Csr da record in Italia: 1,8 miliardi investiti nel 2019
|
Un fenomeno, quello della responsabilità sociale d’impresa (la cosiddetta Csr, sigla che sta per Corporate Social Responsibility) e dell’attenzione allo sviluppo sostenibile, che non ha fatto altro che crescere negli ultimi 20 anni. Rappresenta infatti un record la cifra di quasi un miliardo e ottocento milioni di euro (1,771 miliardi per l’esattezza) investiti nel 2019 in azioni di Csr e Sostenibilità dalle aziende italiane che hanno scommesso sul loro ruolo di produttori di valore sociale: il 25% in più rispetto al 2017, quando la cifra si attestava sui 1,412 miliardi. Ad investire nel corso dello scorso anno il 92% delle aziende con più di 80 dipendenti dislocate sul territorio italiano (era l’85% nel 2017). Sono alcuni dei dati emersi dal IX Rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia, la statistica promossa dall’Osservatorio Socialis, realizzata dall’Istituto Ixè
Il valore assoluto degli investimenti in Csr delle aziende in Italia (campione 400 imprese) è più che quadruplo rispetto a quello di 18 anni fa quando venne realizzata la prima rilevazione dell’Osservatorio Socialis; rispetto alla rilevazione 2017, documenta una ulteriore crescita della spesa per iniziative di responsabilità sociale e sostenibilità, ma inevitabilmente registra anche un freno nelle previsioni per l’anno 2020 a causa della crisi conseguente all’emergenza Covid-19.
“I dati restituiti dal IX Rapporto CSR confermano il radicamento e il valore del fenomeno – commenta Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis – Ora si tratta di reggere l’urto dell’emergenza Covid-19 pensando a nuovi modelli di sviluppo, ancora più sostenibili, più attenti alle persone, all’ambiente, al contenimento degli sprechi, dove la tecnologia e l’innovazione sposano la responsabilità sociale. L’approccio però dovrà essere metodico per portare i suoi frutti, e avere il sostegno di una politica di premialità fiscale dedicata, in maniera strutturale e non occasionale, a chi dimostra di operare in ottica integrata: sociale, economica e ambientale”.
L’investimento medio in Csr delle aziende italiane nel 2019 è salito a 241mila euro rispetto ai 209mila euro del 2017, con un incremento del 15%. Il dato viene visto a ribasso nelle previsioni per il 2020, dove si prevede una diminuzione dell’investimento del 16%, posizionandosi ad una quota di 203mila euro. Ma oltre il dato previsionale, la Csr rimane solida e sempre più radicata nella cultura aziendale.
Per quanto riguarda le aree e le modalità di investimento, secondo il IX Rapporto dell’Osservatorio Socialis le aziende che fanno attività di Csr si concentrano, come negli anni precedenti, soprattutto sulle iniziative interne all’azienda (66%), come quelle legate alla formazione del personale, in costante crescita, indicata dal 49% dalle imprese intervistate. Il 47% delle aziende promuove iniziative dedicate al territorio vicino alla sede dell’impresa, mentre solo l’8% dedica azioni rivolte ai paesi esteri, confermando la volontà delle aziende di migliorare il rapporto con territorio e le comunità di appartenenza.
I maggiori investimenti vengono dedicati ad azioni per diminuire l’impatto ambientale: il 42% delle aziende privilegia azioni di investimento nelle tecnologie innovative per limitare l’inquinamento e migliorare lo smaltimento dei rifiuti, mentre il 38% investe per migliorare il risparmio energetico.
La Csr si conferma conveniente per le aziende che la praticano: il 49% delle aziende intervistate indica che la Csr porta ad un miglioramento della loro immagine e per 4 aziende su 10 essa porta ad un miglioramento dei rapporti con i territori e le comunità. La rilevazione delle opinioni sulla Csr mostra poi che l’attenzione delle imprese e dei consumatori rimane alta. Infatti, il 43% delle imprese intervistate ritiene che l’attenzione verso la Csr sia in crescita e il 49% dei manager intervistati ritiene che anche l’attenzione dei consumatori sia in crescita.
Per la prima volta la cifra stanziata per gli investimenti in Csr ipotizzata per l’anno in corso è inferiore a quella dell’anno precedente. Il 37% delle imprese intervistate ha dichiarato di aver stanziato un budget per la Csr nel 2020 prima dell’emergenza Covid-19, ma poi ha deciso/dovuto ridurlo o annullarlo a causa della crisi economica. Queste imprese hanno dichiarato un investimento annuale medio di 130mila euro.
Invece, il 40% delle imprese ha affermato che il proprio budget previsto non è variato, dichiarando di investire mediamente 293mila euro per il 2020. Viceversa esiste un 18% di imprese che non aveva previsto un budget ma, a seguito dell’emergenza sanitaria, ha deciso di stanziarne uno, con un investimento medio di 153mila euro.
Ad oggi, quindi, i dati suggeriscono che, anche se nel 2020 le imprese che investiranno in Csr e sostenibilità potrebbero crescere fino ad un massimo del 95% del totale, il budget medio da loro stanziato dovrebbe diminuire.
Quasi 8 imprese su 10 ipotizzano che nel prossimo futuro la Cst sarà messa a sistema e maggiormente organizzata nel modello di business della propria impresa. Una previsione condivisa soprattutto delle imprese del Nord Italia, nei settori finance, telecomunicazioni, farmaceutica e manifatturiero.
La figura del responsabile Csr diventa sempre più presente e richiesta dalle aziende, il 70% delle imprese intervistate afferma di avere in organico una funzione, un responsabile incaricato di seguire le attività di Csr e sostenibilità. Una figura ancora più frequente tra le aziende con il fatturato di oltre 25 milioni. Inoltre, l’80% delle aziende campione ritiene che una specializzazione in CSR possa rappresentare un elemento distintivo in un curriculum, un dato in continua crescita negli anni. Un apprezzamento per queste competenze trasversale alle dimensioni e al fatturato delle imprese.
Infine, nelle rilevazioni sull’attività comunicativa viene registrato un aumento delle imprese che adottano un sistema interno di diffusione della cultura di CSR aziendale (65% nel 2019). I canali più utilizzati da questo segmento di imprese sono quelli di matrice più tradizionale, come le comunicazioni interne della direzione (52%) e gli incontri periodici con i dipendenti (42%).
Nel corso dell’iniziativa, l’Osservatorio Socialis ha reso disponibile la nuova piattaforma digitale www.csrcheck.it, strumento creato per aiutare tutte le organizzazioni pubbliche e private a costruire il proprio modello di sviluppo sostenibile, misurando il livello di responsabilità sociale e costruendo un percorso su 6 macro aree, coerenti e riconoscibili. La piattaforma si avvale della collaborazione delle Facoltà di Economia di Milano Bicocca e dell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti e Pescara, insieme al Comitato Direttivo del Master MARIS – Rendicontazione Innovazione Sostenibilità dell’Università di Roma Tor Vergata.
Il rapporto è stato presentato in diretta web dalla sede di Università Mercatorum a Roma, con la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti, Fondazione Amplifon, Fondazione Prioritalia, Msc Italia, e con il patrocinio istituzionale di ministero dell’Economia e delle Finanze, ministero dell’Ambiente, Commissione europea – Rappresentanza in Italia e Unioncamere, e di 21 atenei italiani.
L’intelligenza artificiale scopre un super antibiotico
|
Con un nome ispirato al cinema, uccide anche batteri resistenti
Grazie all’intelligenza artificiale e’ stato identificato un nuovo super antibiotico: chiamato ‘halicin’ in omaggio al supercomputer Hal 9000 del film ‘2001: Odissea nello spazio’, ha dimostrato nei test di laboratorio di poter eliminare molti dei batteri portatori di malattie, compresi alcuni ceppi diventati resistenti a tutti i farmaci tradizionali. Il risultato, pubblicato sulla rivista Cell dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova era per la ricerca sugli antibiotici, che negli ultimi anni ha subito un forte rallentamento.
“Stiamo affrontando una crisi crescente per quanto riguarda l’antibiotico-resistenza, e questa situazione si e’ venuta a creare sia per un aumento dei microrganismi patogeni divenuti resistenti, sia per una produzione sempre piu’ scarsa di nuovi antibiotici da parte delle industrie biotech e farmaceutiche”, afferma James Collins del Mit.
Per superare questa impasse, i ricercatori hanno messo a punto un algoritmo di apprendimento automatico addestrato ad analizzare in modo estremamente accurato la struttura chimica dei composti chimici, mettendola in correlazione con specifiche proprieta’ come la capacita’ di uccidere i batteri.
In questo modo hanno ottenuto una piattaforma capace di passare in rassegna piu’ di centro milioni di composti nell’arco di alcuni giorni, identificando quelli che potrebbero uccidere i batteri usando meccanismi d’azione diversi rispetto ai farmaci esistenti.
“Il nostro approccio ha svelato questa fantastica molecola che e’ verosimilmente uno degli antibiotici piu’ potenti mai scoperti”, sottolinea Collins.
Lo studio ha permesso di individuare anche altre 8 molecole potenzialmente interessanti che verranno testate a breve. Secondo i ricercatori, il sistema potrebbe essere usato pure per progettare nuovi farmaci e ottimizzare quelli esistenti.
I sistemi di intelligenza artificiale (AI) ad alto rischio, come il riconoscimento facciale, dovranno essere “trasparenti, tracciabili e garantire il controllo umano” in settori ‘sensibili’ come “salute, polizia e trasporti”: così la Commissione Ue nel suo White Paper sull’AI presentato a Bruxelles, aggiungendo che “questi sistemi possono comportare rischi” per questo “è essenziale costruire fiducia” con “regole chiare” per le applicazioni “ad alto rischio” che dovranno essere “conformi alle norme europee”.
Tutte le applicazioni di intelligenza artificiale che arrivano sul mercato Ue “sono benvenute” ma dovranno conformarsi al quadro normativo europeo, avverte Bruxelles. Per i sistemi a basso rischio, la Commissione prevede un sistema volontario di etichettatura. La Commissione europea, chiarisce inoltre che le autorità “dovrebbero essere in grado di testare e certificare i dati utilizzati dagli algoritmi”, garantendo “il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare la non discriminazione”.
Nel ‘White Paper’ sull’intelligenza artificiale, la Commissione Ue ha sottolineato inoltre che il riconoscimento facciale è tra i sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio, “il suo uso è generalmente proibito” e ammesso “solo in casi eccezionali, debitamente giustificati e proporzionati, soggetti a garanzie e basati sul Diritto dell’Unione o nazionale”. L’esecutivo Ue intende avviare “un ampio dibattito su quale eventuali circostanze potrebbero giustificare tali eccezioni”.
“L’intelligenza artificiale non è buona o cattiva in sé: tutto dipende dal perché e da come viene usata. Consentiamo il miglior uso possibile e controlliamo i rischi che l’intelligenza artificiale può rappresentare per i nostri valori – nessun danno, nessuna discriminazione!”. Così su Twitter la vicepresidente della Commissione Ue con delega al digitale e alla concorrenza, Margrethe Vestager.
Per rafforzare l’Intelligenza artificiale (AI), l’obiettivo è attrarre investimenti pari a 20 miliardi di euro all’anno, nei prossimi 10 anni: lo scrive la Commissione Ue nella sua comunicazione di oggi su intelligenza artificiale, dati e digitale.
Pmi, dal nuovo Codice di autodisciplina una spinta alla Borsa
|
Per le piccole e medie imprese sarà più facile quotarsi a Piazza affari. Patrizia Grieco: «Ora la chiave è nella sostenibilità»
Per le piccole e medie imprese sarà più facile quotarsi a Piazza affari. Minori adempimenti per allinearsi alle prescrizioni del Codice di autodisciplina in materia di corporate governance e facilitazioni sono previste per le società con una capitalizzazione inferiore al miliardo e per quelle “a proprietà concentrata” (cioè controllate con più del 50% dei diritti di voto), che oggi rappresentano circa la metà delle imprese quotate sul mercato principale gestito da Borsa Italiana. Il nuovo codice di autodisciplina, rivisitato e snellito da 40 a 20 pagine è già in vigore con un’applicazione differita al 2021.
La presentazione
«La revisione si è mossa su quattro direttici – spiega a Il Sole 24 Ore Patrizia Grieco, presidente del Comitato italiano per la corporate governance – cioè sostenibilità, engagement, proporzionalità e semplificazione. La sostenibilità assume un ruolo centrale nella strategia di un’azienda, sia in termini di indirizzo che di monitoraggio dei rischi. Viene tradotta dal codice nel successo sostenibile dell’impresa nel medio lungo termine. Per anni le strategie sono state dominate da politiche di breve termine, che non controllano e non possono aiutare l’azienda nella determinazione di quelli che sono effettivamente i suoi rischi. Un’azienda sostenibile è un’impresa che ha fatto derisking rispetto alla propria attività e in questo senso è più profittevole nel tempo e non è soggetta in prospettiva a scomparire per rischi che non aveva calcolato. L’approccio di medio-lungo periodo si deve riflettere anche nelle politiche di remunerazione».
L’intervista
Presidente, la semplificazione è il driver del nuovo codice? Sicuramente. Abbiamo eliminato i commenti. Al loro posto, accanto ai principi e alle raccomandazioni (non obbligatorie, ma soggette alle regole del comply or explain, se non ti adegui devi spiegare perché, ndr) saranno introdotte Q&A, da aggiornare periodicamente, per rendere più agevole l’adesione al codice. Sono poi stati inseriti i criteri di proporzionalità – auspicati dai principi G20/Ocse – per tenere conto del contesto economico del Paese e delle caratteristiche dell’impresa italiana e fare in modo che le aziende più piccole non si spaventino rispetto alla complessità della quotazione, ma possano apprezzarne i vantaggi senza essere oberate da adempimenti sproporzionati. Il codice prevede inoltre l’adozione di procedure specifiche relative all’engagement verso gli investitori che devono essere descritte nella relazione sulla corporate governance: un processo necessario perché per asset manager e grandi investitori è prevista l’adozione di una politica di impegno in qualità di azionisti e quindi a loro volta chiedono un dialogo con le aziende in cui investono. È un aspetto importante, perché il mondo si complica e una società quotata non ha più soltanto il merito di credito sul quale rendere conto, ma è valutata anche in base a parametri Esg (sostenibilità ambientale, sociale e governance), confrontandosi con un numero indefinito di player sul fronte delle agenzie di rating e degli investitori istituzionali. Con questa revisione il codice italiano si allinea alle best practices europee: l’abbiamo fatta in tempi rapidi e ringrazio il Comitato, gli esperti, la segreteria tecnica, con il suo coordinatore Marcello Bianchi e le società quotate che hanno dato il loro contributo durante i lavori preparatori.
Di sostenibilità si parla molto. Non c’è il rischio che le aziende si limitino a darsi una “pennellata” di verde? Come si fa a misurarla? Il rischio digreen washing esiste. La strategia di un’azienda è improntata alla sostenibilità quando il piano industriale, per il “successo sostenibile” dell’azienda, adotta obiettivi strategici misurabili che devono essere stati definiti tenendo conto dei rischi ai quali il business è esposto a livello ambientale, sociale e di governance. Il cda di un’azienda manifatturiera che consumi moltissima acqua, bene prezioso, da subito dovrebbe prevedere le conseguenze che una carenza della risorsa potrebbe avere sulla produzione, trovando sistemi produttivi per un consumo razionale. Sta prendendo inoltre piede un modello che orienta soprattutto i giovani verso un modo più consapevole di consumare, che tende a penalizzare chi utilizza in maniera eccessiva risorse naturali o genera danni per l’ambiente. E anche questo è un rischio enorme per le imprese. Tutto è riconducibile a un grande derisking della propria attività e all’osservanza dei fattori Esg: questi sono importanti al punto tale che le agenzie di rating stanno considerando come tenerne conto e valutando le metriche per misurarli.
Quanto i criteri di sostenibilità sono già diffusi tra le aziende italiane? Il comitato misura ogni anno, con il supporto di Assonime, il rispetto del codice da parte delle società quotate. Per quanto riguarda la sostenibilità, dal monitoraggio annuale è risultato che in molti casi ancora manca una chiara attribuzione al cda della responsabilità di considerare il tema della sostenibilità come parte integrante e fondamentale delle strategie d’impresa. Più in generale, dall’analisi annuale si riscontra che l’adesione al codice è inversamente proporzionale alla dimensione: nel 2019 il 77% delle aziende di medio-grandi dimensioni è compliant, la percentuale scende al 59% per le imprese più piccole. Anche per questo motivo abbiamo introdotto i criteri di proporzionalità che consentono, ad esempio, una maggior presenza di consiglieri indipendenti solo nelle società grandi (50%, ndr), che si riduce per quelle a proprietà concentrata (un terzo, ndr), mentre per le altre si applica solo la quota di legge. Il numero dei comitati può essere ridotto, attribuendone le funzioni all’intero cda.
Il codice non fa più distinzioni tra diversi modelli di governance. Perché? Il codice ora è neutrale rispetto ai diversi sistemi. Non fa distinzioni tra quello italiano tradizionale e, ad esempio, il monistico, molto diffuso in Europa e che non prevede il collegio sindacale, ma un comitato per il controllo sulla gestione. E poi c’è il sistema duale, che è tipicamente tedesco. La neutralità facilita le quotazioni in Italia di società straniere abituate al sistema monistico: esse potranno aderire a un codice in cui trovano neutralità rispetto al sistema che loro hanno già adottato.
Nel codice gli interessi delle società emittenti e delle minoranze sono in equilibrio? Secondo il presidente di Assogestioni, Tommaso Corcos, il presidente avrà sempre più un ruolo di bilanciamento rispetto ai manager esecutivi e quindi dovrebbe essere indipendente ed espresso dalle minoranze. È un dibattito interessante. Ricordo che qualunque sia la lista che ha presentato un amministratore, dal momento in cui viene nominato deve dimenticarsene e lavorare solo come amministratore della società, senza vincolo di mandato. Si è indipendenti quando non si hanno interessi che legano alla società nella quale si ricopre il ruolo di amministratore o ai suoi azionisti.
Il codice raccomanda piani di successione per il top management delle grandi aziende. Ma come ci si regola per le società a controllo pubblico dove le nomine sono decise dalla politica? Le raccomandazioni del codice mirano alla salvaguardia della continuità dell’azienda e del suo valore. Ci sono piani che identificano i nomi di coloro che sono indicati come successori. Personalmente preferisco i piani di successione che rassicurano il mercato rispetto al processo che l’azienda deve seguire se si verifica un evento inatteso e che dunque stabiliscono che non può passare più di un certo numero di giorni per la designazione del nuovo ad.
Siamo alle vigilia dei rinnovi per le società pubbliche. Lei sarebbe disponibile per un altro mandato alla presidenza di Enel? È una decisione che spetta ai soci. Quello che posso dire è che in Enel sono stati anni entusiasmanti e di grandi risultati.
A questo link, il testo del Codice di Autodisciplina
La scienza spiega perché è così difficile prestare attenzione
|
Abbiamo creato un mondo con 300 exabites di informazioni di origine umana… provate voi a processarli!
Oggi, ognuno di noi genera individualmente più informazioni che mai nella storia umana. Il nostro mondo è ora immerso in un volume di dati senza precedenti. Il problema è che i nostri cervelli non si sono evoluti per essere in grado di elaborare tutto.
SEMPRE PIÙ… E ALTRO
Come osserva Dennis Overbye, ex scienziato della Boeing e scrittore del New York Times, questo flusso di informazioni contiene “sempre più informazioni sulla nostra vita – dove facciamo acquisti e cosa compriamo, anzi, dove siamo adesso – l’economia, i genomi di innumerevoli organismi non possiamo nemmeno nominare ancora, galassie piene di stelle che non abbiamo contato, ingorghi a Singapore e il tempo su Marte. ”Quelle informazioni“ cadono sempre più velocemente attraverso computer sempre più grandi fino a quelli alla portata di tutti, che tengono in mano dispositivi con più potenza di elaborazione rispetto al controllo missione Apollo.”
Gli scienziati dell’informazione hanno quantificato tutto ciò: nel 2011, gli americani hanno raccolto cinque volte più informazioni ogni giorno rispetto al 1986, l’equivalente di 174 giornali. Durante il nostro tempo libero, senza contare il lavoro, ognuno di noi elabora 34 gigabyte, o 100.000 parole, ogni giorno. Le 21.274 stazioni televisive del mondo producono 85.000 ore di programmazione originale ogni giorno mentre guardiamo in media cinque ore di televisione ogni giorno, l’equivalente di 20 gigabyte di immagini audio-video. Questo non conta YouTube, su cui si caricano 6.000 ore di video ogni ora. E i giochi per computer? Consumano più byte di tutti gli altri media messi insieme, inclusi DVD, TV, libri, riviste e Internet.
Il solo tentativo di mantenere organizzati i nostri file multimediali e elettronici può essere travolgente. Ognuno di noi ha l’equivalente di oltre mezzo milione di libri memorizzati sul proprio computer, per non parlare di tutte le informazioni memorizzate nei nostri telefoni cellulari o nella banda magnetica sul retro delle nostre carte di credito. Abbiamo creato un mondo con 300 exabyte (300.000.000.000.000.000.000.000 di bit) di informazioni create dall’uomo. Se ognuna di quelle informazioni fosse scritta su una scheda da 3 per 5 pollici e poi distribuita fianco a fianco, la quota pro capite di una sola persona – la tua parte di queste informazioni – coprirebbe ogni pollice quadrato del Massachusetts e del Connecticut messi insieme.
FILTRI MENTALI SU OVERDRIVE
I nostri cervelli hanno la capacità di elaborare le informazioni che prendiamo, ma a un costo: possiamo avere difficoltà a separare il banale dall’importante e tutta questa elaborazione delle informazioni ci rende stanchi.
I neuroni sono cellule viventi con un metabolismo; hanno bisogno di ossigeno e glucosio per sopravvivere e quando lavorano duramente, sperimentiamo affaticamento. Ogni aggiornamento dello stato che leggi su Facebook, ogni tweet o messaggio di testo che ricevi da un amico, è in competizione per risorse nel tuo cervello con cose importanti come se mettere i tuoi risparmi in azioni o obbligazioni, dove hai lasciato il passaporto o il modo migliore per riconciliarsi con un caro amico con cui hai appena litigato.
La capacità di elaborazione della mente cosciente è stata stimata (dal ricercatore Mihaly Csikszentmihalyi e, indipendentemente, dall’ingegnere di Bell Labs Robert Lucky) a 120 bit al secondo. Tale larghezza di banda, o finestra, è il limite di velocità per il traffico di informazioni a cui possiamo prestare attenzione cosciente in qualsiasi momento.
Ormai, invece, molto si verifica al di sotto della soglia della nostra consapevolezza, e questo ha un impatto su come ci sentiamo e su come sarà la nostra vita, affinché qualcosa venga codificato come parte della tua esperienza, devi aver dato consapevolmente attenzione ad esso.
Che cosa significa questa limitazione della larghezza di banda – questo limite di velocità delle informazioni – in termini di interazioni con gli altri? Per capire una persona che ci parla, dobbiamo elaborare 60 bit di informazioni al secondo. Con un limite di elaborazione di 120 bit al secondo, ciò significa che riesci a malapena a capire due persone che ti parlano allo stesso tempo. Nella maggior parte dei casi, non sarai in grado di comprendere tre persone che parlano contemporaneamente. Siamo circondati su questo pianeta da miliardi di altri umani, ma possiamo capirne solo due alla volta! Non c’è da meravigliarsi che il mondo sia pieno di così tanti malintesi.
Con tali restrizioni attenzionali, è chiaro perché molti di noi si sentono sopraffatti dalla gestione di alcuni degli aspetti più elementari della vita. Parte del motivo è che i nostri cervelli si sono evoluti per aiutarci a gestire la vita durante la fase di cacciatori-raccoglitori della storia umana, un momento in cui potremmo incontrare non più di mille persone durante l’intero arco della nostra vita. Passeggiando per il centro di Manhattan, passerai quel numero di persone in mezz’ora.
COSA COSTA L’ATTENZIONE AL TUO CERVELLO
L’attenzione è la risorsa mentale più essenziale per qualsiasi organismo. Determina quali aspetti dell’ambiente con cui abbiamo a che fare e, nella maggior parte dei casi, vari processi automatici e subconsci fanno la scelta corretta su ciò che passa alla nostra consapevolezza cosciente. Perché ciò accada, milioni di neuroni monitorano costantemente l’ambiente per selezionare le cose più importanti su cui concentrarsi.
La capacità di elaborazione della mente cosciente è stata stimata a 120 bit al secondo.
Questi neuroni sono collettivamente il “filtro dell’attenzione”. Funzionano in gran parte in background, al di fuori della nostra consapevolezza cosciente. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei detriti percettivi della nostra vita quotidiana non si registra, o perché, quando hai guidato sull’autostrada per diverse ore di seguito, non ricordi gran parte dello scenario che ti ha sfrecciato davanti: Il tuo sistema attenzionale ti “protegge” dalla sua registrazione perché non è ritenuto importante. Questo filtro inconscio segue alcuni principi su ciò che lascerà passare alla tua consapevolezza cosciente.
Il filtro attenzionale è uno dei più grandi successi dell’evoluzione. Nei non umani, assicura che non vengano distratti da cose irrilevanti. Gli scoiattoli sono interessati a noci e predatori e non molto altro. I cani, il cui senso olfattivo è un milione di volte più sensibile del nostro, usano l’olfatto per raccogliere informazioni sul mondo più di quanto usano il suono e il loro filtro attenzionale si è evoluto per renderlo tale. Se hai mai provato a chiamare il tuo cane mentre sente l’odore di qualcosa di interessante, sai che è molto difficile attirare la sua attenzione con il suono: l’odore batte il suono nel cervello del cane.
COME (E COME NON) REGISTRIAMO
Nessuno ha ancora individuato tutte le gerarchie e i fattori in gioco nel filtro dell’attenzione umana, ma ne abbiamo imparato molto. Quando i nostri antenati protoumani hanno lasciato la fronde degli alberi per cercare nuove fonti di cibo, hanno contemporaneamente aperto una vasta gamma di nuove possibilità di nutrimento e si sono esposti a una vasta gamma di nuovi predatori. Essere vigili e vigili nei confronti di suoni e segnali visivi minacciosi è ciò che ha permesso loro di sopravvivere; ciò significava consentire una quantità crescente di informazioni attraverso il filtro attenziona.
Gli umani sono, per la maggior parte delle misure biologiche, le specie di maggior successo che il nostro pianeta abbia visto. Siamo riusciti a sopravvivere in quasi tutti i climi che il nostro pianeta ha offerto (finora) e il tasso di espansione della nostra popolazione supera quello di qualsiasi altro organismo noto. Diecimila anni fa, gli umani più i loro animali domestici e il loro bestiame rappresentavano circa lo 0,1% della biomassa terrestre dei vertebrati che abitava la terra; ora rappresentiamo il 98%. Il nostro successo deve in gran parte alla nostra capacità cognitiva, alla capacità del nostro cervello di gestire in modo flessibile le informazioni. Ma il nostro cervello si è evoluto in un mondo molto più semplice con molte meno informazioni che ci arrivano. Oggi, i nostri filtri attenzionali vengono facilmente sopraffatti.
Le persone di successo – o quelle che possono permetterselo – impiegano strati di altre persone il cui compito è restringere i propri filtri attenzionali. Responsabili aziendali, leader politici, star del cinema e altri il cui tempo e attenzione sono particolarmente preziosi hanno uno staff attorno a loro che sono sostanzialmente estensioni del loro cervello, replicando e perfezionando le funzioni del filtro dell’attenzione della corteccia prefrontale. Per il resto sfortunato di noi, però, il fatto è che prestare attenzione continuerà a costare molto alle nostre facoltà mentali.
AIRB&B: QUANDO COMPORTAMENTI NON GENUINI “SPORCANO” UN LOVEMARK
|
Per chi come me viaggia spesso, Airb&b è sicuramente un “lovemark”. Tuttavia, pratiche “opache” da parte di singoli utenti possono pregiudicare la reputazione del marchio.
Warren Buffet, l’investitore statunitense soprannominato “l’oracolo di Omaha”, una volta disse della reputazione: “20 anni per costruirla, 5 minuti per distruggerla”. Parole sante, specie quando hanno per oggetto un lovemark, il marchio che amiamo, quello che ci convince così tanto da spingerci a rischiare la nostra, di reputazione, raccomandandolo ai nostri amici, senza ricevere in cambio nulla, se non la soddisfazione di aver dato un consiglio di valore.
AirB&B: non un sito, ma una community
Per molti, AirB&B è certamente un lovemark. La più importante piattaforma web per gli affitti di stanze e appartamenti, che mette in contatto proprietari di alloggi e viaggiatori, è nata a San Francisco nel 2007, grazie all’intuizione di Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk. Oggi, conta annunci per l’affitto di alloggi in oltre100.000 località in 220 paesi e regioni, per oltre 750 milioni di persone ospitate in tutto il mondo. Gli annunci includono sistemazioni quali stanze private presso alloggi occupati dai proprietari, interi appartamenti a uso esclusivo, castelli e ville, ma anche barche, baite, case sugli alberi, igloo, isole private e qualsiasi altro tipo di sistemazione per passare la notte.
É bene dire – precisazione utile ai fini della comprensione di questa vicenda – che AirB&B non è un sito professionale di annunci di affitti, bensì una vera e propria web-community, dove gli utenti dialogano e si apprezzano sulla base delle proprie reciproche recensioni. Anche questa è la forza di una App che è rapidamente diventata la più importante al mondo in questo settore di business.
Io stesso ho utilizzato parecchie volte, per quasi un centinaio di notti di soggiorno negli ultimi anni, i servizi di AirB&B, e ho allacciato anche relazioni di piacevole amicizia grazie ai rapporti a volte costruiti con gli host. AirB&B tra l’altro è uno dei pochi siti web internazionali a vantare un servizio Clienti “in carne e ossa”, efficiente, gestito da operatori prontamente disponibili e generalmente qualificati a fare il proprio lavoro. Perlomeno in condizioni di normale operatività, perché quando invece un ingranaggio s’inceppa, la reazione potrebbe non essere delle migliori: e niente più di una storia (vera) potrà aiutarci a comprendere a meglio i contorni del problema.
Cronistoria di un “caso sospetto”
Il 19 settembre ho prenotato per una notte, tramite AirB&B, un alloggio a Milano, il capoluogo lombardo tragicamente martoriato dal Covid-19 durante la primavera di quest’anno. Cerco di evitare quanto più possibile gli spostamenti, ed applico le più rigide precauzioni (distanziamento fisico, uso della mascherina protettiva, e quant’altro necessario), ma nonostante l’uso degli strumenti digitali ci stia permettendo di effettuare online molte riunioni, alcuni incontri sono ancora indispensabili di persona.
La casa ha come titolo dell’annuncio “Francesca”, e il locatore è tale Filiberto: dò quindi per scontato, in tutta buona fede, che si tratti di un privato. Nel mercato USA probabilmente è differente, ma in Italia il fatto che il proprietario sia un privato che affitta occasionalmente parte o tutta la sua seconda casa ad altri privati, oppure un’azienda immobiliare che svolge questa attività in modo professionale e continuativo, è sostanzialmente diverso: se si tratta di privato, inserirà i proventi degli affitti in un’apposita sezione della propria dichiarazione dei redditi (“Redditi diversi”), se invece è un’azienda o un’agenzia immobiliare di professionisti dovrà invece inserirli nella sezione “Redditi d’impresa”. Non solo l’aliquota di tassazione è differente, ma anche gli obblighi formali lo sono: addirittura, nel caso in cui un cittadino non richieda a un’azienda immobiliare il rilascio di una fattura/ricevuta fiscale può andare in contro a multe anche elevate, come ci ha confermato con un breve ma chiarissimo statement la Guardia di Finanza, il corpo di Polizia che in Italia si occupa di questioni tributarie e fiscali, che ha risposto in modo efficiente, sollecito ed esaustivo a una nostra circostanziata richiesta di approfondimento su questo dossier:
Sotto il profilo fiscale, le normative in vigore ricomprendono i proventi realizzati da un Bed & Breakfast nella categoria dei “redditi diversi”, ovvero quelli derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente. Per documentare le entrate e le spese relative alla gestione della struttura basta quindi dotarsi di un minimo apparato contabile e rilasciare le ricevute che servono a formalizzare gli incassi ricevuti. Tuttavia, normalmente, le attività ricettive in rassegna vengono esercitare in modo saltuario dal proprietario della struttura che, nell’assistere gli ospiti, si avvale anche di propri familiari senza assumere dipendenti: l’operatività dei B&B viene quindi regolamentata da apposite Leggi regionali, non rendendo necessaria l’apertura della partiva IVA, né l’iscrizione al Registro imprese presso la Camera di Commercio. Per rientrare nella “attività non commerciale”, con correlata tassazione agevolata, occorre che si verifichino due precise condizioni: saltuarietà delle prestazioni di servizio rese e assenza di mezzi organizzati (impiego di mezzi, uomini, locali e attrezzature) tali da configurare l’esercizio di una vera e propria attività commerciale. Di contro, qualora l’attività venga svolta in modo professionale, con carattere di assiduità e con l’impiego professionalmente organizzato di strutture e attrezzature, i proventi saranno qualificati come reddito d’impresa con tassazione ordinaria e, ove previsto, con obbligo di apertura di una partita IVA. A questo punto, occorrerà seguire anche una serie di adempimenti fiscali obbligatori, tra cui (elenco a titolo indicativo e non esaustivo) l’iscrizione alla Camera di Commercio, l’apertura di una posizione INPS Gestione commercianti, la tenuta della contabilità, tassazione IRPEF, IRAP e addizionali regionali e comunali, corrispettivi sugli incassi ricevuti soggetti ad IVA del 10% e quant’altro previsto dalla normativa in vigore
Sarà quindi ora chiaro al lettore che non si tratta di mere questioni “formali”, ma di aspetti assai sostanziali, per far chiarezza sui quali la piattaforma AirB&B dovrebbe farsi parte diligente in modo inequivoco. Non è del tutto così, come scopriremo qui sotto.
Torniamo alla nostra storia. Ecco la risposta dell’host di AirB&B dal quale avevo tentato di affittare l’appartamento:
Filiberto – h 15:59. Buon giorno. Il ritiro delle chiavi avverra’ presso il nostro ufficio a fianco della Stazione Centrale in PIAZZA LUIGI DI SAVOIA, (numero civico nell’originale). Al seguente LINK potrà scaricare un file pdf che può stampare e che la aiuterà a localizzare il nostro ufficio: (ometto questo link per ragioni legate alla privacy). Una volta giunti di fronte al nostro ufficio potete chiedere al custode della MILAN RENTALS. SOLO SE IL PORTONE É CHIUSO (solitamente dalle 12 alle 14.00) potrete citofonare a “Milan Rentals” (in questo punto, era scritto il codice riportato sul citofono). Per qualsiasi necessità potrete chiamare Marcello al numero (qui era riportato il numero di cellulare non di Filiberto ma di un suo collega). Il nostro ufficio rimane chiuso dopo le ore 19.00 così come la DOMENICA – chiediamo quindi ai nostri ospiti che arrivano di DOMENICA o DOPO LE 19.00 di rispettare gli orari forniti o di avvisare in caso di ritardo – in caso contrario rischiate di non trovare NESSUNO. A presto
Com’è chiarissimo, non siamo dinnanzi a un padre di famiglia o a una massaia che nel proprio tempo libero affittano la propria casa, bensì, quasi sicuramente, a una struttura di professionisti che fanno di questo lavoro un’impresa for profit.
Successivamente, il professionista degli affitti dall’altra parte della chat mi ha chiesto di far riferimento a una email a suo dire inviatami con i dati per accedere all’appartamento:
Filiberto- h 13:45. Buongiorno, riceverete a breve una email da VIKEY con ulteriori informazioni per finalizzare il CHECK-IN ONLINE che vi permetterà di entrare nell’appartamento – CONTROLLATE ANCHE LO SPAM
Ricevo alcune centinaia di email Spam ogni giorno. Usando un Mac non ho una cartella Spam, lo Spam viene selezionato automaticamente dal Mac stesso (Apple, un altro lovemark) e gettato nel cestino. Inoltre, una parte sostanziale di esso non arriva neppure al cestino del mio Mac, in quanto bloccato a monte da un efficace sistema anti-Spam installato sui miei server. Trovare la giusta email inviata da Filiberto non si preannunciava affatto immediato: sarei probabilmente dovuto accedere lato server e laboriosamente mettermi alla ricerca, dal momento che sul Mac non ve ne era traccia. Ho quindi scritto all’host lamentando il problema e chiedendogli di inviarmi le istruzioni nella chat di AirB&B (“Grazie se potrete mandarmi qui le istruzioni necessarie direttamente o far trovare una persona al checkin”), anche considerato che quella sarebbe la procedura corretta, consigliata dalle regole della community, che raccomanda di utilizzare quanto più possibile, appunto, la chat di AirB&B per scambiarsi messaggi. La risposta ricevuta è stata sconcertante:
Filiberto – h 18:57. Riceviamo 30 ospiti al giorno senza alcun problema. Se per lei è così problematico può cancellare la prenotazione.
Al netto dell’arrogante maleducazione dell’host, la frase “Riceviamo 30 ospiti al giorno senza alcun problema”, ha sollecitato immediatamente la mia attenzione: se già il messaggio iniziale con le prime istruzioni aveva nettamente il sapore di una risposta “da professionisti” e non certo da privati, ora il profilo dell’host pareva confermato: nessuna normale famiglia, immagino, avrebbe avuto così tanti appartamenti di proprietà da poter arrivare a fare 30 checkin ogni giorno.
Eppure, sorprendentemente, sulla home dell’annuncio in nessun punto si faceva riferimento al fatto che l’host non fosse un privato ma bensì un’azienda di professionisti della locazione:
La gestione del caso da parte di AirB&B
Evidentemente, mi trovavo dinnanzi a un annuncio, sotto questo profilo, non genuino. Non appena ho risposto a Filiberto (o a chi per lui, a questo punto non potevo avere alcuna certezza che non si trattasse di un nome di pura fantasia…) lamentandomi per la risposta, a mio avviso indegna di un corretto rapporto host-utente all’interno di una web-community, Lui ha cancellato la mia prenotazione, sostenendo inizialmente che essa era stata cancellata da AirB&B, circostanza poi smentita dal servizio Clienti, il quale ha aggiunto anche altri elementi utili per fare chiarezza:
Airbnb Support – h15:07. Ciao Luca, sono R*** di Airbnb community support e data la sua spiacevolissima situazione sarei molto felice di aiutarti. In relazione alla sua richiesta, la informo che la prenotazione HMAZZ3PPTK è stata cancellata in data 19 settembre dal suo host. Per quanto riguarda la sua specifica richiesta, lei come ospite aveva tutto il diritto di richiedere le istruzioni del check-in tramite messaggistica Airbnb. Per quanto riguarda gli host che esercitano professionalmente, essi sono tenuti alla verifica del profilo professionale, inserendo tutti i più opportuni dati per onorare la normativa anche fiscale, poiché Airbnb si conforma a tutte le leggi in vigore.
Peccato che, come dimostrato dallo screenshot sopra riportato, questo host – come anche altri, scopriremo – non avesse pubblicato alcuna informazione utile per identificarlo come azienda di professionisti della locazione di alloggi. Successivamente, Filiberto ha sostenuto via chat che la mancata visualizzazione dei dati “aziendali” fosse imputabile a una disfunzione della stessa piattaforma AirB&B (“…Da mobile, non si visualizza”) altra affermazione non genuina e sconfessata dal confronto degli screenshot: in realtà l’azienda ha successivamente inserito i dati aziendali, che sono ora correttamente visibili sia da mobile che da fisso, come avrebbe sempre dovuto essere e come invece, fraudolentemente, all’origine non era.
Le giustificazioni dell’host e la reazione di AirB&B
Ho peraltro interpellato direttamente l’host per avere conferma della reale situazione relativa all’annuncio (locatore privato e occasionale, oppure agenzia professionale?), ricevendo a riguardo una implicita e sconcertante conferma dalle sue stesse parole:
Per motivi economici, abbiamo avuto un calo del fatturato di circa il 60%, e per motivi sanitari, abbiamo deciso di utilizzare una procedura di SELF CHECK IN per permettere l’accesso ai nostri appartamenti in totale autonomia, garantendo maggior economicità a noi e maggior sicurezza ai nostri ospiti. L’utilizzo di questa procedura è comunicato e descritto nelle regole della casa che lei ha dichiarato di avere letto ed accettato prima di finalizzare la prenotazione. E’ chiaro che io non obbligo chi non si sente a proprio agio con questa condizione di prenotare un appartamento attraverso la nostra struttura, ma pretendo che chi decida di farlo si attenga poi alle nostre regole.
Ebbene, al di là del caso specifico, che è servito come campanello di allarme, la vicenda pareva assumere contorni interessanti, e una successiva indagine sulla piattaforma è stata utile per appurare quanto segue:
non è affatto raro su AirB&B imbattersi in annunci di sedicenti privati, in realtà operatori professionali della locazione di affitti;
io stesso in passato ho affittato appartamenti su AirB&B da interlocutori “sospetti”, e l’analisi a posteriori dei dialoghi in chat, non ha fatto che confermare questi dubbi. In nessuno dei casi in questione mi è stata rilasciata una completa ricevuta fiscale, contravvenendo quindi alle leggi in vigore in Italia e ponendomi, inconsapevolmente, nella condizione di commettere un illecito fiscale;
anche due miei colleghi (uno di essi, giornalista anche lui, lavora con me da oltre 20 anni) sono stati vittime di questo genere di “equivoci”.
A quel punto, ho ritenuto utile contattare il servizio clienti di AirB&B, illustrando nel dettaglio quando accaduto e inviando tutti gli screenshot a conferma delle mie affermazioni, ma – con mia sorpresa – le risposte sono state quanto mai evasive: la chat si è protratta per un tempo davvero interminabile (dal 19 settembre al 07 ottobre, ben 3 settimane), per poi venire repentinamente “chiusa” dal servizio clienti stesso, con questo commento:
Airbnb Support – h 22:00. Ciao Luca, grazie per aver dedicato del tempo per condividere la tua prospettiva. Dopo aver raccolto ed esaminato attentamente tutta la documentazione correlata, abbiamo deciso di non divulgare i dettagli relativi all’account del tuo host perché siamo obbligati a rispettare la sua privacy seguire la nostra Privacy Policy: https://www.airbnb.it/terms/privacy_policy. Consideriamo questa decisione definitiva.
Ho risposto precisando che mai avevo chiesto “dettagli” coperti da privacy relativi all’host Filiberto, e il tema erano casomai le policy della community – in senso generale, e al di là caso particolare – e come esse venivano, o meno, applicate per garantire il rispetto delle normative fiscali italiane. L’addetto del Servizio clienti AirB&B a quel punto ha chiuso la chat senza rispondere, senza darmi modo di replicare oltre, e senza inviare né un commento né un saluto, costringendomi ad aprire un nuovo ticket e chiedendo a quel punto un riferimento dell’ufficio stampa dell’azienda.
Non propriamente uno standard di servizio adeguato a un Lovemark o presunto tale, specie se consideriamo – e questo è l’aspetto più deludente della vicenda – che solo il fatto che io fossi un giornalista mi ha permesso di ottenere nuovamente l’attenzione dell’azienda: nel mio ruolo di “comune cittadino” mi sarebbe stato impossibile ottenere spiegazioni adeguate e sollecitare un auspicabile cambiamento nell’applicazione delle policy di AirB&B a tutela degli utenti.
Il 14 ottobre, un portavoce di AirB&B, tramite l’ufficio stampa italiano, al quale avevo inviato le prove di quanto accaduto con anche vari esempi di finti profili di “privati”, in realtà aziende commerciali di locazione di alloggi, mi ha inviato via email questo statement:
“Chi condivide su Airbnb un alloggio in maniera professionale o imprenditoriale ha l’obbligo legale di dichiararsi come business host. Ciò può essere fatto aggiungendo o modificando le informazioni relative alla propria attività (come ragione sociale, indirizzo, iscrizione al registro delle imprese e numero di partita IVA) dalle impostazioni dell’account. Queste saranno così visibili nella pagina dell’annuncio seguendo il link “mostra dettagli aziendali”. Airbnb sensibilizza gli host sia al momento della creazione dell’annuncio, sia successivamente attraverso diversi strumenti (invio di email, pagine informative e supporto tramite il nostro partner FlexTax). Gli ospiti possono in ogni momento evidenziare possibili anomalie utilizzando la funzione “Segnala questo annuncio” oppure inviandoci un feedback. Il Team di Airbnb rivedrà la segnalazioni ricevute, anche per valutare l’eventuale violazione dei termini del servizio da parte dell’host.”
I dubbi restano…
Una dichiarazione apparentemente impeccabile, e certamente puntuale, ma che in parte si scontra con la realtà: non solo a oggi sulla piattaforma continuano a operare indisturbati operatori professionali “travestiti” da privati, ma il sistema di segnalazione delle anomalie neppure prevede un’opzione specifica per evidenziare questo tipo di “non conformità”. La sensazione quindi è che AirB&B non prenda sufficientemente a cuore questa anomalia, continuando ad esporre i suoi utenti a una problematica che rischia, incolpevolmente, di coinvolgerli in situazioni fiscali poco limpide, se non addirittura, a loro completa insaputa, in veri e propri reati fiscali.
Speriamo che AirB&B trovi la forza, tra una ricca chiusura di bilancio e l’altra, di tutelare al meglio i propri utenti, garantendo nel contempo un clima di maggiore trasparenza e correttezza all’interno della community.
AGGIORNAMENTO del 22/03/22 h 19:01: dopo la pubblicazione di questo articolo – che ha avuto una certa eco, fino a venir segnalato sulla scheda Wikipedia di Airbnb, nella sezione “Controversie” – ho proseguito convintamente ad utilizzare la piattaforma, che si giova di un servizio clienti in generale sollecito, attento ed efficiente. Ad un anno dalla pubblicazione della mia analisi, per puro caso ho prenotato nuovamente un appartamento gestito dalla Società di affitto alloggi che era stata oggetto della controversia. Con mia sorpresa, il gestore della società, non pago del pregiudizio reputazionale derivato dalla pubblicazione dell’articolo, mi ha risposto, evidentemente piccato, come segue:
Orbene, considerato che le regole della community sono molto chiare riguardo ai motivi per i quali è possibile cancellare una prenotazione, e nessuna tra esse riguarda “antipatia personale e ripicche verso gli ospiti”, anche considerando le oltre 90 recensioni a 5 stelle pubblicate negli ultimi anni dai proprietari degli alloggi che ho affittato durante le mie trasferte di lavoro, ho segnalato la circostanza ad Airbnb, aprendo un ticket con l’assistenza Clienti, la quale dopo aver esaminato il caso, mi ha risposto come segue:
Anche in questo caso, quindi, il comportamento dell’operatore di questa agenzia immobiliare, disallineato dalle buone prassi di reputation management, oltre aver creato nuovamente dissapori e inutile turbolenza all’interno della web community di Airbnb, finirà per penalizzare l’agenzia stessa nel posizionamento degli annunci.
È bene ricordare che a seguito della pubblicazione di questo articolo, a conferma della correttezza delle mie osservazioni, i dettagli dell’azienda che affitta questo e molti altri appartamenti su Airbnb sono stati inseriti nel profilo dell’alloggio: si tratta di tale Milan Rentals sas, con indirizzo in Via Mercadante, 7 – Milano, 20124 – IT, iscritta al Registro Imprese n° MI-2015350, Partita Iva 08288290961, che pare fare capo allo Studio Testa Snc di F. Bentivoglio e S. Cilli, sempre a Milano in Via Settembrini n° 11, come risulta qui, con il quale in effetti condivide uno dei numero di centralino, il 026996584.
La speranza è che la web-community di Airbnb come da regolamento penalizzi concretamente chi – come questi soggetti – utilizza la piattaforma per fare business, attività di per se legittima, ma senza rispettare appieno le regole della community stessa. To be continued…
English version
AIRB&B: WHEN DISHONEST CONDUCT SULLIES A LOVEMARK
For those who travel as often as I do, Airb&b surely qualifies as a “lovemark”. However, opaque practices on the part of individual users can jeopardize the brand’s reputation.
Warren Buffet, the American investor nicknamed “The Oracle of Omaha”, once said of reputation: “It takes 20 years to build it and five minutes to ruin it.” Never are these words truer than when we’re talking about a lovemark: the brand that we love, the one for which we’re prepared to risk our own reputation, recommending it to our friends, expecting nothing in return but the satisfaction of having given good advice.
AirB&B: not just a website, but a community
For many, AirB&B is definitely a lovemark. The quintessential platform for renting out rooms and apartments and putting owners in touch with travelers was born in San Francisco in 2007 thanks to the intuition of Brian Chesky, Joe Gebbia and Nathan Blecharczyk. Today, it boasts listings for properties in over 100,000 locations in 220 countries and regions, with over 750 million guests across the world. The listings include individual rooms (lodging with the owners), whole apartments for guests’ exclusive use, castles and villas, but also boats, cabins, treehouses, igloos, private islands and just about anywhere else you could stay the night.
It’s worth pointing out (and the relevance of this will become clear later) that AirB&B isn’t a professional site for rental listings, but a real web community where users discuss and compare reviews. Therein lies the strength of an app that has rapidly become the most vital one in this sector.
I myself have used AirB&B’s services many times, for nearly a hundred or so nights away in recent years. I have also struck up a few friendships through talking to hosts. AirB&B is, apart from anything else, one of the few global websites to boast a human customer service. It’s efficient, and managed by readily available, qualified staff.
Or at least, it is under normal circumstances. Because when something gets caught in the works, they don’t fully know how to respond. And nothing illustrates this better than the true story that follows.
A suspicious case
On 19th September I booked accommodation in Milan for a night via AirB&B. Lombardy’s capital had been stricken by Covid-19 during Spring this year. I try to avoid movement as much as possible, and take the strictest precautions (social distancing, using a protective mask and whatever else necessary). Despite digital technology making it possible to carry out most meetings online however, some can still only be done in person.
The house is advertised under the name “Francesca” and the landlord is called Filiberto: I take it as read that it’s a private property. It may not be the case in the US market, but in Italy it makes a big difference whether it is an individual who occasionally rents out part or all of their second home to other individuals, or a letting agent that does this for them. If it’s an individual, they will put the proceeds in the “different incomes” section of their income declaration; if it’s an agency they will put them in the “business incomes” section. Not only is the tax rate different, but so are the formal obligations: even not requesting an invoice or receipt from the letting agency could incur heavy fines. This was confirmed to us in a brief but very clear statement by the Guardia di Finanza, the law enforcement agency that deals with financial matters. They replied efficiently, promptly and exhaustively to our detailed request for further information:
Tax regulations cover proceeds gained through a bed & breakfast in the “different incomes” category, that is those derived from commercial activity not usually undertaken. To document income and outgoings related to the management of the property you must equip yourself with a basic accounting system and issue receipts which serve to formalise takings received. However, normally, the accommodation activities under review are carried out by the owner of the property who, in attending to the guests, enlists the help of family members instead of hiring professionals: the operation of B&Bs is therefore regulated by the appropriate regional laws, removing the necessity of both VAT number and registration with the registrar of companies. To be included in “non-commercial activity”, with correct taxation, two precise conditions must be met: discontinuation of services rendered and absence of organized means (transport, manpower, premises and equipment) that would constitute the exercise of a commercial activity. On the other hand, if the activity is carried out professionally, the proceeds will qualify as business income with ordinary taxation and, where applicable, a VAT number must be registered. At this point, it will also be necessary to follow a series of mandatory tax obligations, among which (this list is a suggestion and not exhaustive) registration with the Chamber of Commerce, registration with the pensions authority, bookkeeping, personal income tax, corporate tax and additional regional and municipal taxes, corresponding to takings received subject to 10% VAT and anything else currently required by law.
It should therefore be clear to the reader that it isn’t a mere question of formalities, but some quite substantial aspects that AirB&B should make unequivocally clear. This is not always the case, as we shall see.
Let’s get back to our story. Here is the reply from the AirB&B host from whom I had rented the apartment:
Filiberto – 3:59PM. Good afternoon. The keys can be collected from our office next to Central Station: Piazza Luigi Di Savoia, [building number supplied]. Here is a link to a pdf you can print with directions to our office: [link omitted for privacy reasons]. Once you have arrived at our office you can ask the concierge at MILAN RENTALS. ONLY IF THE MAIN DOOR IS CLOSED (usually from 12 to 2PM) can you ring the Milan Rentals intercom [intercom number supplied]. If you need anything at all you can call Marcello on [the number supplied was not Filiberto’s but a colleague’s]. Our office is closed after 7PM and on SUNDAYS – we therefore ask any guests arriving on SUNDAY or AFTER 7PM to observe the times provided or alert us in case of lateness – otherwise you may find nobody there. See you soon.
As is very clear, we are not dealing with a homeowner or family who in their spare time rent out their own apartment but almost certainly a group of professionals who are undertaking this job as a profit making venture.
Afterwards, the rental professional in another part of the chat asked me to refer to an email they had forwarded me with the details for accessing the apartment:
Filiberto – 1:45PM. Good afternoon, you will shortly receive an email from VIKEY with further information to complete the ONLINE CHECKIN that will allow you to enter the apartment – CHECK YOUR SPAM FOLDER AS WELL
I get hundreds of spam emails every day. As a Mac user I don’t have a spam folder, the spam is automatically filtered by the Mac itself (Apple, another lovemark) and binned. Moreover, a substantial part of this doesn’t even reach my Mac, in that it is blocked further up by an efficient anti-spam system installed on my servers. Finding the right email sent by Filiberto would be no easy task: I would probably have to access the servers and search every nook and cranny, given that on the Mac there was no sign of it. So I wrote to the host to ask if he could send me the instructions via the AirB&B chat (“Thank you, if you could send me the instructions here directly or have someone meet me at the check in”). Note that this is supposed to be the correct procedure advised by the community rules, which recommend using the AirB&B chat where possible to exchange messages. The reply I received was disconcerting:
Filiberto – 6:57PM. We receive 30 guests a day without any problems. If it’s so difficult for you you can cancel your booking.
In light of the arrogant rudeness of the host, the sentence “We receive 30 guests a day without any problem” immediately grabbed my attention: if the initial message with the original instructions had a strong whiff of a “corporate” reply and not an individual one, this seemed to confirm that feeling. No normal family, I imagined, would own so many apartments as to be able to welcome 30 guests every day.
A screenshot of the listing, where 58 apartments appear to be rented out by the same host
And yet, surprisingly, the listing page made no mention whatsoever of the fact that the host wasn’t an individual but a letting agency:
[Image:
FRANCESCA – 200 meters from Central Station Milan, Lombardy, Italy I will check availability]
The listing page as it originally appeared
AirB&B’s handling of the case
Evidently, the listing I found before me, on this profile, was not authentic. No sooner had I replied to Filiberto (or whoever – by this point I couldn’t in any way be certain that it wasn’t a completely made up name…) challenging the reply, which to my mind was not befitting a good host-user relationship in an online community, he cancelled my booking, initially claiming that it was cancelled by AirB&B. This was denied by customer services, who clarified further:
Airbnb Support – 3:07PM. Hi Luca, I’m R*** from Airbnb community support. Given your unfortunate situation I would be happy to help you. Regarding your first query, I can inform you that booking HMAZZ3PPTK was cancelled on 19th September by your host. As far as your specific case is concerned, as a guest you had every right to request check in instructions via the Airbnb chat. With regards to agencies, they are required to verify their business profile by entering all appropriate details in line with tax regulations.
It’s a pity that, as seen in the screenshot above, this host (like many others, as we shall see) did not post any information that could have identified them as a letting agency. Afterwards, Filiberto claimed via chat that the lack of any visible business details was down to an issue with the AirB&B platform itself (“…You can’t see it on mobile”). This was also untrue and repudiated by the screenshots: in reality the agency only put in its details later. These are now visible both on mobile and on desktop, as they always should have been but were instead fraudulently omitted.
[Image:
Business details Business name Milan Rentals sas Business address Via Mercadante, 77 Milan, 20124 IT Regitered company number MI-2015350 VAT NUMBER08288290961]
The listing’s business details, which the host only put in later.
[Image:
FRANCESCA – 200 meters from Central Station Milan, Lombardy, Italy Entire apartment let by Filiberto 8 guests – 3 bedrooms – 5 beds – 2 bathrooms Show business details > Add dates Check availability]
The listing page as it appears after the host put in the business details
The host’s excuses and AirB&B’s reaction
I also directly asked the host to confirm the true nature of the listing (private and occasional landlord, or professional agency?), receiving in response an implicit confirmation of his own words:
For economic reasons, we have had a 60% decrease in revenue, and for hygiene reasons, we decided to use a SELF CHECK IN procedure to allow autonomous access to our apartments, to ensure minimum overheads for ourselves and maximum safety to our guests. The use of this procedure is described in the house rules which you declared to have read and accepted before completing the booking. Obviously I don’t expect anyone who does not feel comfortable with these terms to book an apartment through us, but I expect those who do to follow our rules.
Ok, aside from this specific case, which served as a wake up call, there seemed to be a bigger story here, and a subsequent investigation on the platform was useful to ascertain the following:
It’s not at all rare on AirB&B to come across listings by self-styled private landlords, who are in fact professional letting agents;
I myself have, in the past, rented apartments on AirB&B from suspicious profiles, and re-reading the messages in hindsight only served to confirm these doubts. In none of the cases in question did I receive a full receipt, violating Italian law and putting me in danger of unwittingly committing a tax offense;
Two of my colleagues (one of whom, also a journalist, has worked with me for over 20 years) have been victims of this type of “misunderstanding”
At that point, I felt it useful to contact AirB&B’s customer service, explaining in detail what happened and sending every screenshot I had as proof. But to my surprise the answers were very evasive: the chat went on for an interminable length of time (from 19th September to 7th October; at least three weeks), before being suddenly closed by customer services themselves, with this comment:
Airbnb Support 10:00PM. Hi Kuca, thank you for taking the time to share your views. After carefully examining all the evidence, we have decided not to divulge the details of your host’s account as we are obliged to respect their privacy following our Privacy Policy: https://www.airbnb.it/terms/privacy_policy. We consider this decision final.
I replied stressing that I never asked for private information from the host, Filiberto, and that the subject was AirBnB’s policies and how these were or were not applied – in general and not just in this specific case – in order to guarantee compliance with Italian tax regulation. At that point the AirBnB customer service operator closed the chat without replying and without any further comments or even a goodbye. I was left no option but to open a new ticket and asking to be put in touch with the company press office.
Not quite the standard of service expected of a would-be Lovemark. Especially if we consider – and this is the most disappointing part of the matter – that I was only able to get the company’s attention again by virtue of being a journalist. In my role as an ordinary citizen it would have been impossible for me to get an adequate explanation and press for a noticeable change in AirB&B’s policies to protect their usters.
On 14th October an AirB&B spokesperson from the Italian press office (to which I had sent the evidence of what happened along with many examples of letting agency profiles purporting to be “private” landlords) emailed me this statement:
“Anyone who lists an accommodation on Airbnb in a professional or commercial capacity is legally obliged to declare themselves a business host. This can be done by adding or modifying the business details (such as business name, address, registered company number and VAT number) on account settings. These details will be displayed on the listing page via the “show business details” link. Airbnb makes the host aware of this both when creating the listing and later through various means (emails, information pages and support through our partner FlexTrax). Guests can highlight possible anomalies using the “Flag this listing” or by sending us feedback. The AirBnB team will review any reports received, in order to evaluate any violation of terms of service on the host’s part.”
Lingering doubts…
An ostensibly impeccable and certainly punctual statement, but one which doesn’t entirely match up to reality. Not only do letting agencies disguised as private landlords continue to operate undisturbed, but the reporting system doesn’t even include a specific option to highlight this particular type of irregularity. The feeling therefore is that AirB&B doesn’t take these anomalies seriously enough, continuing to expose their users to a problem that could inadvertently involve them in unclear tax situations – if not outright tax offences.
Let’s hope that AirB&B finds a way, between one abundant balance sheet and another, of taking better care of its customers, guaranteeing them in the meantime greater transparency and honesty within the community.
UPDATE 03/22/03 h 19:01: this arcticle had a huge audience, and was quoted on dopo la pubblicazione di questo articolo – che ha avuto una certa eco, fino a venir segnalato sulla italian Airb&b definition on Wikipedia, under the voice “disputes”. After publish it, I continued use the platform, even because their excellent customer care service. After one year by this analyses, i booked a flat managed by the same agency I wrote about here. Surprisingly, the agency manager, not satisfied with the reputation damage resulting from the publication of the article, replied – angry – follows:
The community guidelines are really clear about reasins for wich is possible to cancel a booking, and there’s no one about “dislike or spite towards guests”. As a guest, I have more than 90 good positivw feedback, so I opened a ticket with Airb&b’s customer care. hey answered as follow:
Orbene, considerato che le regole della community sono molto chiare riguardo ai motivi per i quali è possibile cancellare una prenotazione, e nessuna tra esse riguarda “antipatia personale e ripicche verso gli ospiti”, anche considerando le oltre 90 recensioni a 5 stelle pubblicate negli ultimi anni dai proprietari degli alloggi che ho affittato durante le mie trasferte di lavoro, ho segnalato la circostanza ad Airbnb, aprendo un ticket con l’assistenza Clienti, la quale dopo aver esaminato il caso, mi ha risposto come segue:
If an host cancel a booking, it will afflict his acceptance rate, and it will penalize his flat’s positioning on our platform.
I will reassign your case in order to better assist you for this booking.
Please use the following form (link) to give us a feedback or your reviews: lot of Airb&b initiatives are inspired by our users’s suggestions.
Thank you so much for your kindess, have a nice evening.
SO, also in this case, the behavior of this estate – misaligned by good reputation management practices – created new disagreements and unnecessary turbulence within the Airbnb web community, and will penalize the agency itself in the ad placement.
I point put that after publishing this article the confirmation of the correctness of my statements came from the fact that every details about the agency were finally added to the flat’s profile. The agency is “MIlan Rental sasa”, sited in 7, Via Meercadante – 20124, Miln (Italy) Inc. numb. MI-2015350, VAT N., headed by Studio Testa Snc di F. Bentivoglio e S. Cilli, sited in 7, Via Mercadante too, and sharing the same phone number: 026996584.
I still hope that Airb&B really aply his own rules, penalizing those who use the platform for business not respecting the platform’s rules. To be continued…