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Investire su sostenibilità e responsabilità sociale oggi è ancora più importante per i brand

Investire su sostenibilità e responsabilità sociale oggi è ancora più importante per i brand

Alcuni colossi hanno già annunciato i primi cambiamenti come la sostituzione di bicchieri di plastica con quelli di carta e confezioni per cibo da asporto riciclabili ed ecosostenibili

  • Il Covid-19 ha insegnato ai brand una necessaria modifica delle strategie di produzione e comunicazione.
  • La solidarietà globale ha creato aspettative più alte anche per la sostenibilità.

La pandemia di Coronavirus ha spinto aziende e governi a mobilitarsi rapidamente per qualcosa che non è mai accaduto prima: fronteggiare in tempi rapidissimi un’emergenza sanitaria, economica e sociale che non ha eguali nella società moderna, con chiusure di negozi e ordini a domicilio che si protraggono da mesi.

Alcuni analisti ritengono che la risposta alla crisi sia una sorta di anteprima di come la società potrebbe affrontare il peggioramento dei cambiamenti climatici, anche se questo non è un pensiero prioritario per i consumatori.

L’altro lato della medaglia: un mondo sostenibile

Per gli esperti di marketing, i cambiamenti climatici e la sostenibilità dovrebbero essere al centro dell’attenzione sia per costruire la fiducia dei clienti durante un periodo di profonda incertezza, sia per proteggersi da future catastrofi ambientali legate sicuramente all’inquinamento.

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Guardando l’altro lato della medaglia la diminuzione dell’impatto nocivo ambientale e il ritorno in città degli animali selvatici hanno fatto sì che la pandemia in realtà creasse l’opportunità di orientarsi più rapidamente verso strategie orientate alla sostenibilità.

Con la pandemia sono emersi effetti positivi sull’ambiente. Alcune analisi di Axios prevedono un calo fino al 6% su base annua delle emissioni globali di CO2 per il 2020.

Prima, il tema sostenibilità era molto vicino ai giovani Millennial e della Gen Z, il Coronavirus sembra abbia allargato il raggio di interesse a tutti i gruppi demografici.

È quindi questo il momento propizio per i brand di creare un impatto comunicativo forte, strettamente legato alla sostenibilità. I marchi hanno concretamente l’opportunità di essere parte di un cambiamento forte per la comunità e i consumatori.

Raramente c’è una causa che risuona così profondamente con così tante persone contemporaneamente.

ha affermato Julia Wilson, vicepresidente responsabile della sostenibilità di Nielsen.

Investire nella sostenibilità e nella responsabilità sociale è un buon business

I marketers potrebbero fare un passo in avanti investendo nella sostenibilità, nonostante le pressioni economiche della pandemia. Una ricerca congiunta condotta tra lo Stern Center for Sustainable Business e l’IRI della NYU, ha rilevato che i prodotti sostenibili commercializzati sono stati responsabili del 50% della crescita del mercato tra i prodotti confezionati tra il 2013-2018.

Pre-pandemia, secondo i dati di Nielsen c’era anche un tasso di crescita dell’8% per gli attributi o le rivendicazioni dei prodotti di responsabilità sociale.

Al momento non è chiaro se aree come i prodotti sostenibili torneranno a quei livelli nei prossimi mesi, ma è possibile che l’interesse potrebbe effettivamente essere più alto di prima.

Se i brand contribuissero davvero al bene pubblico e si assumessero la responsabilità di una risposta concreta al benessere del pianeta, potremmo ipotizzare un futuro diverso.

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Per esempio, se l’incremento di utilizzo di biciclette in Italia (dovuto a diversi fattori come il bonus del Governo o la necessità di non utilizzare l’auto o i mezzi pubblici sovraffollati) cambierà la percezione delle necessità dei singoli e di conseguenza della comunità, in quel caso staremo compiendo un primo passo importante.

Il marketing del futuro potrebbe essere autentico

Riuscite a immaginarlo? Potrebbe realmente raccontare i valori migliori di un brand, contribuire al contenimento dell’inquinamento, garantire diritti equi dei lavoratori e sbandierare con orgoglio ogni passaggio della catena produttiva.

La pandemia ha provocato una solidarietà globale mai vissuta in precedenza: il malessere e le mancanze sanitarie ed economiche hanno rafforzato la necessità di condivisone dei diritti, di cui probabilmente in precedenza non ci preoccupavamo troppo.

Il comportamento dei consumatori sta cambiando

Un recente studio di Accenture ha suggerito che le abitudini di acquisto dei consumatori potrebbero essere modificate dalla pandemia e che il “consumo etico” è in aumento. Il 45% degli intervistati ha riferito di fare scelte più sostenibili e probabilmente continuerà a farlo in futuro.

“L’ampiezza dei cambiamenti identificati nei nostri risultati suggerisce chiaramente che si tratta di un cambiamento a lungo termine“, ha dichiarato Oliver Wright, Ad di Accenture, “Mentre osserviamo queste tendenze da un po’ di tempo, ciò che sorprende è il ritmo: comprimere in settimane i cambiamenti che probabilmente avrebbero richiesto anni“.

Allo stesso tempo, le aspettative dei consumatori riguardo alla sostenibilità saranno probabilmente più alte di prima. È come se la pandemia avesse ribaltato totalmente le aspettative dei consumatori, rendendo tutto possibile. Di conseguenza i brand se non vorranno perdere in termini di credibilità dovranno adattarsi.

Il futuro deve essere sostenibile

Il continuo e prolungato degrado ambientale, tra cui la deforestazione, l’estrazione mineraria dilagante, lo sfruttamento intensivo dei terreni, renderà le pandemie più frequenti e più dannose per l’economia futura. Ignorare tutto questo, oggi, significherebbe pagarne conseguenze disastrose in futuro. I consumatori cercheranno qualità e longevità e ridefiniranno il rapporto con gli acquisti. Il cambiamento dovrà essere rapidissimo.

I consumatori hanno modificato alcune abitudini di acquisto durante il lockdown, favorendo il km zero, le botteghe di quartiere e le aziende agricole, ove presenti, in prossimità.

Alcuni colossi hanno già annunciato i primi cambiamenti come la sostituzione di bicchieri di plastica con quelli di carta e confezioni per cibo da asporto riciclabili ed ecosostenibili.

Altre categorie, incluso il settore della vendita al dettaglio gravemente compromesso, potrebbero dover esaminare più attentamente le opzioni di prodotti riciclabili o riutilizzabili.




I TIKTOKER SOTTO LA LENTE DI ONIM

I TIKTOKER SOTTO LA LENTE DI ONIM

ONIM – Osservatorio Nazionale Influencer Marketing, ha pubblicato il nuovo report “Il ruolo di TikTok per influencer e creator”, realizzato con The Fool e Tikanalytics.

Matteo Pogliani, Founder Osservatorio Nazionale Influencer Marketing, introduce così il report: «Il digitale e il mondo dei social media ci hanno abituato, per la loro stessa natura, a una forte dinamicità, portando le diverse piattaforme (e non solo) a cambiare ed evolvere in modo repentino, irrefrenabile. Nuove features, trend, canali a cui gli utenti sono esposti e che, in molti casi, tra successi e insuccessi, diventano a volte certezze quotidiane per gli utenti, passando da semplice novità a qualcosa di più profondo e radicato. TikTok è in tal senso un perfetto esempio, passando in un breve lasso di tempo da curiosità a canale verticale e, negli ultimi mesi, a piattaforma di ampio utilizzo, sfruttando un grande trend a livello di visibilità. Un canale, per caratteristiche, sin dagli inizi estremamente adatto ai creator, grazie alle funzionalità messe a disposizione e alla caratteristiche stesse di utilizzo. In mezzo al buzz generato da TikTok è quindi fondamentale capire, dati alla mano, il reale rapporto tra creator e TikTok in Italia, supportandone così una maggiore conoscenza e consapevolezza di utilizzo».

Il primo step dello studio analizza l’audience italiana di TikTok (sulla popolazione dai 16 ai 64 anni), al fine di identificarne le principali peculiarità. L’età media degli utenti TikTok è notevolmente inferiore rispetto a chi usa un generico social network: 3 utenti TikTok su 10 hanno tra i 16 e i 24 anni e l’età media si aggira attorno ai 34 anni, 7 in meno degli utenti social.

Gli utenti TikTok sono più interessati al fashion e alla fotografia, lasciando letteratura e news in secondo piano. Chi usa TikTok tende a essere molto interessato ai videogiochi e al beauty; utilizzando i social per condividere foto, video e i dettagli della vita di tutti i giorni. Le pubblicità online sono fondamentali per scoprire nuovi brand per il 30% degli utenti di TikTok. Navigando, prestano molta attenzione alla loro privacy e si servono di strumenti di ad-block. Gli utenti tendono a investire molto su se stessi e puntano a ottenere sempre di più dalla vita. Nel complesso, sono più propensi a proteggere i loro dati personali: il 58% dei TikToker cancella i cookie dai browser (contro il 55% degli utenti di altri social), il 58% usa la modalità di navigazione in incognito (45% per gli altri social) e il 43% ritiene le pubblicità troppo invasive, troppo numerose (37%), pericolose in quanto contenenti virus o bug (30%). 

ONIM ha poi diviso i TikToker in sette profili: 

ALTRUIST: gli utenti che credono sia importante contribuire alla comunità in cui vivono e che gli individui dovrebbero lottare per l’eguaglianza. Inoltre pagherebbero di più per un prodotto sostenibile.

ASPIRATIONAL: individui che vogliono il massimo dalla vita. Dichiarano di essere fortemente orientati alla carriera; credono sia importante migliorarsi continuamente, apprezzano le sfide e spingono se stessi a essere la miglior versione di se stessi. Spesso credono che il denaro sia la miglior misura del successo e che sia importante non farsi sfuggire nessuna opportunità.

COSMOPOLITAN: utenti interessati alle altre culture, amano essere circondati da persone provenienti da altre parti del mondo, con diverse idee e stili di vita. Amano viaggiare ed esplorare il mondo, mangiano regolarmente cibi provenienti da altri Paesi e gli piacerebbe vivere e lavorare in altre nazioni.

INFORMED: user che credono sia importante restare aggiornati su quello che succede nel giorno. Si informano sui prodotti che comprano e cercano le opinioni di esperti prima degli acquisti, evitando il più possibile le decisioni d’impulso.

PRIVACY CONSCIOUS: persone che preferiscono rimanere anonimi su internet e si preoccupano di come le aziende usino i dati personali.

STATUS SEEKER: utenti che tendono a comprare le versioni «premium dei prodotti», che considerano di grande importanza il giudizio dei propri cari e vogliono ottenere il massimo dalla vita.

TECNOPHILE: individui che considerano di grande importanza possedere gli ultimi prodotti tecnologici. Sono costantemente connessi online. Apprezzano internet perché li aiuta a farli sentire più vicini alle persone.

Infine, ONIM stila le classifiche dei principali TikToker italiani. In quella per numero di follower la top three è occupata da Luciano Spinelli (7 milioni), Kessy&Mely (5,7 milioni) e Marco Cellucci (oltre 5 milioni). Nella classifica per engagement rate e crescita invece si posizionano sul podio Er Gennaro (engagement rate del 29%), Gianmarco Rottaro (11%) e Marta Losito (6,27%). 

ONIM è partner dei Touchpoint Awards per il Premio Influencer Marketing dedicato alle campagne che hanno visto la collaborazione di uno o più Influencer per migliorare la reputation del Brand e la fiducia degli utenti creando contenuti coinvolgenti, credibili e ingaggianti. Tutte le info su eventi.touchpoint.news.




Ritratto dell’odiatore seriale su Facebook. Insulti e minacce tra gattini, torte e Padre Pio

Ritratto dell'odiatore seriale su Facebook. Insulti e minacce tra gattini, torte e Padre Pio

Sono medici, insegnati, casalinghe. Anziani eleganti, appassionati di Disney. Ma che alla tastiera si trasformano in razzisti e mostri di cinismo. Storia di un fenomeno sempre più diffuso

Prince Jerry aveva 25 anni, veniva dalla Nigeria, era laureato in Biochimica e continuava a studiare qui, in Italia, dove era arrivato nel 2016 dopo due anni di odissea tra il deserto, i lager libici e la roulette russa del mar Mediterraneo sul barcone. Parlava un italiano fluente, e tutti lo ricordano come allegro e buono. A lungo ha atteso che gli venisse concesso l’asilo; a dicembre, invece, gli è stato protocollato il rifiuto. Il ragazzo è stato assalito dalla disperazione, non era più lo stesso. Il suo corpo è stato trovato senza vita sui binari di una stazione, travolto da un treno. Un suicidio, molto probabilmente.

La notizia è rimbalzata su Facebook. «Hai fatto più che bene» ha esultato il ventenne Danilo R., di origine calabrese, che ascolta Vasco e segue pagine dedicate a Forza Nuova e Matteo Salvini, quest’ultimo celebrato in tutte le salse. «A fatto bene, uno di meno» gli ha fatto eco, omettendo la h, la signora Fioralba M., una settantenne di Vasto dall’aspetto soave come il suo nome, la sua bacheca è una sfilata di ricette e immagini dei nipotini, mette il like a pagine come “associazione Sacro Cuore di Gesù” e in più è devota della “mistica Natuzza Evolo”, oltre che del suo idolo assoluto, il ministro dell’Interno. «Povero… treno» ha commentato Marian R, un giovane di nascita romena che lavora nei trasporti funebri. Sguardo limpido, adora talmente il nostro paese da essersi fatto tatuare il Colosseo sulla nuca. Per Roberta A. si tratta, semplicemente, di «Uno in meno». Bionda e appassionata dei film della Disney, attacca con virulenza papa Bergoglio, che ha osato definire i rifugiati “Gesù d’oggi”, e scrive «ti amo Salvini» un giorno sì e l’altro pure. 

Un clima di intolleranza e violenza strisciante, un’alta marea di fango scorre sui social, a cominciare da  Facebook, divenuto una specie di poligono di tiro verbale. Bersaglio fisso, sempre loro: i migranti, rei di sottrarre serenità e posti di lavoro agli italiani «brava gente». La “legittima offesa” colpisce anche il Pd, il solito George Soros, l’ex ministro Cécile Kyenge, Saviano, i “sinistri”, i “professoroni” e gli “accoglioni”. Minimo comun denominatore, il cibarsi di luoghi comuni alimentati dal sottobosco di fake news e dalla galassia dei media di destra.

Ecco allora «i migranti che sbarcano palestrati, col cellulare d’ultima generazione carico». Ecco lo stillicidio, il propagandistico inferno perpetuo di connazionali ridotti alla fame o a dormire per strada «mentre un richiedente asilo ha abusato di decine di bambini» e noi «rischiamo la pelle ogni volta che usciamo di casa», specie se incontriamo uomini di colore (“negri”) che se la spassano a spese dei contribuenti. Ecco il senso indotto e autoindotto di insicurezza permanente, a cui non c’è decreto che tenga. Ma chi sono queste persone che passano il tempo libero a postare contenuti e meme rancorosi e xenofobi, misogini, fascisti, radunandosi sul profilo del leader della Lega o in pagine come Rialzati ItaliaIo sto con SalviniL’Italia è degli ItalianiMovimento 9 dicembre ForconiDalla vostra parte?

E non mancano i gruppi chiusi. Per farsi approvare la domanda di iscrizione a Prima gli italiani, L’Espresso ha dovuto rispondere esclusivamente a queste due domande: 1) «Sei contrario agli immigrati?» (risposta, «sì») 2) «Ti senti insicuro/a dove risiedi?» (Ancora un «sì»). Dopo pochi minuti la richiesta è stata accettata.

È la stessa gente che affolla i comizi del vicepremier leghista nel suo tour elettorale senza fine, e che piange, va in deliquio quando il Capitano si materializza sul palco sulle musiche del Gladiatore e intona la sua filastrocca populista. Sono gli stessi che incontriamo tutti i giorni al bar, al supermercato, al cinema, nel nostro condominio. Perfetti insospettabili, individui anonimi e in apparenza pacifici che quando aprono bocca su Facebook si trasformano in mostri di cinismo e cattiveria razzista. 

2019, l’anno del razzista 4.0

«Basta con l’invasione africana». D’altronde, per lui i migranti sono «scimpanzé, che si arrampicano sugli alberi». La piattaforma di Mark Zuckerberg continua a rivelarsi facilmente permeabile dai nostalgici del Ku Klux Klan. Carlo C, un azzimato signore di mezza metà con gli occhiali, e col culto della personalità di Matteo Salvini, a proposito della Sea Watch sibila: «Ma gettateli in mare». Maurizio D., un ciociaro appassionato dei Pink Floyd, non ha dubbi: «Sono menti inferiori». Samuel C, palestrato e tatuato ventenne di Cagliari, puntualizza: «Io, che non sono razzista, prima li prenderei a badilate sui denti, poi gli darei fuoco. E con le ceneri passerei il fertilizzante alle piante». Il dottor Francesco F, che sarebbe un importante dirigente medico, impegnato per giunta in campo oncologico, mostra la sua soluzione finale: «Blocco navale e cannonate quando entrano in acque nazionali». Riccardo D.M., elegante settantenne pugliese minaccia: «Questi africani proliferano come topi. Cominciamo col castrare questi bastardi e poi mandiamo a fare in culo gli ipocriti e i falsi buonisti, i vagabondi e parassiti di sinistra». Chiara F. è una 23enne della provincia di Como. Pare dolcissima, innamorata del suo ragazzo e col gattino in braccio. Però sentenzia: «Pensano solo a scopare. Ciò che distingue l’umano dall’animale è la capacità di razionalizzare: traete voi le conclusioni».

Persino le quotazioni del führer stanno tornando di gran moda ultimamente.  Ferdinando P., in posa con figlio e fidanzata: «Ci vorrebbe, per questi emigrati, un bell’Hitler di nuovo». E Salvatore B., un millenial napoletano che fa il pizzaiolo in Germania: «Dategli fuoco a ‘sti neri di merda». Sergio M. lancia un auspicio: «A quando il prossimo Traini?».

Anche i sessisti si sono adeguati al clima, e continuano a molestare a stormi sulla sua pagina Fb Laura Boldrini, nonostante la sua battaglia culturale e legale contro gli odiatori seriali. Ai loro occhi, l’ex presidente della Camera è colpevole due volte: è una donna bella e intelligente, ed è fautrice dell’accoglienza. Simone F, un ragazzo di Como cultore della trap, posta: «Visto che vi piacciono così tanto gli immigrati, a te e Valentina Nappi, potete fare una gang bang con loro?». Un certo Alfredo D. dalla Sicilia si infiamma: «Non ho paura se mi porti in tribunale. Chiamami! Sei una latrina! Essere ignobile ignorante! Neanche appartieni alla razza umana». Lui, che è un vero campione di umanità, lascia il suo numero di telefono vero.

Alle volte, l’ultrà è una donna. «Vaffanculo stronza, ti dovrebbero stuprare» è l’invettiva pronunciata dall’abruzzese Maria D.P.,  casalinga; all’indirizzo di un’avvocatessa di Sulmona che si era permessa di criticare il politico più osannato del momento con una frase di Ovidio («Empio è colui che non accoglie lo straniero»).

Franca B., di Foggia, pubblica vignette degne della campagna di Abissinia e sfoggia, a mo’ di immagine di copertina, un cuore verde diviso a metà: in una delle due parti sbuca “il Capitano” . Da Bolzano a Canicattì, è un tripudio di pasionarie dell’uomo forte in divisa cangiante. «Salvini ti adoro», «Non mollare, noi non molliamo», «Sei bello come il sole». Impiegate, commesse, infermiere, insegnanti, professioniste. Hanno tutte nel demiurgo della chiusura dei porti il proprio eroe personale. Soraya G. è una modella ligure, e la sua passerella social è un monocolore di “frasi celebri” e foto-video salviniani. Barbara S., una bancaria del centro Italia amante dei cammini religiosi, indica la via: «Il nostro Capitano sarebbe fascista? È troppo buono, direi io. I veri discriminati siamo noi italiani. A mali estremi, estremi rimedi. Ruspa! E non solo…”




Fashion³: tecnologia e sostenibilità

Fashion³: tecnologia e sostenibilità

Il brand Fashion³ – Fashion Cube -, ecosistema creato nel 2017 e costituito da marchi tessili orientati alla vendita in negozio che fanno i capo al Gruppo Mulliez (Jules, Brice, Bizzbee, Pimkie, RougeGorge, Grain de Malice/Orsay), ha deciso di ottimizzare i propri cicli di produzione, promuovere la qualità e ridurre il time to market.

Grazie alla creazione di soluzioni tecnologiche innovative nelle fasi di progettazione, produzione e distribuzione dei prodotti, Fashion³ propone un nuovo modello di sviluppo a rifiuti zero per i marchi tessili del gruppo.

La riprogettazione del processo viene effettuata in modo rapido e adattata alle esigenze specifiche di ogni brand. La prima fase di implementazione prevede l’installazione di un sistema centralizzato per i team di produzione, sotto la supervisione dei gruppi di acquisto di ogni brand. La seconda fase consisterà nell’integrazione di nuovi processi di acquisto per ogni entità.

L’obiettivo è snellire i processi di produzione ma anche migliorare la comunicazione con marchi e distributori partner grazie all’utilizzo di una tecnologia innovativa. Il nuovo sistema riesce infatti ad analizzare con precisione il comportamento d’acquisto e rispondere in modo più mirato alle esigenze dei clienti.

Cosa c’è di nuovo

Siamo di fronte ad un caso di processo di trasformazione digitale che mira ad adottare soluzioni per ridurre l’impatto ambientale e migliorare la sostenibilità sociale. Una scelta in linea che gli obiettivi che ogni impresa responsabile dovrebbe avere.




Addio buche, la strada è di plastica

Addio buche, la strada è di plastica

L’idea di costruire strade con la plastica riciclata che, rispetto all’asfalto, non solo è a impatto zero ma regge anche meglio le alte e basse temperature ed ha una durata ed una resistenza di circa 3 volte superiore, è venuta per primi agli indiani. La colla polimerica ricavata da rifiuti di plastica triturati ricopre in India oltre 33 mila km di strade e il governo vuole realizzare oltre 83 mila km. A Roma sulla via Ardeatina è stato realizzato il primo tratto al mondo con un supermodificante in grafene e plastica riciclata

Strade di plastica riciclata e senza buche. In India sono una realtà da quasi venti anni e presto potrebbero arrivare anche da noi. A questa soluzione, a dir poco geniale, stanno lavorando in molti nel mondo, e anche in Italia si stanno muovendo i primi passi. L’idea di costruire strade con la plastica riciclata che, rispetto all’asfalto, non solo è a impatto zero ma regge anche meglio le alte e basse temperature ed ha una durata ed una resistenza di circa 3 volte superiore, è venuta per primi agli indiani.

Nel 2002 questa tecnica, che permette in un solo colpo di risolvere l’inquinamento da plastica e il problema delle buche ‘lunari’ che disseminano il manto stradale, fu applicata per costruire la strada di Jambulingam, a Chennai. E la prova della sua riuscita nel tempo è che in quasi venti anni, nonostante i monsoni, il caldo e i fiumi di macchine, la strada non si è consumata, né ha sviluppato crepe o buche. Oggi, la colla polimerica ricavata da rifiuti di plastica triturati ricopre in India oltre 33.000 Km di strade e il governo vuole realizzare oltre 83.000 Km di nuove strade ‘plastificate’ entro i prossimi 5 anni.

E in occidente? Qui i tentativi di utilizzare bottiglie e tappi di plastica per costruire strade risalgono solo a pochi anni fa. Il primo ad avere l’idea di sostituire il materiale riciclato ai combustibili fossili presenti nell’asfalto è stato l’ingegnere scozzese Toby McCartney con la sua startup MacRebur. La ricetta vincente è un mix composto dai 3 ai 10 Kg di plastica riciclata per ogni tonnellata di asfalto, usato come collante al posto del tradizionale bitume ottenuto dai combustibili fossili. Con questo composto due anni fa la MacRebur ha ripavimentato una delle principali e più trafficate strade del borgo di Enfield a Londra e l’amministrazione londinese ha deciso di estenderne la sperimentazione ad alcune fermate degli autobus.

Il metodo McCartney è sbarcato anche oltre Europa, come Australia, America del Nord e Dubai. In Olanda, invece, nel 2017 la Kws, società del gruppo edilizio VolketWessel, ha realizzato a Zwolle una pista ciclabile di 30 metri con plastica riciclata pari a 218mila bicchieri oppure 500mila tappi. Per la costruzione è stato utilizzato il progetto Plastic Road, costituito da moduli prefabbricati composti da plastica riciclata che si incastrano tra loro costituendo una superficie stradale.

Questi moduli hanno la forma di una scatola cava, molto leggera, che può essere installata anche su un sottofondo sabbioso ed ha il duplice vantaggio di permettere il passaggio di tubazioni e cavi, che possono essere utilizzati anche per la ricarica dei veicoli elettrici, e facilitare gli interventi di manutenzione. Inoltre, in caso di pioggia, l’acqua viene raccolta all’interno evitando la possibilità di inondazioni. Ma anche l’Italia sta lavorando per realizzare le sue ‘strade di plastica’.

A Roma, per esempio, sulla via Ardeatina, è stato realizzato il primo tratto al mondo con un supermodificante in grafene e plastica riciclata, il Gipave, messo a punto da Iterchimica in collaborazione con Directa Plus, G.Eco (Gruppo A2a) e l’Università Bicocca di Milano. Questa tecnologia rende l’asfalto più resistente fino al 250%, salvaguardandolo dalle buche e rendendolo anche antismog e antighiaccio. Inoltre la possibilità di riuso dei materiali già presenti sulla strada rende le strade costruite con il Gipave riciclabili al 100%, riducendo così l’estrazione di nuovi materiali e l’impiego di bitume di primo utilizzo. Questo nuovo additivo è stato utilizzato recentemente anche per costruire una pista dell’aeroporto di Fiumicino, la prima al mondo di questo genere, per confermare in situazioni di grande stress gli ottimi risultati già ottenuti in ambito stradale.

Ma oltre alle strade, in Italia potrebbe essere di plastica anche il carburante per le auto. Per la verità a lavorare su questo progetto nel mondo sono in tanti. In Italia se ne sta occupando la Lifenergy di proprietà della Firmin, azienda leader nel settore dei prodotti petroliferi in Trentino alto Adige. Ed è qui infatti che nascerà il primo impianto su scala industriale per riconvertire la plastica non riciclabile in biocarburante utilizzabile nei motori esistenti, che sarà commercializzato direttamente nei distributori di proprietà della Firmin. Anche l’azienda svizzera Grt sta lavorando sulla trasformazione della plastica in carburante sintetico e i primi impianti dovrebbero sorgere proprio in Italia. Per ogni tonnellata di plastica riciclata si potranno ottenere 900 litri di combustibile, al costo di 25 dollari al barile, meno della metà del prezzo del petrolio.