Quando si parla di politiche di sviluppo delle Risorse Umane è sempre più frequente l’utilizzo della sigla D&I, acronimo di Diversity & Inclusion. In linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, uno dei punti fondamentali dell’iniziativa dell’Onu riguarda proprio la valorizzazione delle diversità, in particolare per quanto riguarda la disparità di genere. Ma perché è così importante in ambito organizzativo? La risposta è nei dati. Il report dal titolo Breaking down gender biases, shifting social norms towards gender equality della United nations development programme 2023 ha registrato che, rispetto ai Paesi europei, l’Italia presenta percentuali di persone con bias di genere molto elevate: il 61% della popolazione ne ha almeno uno (il 65,3% degli uomini e il 57,9% delle donne). Per esempio, il 19,2% degli italiani ha bias di natura politica, l’8% di natura scolastica, il 29,7% di natura economica.
Come si collocano le aziende italiane in questo contesto? Ne abbiamo parlato con Flavia Brevi, Communication manager di Libellula, fondazione nata nel 2018 come iniziativa di responsabilità sociale di Zeta Service che accompagna le aziende nello sviluppo di progetti volti alla decostruzione degli stereotipi e a sostegno dello sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo. “Quando sei giovane c’è la scuola che ti forma, ma quando sei una persona adulta dov’è che sviluppi sensibilità su questi temi se non nel posto di lavoro dove vivi la gran parte del tuo tempo? Un’azienda virtuosa può educare le sue persone a disinnescare bias di genere, contrastare la violenza in tutte le sue forme, anche quelle verbali. In questo senso le imprese hanno un ruolo sociale che impatta tutta società in cui viviamo, anche al di fuori del luogo di lavoro”.
Brevi insiste sulle micro aggressioni, troppo spesso sottovalutate: “È importante sensibilizzare le persone per evitare che, più o meno inconsciamente, usino un linguaggio non inclusivo perché anche quella è violenza. In questo le aziende hanno una grande responsabilità perché spesso i luoghi di lavoro sono l’unico posto dove una vittima di violenza domestica può (e deve) potersi sentire al sicuro, accolta, compresa”. Ma siamo sulla buona strada; la sensibilità delle aziende sui temi della D&I e della lotta alla violenza e agli stereotipi di genere sta aumentando: “Lo notiamo, per esempio, dal fatto che c’è molta più progettualità. Una volta le imprese ci chiedevano supporto solo per progetti spot in occasioni particolari come il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e l’8 marzo, la Giornata della donna, mentre ora i progetti di queste occasioni hanno una ‘coda lunga’ che continua poi per tutto l’anno. È un messaggio importante, perché le iniziative di D&I non restino una mera operazione di pinkwashing, ma diventino un reale impegno all’interno di un percorso a lungo termine e che necessita sensibilizzazione e formazione continua”.
Sostenere la genitorialità condivisa
Proprio per valorizzare e premiare le aziende più virtuose, Fondazione Libellula ogni anno organizza Libellula inspiring company, il premio rivolto a tutte le aziende aderenti al network che si sono distinte per aver dato vita a progetti volti a prevenire e contrastare la violenza e la discriminazione di genere, dentro e fuori il contesto di lavoro. Nel 2023, per la categoria ‘Prevenzione e contrasto alla violenza di genere’ il premio è andato ad Andriani, azienda specializzata nella produzione di pasta naturalmente senza glutine di alta qualità; un riconoscimento frutto di un percorso iniziato già da qualche anno, ma che è solo all’inizio, come racconta Sara Rossi, Coordinatrice per le tematiche D&I di Andriani: “Il percorso è iniziato nel 2021 quando, dopo essere diventata società benefit, l’azienda ha dato vita a un percorso che si inserisce all’interno di quella che è la volontà dell’organizzazione, ossia, apportare un cambiamento culturale. Lo abbiamo fatto a partire dai feedback dei nostri lavoratori, coinvolti per capire insieme che cos’è la violenza di genere e che cosa sono gli stereotipi, provando quindi a deostruirli. Inoltre, ci siamo serviti del potere pedagogico del teatro per permettere alle persone di immedesimarsi in contesti diversi dai propri. Visto il successo e la partecipazione, abbiamo poi deciso di mettere in scena un vero e proprio spettacolo ripercorrendo le gesta di cinque grandi donne del passato di periodi storici e background diversi: Lady Diana, Frida Kahlo, Evita Perón,Marlene Dietrich e Luisa Spagnoli’’. Rossi spiega come sia stato importante coinvolgere le persone in veste di attori protagonisti per lo spettacolo, così da essere parte attiva del processo di sensibilizzazione non solo dei colleghi, ma anche di una platea esterna all’azienda.
IL FUTURO DEGLI SMART CONTRACTS SECONDO IL DATA ACT EUROPEO
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Nel corso delle precedenti newsletter mensili, abbiamo tentato di accompagnare i nostri lettori in una serie di approfondimenti legati al tema della blockchain e degli smart contracts[1]. Il Data Act[2], nel regolamentare il diritto di accesso ai dati prodotti dagli IoT (Internet of Things o Internet delle cose) e nel contesto più ampio relativo ad una strategia europea dei dati (cd. European Data Strategy), prevede anche delle disposizioni specifiche inerenti ai contratti intelligenti o smart contracts in inglese.
Il Regolamento in parola, direttamente applicabile in tutta l’Unione Europea senza necessità di recepimento da parte di leggi nazionali, entrerà pienamente in vigore a partire dal 12 settembre 2025, con alcuni differimenti agli anni successivi limitatamente ad alcune sezioni o disposizioni di dettaglio e rimandando al 2028 una valutazione globale del regolamento e presentando al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sulle principali conclusioni tratte (art. 46).
La definizione di contratto intelligente è contenuta nell’art. 2 rubricato “Definizioni” secondo cui, uno smart contract è un “programma informatico utilizzato per l’esecuzione automatica di un accordo o di parte di esso utilizzando una sequenza di registrazioni elettroniche di dati e garantendone l’integrità e l’accuratezza del loro ordine cronologico” e dovrà rispettare i requisiti previsti dal Data Act solo se utilizzato per “rendere disponibili i dati” (cfr. art. 2 pt. 39, QUI)
In altre parole il corposo regolamento (composto da 119 Considerando e 50 articoli), al fine di rispondere alle necessità dell’economia digitale e di eliminare gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno dei dati, intende stabilire “un quadro armonizzato che specifichi chi ha il diritto di utilizzare i dati di un prodotto o di un servizio correlato, a quali condizioni e su quale base.” (cfr. Considerando n. 3) e, quindi, obbligando i produttori e i progettisti di dispositivi IoT a condividere i dati generati dall’uso dei dispositivi con gli utenti o con terze parti designate dagli utenti.
Una rivoluzione copernicana per i fornitori di servizi IoT e per le aziende
L’approvazione del Data Act rappresenta una rivoluzione significativa sia per i fornitori di Internet delle cose (IoT) che per le aziende (ed in particolare microimprese, piccole imprese e medie imprese) interessate ad accedere ai dati generati dagli IoT. Con questo atto, gli utenti di dispositivi IoT possono richiedere la condivisione di questi dati con terze parti, nel rispetto di determinate condizioni e limiti (articolo 4). Il Regolamento europeo impone ai fornitori di IoT (titolari dei dati) e ai destinatari terzi di stipulare un “accordo di condivisione” dei dati volto a regolamentare il flusso di informazioni. Il Data Act prevede anche l’uso di smart contract per questi accordi, segnando la prima regolamentazione dell’Unione Europea su questo tipo di contratto. Degno di nota è il Considerando n. 104 nella parte in cui afferma che per promuovere l’interoperabilità degli strumenti per l’esecuzione automatica di accordi di condivisione dei dati è necessario “stabilire requisiti essenziali relativi ai contratti intelligenti redatti da professionisti per altri o integrati in applicazioni che sostengono l’attuazione di accordi per la condivisione dei dati”, creando una connessione sempre più stretta tra il diritto e le nuove tecnologie.
Smart contracts e condivisione dei dati
Gli smart contract offrono vari vantaggi, tra cui la possibilità di ridurre i costi, soprattutto quando gli accordi di condivisione dei dati variano minimamente, ad esempio cambiando solo l’ambito di applicazione. Questi contratti intelligenti possono anche servire come misura di protezione per impedire l’uso non autorizzato o alla divulgazione dei dati da parte dei destinatari (art. 11). Inoltre, le norme sui contratti intelligenti si applicano a qualsiasi accordo di condivisione dei dati, non solo quelli tra titolari e destinatari. Ciò significa che anche l’industria delle criptovalute, che fa largo uso dei contratti intelligenti, dovrà conformarsi al regolamento in parola se gli accordi sottostanti mirano alla “condivisione dei dati”. Tuttavia, il Considerando n. 6 precisa che il Data Act, nel prevedere cd. “norme orizzontali”, lasci aperta la possibilità tanto all’Unione Europea quanto gli ordinamenti nazionali l’onere di “affrontare le situazioni specifiche dei settori pertinenti”.
Requisiti tecnici degli smart contracts
Con riferimento agli aspetti tecnici, in particolare per i servizi di trattamento dei dati, il regolamento pone in capo alla Commissione europea il potere di adottare atti al fine di integrare il regolamento ed istituire un “meccanismo di controllo delle tariffe di passaggio imposte dai fornitori di servizi di trattamento dei dati sul mercato, e di specificare ulteriormente i requisiti essenziali in materia di interoperabilità” (Considerando n. 113).
L’art. 36 (rubricato: “Requisiti essenziali relativi ai contratti intelligenti per l’esecuzione degli accordi di condivisione dei dati”) prevede che il venditore di applicazioni che utilizzano i contratti intelligenti o, in sua assenza, l’azienda (esercente attività di impresa commerciale, imprenditoriale o professionale), deve assicurare che gli smart contracts rispettino i seguenti requisiti essenziali, qui di seguito elencati:
robustezza e controllo dell’accesso: lo smart contract, infatti, deve essere progettato by design in modo tale da offrire meccanismi di controllo dell’accesso e un grado di robustezza molto elevato per evitare errori funzionali e resistere alla manipolazione di terzi;
cessazione e interruzione sicure (cd. kill switch) per cessare l’esecuzione automatizzata delle transazioni ad opera dello smart contract e prevedere al contempo funzioni interne tali da reimpostarlo o trasmettergli l’istruzione di fermarsi o interrompere il proprio funzionamento allo scopo di evitare esecuzioni accidentali future;
archiviazione e continuità dei dati, per garantire, nel caso in cui si debba procedere alla risoluzione o alla disattivazione di un contratto intelligente, che vi sia la possibilità di archiviare i dati relativi alle transazioni nonché la logica e il codice del contratto intelligente al fine di tenere traccia delle operazioni effettuate sui dati in passato (cd. verificabilità);
controllo dell’accesso, per garantire che un contratto intelligente sia protetto mediante meccanismi rigorosi di controllo dell’accesso sul piano della governance;
coerenza, con i termini dell’accordo di condivisione dei dati che il contratto intelligente esegue.
[1] L’ultimo articolo “BLOCKCHAIN E SMART CONTRACT [EP 10/10]” è disponibile QUI.
[2] Regolamento (UE) n. 2023/2854 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2023 riguardante norme armonizzate sull’accesso equo ai dati e sul loro utilizzo e che modifica il Regolamento (UE) n. 2017/2394 e la direttiva (UE) n. 2020/1828 (regolamento sui dati).
“Dior? Altro che alta moda. Reputazione in fumo come con la Ferragni”
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Dior e caporalato. Parla l’esperto: “È un problema di comparto. Cade un mito come è successso con la Ferragni”
E siamo a tre. Dopo Alviero Martini srl e Giorgio Armani Operations srl, il lusso in appalto finisce ancora una volta nel mirino del Tribunale di Milano. Questa volta tocca alla Manufactures Dior srl, il braccio produttivo italiano del gigante francese Dior, accusata di caporalato per non aver “prevenuto e arginato fenomeni di sfruttamento lavorativo”. Sotto accusa quattro opifici nelle province di Milano, Monza e Brianza, con 32 lavoratori irregolari e due società attive nella produzione di prodotti di pelletteria: la Pelletterie Elisabetta Yang e la New Leather srl.
Lo schema è lo stesso di Armani e Alviero Martini, e il problema è altrettanto identico: “Non è stata fatta una previsione del rischio: assessment (valutazione) dei rischi reputazionali che vanno previsti e mitigati”. A dirlo è Luca Poma, professore di Reputation Management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, nonché specialista in digital strategy e crisis communication. Interpellato da Affaritaliani.it, Poma parla del grave danno reputazionale che si abbatte ora sul colosso del lusso francese Dior: “Un danno che non intacca solo il ramo produttivo made in Italy, ma l’intera filiera”. Secondo Poma, un’accusa del genere ha ripercussioni su tutto il comparto, influenzando inevitabilmente anche le vendite.
La storia si ripete: per abbattere i costi e massimizzare i profitti di una borsa venduta in negozio a migliaia di euro, l’azienda ha esternalizzato la produzione a ditte appaltatrici, che, incapaci di garantire qualità e tempismo, si rivolgono a opifici clandestini cinesi. Le indagini, come negli altri due casi, sono coordinate dai pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone e condotte dai carabinieri di Milano.
“Ne risentiranno sicuramente anche le vendite, poiché aumenta la sfiducia della clientela e il comportamento d’acquisto”, continua Poma. Ciò che lascia più sgomento è che un modello di borsa (codice PO312YKY) viene venduto nei negozi a 2.600 euro, mentre Dior spende solo 53 euro per acquistarlo dall’opificio di operai cinesi in nero a cui è commissionata la produzione dalla Manufactures Dior. Una vera beffa per il cliente e per i valori di sostenibilità a cui i grandi marchi di alta moda si aggrappano per promuovere un’economia più green. L’esperto infatti sottolinea: “Si parla tanto di sostenibilità, ma si continua a fare profitto risparmiando sui costi del lavoro a discapito della sicurezza dei dipendenti. Non si comprende davvero la serietà del problema”.
Ma che cosa succede ora? Dopo l’inchiesta, il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, ha suggerito l’avvio di un tavolo di confronto sul settore della moda, con l’obiettivo di fermare lo sfruttamento lavorativo. Tuttavia, nel frattempo, la casa di moda francese non ha rilasciato alcuna dichiarazione, nonostante il grande impatto reputazionale che l’accusa ha smosso sul colosso. “È il crollo di un mito,” dichiara Poma, “un mito come lo era la stessa Chiara Ferragni“. L’esperto, infatti, vede una certa analogia tra il caso Dior e quello dell’influencer accusata di truffa aggravata nel controverso Pandorogate.
Insomma, mentre Dior continua a tacere, il danno d’immagine si estende, sollevando non pochi interrogativi sul futuro della moda di lusso e sulla reale sostenibilità di un settore che sembra ancora lontano dal risolvere le sue contraddizioni interne.
“È un problema di comparto. Se prendiamo in esempio gli influencer, vediamo quanto non sono capaci di affrontare o essere all’altezza di temi sensibili, né tanto meno c’è una regolamentazione chiara che filtri ciò che va in rete”. La stessa cosa è successa per Dior, che non solo non ha istituito un contratto regolare d’appalto tra le due società, ma, come evidenzia l’esperto: “Ha anche affrontato il problema senza curarsi dei rischi e della reputazione”.
Anche se settori e modalità sono diversi, la storia è sempre la stessa. Secondo il ragionamento di Poma, come non pochi influencer non si dimostrano all’altezza delle aspettative dei loro follower, così Dior spaccia le sue borse per prodotti artigianali venduti a migliaia di euro, ma pagati dal colosso francese solo 53 euro. E chi produceva quelle borse? Operai cinesi sfruttati negli opifici milanesi e brianzoli. Una beffa per i suoi follower nel caso Ferragni e da Dior un colpo basso al cliente finale e anche ai lavoratori sottopagati.
“Il caso Dior mette in luce un sistema ben radicato che continua a prosperare a scapito dei lavoratori e della fiducia dei consumatori”, conclude Poma. I casi di Alviero Martini, Armani e Dior, infatti, non sono episodi isolati. Riflettono un problema sistemico nell’industria dell’alta moda, che sembra ormai allo sbando. Pur di ottenere profitti, il settore non esita a ricorrere a sotterfugi ben camuffati nascondendosi bene dietro vetrine scintillanti e sfarzose pubblicità.
Il dilemma dei festivi: quando un commento leggero diventa polemica
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Nei giorni delle recenti festività pasquali, a tenere banco sui social, in Italia, è stato un episodio che, sebbene inizialmente sembrasse innocuo, ha sollevato una riflessione profonda sul lavoro nei giorni festivi e sull’etica della comunicazione tra clienti e dipendenti. Una commessa di Golden Point, mentre svolgeva il suo turno in un centro commerciale, ha fatto una battuta a una cliente, esprimendo il desiderio di essere invece impegnata a grigliare per la Pasquetta. Quello che per alcuni potrebbe sembrare un commento leggero e informale è rapidamente diventato un argomento di discussione virale sui social media.
Il caso ha preso piede quando la cliente, percependo la battuta come una mancanza di professionalità, ha deciso di condividere la sua esperienza online. Il post è diventato virale, generando una serie di commenti che mettono in discussione la pratica del lavoro nei giorni festivi e l’atteggiamento dei dipendenti verso i clienti.
Questo episodio solleva interrogativi su due fronti. In primo luogo, riguarda le aspettative verso i lavoratori dei centri commerciali durante i festivi. Il commercio al dettaglio, come molti altri settori, è caratterizzato da un’attività intensa durante i periodi di festa. Tuttavia, c’è una linea sottile tra la professionalità e l’umanità, e le battute informali, pur se innocenti, possono essere interpretate come segno di scarsa dedizione.
In secondo luogo, la reazione della cliente evidenzia una crescente sensibilità riguardo alla percezione del servizio al pubblico. Con l’aumento delle aspettative nei confronti del comportamento dei dipendenti, la questione si amplifica attraverso i social media, dove ogni esperienza, positiva o negativa, può diventare oggetto di dibattito pubblico. In questo contesto, le piattaforme social giocano un ruolo ambivalente: se da un lato offrono uno spazio per la libertà di espressione, dall’altro possono amplificare in modo sproporzionato episodi che, senza il risalto mediatico, potrebbero restare circoscritti.
La questione di fondo è se le battute informali da parte dei dipendenti debbano essere tollerate in contesti di lavoro così impegnativi e se, in definitiva, non stiamo richiedendo una sorta di perfezione irrealistica a chi lavora in situazioni di stress. Questo incidente, sebbene possa sembrare banale, riflette una tensione crescente tra la vita privata e quella professionale, e tra la necessità di un servizio clienti impeccabile e la realtà della vita lavorativa quotidiana.
In sintesi, l’episodio della commessa di Golden Point mette in luce il delicato equilibrio tra professionalità e umanità, invitando a riflettere su come la percezione del servizio e le aspettative dei clienti stiano evolvendo nell’era dei social media.
GOP – Studio Legale Gianni & Origoni ha avuto un ruolo negli attacchi che hanno portato al crack dell’unicorno green Bio-On?
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Per agevolare la comprensione di quest’approfondimento sull’eventuale ruolo dell’importante studio legale milanese GOP – Gianni & Origoni nel gruppo di coloro che hanno a vario titolo contribuito alla crisi della più promettente azienda italiana produttrice di polimeri plastici biodegradabili al 100%, inquadriamo brevemente lo scenario: chi sono i protagonisti di questo giallo finanziario italiano?
Cos’era Bio-On
La mission di Bio-On era accelerare la sostituzione della tradizionale plastica con un’alternativa completamente ecologica, grazie a una tecnologia che utilizza come materia prima gli scarti della produzione agricola e agroindustriale, stimolando una fermentazione batterica in grado di produrre polimeri con proprietà identiche a quelli delle plastiche sintetiche, ma 100% biodegradabili.
Il progetto, fondato da Marco Astorri e Guido Cicognani, ebbe talmente successo da permettere alla start-up di raggiungere una capitalizzazione di mercato superiore al miliardo di euro, facendola entrare nell’esclusivo club degli “unicorni” della Borsa Italiana e, a fine 2018, a venir classificata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Golden Power Company, ovvero azienda strategica d’interesse nazionale.
Bio-Onvantava una vasta rete di collaborazioni con istituzioni accademiche nazionali e internazionali, e 69 progetti di ricerca attivi, con centri d’eccellenza come le Università di Milano, Bologna, Napoli, il “Consorzio Futuro e Ricerca” di Ferrara, la University of Hawaii e la Clarkson University in USA, oltre alla Tampere University in Finlandia. Inoltre, Bio-On era titolare o licenziataria esclusiva di 27 famiglie brevettuali, che includevano oltre 100 titoli di privativa, come riconosciuto dal Tribunale di Bologna al momento del default. Questi brevetti – che coprivano sia processi produttivi sia prodotti e applicazioni – costituivano un asset strategico di enorme valore e attestavano la capacità innovativa e il potenziale di mercato dell’azienda, la cui solidità finanziaria era garantita dalla certificazione dei bilanci effettuata da colossi della consulenza contabile come PriceWaterHouseCoopers® e successivamente Ernst&Young®. Con un tale pedigree, Bio-On consolidò la propria posizione di astro nascente nel settore dei bio-polimeri, a livello nazionale e internazionale.
La svolta: l’attacco in borsa e il crollo sul mercato
Le cose cambiarono drammaticamente nel 2019 a causa di un attacco orchestrato da Quintessential Capital Management (noto anche come QCM), piccolo fondo d’investimento off-shore USA (in realtà registrato alle Isole Cayman, noto paradiso fiscale), il quale avendo – come si appurò in seguito – posizioni speculative short-term al ribasso sulle azioni Bio-On, ha innescato il panico tra gli investitori e il successivo rapido crollo del valore in borsa, tramite la diffusione in rete di un video denso di fake-news e più in genere con una vera e propria campagna di black PR su Bio-On,.
Poco tempo dopo, la Procura di Bologna avviò un’indagine dando credito alle accuse di Quintessential – il cui primo indirizzo operativo corrispondeva a quello di un noto museo d’arte americano (!) – dando inizio a un processo che, paradossalmente, portò allo stato di fermo temporaneo del CEO di Bio-On Marco Astorri, accusato di presunte false comunicazioni al mercato, e al sequestro dei beni di altri membri dei management, per decine di milioni di euro, sviluppi che hanno contribuito alla sospensione delle operazioni e alla successiva bancarotta e dichiarazione di fallimento di Bio-On.
In seguito, però, una valutazione indipendente ha rivelato che – nonostante il report del fondo short-termista che la definiva “una scatola vuota indebitata per decine di milioni di euro” – il valore degli asset residui di Bio-On era ricompreso tra i 95 e i 140 milioni di euro, scoperta che ha suscitato ulteriori dubbi sull’adeguatezza delle decisioni legali e finanziarie che – secondo i professionisti intervistati – hanno causato la forse troppo frettolosa “liquidazione” di Bio-On, tramite “aste al ribasso” che hanno rapidamente portato alla sua totale dissoluzione.
Gli sviluppi giornalistici, e quelli giudiziari
La recente video-inchiesta dal titolo“Il caso BioOn: Unfair Game”, prodotto dalla nostra testata, ha raccontato questa vicenda, sottolineando anche le vulnerabilità delle start-up innovative italiane nel navigare mercati finanziari complessi e spesso imprevedibili, ed evidenziando anche le evidenti carenze della supervisione da parte delle autorità finanziarie nazionali, Consob in testa, il cui ruolo dovrebbe anche essere quello di monitorare le fluttuazioni di mercato e intervenire in difesa del mercato stesso. Invece, nonostante segnali di trading irregolare e il crollo repentino delle azioni, con oltre 700 milioni di euro di valore bruciati in un solo giorno, le iniziative intraprese da Consob – secondo quanto dichiarato dagli intervistati – si sono rivelate assenti o comunque del tutto insufficienti e non tempestive, se non addirittura controproducenti, sollevando interrogativi sulla loro efficacia e sulla necessità di avviare concrete riforme legislative per proteggere gli interessi diffusi di investitori e risparmiatori. Tanto che è di questi giorni la notizia che due tra i più importanti studi legali italiani stanno valutando l’avvio di azioni di tutela generalizzata (class-action) a tutela degli investitori danneggiati dal crollo di Bio-On.
Gli ultimissimi sviluppi giudiziari sono stati, se possibile, ancora più eclatanti: durante la sua audizione, l’autore del video critico su BioOn Gabriel Grego, ascoltato in aula a Bologna il 14 maggio scorso, ha ammesso – come risulta dalle trascrizioni delle sue dichiarazioni – di aver avuto un interesse economico diretto nella caduta del titolo Bio-On, avendo dialogato attivamente con fondi d’investimento e speculativi short-term, i quali avrebbero acquistato tra il 2 e il 3% delle azioni di Bio-On, e gli avrebbero commissionato – tramite un apposito contratto – un report sull’azienda, report che venne confezionato da Grego con taglio negativo e che di fatto generò il crollo del titolo. Proprio in quell’occasione, il 14 maggio, a Grego – che ha confermato di aver guadagnato svariati milioni di euro in fee da quell’operazione – è stata notificata una citazione per danni, da parte dei legali dei fondatori di Bio-On, per complessivi 270 milioni di euro.
Peraltro, Gabriel Grego non pare essere nuovo a questo genere di operazioni: Quintessential creò una posizione speculativa short sull’azienda tecnologica britannica Darktrace nel 2023, e poi pubblicò – analogamente a quanto fatto con Bio-On – un report nel quale si denunciavano una serie di presunte irregolarità della società in questione, causando il crollo del valore delle azioni alla borsa di Londra, finché un contro-report molto dettagliato di Ernst&Youngcertificò il buono stato di salute dell’azienda di sicurezza informatica, bloccando l’emorragia di valore.
È inoltre da segnalare l’aggressiva politica di dissuasione promossa da Gabriel Grego verso i soggetti protagonisti di interventi di correzione della grave asimmetria informativa che ha caratterizzato per anni la percezione del dossier Bio-On, fortemente sbilanciata verso le tesi (mai del tutto provate, peraltro) di Grego. Politica che si è sostanziata anche in diffide legali inviate proprio da GOP a vari soggetti “colpevoli” di aver esercitato il diritto di cronaca Costituzionalmente garantito, inclusi diversi giornalisti, minacciati di azioni legali per aver narrato parti di questa vicenda, come risulta dalle lettere trasmesse in visione alla nostra redazione:
L’assertività, a tratti “aggressiva”, propria della strategia di Grego, d’altra parte era stata confermata già in passato; in un’intervista sempre a Gabriele Grego resa al giornalista Luca Piana il 05 agosto 2019 sulle pagine del quotidiano La Repubblica, si può infatti leggere:
Giornalista – Avete considerato le conseguenze legali a cui potreste andare incontro?
G. GREGO – Abbiamo fatto una valutazione molto attenta su cosa dire, come dirlo e sulle fonti utilizzate (…) non solo dal punto di vista legale, perché ovviamente in questo tipo di situazioni è impensabile pensare che la società intenti una causa e la vinca, o che ci facciano causa, non abbiamo nessun problema, siamo seguiti dai migliori studi legali del mondo e, esattamente come abbiamo fatto con Bio-On, se qualcuno fa una causa, o se fa una un esposto contro di noi, ci difendiamo sempre in maniera molto aggressiva e vigorosa, cerchiamo sempre di spostare la battaglia sul terreno dell’avversario, come abbiamo fatto con Bio-On, ma l’importante è che la causa non venga vinta.
In ogni caso, alle diffide di GOP gli interessati hanno risposto dopo poche ore, con una contro-diffida, molto secca, dello Studio legale Grande Stevens, che riportiamo qui di seguito:
Recentemente, anche la presentazione pubblica della nostra video-inchiesta giornalistica “Bio-On: UnFair Game“ ha stimolato stravaganti diffide e minacce legali, sempre a firma dello Studio GOP Gianni & Origoni per conto di Gabriele Grego, come potete leggere qui. Il Consiglio Regionale, l’istituzione che avrebbe dovuto ospitare l’evento a Palazzo Regione Lombardia (“Pirellone”), ha infatti ricevuto una lettera dai toni vagamente intimidatori il cui scopo è evidentemente di censurare la verità, e impedirci di ristabilire simmetria informativa su questa vicenda di interesse nazionale:
L’istituzione, incredibilmente, ha supinamente ceduto alle pressioni: è a nostro avviso deludente dover prendere atto di come un Ente al servizio dei cittadini, inclusi i risparmiatori che hanno perso i propri denari a causa di quella speculazione, dia credito a una diffida inviata su mandato di chi è l’architetto e artefice di quella spregiudicata operazione, uno speculatore che ancora oggi interviene per limitare pesantemente la libertà di stampa e di cronaca.
In ogni caso, non ci siamo fatti intimidire, e abbiamo individuato una nuova location per la proiezione dell’inchiesta, che è regalmente avvenuta giovedì 13 giugno alle ore 16, come promesso.
GOP ha avuto un ruolo nel supportare le azioni che hanno portato al crollo di Bio-On?
Per tentare ora di rispondere a questa importante domanda, dal significativo risvolto etico, stante i danni causati ai risparmiatori, analizziamo con attenzione alcune informazioni salienti, in parte reperite da fonti aperte, in parte risultanti da sbobinatura delle registrazioni delle deposizioni in Tribunale raccolte durante le udienze del processo Bio-On, altre ancora estrapolate da trascrizioni di intercettazioni della Guardia di Finanza e da altra documentazione trasmessa all’attenzione della nostra redazione da fonti riservate, acquisite nel corso della nostra attività d’inchiesta.
INTERCETTAZIONI TELEFONICHE
Per inquadrare il tipo di rapporti intercorrenti fra Claudio Grego e lo studio Gianni & Origoni, può essere interessante esaminare l’intercettazione telefonica del 06 settembre 2019, la cui parziale trascrizione è riportata qui di seguito:
GREGO – Io sto molto bene, ormai vivo a Tel Aviv, ho lasciato l’Italia.
SIMONE – Ma lo sapevo, me lo avevano detto…non mi ricordo chi, ma lo sapevo.
GREGO – Sto aprendo…io sono già operativo e sto aprendo il desk di Gianni Rigoni in Israele.
SIMONE – Cazzo! Bravo! Bello!
GREGO – Sto seguendo queste operazioni che ci sono tra Italia e Israele sia a livello governativo, quasi governativo, e quindi tutto il discorso della sicurezza della cibernetica, della cybersecurity.
SIMONE – Incredibile!
GREGO Eh…
SIMONE – Incredibile perché riesci a fare una cosa del genere, e sicuramente ci riuscirai, è veramente molto bello perché stai andando a fare un lavoro che ti piace a casa tua. È pazzesco!
GREGO – E beh! La decisione era stata presa quando sono andato dall’avvocato Gianni a dirgli “Io vado in Israele”, lui ha detto “No, no, non vai tu in Israele, noi andiamo in Israele.” E quindi mi è piaciuta molto anche come atteggiamento…
ALTRE EVIDENZE
Qui di seguito, alcune altre evidenze che possono fornire elementi utili per comprendere i rapporti tra GOP e Grego e l’eventuale coinvolgimento del noto studio legale milanese nel dossier Bio-On
La dichiarazione di trasparenza di Maurizio Salom, il commercialista che emise un parere negativo su Bio-On (presidente del collegio Sindacale della principale concorrente di Bio-On, quindi in evidente conflitto di interessi), dichiarazione resa disponibile sul sito di Quintessential, riporta Gianni, Origoni, Grippo & Partners nei metadati del titolo.
Dal 2013, ha fatto parte dello Studio Legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners Claudio Grego, co-responsabile del Dipartimento Wealth & Trust, Claudio Grego è il padre di Gabriel Grego.
Lo Studio Legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners è stato partner di Borsa Italiana, e Claudio Grego, padre di Gabriel Grego, in passato venne nominato responsabile della Direzione Affari Legali e Regolamentazione di Borsa Italiana S.p.A.
Nell articolo di La Stampa del 18 novembre 2019 di Paolo Mastrolilli, nel quale Gabriele Grego afferma “Ci sono altri casi simili a Bio-On. Lavoriamo su un paio di società in Borsa”, si legge:
“Cosa dicono nel suo caso? «Un assurda teoria ripetuta spesso è che si trattava di un complotto (omissis, ndr), di cui io ero la testa di ponte, aiutato da mio padre, dall’amministratore delegato della Borsa italiana Rafaele Jerusalmi, e dal revisore Maurizio Salom”
Teoria che ad alcuni qualificati osservatori non pare poi – per citare le stesse parole di Grego – tanto “assurda”, se si considera che lo studio Gianni Origoni Grippo è lo studio legale che ha assistito Gabriel Grego nell’operazione esplosa con la pubblicazione del report “Bio-On S.p.A. – Una Parmalat a Bologna”, che ha generato il crollo del titolo Bio-On, e ha varie connessioni professionali con Borsa Italiana.
Lo studio Gianni Origoni Grippo avrebbe rassicurato Gabriel Grego della legalità – secondo le leggi italiane – dell’operazione di speculazione contro Bio-On che Grego intendeva effettuare nel nostro Paese, mentre, per inciso, un altro studio legale avrebbe dato parere negativo a quell’operazione di speculazione (verbatim da una dichiarazione di Grego: “Noi abbiamo ingaggiato uno studio legale, due studi legali veramente, e uno ci ha detto, ci ha consigliato, di lasciar perdere, proprio per evitare questa ambiguità, ma l’altro, invece, ha detto che la cosa migliore è andare… abbiamo prima parlato con una persona che era ex Consob e che ci ha consigliato che la cosa migliore è semplicemente andare a chiedere”)
Emanuele Grippo è socio e avvocato dello studio legale Gianni & Origoni, ed è definito da Gabriele Grego “il suo avvocato di fiducia in Italia”. In data 06 febbraio 2021 è pubblicata online un’intervista all’Avv. Emanuele Grippo, associato di GOP. L’articolo apparso sarebbe in realtà stato modificato dalla giornalista, rispetto alla versione originale, in seguito alla protesta degli ex vertici di Bio-On S.p.A., ma l’originale riportava a seguente affermazione, difficilmente equivocabile:
“A questo” prosegue Grippo, si aggiunge il tema degli effetti delle vendite allo scoperto sulle aziende. “Da tempo le autorità finanziarie mondiali hanno ragionato molto sui limiti allo short selling”, spiega l’avvocato, evidenziando tuttavia che, anche alla luce di quanto accaduto, “andrebbe fatta qualche considerazione in più perché, come dimostra il caso Bio-On, gli shortisti possono anche avere il pregio di far emergere situazioni opache e fraudolente”.
Emanuele Grippo è inoltre fra i legali che partecipano all’incontro con Consob qualche giorno prima del 24 luglio, e che riferiscono a Gabriele Grego degli esiti, come è dimostrato dalle trascrizioni degli interrogatori in udienza riportati sotto. Sempre Emanuele Grippo trasmette il 23 luglio 2019 alle ore 10 00 (UTC+1) a Consob una e-mail con oggetto “Report Quintessential Capital Management Bio-On S.p.A.”, in cui informa l’autorità di controllo dell’imminente pubblicazione del report “Bio-On SpA una Parmalat a Bologna?”, e rimanda allo stesso Avv. Emanuele Grippo e alla Dott.ssa Giulia Staderini per i chiarimenti che si fossero resi necessari.
La Dott. sa Giulia Staderini è of counsel dello studio legale Gianni & Origoni, e – secondo fonti della nostra redazione – parrebbe essere stata lei ad aver consigliato l’incontro con Consob e ad avervi anche partecipato, insieme a Emanuele Grippo e, probabilmente, ad altri legali di GOP. Giulia Staderini è stata anche funzionaria in servizio presso Consob dal 1990 sino al 22 marzo 2017: poi è passata a lavorare per Studio Gianni & Origoni, ed infatti è tra le persone, insieme ad Emanuele Grippo, alla quale, nella corrispondenza intercorsa tra il gruppo di Grego e Consob, si rimanda per eventuali approfondimenti sul dossier Bio-On.
TRASCRIZIONI DA UDIENZE IN TRIBUNALE
Per chiarire il tipo di rapporti intercorrenti fra Gabriel Grego e lo studio Gianni & Origoni, rilevano anche le trascrizioni delle udienze dibattimentali. Qui di seguito, alcuni stralci dall’esame dell’Avv. Luigi Panella a Grego nell’udienza del 14 maggio 2024 al Tribunale di Bologna (sono riportati solo i passaggi pertinenti).
DIFESA, AVV. PANELLA – QCM o suoi legali hanno anticipato alla Consob i contenuti del suo report? Perché lei ha detto che era una società quotata, quindi bisognava insomma preparare questa operazione…
TESTIMONE GREGO – Sì, con il suo permesso le spiego il contesto.
DIFESA, AVV. PANELLA – Prego.
TESTIMONE GREGO – Con la premessa che questo è un incontro che hanno fatto i miei legali e non io personalmente, anche l’esito di questo incontro mi è stato riferito dai miei legali al telefono, quindi visto che sono giurato ecco io le racconto la mia comprensione di quello che mi è stato raccontato.
(…)
DIFESA, AVV. PANELLA – Chi erano i suoi legali, scusi?
TESTIMONE GREGO – In questo caso era lo Studio Gianni Origoni Grippo. Abbiamo fatto questo tipo di operazioni negli Stati Uniti, Inghilterra, eccetera eccetera, sono già state tra virgolette scrutinizzate dalle autorità di vigilanza di altri paesi, quindi è presumibile che siano sicuramente del rispetto dei vincoli legali anche in Italia, però non essendo mai successo volevano che i miei legali che confermassero che non c’erano delle particolarità in Italia di cui io non fossi a conoscenza. Ricordo che fecero ovviamente dei suoi studi, degli studi per cercare di interpretare la legge, la sostanza di quello che mi fu detto dal legale Gianni Origoni fu che sicuramente questo tipo di operazioni sono legali e sono rispetto alla legge esattamente come lo sono gli altri paesi, però visto che comunque è una grande responsabilità, ci sono dei rischi, consigliò di chiedere alla Consob, informarla del tipo di operazione, che a quanto ne sappia non sono stati informati della società che era oggetto di interesse e non credo che neanche fossero entrati nei dettagli di che cosa volevamo scrivere o dire. Però di sincerarsi che effettivamente questo verrebbe visto in maniera coerente con quella che è l’interpretazione del diritto in Italia
DIFESA, AVV. PANELLA – Ecco lei…
TESTIMONE GREGO – Scusi, finisco, poi le lascio…
DIFESA, AVV. PANELLA – Sì, sì, prego.
TESTIMONE GREGO – Quindi inviammo i nostri legali fisicamente lì, io ovviamente ero a New York, quindi non potevo essere presente all’incontro e mi fu riferito che ci fu un discorso e che nella pratica fu detto ‘Noi abbiamo un cliente, è un fondo che è specializzato in questo tipo di indagini, ha trovato molti sospetti che fanno presentare a dei probabili illeciti sul mercato e ha intenzione di rendere le informazioni trovate al pubblico dopo aver preso una posizione corta sul titolo’. La risposta di nuovo per sentito dire dal mio Avvocato, la sostanza era ‘Sì, va bene, perché questa posizione è stata presa in maniera coerente con le informazioni che poi vengono dette dal mercato’. Ricordo bene che fu detto ‘La cosa non andrebbe bene se questo fondo facesse uscire delle opinioni negative o comunque dei dati negativi, successivamente invece al collasso possibile del titolo prendesse una posizione lunga, allora potrebbe essere manipolazione perché significa che fai una cosa e ne pensi un altra.
(…)
DIFESA, AVV. PANELLA – Nel podcast lei ha detto ‘Abbiamo prima parlato con una persona che era ex Consob, prima di andare alla Consob’, chi era questa persona ex Consob?
TESTIMONE GREGO – Allora se ricordo bene, però di nuovo suggerisco se questione importante magari di sentire anche i legali che sono andati…
DIFESA, AVV. PANELLA – Io le chiedo…
TESTIMONE GREGO – Sì, sì, il nome non lo so, può darsi, e dico può darsi perché qualcuno l’ha scritto, sempre su questa solita chat che io guardo religiosamente, ovviamente, c’era scritto un nome, Staderini se non sbaglio.
DIFESA, AVV. PANELLA – Staderini?
TESTIMONE GREGO – Staderini. Poi invece l’altro nome lo so, perché è il mio Avvocato di fiducia in Italia si chiama Emanuele Grippo. Quindi che io sappia Grippo sicuramente è andato e ricordo che mi aveva detto andò in visita con uno studio, con parte dello studio, che ha avuto un’esperienza in Consob.
DIFESA, AVV. PANELLA – Quindi sono andati Grippo e Staderini?
TESTIMONE GREGO – Mi hanno detto questo.
(…)
DIFESA, AVV. PANELLA – I legali hanno anche anticipato a questi interlocutori della Consob l’iniziativa specifica che lei si accingeva ad assumere? Cioè, la pubblicazione di un report per determinare il calo o il crollo del prezzo del titolo?
TESTIMONE GREGO – No, perché la sua premessa non è esatta, Avvocato, se mi consente. Lo scopo del report non era affossare il titolo…
(…)
DIFESA, AVV. PANELLA – Comunque Grippo e Staderini andarono in Consob ad anticipare che sarebbe uscito questo rapporto?
TESTIMONE GREGO – Grippo e Staderini informarono la Consob del fatto che noi intendevamo pubblicare un report sostanzialmente negativo sul titolo, che io ne sappia (…)
Nulla di illegale, a quanto pare, in base alle discutibili – e per alcuni lacunose – normative italiane sugli investimenti short-term: ma tra l’illegale e l’eticamente opportuno si posiziona un’ampia zona grigia che ha permesso a Gabriel Grego, e ai fondi off-shore con i quali collaborava, di guadagnare – anche grazie all’attiva collaborazione professionale di GOP – ingenti somme di denaro, incurante del fatto che la loro aggressiva strategia finanziaria avrebbe distrutto interamente il valore di Bio-On, generando danni ingenti non solo agli azionisti e agli investitori istituzionali, ma anche ai risparmiatori, ignari cittadini che hanno perso i propri risparmi a causa di queste spregiudicate speculazioni finanziarie.
Su questa pagina, è online dal 13 giugno 2024 la nostra video-inchiesta dal titoloIl CasoBio-On: Unfair Game: nella speranza che nessuna aggressione legale ne ottenga la censura.