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Come l’architettura dell’informazione plasma l’esperienza. La storia del Vietnam Veterans Memorial

Come l’architettura dell’informazione plasma l’esperienza. La storia del Vietnam Veterans Memorial

In che modo l’architettura dell’informazione concorre a creare l’identità di uno spazio fisico o digitale, a generare significato e plasmare l’esperienza che ne facciamo? La storia del Vietnam Veterans Memorial è in questo senso emblematica.

Il Vietnam Veterans Memorial

Il Vietnam Veterans Memorial è un complesso monumentale costruito per celebrare la memoria dei soldati americani morti nella guerra del Vietnam. Sorge a Washington, nei giardini del National Mall, a poca distanza dal Lincoln Memorial.

Il fulcro del complesso è il Vietnam Veterans Memorial Wall, un muro di granito nero disposto a V, su cui sono incisi i nomi di più di 58mila soldati caduti in Vietnam. Il progetto è dell’architetto Maya Lin, vincitrice del concorso per il memoriale a soli 21 anni, quando ancora frequentava l’università. Il muro progettato da Maya Lin è concepito come un taglio, una ferita nella terra, a evocare il dolore causato dalla guerra.

L’organizzazione dei nomi

L’ordinamento dei nomi sulla superficie del muro è stato oggetto di un acceso dibattito. La proposta iniziale, sostenuta da più parti, era quella di elencare i nomi alfabeticamente: l’ordine alfabetico avrebbe aiutato a localizzare facilmente il nome di una persona. In effetti questa è la soluzione più ovvia che verrebbe in mente. Ma questa soluzione andava incontro a due problemi: l’omonimia e, soprattutto, il significato del memoriale stesso.

La lista dei caduti conta infatti 600 “Smiths” e 16 “James Jones”. L’organizzazione alfabetica avrebbe reso il Vietnam Veterans Memorial Wall un elenco telefonico scolpito nel granito, distruggendo così l’unicità della perdita che ogni nome porta con sé. E più in generale, avrebbe depotenziato l’impatto emotivo del monumento: in una parola, la sua esperienza.

Un’organizzazione dei nomi per grado militare sarebbe stata anche peggiore, perché avrebbe creato una gerarchia fra i nomi stessi.

L’organizzazione dei nomi come sensemaking

Fin dall’inizio Maya Lin – l’architetto progettista del muro – si è battuta per ordinare i nomi in base alla data della morte. Dopo una lunga discussione, questo è il criterio che alla fine ha prevalso. (Tuttavia, per soddisfare anche la ricerca alfabetica, alle due estremità del muro è stato collocato un elenco alfabetico, che per ogni nome indica la relativa posizione nel muro).

Una soluzione apparentemente controintuitiva, ma molto più aderente al significato dell’opera. Il criterio cronologico preserva infatti l’unicità della persona e della perdita. Nello stesso tempo crea una relazione significativa fra i nomi stessi (persone morte nello stesso anno, spesso combattendo una accanto all’atra), e fra i nomi e la storia. Mostra inoltre come il bilancio delle vittime sia salito in modo considerevole col protrarsi della guerra.

Il Vietnam Veterans Memorial Wall è composto infatti da due lastre triangolari di granito che si congiungono nel punto di massima altezza formando un angolo di 125 gradi, conferendo al muro la caratteristica struttura a V. Il design e il layout del muro sono descritti minuziosamente nel sito del Vietnam Veterans Memorial Fund. L’altezza variabile del muro rende immediatamente percepibile l’incremento del numero dei morti con il prolungarsi del conflitto, con un picco negli anni centrali della guerra, e una progressiva decrescita negli ultimi anni.

Queste scelte si sono rivelate vincenti. Dopo le polemiche iniziali, il Vietnam Veterans Memorial è diventato il monumento più visitato di Washington. Nel 2007, l’American Institute of Architects ha classificato il memoriale al decimo posto della America’s Favorite Architecture.

Vietnam Veterans Memorial
Vietnam Veterans Memorial (crediti: National Park System, U.S. Department of the Interior).

Architettura dell’informazione, sensemaking, esperienza

Nessuna organizzazione dell’informazione è neutra. Organizzare in un certo modo uno spazio informativo significa dare forma a quello spazio, attribuirgli un’identità e un senso. Significa modellare l’esperienza di chi abita o attraversa quello spazio.

In questo senso ogni architettura dell’informazione crea una visione del mondo, influenza la nostra percezione della realtà, e plasma inevitabilmente la nostra esperienza. Genera significato – sensemaking.

Placemaking

Strettamente correlato a quello di sensemaking, è il concetto di placemaking. Potremmo considerarlo quasi un sinonimo, o una particolare declinazione del sensemaking nell’ambito dei luoghi – dove per luogo si intende qualunque spazio abitato, fisico o digitale che sia. Il concetto di placemaking è mutuato dall’architettura e dalla psicologia ambientale. In che senso l’architettura, e anche quel particolare tipo di architettura che è l’architettura dell’informazione, “costruisce luoghi”, ne plasma l’identità e il senso?

La chiave è nella differenza fra spazio e luogo. Anche se li usiamo spesso come sinonimi, spazio e luogo non sono la stessa cosa. Lo spazio è la base materiale della nostra esperienza, del nostro esserci e abitare: è un’entità oggettiva, impersonale, indifferenziata. Il luogo è invece il risultato della nostra esperienza di uno spazio, del nostro abitarvi; va oltre lo spazio fisico, include ricordi, esperienze, comportamenti: è personale, soggettivo, comunitario.

Nel caso specifico dell’architettura dell’informazione, il placemaking è “la capacità di un particolare modello di organizzazione dell’informazione di ridurre il disorientamento, costruire un senso del luogo, aumentare la leggibilità e il wayfinding negli ambienti digitali, fisici e cross-canali” (Resmini & Rosati, Pervasive Information Architecture).

Per approfondire

Al tema dell’architettura dell’informazione come sensemaking è dedicato il mio libro Sense-making. Organizzare il mare dell’informazione e creare valore con le persone.

Sul placemaking, la bibliografia è vastissima. Un’ottima introduzione sono i libri: Spaces of Interaction, Places for Experience, di David Banyon; Architetture digitali dell’uomo di Roberto Maggi.

L’information design del Vietnam Veterans Memorial è analizzato da Edward Tufte nel libro Envisioning Information, e da Tony Pritchard nell’articolo Methods of organising information.




Crypto art da 100mila dollari: vendita record per opera d’arte su blockchain

Crypto art da 100mila dollari: vendita record per opera d’arte su blockchain

SI TRATTA DELL’OPERA D’ARTE DIGITALE DI MATT KANE CHE CAMBIA OGNI GIORNO IN BASE ALLA VOLATILITÀ DEI PREZZI DI BITCOIN: FA PARTE DEL MOVIMENTO ARTISTICO EMERGENTE CHE INSERISCE I LAVORI IN UN SISTEMA DI AUTENTICA VIRTUALE

Per la prima volta un pezzo di crypto art è stato venduto per 100mila dollari sulla piattaforma Async Art, dove si crea, raccoglie e scambia arte programmabile in grado di evolversi nel tempo, reagire ai suoi proprietari o seguire un prezzo di borsa. Si tratta di Right Place & Right Time di Matt Kane, un’opera d’arte digitale che cambia ogni giorno in base alla volatilità dei prezzi di bitcoin. Al contrario di un’opera digitale “classica”, i lavori in cryptoart – sempre file digitali, e dunque, per loro natura, copiabili all’infinito senza perdita di qualità – vengono però inseriti in un sistema di autentiche gestito da un software che sfrutta la tecnologia blockchain Ethereum e gli acquirenti pagano in valuta digitale.

Right Place and Right Time by Matt Kane
Right Place and Right Time by Matt Kane

COS’È LA CRYPTO ART?

Crypto art è un movimento artistico emergente, che fa leva sulla provenienza comprovata e sulla scarsità di opere d’arte sulla blockchain”, spiega ad Artribune l’artista nato a Chicago, dapprima autore di opere di pittura ad olio e poi trasformatosi in sviluppatore web. “La mia opera d’arte ha appena fatto una vendita record di 100 mila dollari, pagata in 262 criptovalute ethereum. L’opera d’arte digitale cambia ogni giorno in base alla volatilità dei prezzi di bitcoin. Maggiore è la volatilità quel giorno, più bella è l’astrazione!”. L’opera d’arte non è solo un’immagine statica, ma continua a generarne una nuova ogni giorno in quanto composta da 24 livelli sincronizzati con l’azione dei prezzi di bitcoin delle 24 ore precedenti: si ha così un’opera d’arte generativa, sempre diversa. Gli artisti digitali stanno cominciando a sfruttare gli NFT, ovvero opere d’arte digitali sotto forma di token non fungibile (NFT), non interscambiabili. “Quando un artista conia una NFT, è come firmare il proprio lavoro e rilasciare un certificato di autenticità non falsificabile“, continua Kane. 

OPERE D’ARTE COME BITCOIN

Chiunque può guardare la blockchain pubblica e vedere chi ha coniato l’NFT di un’opera d’arte e la storia della sua proprietà e delle sue vendite“. Il patrocinio di TokenAngels, uno dei principali collezionisti di NFT e crypto art, ha permesso all’artista di sperimentare una nuova economia: quella dove il collezionista di un’opera d’arte generativa guadagna un interesse finanziario sulle sue successive variazioni. “Da un anno colleziono crypto art e la scorsa settimana si è svolta questa vendita record (la precedente era di 55mila dollari)”, ci racconta TokenAngels. “Il progetto è molto serio e durerà 10 anni”. Quest’opera – già pronta per essere presentata a Roma nell’ambito di un convegno prima della mostra Renaissance 2.0 2.0curata da Eleonora Briziil 20 ottobre nel complesso di San Salvatore in Lauro con artisti come il duo Hackatao, tra i primi in Italia a sperimentare la cryptoart – promette, infatti, di diventare uno dei pezzi più significativi del movimento, coniugando la parte materiale con quella digitale: di questo NFT sono stati creati appena 210 esemplari. “Il collezionista riceve il 21% delle entrate dei singoli NFT e delle vendite di stampa e ci saranno solo 210 NFT coniati”, conclude Kane. “Speriamo che la nostra partnership, una novità assoluta tra artista e collezionista, sia fonte di ispirazione per le future collaborazioni”.




Il mondo lo salverà TikTok

Il mondo lo salverà TikTok

Per la Generazione Z, il personale è politico. E le questioni politiche rappresentano questioni di identità esistenziale: dal cambiamento climatico, alla violenza armata, ai diritti LGBTQ+ e ora una pandemia globale, solo per citarne alcune. Nel bel mezzo del movimento Black Lives Matter, TikTok è emerso come un canale inaspettato per fare dichiarazioni e prendere posizione.

Ma è il contenuto politico ad emergere dai social e a originare le azioni conseguenti o è solo l’ennesima versione di quell’attivismo performativo da cliché, incapace di uscire dal suo stesso narcisismo?

La Gen Z è impegnata e disposta a mettere in atto un cambiamento tangibile, forse a causa (o nonostante?) una politica divisiva, quella americana in primis, ma non solo. Sono tanti, e sono molto più propensi delle loro controparti più anziane a sostenere cause, a dire: ci siamo e sentiamo l’urgenza di fare la nostra parte, che voi lo vogliate o meno.

Mentre il COVID-19 ha rappresentato la questione sociale più importante per tutti i gruppi di età, un’eguale proporzione di Gen-Zers ha messo tra le proprie priorità anche il Black Lives Matter Movement. Dagli scioperi per il clima alla Parkland March for Our Lives, il vernacolo politico della Gen Z è profondamente e unicamente pervaso da hashtag, brevi testi rap e video in streaming dal vivo. Per la Gen Z, la politica personale è inestricabile dal panorama sociale che li inscrive.

Si parla, in famiglia e nelle cerchie sociali prossime. E si parla fuori, con e nel mondo, usando mezzi e strumenti diversi, di cui la percezione è che non siano diversi per nulla. È la stessa voce che si muove, che attraversa i muri risibili dei confini di ciò che percepiamo (noi, mica loro) come online e offline. TikTok, come Instagram, emerge quindi in questo panorama come catalizzatore, grazie soprattutto alla familiarità che la fascia 13-24 anni ha con il medium. Circa il 98% di loro negli USA ha visto o prodotto almeno un TikTok. 

Sono stati dati per scontati, si sono sentiti sottovalutati, sono cresciuti in un clima di recessione economica e di disillusione a più livelli. E proprio per questo, probabilmente, l’attivismo sulla piattaforma sta portando a cambiamenti reali, accelerando il rinnovamento sociale e politico in modo eccezionalmente pop. È sempre la stessa voce: quella di una generazione dolorosamente consapevole, la cui esistenza stessa sembra politica.

L’attivismo su TikTok accelera il rinnovamento sociale e politico in modo eccezionalmente pop

Ma ancora più consequenziale è il modo in cui gli utenti di TikTok hanno maggiori probabilità di agire in base alle proprie convinzioni politiche e\o etiche. Il risultato più concreto e visibile dei TikTokers è arrivato a giugno scorso, durante il Tulsa Rally di Donald Trump.

Long story short: Trump, durante la campagna elettorale promette bagni di folla a Tulsa, in una location che può contenere 19.000 persone e molte, molte di più all’esterno. Brad Parscale, il presidente della campagna per la rielezione di Trump, racconta su Twitter che la campagna ha ricevuto più di un milione di richieste di biglietti, ma i giornalisti notano che la partecipazione è stata incredibilmente inferiore al previsto.

Gli organizzatori vengono poi anche costretti ad annullare gli eventi pianificati al di fuori del raduno per una folla in eccesso prevista che- ops!- non si è materializzata. Cosa è successo? È successo che centinaia di migliaia di adolescenti in tutto il mondo si sono coalizzati sulle piattaforme, hanno prodotto contenuti per alzare l’awareness su determinati temi. Hanno prenotato i biglietti per l’evento –in massa– e hanno sabotato l’evento stesso non presentandosi. È successo che coloro che non hanno ancora l’età legale per esprimere il proprio voto hanno deciso di votare lo stesso, adottando una delle modalità con cui possono esprimere la loro presa di posizione, la loro visione e la loro forza.

La natura spensierata dell’app consente alla Gen Z di essere attivista senza sentire tutto il peso dell’attivismo

Quindi, anche se potrebbe non sembrare il luogo più consono o ovvio atto a portare un cambiamento sociale presumo che la natura spensierata dell’app consenta alla Gen Z di essere attivista senza sentire tutto il peso dell’attivismo. Esistono infatti due principali meccanismi che rendono i social media particolarmente influenti nell’attivismo digitale: innanzitutto il ruolo decisionale degli influencer e le dimensioni delle loro ampie reti di pubblico. In secondo luogo, il fenomeno dell’omofilia, che ci spinge a intrecciare il pensiero e a interagire con persone che condividono con noi valori e sistemi.

Insieme, questi meccanismi forniscono un vasto pubblico sia agli influencer che ai loro follower che vivono in reti online densamente connesse. Dal momento in cui un contenuto (un meme, un hashtag o un video) diventa virale, anche la condivisione passiva può trasformarsi in trasmissione attiva di un’idea.

Coloro che non hanno ancora l’età legale voteranno lo stesso, adottando una delle modalità con cui possono esprimere la loro presa di posizione

Ciò che è successo a Tulsa ha contribuito a cementare una certa narrativa. Proprio come i Millennial sono stati ingiustamente soprannominati “la generazione amante dell’avocado toast”, incapaci di convogliare energie su alcunché di importante, così la Gen Z restituisce un ritratto parimenti riduttivo: una generazione sardonica, nichilista, che porta avanti battaglie etiche affidandosi a potenti network di vigilantes sui social media, che trolla in nome della giustizia sociale. Sembra un pensiero confortante, in tempi come questi ma la realtà è molto più complessa.

The Kids Aren’t Alright, gridavano più di vent’anni fa gli Offspring. E credo davvero che non stiano bene nemmeno oggi perché particolarmente saturi di una serie di faccende. Sono saturi e disillusi dei governi e delle istituzioni, il cui arco morale si piega verso corruzione, discriminazione, stagnazione. Disillusi dal percepirsi come outsider decisionali e come perfetti target commerciali. Il modo in cui questa disillusione si riverserà ed avrà ruolo attivo nella politica, nella cultura e nella società è ancora sconosciuto.

L’alienazione però non un’esperienza esclusiva della Gen Z: è semplicemente il contesto generale come generale è stata la pandemia, probabilmente la più grande frattura dei loro anni formativi. Quale sarà il risultato di questo forzato allontanamento gli uni dagli altri?

Se ci spostiamo di un passo indietro per avere una visione d’insieme ci accorgiamo che le cause attorno alle quali gli adolescenti si sono radunati sono più varie di quanto suggerirebbero i recenti fatti di Tulsa. Il movimento Black Lives Matter, il Climate Change, il #MeToo e il femminismo della quarta ondata sono solo alcuni temi che ci raccontano una storia che nasce, cresce e si nutre di ingiustizia. Ed ecco allora spuntare contenuti che si prefiggono di alleviare un po’ di quella sofferenza, video da far girare in background mentre ti senti in pericolo, aiuti digitali preziosi che magari arrivano dall’altra parte del mondo e però dicono- di nuovo- ci sono, ci siamo.

Ci siamo e ci importa. Comprendiamo in modo innato le dinamiche degli ecosistemi informativi, sappiamo come attrarre altri occhi e altre menti, perché esercitare attenzione è per noi sia strumento che arma. Come per voi, molte delle nostre interazioni sociali più consequenziali sono governate da algoritmi; a differenza vostra però, siamo eccezionalmente abili nel decodificarli e nel manipolarli.

Quando abilità come queste vengono utilizzate contro l’ingiustizia è un risultato da celebrare da parte di tutti, soprattutto da coloro che screditano e sottostimano il potere di una certa rabbia. Sono passati più di vent’anni da quando è uscito The Kids Aren’t Alright. Le voci sono cambiate: sono più forti, più vicine, più coese, sono ovunque.

E sono consapevoli.




LORITA TINELLI: PSICODRAMMI E FANTASIE

LORITA TINELLI: PSICODRAMMI E FANTASIE

Puoi ingannare poche persone per molto tempo, o molte persone per poco tempo. Ma non puoi ingannare molte persone per molto tempo.

(Abraham Lincoln)

Non poca è stata la mia sorpresa – a inizi del mese di luglio, nel pieno della prima estate post-lockdown – nel ricevere notizia di una nuova esternazione della psicologa Lorita Tinelli sul suo Blog: questa volta l’obiettivo non erano le numerosissime sette – vere o presunte – che periodicamente richiamano l’attenzione dell’esperta di Noci (Noci la località, in provincia di Bari) bensì, del tutto inaspettatamente, il sottoscritto.

Conobbi Lorita, per via epistolare, una decina d’anni fa, all’epoca della sua “battaglia” contro Arkeon, l’associazione culturale di reiky denunciata da Lei come “la più grande psicosetta satanica in Italia”, accusa poi smontata in vari gradi di giudizio.

Lungi da me tuttavia prendere posizione sulla vicenda Arkeon, come egualmente lungi da me – affaccendato come sono, mio malgrado – di occuparmi di qualunque altra vicenda riguardante la psicologa di Noci; che vorrà da me allora questa Signora?

Un’accusa diffamante, basata sul nulla

Ecco, in sintesi, l’accusa, un inaspettato fulmine a ciel sereno: “Sostenere tesi fondate su contenuti falsi e tendenziosi, palesemente ideologici e di parte (…) abbracciare e sostenere l’aggressività palese di certe organizzazioni (…) aver partecipato, probabilmente, alla diffusione di blog anonimi con accuse infamanti (alla psicologa in questione, ndr), a pedinamenti, tentativi di denigrazione presso le istituzioni… ed anche anonime minacce”

Per ora, non sono ancora accusato di aver ucciso nessuno, ma c’è davvero di che sobbalzare sulla sedia! E per quali motivi mi sarei meritato cotante accuse?

Ebbene, la mia colpa, di inaudita gravità, sarebbe – udite bene – aver fatto il mio lavoro. E vi illustro brevemente come:

  • aver assegnato, nel mio ruolo di docente universitario, una tesi di Laurea sul tema della gestione delle crisi reputazionali (crisis management) a una mia studente, sul caso di persecuzione e diffamazione via web, orchestrato da profili fake e anonimi, a danno dell’azienda di formazione “GenioNet” (per chi fosse curioso di saperne di più circa le modalità con le quali è stata organizzata tale campagna diffamatoria, per la quale sono stati depositati esposti presso l’Autorità Giudiziaria, e sui danni che ha creato non solo all’azienda in questione, ma anche ai dipendenti della stessa e alle loro famiglie, i documenti sono liberamente consultabili online);
  • aver dichiarato disponibilità all’azienda GenioNet a predisporre una perizia in qualità di CTP (Consulente Tecnico di Parte) sul danno reputazionale che essi hanno patito, se e quando il procedimento giudiziario promosso da GenioNet – nel quale la dott. sa Tinelli potrebbe essere coinvolta, insieme ad altri indagati, soggetti la cui identità è ancora coperta da anonimato, e sulla quale la Polizia Postale non ha ancora sciolto la riserva – arriverà a maturazione.

Ebbene, in 30 anni di professione, è la prima volta che mi capita di essere soggetto ad accuse tanto infondate quanto palesemente offensive, per il solo fatto, appunto, di aver svolto diligentemente il mio lavoro.

Stupefatto dall’accaduto, ho subito indirizzato ad entrambe le caselle email della Dott. sa Tinelli loritatinelli@gmail.com e dr.loritatinelli@gmail.com la seguente (cortese) richiesta di pubblicazione di un mio statement su questa assurda vicenda:

Da: Prof Luca Poma – LUMSA <l.poma@lumsa.it>
Oggetto: richiesta replica
Data: 6 luglio 2020 18:21:06 CEST

A: loritatinelli@gmail.com

Salve Lorita, a tutti gli effetti di legge, chiedo la pubblicazione di questo statement, che allego, a completamento di quanto da Te affermato nell’articolo pubblicato sul tuo Blog che mi cita. Un saluto, e resto comunque a disposizione per eventuali approfondimenti.

Cordialità,
Luca

Prof. Luca Poma
Cattedra in Reputation Management e Relazioni Pubbliche
Consigliere di S.E. Giulio Terzi di Sant’Agata – Ambasciatore ed ex Ministro degli Esteri
Socio Professionista FERPI n° 02159 – Ordine Giornalisti n° 115319
011/19701577 – 337/415305
lucapoma@lucapoma.info
Sito: www.lucapoma.info – Blog: www.creatoridifuturo.it

A questa garbata comunicazione, reiterata ben due volte, non è mai stata data alcuna risposta, neppure di cortesia: lascio al lettore valutare in libertà l’atteggiamento di chi scaglia pietre e poi si sottrae sistematicamente al confronto.

A quel punto, stante il permanere in rete delle affermazioni palesemente diffamatorie su di me a firma Tinelli, prive peraltro di qualsivoglia fondamento, ho fatto predisporre una diffida dal mio Avvocato, inviata a mezzo PEC e quindi anch’essa ricevuta, ma non riscontrata. Anche considerata l’indifferenza manifestata dalla psicologa in questione, altro non mi è restato da fare se non dare mandato ai legali di predisporre una citazione in giudizio a carico dell’esperta di Noci, in corso di deposito, la quale – se un minimo la conosco… – non perderà occasione e sfrutterà le circostanze per tentare di rafforzare la narrazione, a lei molto cara (e utile per alimentare una certa visibilità mediatica…), della “coraggiosa specialista perseguitata dai poteri forti” (sic!).

Nulla di tutto ciò, perlomeno dal canto mio, e nessuna “persecuzione”: solo la richiesta di fare giustizia per affermazioni inesatte, capziose, prive di ogni fondamento, strumentali e diffamatorie.

Ora, visto il tempo trascorso, e nell’attesa degli sviluppi giudiziari, occorre fare chiarezza su alcune delle affermazioni della dott.ssa Tinelli, contenute nel suo post, che mi riguardano.

Non ho mai “fatto circolare libri diffamatori su Lorita Tinelli”, come da lei sostenuto.

Molto banalmente, mi sono stati omaggiati due libri su di Lei, scritti da anonimo autore coperto da un nom de plume, tale Pierluigi Belissario, e dopo averli letti nel maggio 2020, durante il lockdown, avendo trovato interessante e per certi versi divertente uno in particolare di essi, “Il curioso caso di Lorita Tinelli – Fenomenologia di una psicologa paragiornalista, li ho fatti avere per interposta persona al collega giornalista Carmine Gazzanni, con il quale pure sono in contatto e con il quale ho a più riprese collaborato in passato per alcuni suoi lavori, sollecitando un suo parere in merito; è indispensabile sia chiaro al lettore che non vi è proprio nulla di denigratorio nel voler acquisire e far tesoro di pareri qualificati quale potrebbe essere quello del Gazzanni, specie in caso di controversie dai contorni incerti quali quelli che a più riprese hanno coinvolto nel passato l’esperta di Noci, confortato peraltro da una sentenza di Tribunale che ha rigettato ogni pretesa della Tinelli di censurare quei volumi che Lei ha ritenuto essere “diffamatori” nei suoi confronti (il Giudice ha invece messo per iscritto, in sentenza, che i due volumi non fanno che riportare fatti noti e verificabili).

I due volumi in questione, inoltre, lungi dal risultare privi di riscontri come sostenuto dalla Dott. sa Tinelli, riportano rispettivamente 272 (duecentosettantadue) e 342 (trecentoquarantadue) note con riferimenti a link esterni, perlopiù a atti di processi, sentenze, motivazioni, etc.

In ogni caso, pur essendomi fatto un’idea di questa vicenda, non ho ancora tratto conclusioni definitive a riguardo. 

La “crociata” di Lorita Tinelli contro l’azienda GenioNet

In secondo luogo, il lettore deve sapere che la Dottoressa Tinelli ha a più riprese inspiegabilmente attaccato l’azienda GenioNet – società specializzata in corsi per l’apprendimento strategico e proprietaria del marchio “Genio in 21 Giorni”, azienda con 50 sedi in Italia, Spagna, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti – con le accuse le più disparate, ad esempio esprimendo pareri di merito in un’articolata intervista inserita in un libro pubblicato nel 2019 sui fenomeni settari, ma anche attraverso commenti pubblicati su social network, e che per tali discutibili prese di posizione è stata oggetto – da ciò che mi risulta – di denuncia/querela verso la Tinelli e altri da parte della stessa azienda GenioNet (procedimento in corso d’istruzione).

In relazione a quei fatti, l’azienda GenioNet ha scritto di essere stata oggetto di campagne di disinformazione, distorsione, o vera e propria denigrazione”, e anche di “fake news”, da parte di persone convinte che nulla dovesse cambiare nel settore dell’apprendimento (…) ovvero gruppi che un noto ricercatore definisce ‘assolutamente sconosciuti nel dibattito scientifico internazionale’, e che spesso ruotano attorno alla smania di protagonismo di sedicenti ricercatori”.

Un breve e chiaro parere pro-veritate su questa vicenda è stato scritto e pubblicato online, ed è consultabile qui.

A tal riguardo, non mi è ancora riuscito di comprende le reali ragioni dell’interminabile polemica che contrappone – da circa 10 anni – Lorita Tinelli all’azienda GenioNet, azienda che non è mai in realtà stata oggetto di alcuna causa giudiziaria, e che da ciò che posso vedere online dispone di migliaia di testimonianze certificate di corsisti contenti per i servizi ricevuti e vanta collaborazioni con enti di ricerca scientifica di prim’ordine.

Pur rispettando il diritto di critica di chiunque – non comprendo la ragione di dover amplificare tale attrito in modo rabbioso con articoli come quello pubblicato dalla Dott. sa Tinelli: ho sempre privilegiato il dialogo tra le persone e le organizzazioni, piuttosto che lo scontro, e ho sempre lavorato, ogni volta che ne ho avuto la possibilità, per ridurre l’entropia all’interno dei sistemi sociali, e non per amplificarla.

L’inspiegabile accanimento contro la ricerca scientifica

L’articolo della Tinelli stigmatizza una tesi di laurea universitaria di cui sono relatore, che sarebbe, a suo dire, “costruita secondo una narrazione artefatta, falsa e volutamente denigratoria” in quanto centrata appunto sulla campagna diffamatoria che – secondo l’azienda GenioNet – la Dott. sa Tinelli sta conducendo, da anni, ai loro danni.

Sulla questione, che attinge delicati aspetti di libertà di ricerca scientifica, tengo a precisare che la tesi è invece un ottimo lavoro di ricerca e analisi sulle vicende che contrappongono la Tinelli a GenioNet, viste solo ed esclusivamente come un “caso di studio”, ovvero uno scenario rispetto al quale verificare la puntuale e corretta applicazione dei principi del crisis management; tanto che la Commissione di laurea, della quale sono membro, ha ritenuto di giudicarla all’unanimità con il massimo dei voti, laureando l’autrice con 110 e lode.

La tesi, a firma, della Dott. sa Ludovica Russo, proprio in virtù del suo valore, attestato – lo ribadisco – non da me ma da una intera commissione di laurea, è stata successivamente ripubblicata sul mio Blog, Creatoridifuturo.it, che è testata giornalistica regolarmente registrata presso la relativa sezione del Tribunale territorialmente competente (Registro della Stampa del Tribunale di Torino al n° 43-04/10/19): contrariamente a quanto sostenuto dalla Dott. sa Tinelli, non vi è proprio nulla di “irrituale” in ciò, in quanto tutte le tesi delle quali sono relatore o co-relatore vengono dopo la discussione pubblicate isul mio Blog (ovviamente, previo assenso dei discenti); ma naturalmente nella sua foga dai toni complottisti la Dott. sa Tinelli ben si è guardata dall’appurarlo.

Inoltre, come non bastasse, la Tinelli sostiene nel suo articolo che io mi sarei dedicato probabilmente ad azioni ai suoi danni, come blog anonimi con accuse infamanti, pedinamenti, tentativi di denigrazione presso le istituzioni… ed anche anonime minacce”; se non fossero illazioni gravissime e penalmente rilevanti, sarebbero – alla luce di quanto sopra esposto – semplicemente risibili, spero vivamente frutto di un equivoco, e mi rifiuto quindi di commentarle oltre.

Conclusioni

Da ultimo, la Tinelli afferma nel suo articolo che a sua dire sussisterebbe un conflitto d’interessi tra il mio ruolo di docente universitario e la disponibilità a ricoprire l’eventuale ruolo di perito nell’ambito della vicenda penale, avviata contro la dott. sa Tinelli dall’azienda GenioNet con la dichiarata intenzione dell’azienda di costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento dei danni patiti.

Contrariamente a quanto affermato dalla Dott. sa Tinelli, non vi è alcuna apprezzabile ragione per ipotizzare un simile conflitto d’interessi, non fosse altro perché è quotidiana pratica giudiziaria che siano proprio – spesso – i docenti ad assumere ruoli consulenziali nelle vicenda che attengono al loro specifico settore scientifico disciplinare (nel mio caso, SECS-P/08 – Economia e gestione delle imprese); nel momento nel quale mi dovesse essere chiesta formalmente e in via definitiva dall’azienda GenioNet, nella mia qualità di docente universitario, di redigere una perizia per il danno reputazionale, nell’ambito di una CTP (Consulenza Tecnica di Parte), valuterò se accettare o meno l’incarico, e – qualora decidessi di accettarlo – lo svolgerò, come ho sempre fatto, con il massimo equilibrio, correttezza e rispetto per tutte le parti in causa.

Come sarà a questo punto ben chiaro al lettore, non vi è nessuna “verità scomoda da scoprire”, come bizzarramente e inspiegabilmente sostenuto dalla Dott. sa Tinelli tra una citazione dall’Ecclesiaste e una di Brecht, in quanto nulla di ciò che faccio è mai stato mosso dalla volontà di nuocere ad alcuno, in alcun modo; la mia è, al contrario, una regolare e routinaria attività accademica e professionale, svolta serenamente e alla luce del sole.

Prof. Luca Poma
Docente di Reputation management presso l’Università LUMSA di Roma
e presso l’Università della Repubblica di San Marin
o


Aggiornamento del 29/10/2020 h 16:30: accusare gli altri dei propri disdicevoli comportamenti è un comportamento tipico di certe forme mentis. la Dott. sa Tinelli, che – confondendo un lavoro scientifico con un talk-show – ha lamentato a più riprese di “non essere stata coinvolta in un contraddittorio” (con l’azienda GenioNet – titolare del marchio “Genio in 21 Giorni”, nell’ambito della tesi di laurea in questione, ndr) è la stessa persona che oltre che come già citato non ha dato alcuna risposta alle mie garbate richieste di pubblicazione di una replica, ben si guarda dal pubblicare due miei commenti di precisazione in calce al suo articolo diffamatorio, pur trovando il tempo – dopo aver visionato i miei commenti in attesa di moderazione, di rispondere ad altri utenti (come si può vedere dallo screenshot seguente).
To be continued…

Aggiornamento del 11/11/2020 h 10:15: dopo essersi rifiutata di rimuovere l’articolo diffamatorio del quale Vi ho parlato in questo mio articolo, la Dott. sa Tinelli non ha trovato di meglio da fare se non pubblicare una video-intervista nella quale – diffamando ulteriormente sia la mia persona, che l’Università per la quale lavoro – mi ha definito niente meno che “un apologista delle sette, promotore di attacchi ad personam, che contravviene a tutti quelli che sono i principi cardini della scientificità, offendendo la scienza stessa, coinvolto in fenomeni simil-mafiosi, relatore di una tesi di Laurea senza un confronto con una realtà differente, quindi una tesi unidilaterale (ho riportato testualmente, qualunque cosa la parola “unidilaterale” voglia dire in italiano, ndr) che tende a censurare e imbavagliare le persone che supportano una verità scomoda e che va a ledere i propri interessi economici e di potere personale”. Non male come sequenza di ingiurie, indirizzatemi per la sola colpa di aver assistito una discente nella predisposizione del suo lavoro di ricerca in Crisis management e nella discussione della Sua tesi, votata con 110 e Lode dalla Commissione di Laurea. Il mio avvocato ha quindi inviato alla Dott. sa Tinelli due diffide, una relativa all’articolo diffamatorio, e una seconda relativa all’altrettanto diffamatoria video-intervista, e nelle prossime settimane depositerà i relativi atti giudiziari, dei quali Vi darò tempestivo aggiornamento. To be continued…

Aggiornamento del 19/11/2020 h 11:31: a seguito della diffida legale inviata sia all’intervistatore che all’intervistata, in relazione al video diffamatorio del quale vi ho raccontando le vicende nel precedente aggiornamento, il dott. Roberto Pasero – l’intervistatore – ha sollecitamente rimosso il suddetto video dal Suo canale YouTube, di fatto riconoscendo la fondatezza delle nostre lamentele. La psicologa di Noci, invece, ha nuovamente ripubblicato il video sul proprio Blog, corredandolo da un articolo nel quale lamenta non meglio precisati “tentativi di censura e intimidazione”, confondendo scaltramente – come sua abitudine – i piani: una lettera legale di diffida a difesa della reputazione di un individuo non è un “tentativo di censura e intimidazione” (affermazione in linea con l’immagine da “perseguitata” che questa Signora ama sempre dare di se…) quanto piuttosto una banale azione di tutela garantita dalla legge, il tutto dopo aver “elegantemente” classificato il sottoscritto come “un bambino della terza elementare” (penso che questo squallido attacco personale si commenti da se, anche senza necessità di leggere il mio curriculum). Inoltre, in calce al nuovo articoletto di Tinelli con la ripresa del video, appaiono nuovamente deliranti “Tag” diffamatori, surreali e del tutto fuori contesto, apposti all’unico scopo di proseguire oltre con lo squallido attacco alla mia persona: “apologeti dei culti, apologisti delle sette, diffamazione alla dottoressa tinelli, molestie ai critici, multilevel marketing, scientology, tentativo di censura, truffe”. Il mio Avvocato ha quindi inviato una terza lettera di diffida. Sono davvero contrariato e dispiaciuto dalla piega che ha preso questa singolare questione, e tutto avrei voluto tranne che dover depositare una citazione in Tribunale, ma come ben comprenderanno i lettori, stante l’acclarata malafede della controparte, accompagnata da un assoluta indisponibilità al dialogo, non ho davvero altra scelta. Vi terrò al corrente degli sviluppi…


Aggiornamento del 17/05/2021 h 12:52: dopo aver partecipato a ben 8 sessioni di mediazione, stante l’impossibilità a comporre bonariamente la questione con piena soddisfazione di tutte le parti in causa, mi sono visto costretto a citare per danni la stessa, come potete leggere qui. To be continued…

Aggiornamento del 01/07/2024, h 16:25: la dott. sa Tinelli è stata rinviata a giudizio, in esito alla mia denuncia per diffamazione, ed è quindi ora imputata in un processo penale. Anche la richiesta di danni civile a suo carico procede spedita, mentre le sue temerarie istanze nei miei confronti sono state tutte archiviate. Essendo stato sempre disponibile ad una composizione bonaria di questa come di qualunque altra vicenda, ho ben volentieri raccolto la richiesta dell’Avvocato della dott. sa Tinelli a valutare una transazione delle varie posizioni in pendenza. Con i miei legali, abbiamo quindi inviato una proposta di accordo, che prevedeva – sostanzialmente e in sintesi – che io ritirassi le mie querele (per le quali la dottoressa è già stata rinviata a giudizio – e abbandonassi la richiesta danni per 50.000 euro in sede civile, a fronte di un impegno della dott. sa Tinelli a rimuovere dal web qualunque contenuto diffamatorio a sua firma che mi riguardasse e non redigerne più in futuro, scusandosi per i toni decisamente sopra le righe che ha utilizzato nei miei confronti. Essendo l’azienda Genio Net “parte dell’equazione”, ho chiesto ai soci della stessa, per il tramite dei loro avvocati, di valutare anche loro l’impegno a mai più nominare la dott. sa Tinelli a fronte di impegno corrispettivo analogo. Una soluzione equa, intelligente, in grado di risolvere le tensioni passate ed evitarne in futuro…? Si, certo: infatti la dott. sa Tinelli ha rifiutato di aderire alla proposta, piccata, pubblicando anche un (ennesimo) articolo sul suo Blog nel quale mi accusa di “volerle mettere il bavaglio” (!). Il processo che vede imputata la dott.sa Tinelli quindi procederà, e come sempre vi terrò al corrente degli sviluppi…




E-Distribuzione, con la street art le cabine elettriche diventano opere d’arte

E-Distribuzione, con la street art le cabine elettriche diventano opere d'arte

La street art è per definizione un paradigma artistico di rottura, che libera energia creativa in grado di riscrivere il volto di intere aree e quartieri; rappresenta di fatto una gentrificazione gentile ma di impatto, possibile grazie al talento e all’immaginazione degli artisti.

Le potenzialità della street art come elemento di innovazione e riqualificazione per il territorio sono state intercettate anche da E-Distribuzione, la più grande società in Italia nel settore della distribuzione e misura di energia elettrica. La materia prima, dopotutto, non manca: sono numerose infatti le infrastrutture elettriche, come le cabine secondarie, che possono trasformarsi in opere d’arte grazie all’immaginazione di artisti e writer.

Le cabine, che già svolgono un ruolo fondamentale per garantire il servizio elettrico, possono diventare anche elementi di pregio estetico integrati sempre di più nel paesaggio, dimostrando che gli impianti di trasformazione sono tasselli vitali del territorio, che possono evolvere nel tempo.

E, come dimostrato in molti casi, il cambiamento può contribuire a una ripartenza anche in un momento critico.

A Genova, E-Distribuzione ha messo a disposizione dell’artista Zedz un muro perimetrale da 500 metri quadrati della Cabina Primaria Quadrivio sul Polcevera. L’artista, nell’ambito del progetto On The Wall realizzato dal Comune con l’associazione Linkinart per la riqualificazione di Certosa, il quartiere che ha assistito al crollo del Ponte Morandi, ha realizzato un murales che ha per tema La gioia.

Altri artisti internazionali hanno aderito al progetto On The Wall, la scorsa estate, a un anno esatto dal crollo del ponte.

Grazie a una superficie ampia, che si fa già notare per le dimensioni, Zedz ha potuto far esplodere la sua ispirazione, con un’opera che si impone grazie a scelte cromatiche vitali, una miscela di arancione, celeste, grigio molto urban. Anche una importante infrastruttura elettrica può quindi dire la sua nel paesaggio e contribuire a generare nuove e più positive adesioni identitarie.

I valori di vicinanza, sostenibilità e innovazione per il territorio sono stati sposati da E-Distribuzione anche in occasione della 102esima edizione del Giro d’Italia, corsa a tappa nazionale ma amata in tutto il mondo. Per l’occasione sei cabine, situate lungo il percorso della carovana ciclistica, sono state trasformate in opere artistiche, con quel tocco rosa che da sempre connota uno degli eventi più amati dagli italiani. A realizzarle giovani artisti, come il writer bolognese Casciu o il lodigiano Geometric Bang: le cabine riviste in chiave creativa hanno offerto un nuovo punto di vita al pubblico in attesa della corsa e agli stessi atleti che hanno preso parte alla competizione. La velocità, il paesaggio, i colori delle maglie, l’energia per arrivare al traguardo hanno rappresentato un’ispirazione forte per le opere.

Un ulteriore progetto ha dimostrato che le infrastrutture di E-Distribuzione possono diventare baluardi artistici, e di comunicazione di un messaggio, al territorio. L’azienda ha infatti lanciato anche il progetto E-Distribuzione per la montagna, mettendo in gioco alcune cabine lungo il percorso territoriale che lega Veneto e Friuli Venezia Giulia, nei territori colpiti nel 2018 dalla violenza della tempesta Vaia.

Selva di Cadore, Sappada e Sauris in Friuli Venezia Giulia sono alcune delle località che ospiteranno le installazioni (la prima è stata inaugurata lo scorso 22 ottobre a Selva di Cadore).

Al momento il progetto di street art ha interessato oltre 170 cabine su tutto il territorio nazionale, ma le pennellate di E-Distribuzione continueranno ad allargarsi a macchia d’olio, valorizzando gli elementi infrastrutturali della rete e mettendo in luce il talento di molti artisti. Un’arte che vivacizza e dà nuova energia ai quartieri e agli angoli più grigi delle città, trasformando in un vero e proprio museo a cielo aperto i nostri territori.