentare l’efficienza energetica. I governi e le aziende dovrebbero essere in grado di affrontare eventuali interruzioni sul posto di lavoro, comprese quelle per la formazione degli operatori sanitari per adattarsi all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale e le potenziali perdite di posti di lavoro dovute all’uso di sistemi automatizzati.

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