In fuga da TikTok. Chi ha paura dal soft(ware) power della Cina?
Il ban in India, la mail di Amazon, il divieto di scaricarla per lo staff del Partito Democratico e di quello Repubblicano. Da diverse settimane l’app è al centro di un fuoco incrociato
«L’Australia e l’India hanno bannato TikTok. Credo che verrà bannato presto anche qui. Se non mi seguite su Instagram e YouTube andate a seguirmi ora». Flower Friendly ha 1,2 milioni di follower su TikTok. Vive in California e si sposta su una vecchia ambulanza riadattata a camper. Come occupazione principale intreccia dreadlocks per i suoi clienti ma con TikTok stava cominciando ad acquisire popolarità. Almeno fino ad oggi, visto che in uno dei suoi ultimi video chiede ai follower di spostarsi su altre piattaforme.
Pochi giorni fa Tyler “Ninja” Blevins, streamer conteso tra Amazon e Microsoft, ha annunciato la cancellazione di TikTok da tutti i suoi dispositivi. Troppo grandi i rischi collegati alla sicurezza: «Speriamo che un’azienda meno invadente e che non sia di proprietà della Cina possa ricreare legalmente lo stesso concetto di app». Cosa sta succedendo alla piattaforma sviluppata dalla cinese ByteDance che fino a poche settimane fa sembrava pronta far tremare l’impero di Facebook?
Il vostro primo social cinese
In origine fu Musical.ly, una piattaforma di condivisione video nata a Shanghai. Con 200 milioni di utenti, Musical.ly si basava quasi esclusivamente sui lip sync: si sceglieva un audio (tendenzialmente una canzone) e si registrava un video in playback. L’app era riuscita a superare la Grande Muraglia ma la sua diffusione si era fermata agli utenti più giovani.
Nel novembre del 2017 ByteDance ha comprato Musical.ly (e tutti i suoi utenti). È da qui che è partita la scalata di TikTok. Partendo dal pubblico di Musical.ly, l’app è riuscita a fare il “salto di specie”, allargandosi oltre la Cina. Secondo una stima fornita da Hootsuite e We Are Social nel gennaio 2020 TikTok ha raggiunto gli 800 milioni di utenti attivi, con un’età media sempre più alta.
India, Amazon e gli staff elettorali: tutti i ban
Secondo un’anticipazione della Cnn i comitati elettorali del Partito Democratico e del Partito Repubblicano avrebbero chiesto ai membri dei loro staff di non utilizzare TikTok durante la campagna elettorale che porterà alle elezioni per il presidente degli Stati Uniti. E il livello di attenzione è alto anche in altri ambienti.
Amazon ha chiesto ad alcuni suoi dipendenti di togliere TikTok dai loro smartphone. Un sollecito arrivato direttamente via mail, come riportato da New York Times. Dopo poche ore l’azienda è tornata sui propri passi, senza fornire troppe spiegazioni: «Questa mattina è stata mandata per sbaglio una mail ai nostri dipendenti. Al momento non ci sono cambiamenti nella nostre policy riguardo TikTok».
Fermare l’app in un’intera nazione non è poi così impossibile. In India TikTok aveva 120 milioni di utenti attivi eppure è stata bannata insieme ad altre 58 app cinesi. Una rappresaglia digitale nata da un conflitto tra Pechino e New Dehli per la proprietà di un territorio di confine.
L’ultimatum di Anonymous: «Cancellate subito l’app»
Ma non c’è solo la politica estera. Negli ultimi giorni anche il gruppo Anonymous è intervenuto sul tema, senza usare nessun giro di parole. Gli hacker hanno lanciato l’allarme: «Cancellate TikTok; se conoscete qualcuno che la sta usando spiegate loro che essenzialmente si tratta di un malware gestito dal governo cinese per portare a termine uno spionaggio di massa».
Le risposte di TikTok
Open ha contattato TikTok per capire quale fosse la posizione dell’app in mezzo a questo fuoco incrociato. Al momento non è stato possibile parlare con un dirigente ma l’azienda ha fornito comunque delle risposte ufficiali, a partire dalle analisi riportate da Anonymus: «Valutiamo molto seriamente queste affermazioni, per tale ragione stiamo procedendo a una revisione completa che ha rivelato come molte di esse siano inaccurate o riflettano analisi o versioni precedenti dell’app che, in alcuni casi, sono obsolete».
Chiara anche la posizione sulla possibilità di fornire i dati degli utenti al governo cinese: «TikTok è guidata da un amministratore delegato americano, con centinaia di impiegati e figure chiave per quanto riguarda la sicurezza, la protezione, il prodotto e le politiche pubbliche, che operano qui negli Stati Uniti. La nostra priorità assoluta è promuovere un’esperienza sicura e un luogo protetto per i nostri utenti. Non abbiamo mai fornito dati degli utenti al governo cinese, nè lo faremmo in caso di richiesta».
Il peso del soft(ware) power
Allievo del filosofo Massimo Cacciari, Alessandro Aresu è l’autore di Le potenze del capitalismo politico: Stati Uniti e Cina (La Nave di Teseo), un volume che affronta il conflitto in atto fra questi due sistemi economici e politici. È lui a spiegare qual è il peso della diffusione di TikTok nella terra dove sono stati programmati tutti i social che usiamo in Occidente:
«È importantissimo. Il conflitto tecnologico fra Pechino e Washington è una costante del nostro tempo. Se analizziamo le maggiori app diffuse in questo momento vediamo già una divisione in due sfere: in Cina le app cinesi, negli Stati Uniti, e in molti altri Paesi, quelle statunitensi. TikTok è la prima app che dalla Cina varca questo confine»
L’importanza del piano tecnologico in questo conflitto si legge anche sul terreno del 5G, con il bando a Huawei imposto alle aziende statunitense e suggerito ai Paesi alleati:
«Il primato tecnologico è condizione del primato mondiale. La possibilità che degli standard tecnologici globali, come nel caso di Huawei per il 5G, vengano decisi, o codecisi, da una potenza straniera, presenta un rischio per la sicurezza del Paese. Non è nemmeno una questione solo tecnologica ma proprio di sicurezza nazionale»
Lo scontro tra Stati Uniti e Cina per questo nuovo soft power, non è certo cominciato con TikTok. Già nel febbraio 2018, l’Fbi e la Cia chiedevano al Senate Select Intelligence Committee di non usare i dispositivi prodotti da Huawei e Zte. Ora, con la pandemia in corso, la battaglia è solo più diretta:
«Il Coronavirus ha sgomberato un po’ di ipocrisie reciproche. Ha esposto delle fragilità del sistema statunitense che, come sappiamo, si trova ancora in una situazione molto complessa nella lotta al virus. Dall’altra parte è emersa anche una delle fragilità più importanti della Cina. Con questa epidemia gli Stati Uniti stanno rafforzando la loro politica in Asia in ottica anticinese, mostrando così quanto siano deboli i rapporti di Pechino con il suo vicinato»
Foto di copertina: Illustration by Murat Kalkavan from Icons8