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Una buona relazione nasce da una sana solitudine

Una buona relazione nasce da una sana solitudine

Ci sono libri che hanno molteplici livelli di lettura, spesso destinati a pubblici diversi.
La necessità di approfondire alcuni argomenti specialistici in questi testi trova la strada per fare un giro panoramico dove tutti possiamo trovare godimento e scoprire qualcosa, almeno per un pezzo del percorso.

È il caso de “L’ottava solitudine. Il cervello e il lato oscuro del linguaggio” di Antonino Pennisi, professore ordinario di Filosofia del Linguaggio nel Dipartimento di Scienze Cognitive dell’Università di Messina, che ha un lungo curriculum di pubblicazioni sui temi del rapporto tra  linguaggio e scienze cognitive.

L’ultima pubblicazione trova il modo di stupire anche chi ha letto già la sua ampia bibliografia e, allo stesso tempo, riesce affascinante anche a chi non ha ancora deciso di approfondire questi temi.

La solitudine come momento di ricchezza è un concetto su cui molti filosofi si sono espressi: da Agostino a Heidegger, da Wittgenstein a Nietzsche, che addirittura ne individuava ben sette gradini verso una forma perfetta, passando dallo sviluppo di nuovi livelli di comprensione sensoriali, visiva e uditiva, ad esempio, all’apertura della logica e della possibilità emozionale e sentimentale per acquisire altri aspetti della verità che infine porteranno alla settima e ultima solitudine, il distacco dal mondo.

Un’ascesa inquietante, soprattutto per chi si occupa di relazioni pubbliche e trova nel confronto, nella condivisione e nello scambio gli elementi essenziali per costruire significato.

Eppure questa lettura semplicistica della solitudine rischia di sottovalutare un elemento indispensabile, che Pennisi mette invece al centro della trattazione: è l’ottava solitudine, ovvero quella dove “il linguaggio può farsi autocoscienza”. Uno spazio necessario, a cui il nostro cervello ha persino dedicato un network di reti neurali, che si trovano nel cosiddetto DMN, ovvero il Default Mode Network. Si tratta di un insieme di ragioni cerebrali che si attivano in maniera quasi esclusivamente complementare, escludendosi cioè a vicenda. Quando siamo impegnati in compiti che richiedono la nostra attenzione verso l’esterno, se ne attiva una; quando invece ci troviamo in uno stato di riposo e solitudine interiore, si attiva l’altra. Quest’area, presente anche in altre specie animali come scimmia, gatto e topo, comporta un alto dispendio energetico. Il paradosso è che il nostro cervello, analizzato attraverso i moderni metodi di tracciamento di immagine cerebrale, consuma di più quando è “a riposo” che quando è impegnato nella risoluzione di un problema.

Cosa accade nell’area del nostro cervello quando “riposa” in solitudine dalle attività del mondo? Le ipotesi sono diverse e ancora ampiamente dibattute; le posizioni più accreditate tra i vari studiosi sono tutte legate alla consapevolezza personale o sociale dell’individuo, un tassello fondamentale per chi si occupa di Relazioni Pubbliche.

Ecco le principali.

1. L’ipotesi della preoccupazione
Le indagini scientifiche rivelano che i pazienti monitorati in questo stato hanno trascorso la maggior parte del tempo a pensare al loro passato o al loro futuro e in particolare a fatti appena accaduti o a quelli che si sarebbero verificati da lì a breve.
2. L’ipotesi del ricorso intensivo alla memoria autobiografica
Le persone monitorate hanno passato in rassegna ricordi personali che coinvolgono forti componenti emotive, spesso con l’obiettivo di avere spunti per risolvere problemi attuali.
3. L’ipotesi del default self
Si tratta di un’attività cognitiva che genera narrazioni e autonarrazioni del sè, sia sull’aspetto corporeo che spirituale.
4. L’ipotesi della cognizione sociale e della teoria della mente
Le attività che prendono vita nella mente richiedono delle simulazioni, scene immaginate o decisioni morali. In questo caso si generano mappe cognitive sul comportamento che l’individuo potrebbe avere in occasioni di interazione sociale.

Tutte e quattro le ipotesi mi sembrano particolarmente rilevanti per chi si occupa di comunicazione; la quarta, in particolare, svolge un ruolo fondamentale nella maturazione relazionale dell’individuo che, attraverso le simulazioni mentali, esplora le varie possibilità relazionali, aggiusta il tiro, le seleziona, rafforza alcuni aspetti e ne modifica altri.

Se è vero, infatti, che, le relazioni hanno una componente esperienziale fondante, l’ottava solitudine ci aiuta a ritrovare l’importanza del contributo che ciascun singolo dà alla relazione, non solo nell’azione, ma anche nella maturazione di una consapevolezza personale che rafforza le interazioni umane “in potenza” attraverso la simulazione cognitiva.

Cosa ha quindi da dirci – e da darci – oggi l’ottava solitudine?

Una prospettiva cognitiva più completa, in cui scopriamo cosa accade nei momenti in cui il nostro cervello è “a riposo”.

Una prospettiva psicologica, che dà valore alla costruzione della consapevolezza come strumento individuale di accesso alla propria vita interiore, ma anche alle possibilità che questa possono intessere nella comunità.

Una prospettiva sociale, che ci aiuta a restituire valore al contributo del singolo nella costruzione delle relazioni.

La possibilità di rileggere questa epoca di continua connessione come uno spazio da non subire, ma da gestire.

Perché se è vero che “l’igiene della solitudine può atterrire questi giovani, stiano essi dalla parte degli influenze o da quella dei follower”, d’altra parte come ci dice Pennisi nell’introduzione del libro, “fermarsi ad ascoltare in silenzio il linguaggio interiore, ciò che abbiamo da dire a noi stessi, in primo luogo, è un esercizio cognitivo da cui non possiamo esimerci per salvaguardare la salute mentale e la ricerca della felicità”.


L’ottava solitudine
Il cervello e il lato oscuro del linguaggio
Antonino Pennisi
Il Mulino, 2024
pp. 192, € 22,00 




Caporalato anche nel mondo della logistica e del trasporto

Caporalato anche nel mondo della logistica e del trasporto

Anche il mondo del trasporto e della logistica deve fare i conti sul caporalato. A squarciare il velo su questo fenomeno è il caso di una gang di pachistani che in provincia di Modena forniva corrieri a una società che aveva lavori in appalto per il corriere espresso Sda, azienda del gruppo Poste Italiane. I corrieri dal 2020 al 2022 sono stati massacrati di botte. Gli autori dei pestaggi lavoravano per la società per la quale le vittime svolgevano il ruolo di corrieri. Società che già in passato era entrata nel mirino della Guarda di Finanza che aveva negato il rinnovo all’iscrizione alla white list antimafia. Il caso è stato pubblicato dalla rivista bimestrale “Lavialibera”, fondata dall’associazione Libera. Al periodico, Poste Italiane ha precisato che la società in questione è “qualificata nell’albo fornitori” e aveva “i documenti in regola” e “contratti esigui”.
I componenti della gang, tutti pachistani, sui social postavano foto in cui imbracciavano fucili d’assalto e reclutava manodopera per la società fornitrice di Sda, azienda parte del gruppo Poste Italiane, impresa pubblica che fornisce servizi postali, finanziari e assicurativi. Secondo la procura di Modena chi non rispettava le condizioni imposte dalla gang veniva punito con violenti pestaggi, anche all’aperto e in strada. Aggressioni portate avanti con mazze ferrate, bastoni, coltelli. Non mancavano le minacce di ritorsione nei confronti delle famiglie dei lavoratori rimaste in Pakistan.




TENIAMOCI PER MANO

TENIAMOCI PER MANO

Si discute molto, nella nostra professione – e in senso più estensivo nel settore scientifico-disciplinare delle scienze della comunicazione e nelle comunità professionali dei relatori pubblici e dei comunicatori – dell’importanza di costruire relazioni.

Un pioniere di questa disciplina è senz’altro Toni Muzi Falconi (abbreviato per gli amici TMF), docente in Italia e USA, decano delle relazioni pubbliche italiane, con oltre sessant’anni di esperienza – le sue prime attività professionali risalgono alla fine degli anni ‘50 del secolo scorso – una carriera semplicemente spettacolare e un’intensa attività di mentorship della quale hanno beneficiato generazioni di colleghi.

Tra i tantissimi lavori di Toni, un’articolata ricerca presentata nel 2019 in occasione di BledCom, il simposio internazionale sulle Relazioni Pubbliche che si tiene ogni anno nella bellissima cittadina sull’omonimo lago in Slovenia. Nel documento, Muzi Falconi, insieme ad altri validi specialisti del nostro settore, analizzava lo scenario relativo al terremoto del 2012 in Emilia Romagna dal punto di vista della comunicazione e della governance delle relazioni pubbliche: “si è infatti trattato di un caso di studio assolutamente straordinario, soprattutto se visto alla luce di quanto era successo soltanto qualche anno prima con il disastroso terremoto de L’Aquila”, ha dichiarato TMF in un’intervista.

Nel 2012 l’area colpita fu infatti quella di Modena, con epicentro tra i paesi di Mirandola e di Medolla, dove già dagli anni ‘60 si era formato un importante agglomerato di imprese e di attività in parte connesse al settore dell’industria biomedica, un distretto già allora riconosciuto come uno dei più importanti in Europa in termini di produzione, di fatturato, di laboratori di sviluppo e di personale. Il sisma danneggiò gravemente l’intero distretto: enti di ricerca, impianti industriali, centri logistici e uffici amministrativi.

“Fu un disastro senza precedenti – procede Muzi Falconi – ma immediatamente venne attivato un piano di gestione della crisi basato sugli strumenti del dialogo e del confronto continui; non solo con le autorità e gli enti locali, ma anche con gli ospedali, con i rappresentanti del sistema produttivo, con i sindacati dei lavoratori, persino con le comunità religiose. Già nei primi confusi momenti successivi al terremoto, i rappresentanti di questi stakeholders si incontrarono per definire una strategia coordinata, decidendo il tipo di comunicazione da adottare e in che misura e con quali modalità coinvolgere i vari attori. Si formarono diversi gruppi di lavoro e iniziò un intenso processo di ‘governance relazionale’, con l’obiettivo di informare i soggetti interessati, ascoltarne le aspettative, capirne bisogni e interagire con loro per trovare soluzioni comuni. E fu un successo: lo sforzo collettivo non solo permise di affrontare in modo efficace la contingenza del terremoto, ma pose anche le basi per la crescita economica e sociale che si ebbe poi negli anni successivi, ed è indicativo che proprio quell’area abbia poi reagito così bene alla pandemia Covid-19. È chiaro che la funzione delle relazioni pubbliche, in particolare di quella figura che io chiamo ‘tessitore sociale’, abbia avuto un ruolo centrale in tutto questo. Grazie al lavoro fatto, dal 2012 a seguire, la zona del distretto biomedicale è ora una delle più importanti in Italia in termini di crescita economica e sociale. Ho avuto modo di parlarne con l’amministratore delegato di una delle più grandi aziende del distretto, Medtronic, il quale mi ha confermato che tutti i dati in suo possesso – quelli relativi al passato, così come quelli stimati per i prossimi mesi – mostrano l’area di Medolla come quella a maggiore crescita economica non solo in Italia, ma addirittura in Europa. Quello che voglio dire è che se il lavoro di comunicazione e di tessitura sociale viene fatto seriamente, allora funziona, non c’è alcun dubbio”.

Toni  si è soffermato a più riprese proprio sulla figura del tessitore sociale, termine da lui stesso coniato, e in grado di dare nuovo senso e nobilitare una figura – quella del relatore pubblico – troppo spesso impropriamente e riduttivamente percepito come “lobbista” o semplice “comunicatore”.

Da molto tempo si discute, in ambito accademico e aziendale, della classificazione e della rendicontazione del capitale immateriale delle imprese, dei singoli influencer – politici, artisti, sportivi, etc. – così come delle ONG o del settore pubblico ed istituzionale. Il capitale relazionale – strettamente connesso a quello reputazionale, nonché uno dei principali motori di esso – è una delle dimensioni nelle quali le organizzazioni complesse realizzano la propria missione; e il relatore pubblico, nella sua funzione di tessitore sociale, è colui che governa modi e tempi della costruzione delle relazioni, incidendo concretamente sul profilo quali-quantitativo di esse.

È anche interessante – adottando un modello di pensiero circolare, che come sostengo da sempre è l’unico in grado di supportare la generazione di valore nella nostra professione – apprezzare gli stimoli e le convergenze che dal mondo delle scienze dure contaminano le scienze sociali.

Come riportato in un articolo del Washington Post a firma della dott.sa Trisha Pasricha, medico al Massachusetts General Hospital e docente all’Harvard Medical School, l’atto di tenersi per mano non è solo una gestualità antica, ma ha degli effetti straordinari sul nostro organismo: “contribuisce ad abbassare la pressione, a ridurre il dolore e a mitigare le esperienze stressanti”, conferma Pasricha. “È un gesto semplice, ma che può limitare l’impatto dello stress sul sistema nervoso autonomo, regolando funzioni corporee involontarie come la dilatazione delle pupille. Stringere le mani di una persona cara riduce l’attività delle regioni cerebrali responsabili della risposta emotiva”.

I risultati di queste ricerche sono stati confermati anche da James Coan, psicologo clinico e direttore del Laboratorio di neuroscienze affettive dell’Università della Virginia: “la risonanza magnetica cerebrale dimostra che stringere la mano di una persona conosciuta o, ancor più, amata, riduce lo stress e fa diminuire la paura”.

Pasricha ricorda che per molti scienziati la regolazione delle emozioni è governata dalla corteccia prefrontale, la regione del cervello che ci aiuta a controllare gli istinti: non per niente, come ricordo spesso ai discenti nelle mie lezioni in università, utilizzare l’intelligenza emotiva significa anche trovare il giusto accordo ed equilibrio tra ragione e sentimento.

Le ricerche che abbiamo richiamato, e molte altre di questo tipo, confermano anche un altro dettaglio, per nulla secondario: il cervello non percepisce il gesto di stringere la mano come una “novità” rispetto ad una situazione precedente di assenza di contatto, bensì – sorprendentemente – é vero esattamente il contrario, in quanto la condizione neuropsicofisiologica di base è proprio il senso di contatto, di vicinanza e di comunanza con gli altri, e la situazione “anomala” è invece il senso di solitudine, che destabilizza noi e – conseguentemente – l’intero nostro ecosistema.

I nostri neuroni si aspettano quindi del tutto naturalmente che esistano delle relazioni e dei rapporti di reciproca connessione, e questo vale per il cervello umano e anche – a mio avviso, per estensione – per le aziende e le organizzazioni sociali complesse in genere: di qui, il ruolo fondamentale di quel tessitore di relazioni ben descritto da Toni Muzi Falconi.

Più in generale, come tra le persone, sono le connessioni virtuose tra organizzazioni a generare valore, ed è anche per questo che nel – per l’epoca innovativo – metodo di mappatura degli stakeholder da me ideato nel 2008, applicato per la prima volta a un’azienda farmaceutica italiana nel 2012, e successivamente presentato al congresso International Marketing Trend Conference di Parigi, avevo posto al centro del mio approccio proprio la misurazione della qualità delle relazioni tra un’organizzazione e i suoi pubblici.

Avevo poi riflettuto anche sull’impatto di questi concetti, entrati di buon grado tra i principi fondamentali del reputation management, sui singoli individui: l’uomo e le organizzazioni da esso create nascono per condividere, ovvero dividere con, sinonimo di possedere insieme, partecipare, offrire del proprio ad altri, e viceversa, all’estenuante ricerca del giusto equilibrio che ci permetta di essere utili, come anche di trarre sopravvivenza da chi circonda, per proseguire nella nostra personale missione, quale che sia, nella quale coinvolgere sempre più altre persone, sempre più altre parti di noi.

In definitiva, le relazioni sono un vero e proprio solvente universale, forse il più potente che esista, in grado di permetterci di risolvere più velocemente qualunque crisi, di portare a buon fine qualunque piano di comunicazione, di gestire con successo qualunque processo di change management, nella professione e sul lavoro, come anche nella vita.




¿PUEDEN LAS FAKE NEWS DESTRUIR LA REPUTACIÓN DE LAS MARCAS? LA “SECTA DE LOS ANTI-SECTAS” Y EL CASO “CURSO GENIUS”

Fake-news, analfabetismo, sette, Genioin21giorni.

El artículo original en italiano está disponible en este enlace.

Tras el éxito de nuestra reciente investigación a nivel nacional sobre BioOn, la start-up verde de plástico biodegradable que llegó a capitalizar más de mil millones de euros en la Bolsa de Milán y fue destruida por una especulación financiera maliciosa que incluía un vídeo de fake news para provocar el pánico en el mercado y beneficiarse del desplome de las acciones, y la investigación sobre el enfrentamiento entre la Fiscalía de Milán y el Ayuntamiento de Milán en relación con los proyectos de regeneración urbana, con cientos de obras paralizadas y daños de miles de millones debido a la noticia, no genuina y desmentida por las verificaciones, de relaciones poco claras entre administradores públicos y constructores, ahora nos ocupamos con este nuevo análisis – ampliando el enfoque sobre el tema de la desinformación – de la cuestión de la reputación empresarial puesta en riesgo por las fake news y las campañas de black PR, examinando en particular – entre otros – el caso de la multinacional aprendizaje, Genio Net, la conocida empresa de formación cuya continuidad empresarial se ha visto seriamente comprometida debido a una campaña de difamación y odio online. Un asunto que, sin embargo, se enmarca – como veremos – en un fenómeno inquietante y, en ciertos aspectos, mucho más amplio.

¿Están las fake news relacionadas con el analfabetismo funcional?

Según muchas investigaciones, la respuesta a esta pregunta es SÍ, pero vayamos por partes y definamos primero el perfil de un analfabeto funcional: mientras que una persona completamente analfabeta no es capaz de leer ni escribir, una persona víctima del analfabetismo funcional tiene, en cambio, un dominio básico de la alfabetización (puede leer y escribir, expresarse con un grado variable de corrección gramatical y de estilo, y realizar cálculos aritméticos simples); en pocas palabras, puede comprender el significado de vocablos individuales, pero no consigue alcanzar un nivel adecuado de comprensión y análisis ni conectar y dar sentido correcto a los contenidos en el contexto de un discurso más complejo. ¿Qué tiene esto que ver con las fake news?

Según el informe Ital Communications-Censis “Desinformación y fake news en Italia. El sistema de información a prueba de la Inteligencia Artificial de 2023”, el 20,2% de los italianos cree que no tiene las competencias para reconocer una fake news, el 61,1% cree tenerlas solo en parte, pero – aún más preocupante – es importante destacar que el 29,7% niega la existencia de las fake news y piensa que no se debería hablar de ellas, sino – con un tono apenas disimulado de conspiracionismo – “de noticias verdaderas que son deliberadamente censuradas por los medios” (!). Así que, no solo casi 1 de cada 3 italianos no sabe cómo defenderse del problema, sino que ni siquiera es consciente de que este existe.

En la práctica, lo que puede suceder es que una noticia no verificada sea puesta en circulación por alguien que no ha sido lo suficientemente responsable como para investigar sus fuentes, y luego no sea adecuadamente evaluada por el espíritu crítico del lector, quien a su vez – la mayoría de las veces de buena fe – difunde aún más la noticia falsa.

¿La prueba? ¿Cuántas veces hemos oído la frase “Yo, por si acaso, la compartí, vosotros veréis si es verdad”?

Además, el fenómeno de las fake news lleva algún tiempo creando mucha turbulencia también en el ámbito empresarial: “Las noticias falsas asedian las marcas y ponen en riesgo la reputación”, titulaba recientemente el gran Giampaolo Colletti en Il Sole 24 Ore. Hace pocos meses, las acciones del gigante farmacéutico Eli Lilly cayeron un significativo 4,37% después de que una cuenta falsa de Twitter que suplantaba a la compañía, que se dedica al negocio de la insulina para diabéticos, difundiera la noticia de que el producto sería distribuido gratuitamente por el Estado; Starbucks, por su parte, se vio envuelta en una tormenta de odio online después de que algunas cuentas falsas difundieran en redes sociales la noticia de que la empresa distribuiría frappuccinos gratis a inmigrantes irregulares y sin documentos.

A veces, por lo tanto, las fake news “convienen” a alguien: es decir, están construidas deliberadamente y pueden incluso tomar la forma de verdaderas campañas de difamación organizadas.

¿Qué es una campaña de “propaganda negra”?

El mecanismo descrito anteriormente, la mayoría de las veces, se alimenta inconscientemente. Sin embargo, hay casos más raros en los que alguien podría beneficiarse de la difusión de noticias falsas.

Luca Poma, estimado autor de nuestra redacción y Profesor de Gestión de la Reputación en la Universidad LUMSA de Roma y en la Universidad de la República de San Marino, que en un pasado reciente siguió profesionalmente de cerca el caso de estudio del que estamos a punto de hablar, describía en uno de sus análisis una campaña de “black PR”, o propaganda negra, de la siguiente manera:

  • una fuente oculta difunde en la opinión pública noticias denigratorias y mentiras sobre una cierta organización;
  • estas noticias pueden ser totalmente inventadas, pero muy a menudo resultarán ser exageraciones de noticias verdaderas, o en conclusiones artificiosas y distorsionadas que, aunque se basen en algunas pocas noticias verdaderas, las exageran de manera tendenciosa, con el fin de pintar escenarios en su conjunto inexistentes;
  • la campaña pone en una situación de fuerte estrés a la organización, que no solo no comprende dónde/cuál es la fuente del ataque, sino que tampoco entiende las razones. Una campaña de este tipo termina minando la continuidad del negocio y reduciendo la capacidad de la organización para generar ingresos y crear valor;
  • al basarse a menudo en hechos en mínima parte verdaderos, la campaña hace que la organización se “retraiga”, víctima – de buena fe – de sus propios sentimientos de culpa (“Sabemos que hemos cometido algunos errores, pero ¿es posible que hayan sido tan graves?”). La propia organización reduce entonces – por sí misma, increíblemente – su licencia para operar, su ámbito de acción, su capacidad de influencia en el mercado (…)

En pocas palabras, descontextualizando la realidad o tomando hechos reales pero exagerándolos, cualquier persona o empresa podría ser víctima de ataques de este tipo: errores fisiológicos en la gestión de clientes pueden convertirse en “estafas”; la insatisfacción de un excolaborador, quizás pasado a la competencia, se convierte en “explotación de personas”; un ex empleado despedido por razones válidas se convierte en “víctima de un sistema tóxico”, y así sucesivamente.

Un caso típico de “campaña de black PR”, sobre la cual se ha escrito y discutido incluso en una tesis de grado universitaria, es la relativa a la empresa Genio Net, que comercializa el curso de formación para estudiantes Curso Genius. Veamos brevemente lo que ha sucedido.

El caso “Curso Genius”

Genio Net es una empresa italiana presente en 6 países (Italia, España, Suiza, Inglaterra, EE.UU. y Ghana) que ofrece cursos de formación para acelerar el aprendizaje, tanto a estudiantes como a profesionales, el más conocido de los cuales se llama “Curso Genius”, nombre elegido por razones de marketing ya que es el título de un best-seller escrito por dos de los fundadores de la propia empresa, y publicado en 2012 por Sperling & Kupfer (grupo Mondadori).

La empresa es socio de TuttoScuola, la primera revista del sector en Italia, en la que se ofrece formación gratuita a los profesores y directivos escolares para superar las oposiciones. Además, colabora con la revista en proyectos para combatir el abandono escolar.

Genio Net colabora desde hace años con un equipo de investigadores del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche (Consejo Nacional de Investigación), que forman a los propios profesores de la empresa (aquí hay un reportaje del informativo científico de la RAI “Leonardo” que explica el sentido de la colaboración) y también ofrece cursos al Sindicato de la Policía Estatal y de la Guardia de Finanzas, con las que tiene acuerdo.

La coordinadora científica de Genio Net es Emilia Costa, ex titular de la 1ª Cátedra de Psiquiatría de la Universidad de Roma “La Sapienza” (aquí su currículum) y autora de numerosas publicaciones científicas; la empresa misma ha realizado diversas investigaciones sobre la eficacia de su “método de estudio personalizado”, presentadas en varios congresos de la AIRIPA – la Asociación Italiana para la Investigación e Intervención en la Psicopatología del Aprendizaje.

Genio Net, en 2019, también se dotó de un Comité Ético externo e independiente, compuesto por expertos y especialistas y coordinado por un notario, que tiene poder de inspección sobre la atención al cliente de la empresa y que verifica que cualquier queja de los clientes sobre posibles no conformidades sea tratada y resuelta por la empresa en tiempos y formas adecuadas; el Comité Ético publica online su propio informe cada 6 meses.

Pues bien, ¿qué podría tener que ver una empresa de este tipo, que ha disfrutado también de una favorable cobertura de prensa nacional, con una “peligrosa psico-secta”?

En teoría nada, pero sin embargo, esta empresa ha sido objeto de un ataque bastante curioso: alguien – descubriremos quién en el transcurso de esta investigación – la ha acusado, nada menos, de ser una secta: gurús, adeptos plagiados, lavados de cerebro, alejamiento de las familias y cultos abusivos, todas “etiquetas” no solo difamatorias y ofensivas para cualquiera, sino capaces de minar seriamente, como es obvio, la continuidad de negocio de cualquier organización económica.

Pero vayamos por partes y entendamos cómo unas acusaciones – por muy fantasiosas que sean – pueden transformarse en un prejuicio devastador para toda una organización empresarial. Se lo hemos preguntado a Germano Milite, fundador de la comunidad “anti-timo” más importante y visible de Italia.

El punto de vista de los “anti-falsos-gurú” y de los expertos en reputación digital

Germano Milite es un periodista, uno de los expertos italianos más influyentes que lucha contra estafas y “falsogurú”, término popularizado también por la comunidad que él mismo creó, Fufflix. El ecosistema coordinado por Milite – que realiza una vital labor de utilidad social – se basa fundamentalmente en la participación de aproximadamente 60.000 personas en su comunidad digital en YouTube, Twitch y Facebook, quienes, cuando es necesario, informan sobre posibles anuncios engañosos, prácticas comerciales desleales, “esquemas Ponzi” o verdaderas estafas, en una perspectiva de defensa de los intereses de los ciudadanos. El sistema de denuncias es filtrado por la redacción, que decide qué publicaciones aprobar, difundiendo y permitiendo así el debate y los comentarios en las distintas páginas sociales. De esas publicaciones nacen editoriales, investigaciones, entrevistas y testimonios, que también tienen una función disuasoria: ser señalado por Fufflix significa en la mayoría de los casos “no haber actuado correctamente”, según las palabras del fundador. Fufflix es también un sistema de protección activa: la herramienta ha conseguido cientos de miles de euros en reembolsos de supuestos “gurús”, extrajudicialmente, gracias también a la colaboración con abogados cualificados.

Milite explica así el funcionamiento de estas herramientas:

“Fuffapedia.com y Fufflix disponen de un motor de búsqueda donde se pueden introducir el nombre y el apellido del formador o vendedor de servicios que se quieren comprobar y recibir resultados provenientes de fuentes verificadas, no de Google, donde la presencia de publirreportajes pagados por un lado, o de acusaciones no respaldadas por pruebas por el otro, pueden lamentablemente distorsionar la percepción del escenario relativo a cualquier interlocutor.”

Fufflix, sin embargo, también es un útil indicador para reflexionar sobre el escenario opuesto, es decir, sobre quienes etiquetan impulsivamente como “estafa” prácticamente cualquier oferta de formación.

“Es inherente a la naturaleza humana – declaró Milite – ser impulsivos en las palabras y las reacciones. Así que, incluso por ignorancia, tal vez se utilicen términos como ‘estafa’ o ‘estafador’ o similares de manera inapropiada y ligera, sin saber que en teoría, y también en la práctica, no se deberían usar términos de este tipo si una persona no ha sido condenada con una sentencia firme. Deberías ser preciso y decir: ‘Germano fue condenado por ese delito hace diez años’. Esto tiene una lógica que, según mi parecer, es absolutamente correcta, también porque si Germano tuvo una condena hace diez años, pero cumplió su deuda con la justicia, se ha arrepentido y rehabilitado, y no ha vuelto a cometer ese tipo de delito, no es justo que se le etiquete ‘de por vida’ de manera negativa. Somos seres emotivos, y a menudo hablamos desde las entrañas, no desde la cabeza.”

Milite también interviene sobre el tema de las plataformas sociales que exacerban este fenómeno de la etiqueta fácil que a veces puede difamar a los operadores comerciales por cualquier razón objeto de atención por parte de su comunidad:

“Si tengo que acusar a alguien cara a cara, es más difícil hacerlo; decir ciertas cosas en la cara pesa, y tal vez lo pensamos más. Online, sin embargo, en treinta segundos puedo escribir las peores cosas debajo de cualquier anuncio publicitario, subestimando el impacto que ese comentario – que puede ser leído por miles de personas – puede tener. Sentimos la necesidad de ‘dar nuestra opinión’ a veces sobrepasando los límites de la moderación, este es un mecanismo típico de las redes sociales: y no nos damos cuenta del daño que podemos causar.”

Sobre la generalización y el populismo, que a menudo caracterizan ciertos debates online, Milite no tiene dudas:

“Los maximalismos nunca traen nada bueno, porque si queremos luchar sensatamente contra fenómenos específicos debemos ser precisos y concretos. Online hay mucha basura y la tentación de definir todo como Scam o estafa es fuerte, lo entiendo bien, pero hay que aprender a distinguir entre la publicidad, tal vez agresiva, de un servicio que tiene un contenido, de aquella realmente engañosa o que vende productos sin valor a precios elevados.

A Milite le responde Matteo Flora, conocido profesional e influyente del mundo digital italiano, recientemente entrevistado por nuestro medio:

“El problema es que ha muerto el gatekeeper”, sostiene Flora. “Los gatekeeper por tradición son esas entidades encargadas de interponerse entre el usuario que utiliza una noticia y la noticia misma: en general, en el pasado, eran los periodistas. Esto permitía evitar que cualquier cosa llegara a los periódicos y se le diera voz a cualquier cosa: se daba espacio a lo que era preseleccionado también en función de la calidad de la noticia. Con las redes sociales, esto ya no ocurre. No necesariamente es algo malo, pero una consecuencia negativa de esto son los ataques difamatorios, las black PR, la lapidación mediática. En la realidad, hoy en día, cualquiera es capaz con muy poco esfuerzo de publicar contenidos, como también – de manera anónima o falsa – decir: ‘Yo soy el psicoterapeuta más famoso del mundo y cuento que…’, y además se ha vuelto sencillo comprar exposición en miles de blogs diferentes, ya sea ‘Cocinaconamigos.com’ o ‘Finanzasycaballos’ y obtener visibilidad. El problema es que a medida que los gatekeeper ‘morían’ o perdían importancia, los usuarios se han desacostumbrado a buscar fuentes de calidad. El resultado es que “El Reportero Rumboso” o “Ayer, hoy y mañana sobre conejos”, y “La Gaceta Chistosa”, en la mente de las personas tienen la misma validez, y por lo tanto se vuelve mucho más fácil impulsar la circulación de una noticia. Quizá falsa.”

¿Esto puede afectar la reputación de una empresa, dañándola? Flora no tiene dudas:

“Sí, porque la realidad es un sujeto ‘socialmente negociable’. No existe un concepto unívoco de realidad, pero existe la que un número amplio de personas describen como ‘la realidad’. Y si consigues convencer a un número suficientemente alto de personas dentro de un grupo específico, de un cierto grupo de interés, de que las cosas son de cierta manera, estás creando de hecho una realidad paralela, que se convertirá en ‘la realidad’ quizás para muchos.”

Del mismo parecer es Kenan Malik, quien recientemente recordó en el prestigioso Guardian que “en el pasado solo los gobiernos y los poderosos podían manipular la opinión pública presentando mentiras como verdades, hoy lo puede hacer cualquiera que tenga acceso a Internet, porque la noción misma de verdad se ha fragmentado”. Malik también recuerda el primer caso conocido de intervención institucional contra las noticias falsas: en el siglo XVII, el pánico involucró a la casa real inglesa porque las cafeterías se habían convertido en focos de disenso político que fabricaban, entre otras cosas, noticias escandalosas y no genuinas sobre la Corona; Carlos II emitió entonces un decreto para contener la difusión de noticias falsas, y es la primera intervención de la que se tiene memoria contra las fake news.

Colletti en Il Sole 24 Ore retoma también el Financial Times, que recientemente lanzó la campaña Fake Hits, cuyo símbolo son los logotipos de las redes sociales más conocidas en pedazos, bajo el título “Las empresas luchan para combatir las fake news”. Por su parte, recuerda Colletti, la International Communication Consultancy Organisation (ICCO), red que agrupa a 3.000 empresas de relaciones públicas distribuidas en 70 países, ha iniciado iniciativas incisivas contra las fake news incluso en perjuicio de las marcas: “En los últimos años, la desinformación se ha convertido en una amenaza también para las empresas y para las personas, porque en América el 77% de los usuarios entre los 18 y los 25 años se informa a través de las redes sociales”, declaró Massimo Moriconi, Presidente de ICCO Europa.

Hasta aquí, hemos destacado, a través de la voz de tres protagonistas del debate nacional e internacional sobre estos temas, los riesgos de “deriva” del legítimo debate contra estafas y engaños, y de cómo la realidad puede ser exagerada y manipulada para generar “hype” o incluso como una forma de desahogo personal en línea.

Pero hay más, porque algunas campañas de difamación pueden – y es inquietante – también ser estudiadas meticulosamente, como descubriremos en breve. Pero antes, debemos aclarar un concepto clave en este escenario: ¿qué es una “secta”?

¿Qué dice la experta en sectas?

El fenómeno de las llamadas “sectas”, o más en general de la manipulación con fines de lucro o de construcción de liderazgos absolutos, es un tema muy serio, del cual la Dra. Raffaella Di Marzio, presidenta del Centro Studi LIREC, es una de las expertas más reconocidas en Italia, tanto en el ámbito académico como fuera de él. Le hemos preguntado a la doctora cuáles son los peligros que corre quien es cooptado por un verdadero grupo sectario.

“Dar una definición unívoca de ‘grupo sectario’ es imposible, porque los tipos de grupos, llamémoslos sectarios, en el sentido de que tienen características de cierre al mundo exterior y una autoridad muy autoritaria, son muy diferentes entre sí. Son grupos que logran manipular de diversas formas a las personas que forman parte de ellos: algunos de estos grupos se inspiran en alguna forma de religión, mientras que otros son laicos, donde Dios no tiene nada que ver. En estos últimos, la autoridad que está a la cabeza del grupo probablemente ni siquiera cree que Dios exista. Sin embargo, una característica común a todos estos grupos es la convicción de que quienes están dentro están en lo correcto, en la perfección de la verdad, mientras que quienes están fuera están en la mentira y son el mal. Así que, en estos grupos sectarios y cerrados, quien está dentro está en el bien, quien está fuera está en el mal. Se crea así una contraposición ‘dentro-fuera’, que puede ser peligrosa”.

Pero la doctora también nos alerta contra un fenómeno muy similar pero de signo opuesto: el maximalismo de quienes – en algunos casos por interés, en otros por una visión distorsionada de la realidad – afirman luchar contra los movimientos sectarios, tal vez sin ninguna competencia específica en la materia certificada a nivel académico, y terminan adoptando los mismos lenguajes y métodos manipuladores.

“Me ocupo de estas materias desde hace casi 30 años, y confirmo que, de manera creciente en los últimos años, supuestos expertos en fenómenos sectarios han intensificado sus actividades para denunciar ‘sectas en todas partes’: es una forma de alarmismo que genera un pánico moral en la sociedad, es decir, se crea un miedo a un fenómeno gravísimo que en realidad no existe. No porque no existan problemas relacionados con grupos sectarios, claro que los hay, sino porque no existe en la medida que es propagada por individuos realmente poseídos por la ‘fiebre’ de denunciar la existencia de manipulaciones, incluso donde no las hay. A menudo estas personas apuntan al objetivo equivocado. En una publicación bastante reciente, un par de periodistas escribieron que hay cinco millones de italianos ‘en la red de las sectas’. Si consideramos que, según datos fiables, en Italia hay aproximadamente dos millones y medio de personas que no son católicas, sino que pertenecen al mundo musulmán, protestante, budista y a varios grupos de la nueva era, distribuidos en unos 860 grupos en total, decir que hay cinco millones de italianos que pertenecen a las sectas es una tontería estadística absoluta, sin ningún sentido. Es una invención total que, sin embargo, es reportada continuamente por la prensa”.

Prosigue la Dra. Di Marzio:

“Lamentablemente, esta invención es propagada también dentro de las instituciones públicas, donde se da crédito a estos supuestos expertos estimulando interpelaciones parlamentarias y solicitudes de investigaciones. Quienes, entre los parlamentarios, casi siempre de buena fe, toman estos datos y solicitan, por ejemplo, la creación de una comisión de investigación sobre el fenómeno, a menudo no se plantean el problema de verificar ‘la fuente’ de estos datos. Así, quien lee en línea la solicitud de una comisión de investigación cree que realmente existe el problema. No se realizan verificaciones serias y adecuadas, porque si se buscara la verdadera fuente, se encontrarían grupos y personas que orientan sus actividades a la ‘guerra contra las sectas’ a toda costa”.

Y si alguien preguntara a estos sujetos por la confirmación de una fuente, o una certeza académica que respalde sus afirmaciones, ¿qué sucedería?

“En estos casos – prosigue Di Marzio – se inician acciones sistemáticas para minar la credibilidad de la persona que ha expresado una opinión diferente o que ha planteado la duda, lo cual es contrario al pluralismo y al espíritu científico”.

¿Podríamos definir a estos personajes como parte de una “secta anti-sectas”?

“Sí, porque dentro de ellos se manifiestan las mismas dinámicas psicológicas que ellos atribuyen a las sectas: manipulan la información y las personas con el fin de intentar demostrar la validez de su enfoque, desinforman en la web, acusan con violencia a quien piense de manera diferente a ellos. De hecho, paradójicamente utilizan métodos sectarios, sin darse cuenta del daño que crean a las personas y, a veces, también a las organizaciones económicas.

Hace aproximadamente un mes y medio – prosigue Di Marzio – recibí una llamada de una persona que quería contarme su experiencia. Esta persona había estado en un grupo religioso que, según ella, presentaba características sectarias. En un momento dado, al no estar de acuerdo con ciertas doctrinas, se fue y encontró un grupo anti-sectas donde buscó apoyo y ayuda. Después de unos seis meses dentro de este grupo anti-sectas, durante los cuales concedió varias entrevistas contando su anterior experiencia negativa, tuvo algunas críticas sobre el comportamiento de las personas del grupo: pues bien, en ese momento sufrió el mismo tipo de acciones y presiones dentro del grupo anti-sectas. Me contactó para decirme: ‘he encontrado en el grupo anti-sectas las mismas dinámicas que había en la secta que dejé, por lo que también me fui de allí’.

Cabe señalar – concluye la especialista – que la preparación científica que generalmente se puede encontrar en los personajes que combaten esta singular y peligrosa actividad “anti-sectaria” rara vez es adecuada. Algunas de estas personas tienen una formación psicológica y son psicólogos o psicoterapeutas, se ocupan – a menudo por una tarifa – del tratamiento de las personas que salen de estos grupos y que pueden encontrarse en dificultades psicológicas. Sin embargo, a nivel de producción científica, estudios de campo y debate académico, estamos a nivel cero. Se basan únicamente en casos de personas que se han encontrado mal o que han sufrido abusos (reales o presuntos), y construyen su teoría anti-sectas solo sobre estas experiencias, prisioneros de un enorme sesgo de autoconfirmación. De esta manera, sin embargo, no se hace ciencia, sino propaganda. Y estos enfoques anti-científicos pueden tener consecuencias graves en un país democrático”.

Finalmente, le hemos preguntado a la doctora cuáles pueden ser – si es que hay – las consecuencias para quienes son etiquetados incorrectamente como “miembros de un grupo sectario”:

“Quienes son acusados de formar parte de un grupo de este tipo, pierden automáticamente el derecho a ser considerados personas creíbles, se presume que están plagiados y, en consecuencia, todo lo que dicen pierde completamente su valor. Incluso su propia experiencia, tal vez nada sectaria, no puede ser referida, porque ‘de todos modos él está manipulado’, por lo que la tesis de la ‘secta’ no se puede refutar, porque cualquier elemento diferente, que desmienta la acusación, nunca es tomado en consideración. Estos personajes de la acusación fácil se nutren, por tanto, de sus propias convicciones y deducciones, que nunca están dispuestos a cuestionar, y cualquiera que diga algo diferente de ellos es etiquetado como una persona que ‘está del lado de las sectas’: lo cual es evidentemente la actitud maximalista que tienen las sectas hacia el exterior.

Ni hablemos, además del daño emocional sufrido por las personas individuales, del daño financiero y de reputación cuando la acusación infundada se dirige a una organización económica como una empresa. Cuando alguien busca información sobre algún grupo y encuentra etiquetas como ‘secta’ u otros términos completamente inexistentes desde el punto de vista científico como ‘psicosectas’, obviamente se asusta y se distancia. Además, quienes al principio conocen poco la organización y ven estas etiquetas pueden decidir alejarse para evitar problemas. Los dirigentes, que tal vez llevan años trabajando en el sector y han obtenido resultados positivos, ven su reputación y su trabajo destruidos, y aunque hagan autoanálisis y mejoren su propia organización, no obtienen respuestas de quienes los critican, porque el objetivo de estos grupos no es ayudar o mejorar el panorama, sino, al contrario, amplificar los problemas para obtener resonancia mediática”.

Si lo que afirma la doctora es cierto – y, dada su preparación y la reputación que tiene en el ámbito científico y académico en este sector, no tenemos motivos para dudarlo – aquí tenéis, nada menos, que el ‘crimen reputacional perfecto’.

La reacción “contraintuitiva” de Genio Net ante los ataques: dejar que se mire dentro

La primera reacción, bien conocida y descrita tanto en estudios como en la práctica profesional, por parte de individuos y organizaciones objeto de campañas de black PR, es casi siempre la de “retraerse”, cerrándose en una postura defensiva, y a menudo involucrándose en un poco productivo “muro contra muro”.

Genio Net, cuando fue acusada de manera bizarra pero destructiva, online, de ser un “grupo manipulador” y una “psicosecta”, optó por una elección diferente, quizás condicionada por una “cultura del error” de la cual hablaremos más adelante en esta investigación: en respuesta a las acusaciones, la empresa contactó a uno de los más conocidos expertos europeos en movimientos sectarios y grupos abusivos (de índole religiosa y no), el Dr. Pepe Rodríguez, director científico del centro de estudios EMAAPS, en Barcelona, y se sometió voluntariamente a un riguroso examen, que duró varios meses, con el fin de evaluar de manera objetiva e independiente la naturaleza, los fines y las modalidades operativas de la organización y de las Sedes a través de las cuales actúa. El resultado de la auditoría, reportado en un detallado informe escrito, examinable online por cualquiera, afirma que cualquier asociación entre la actividad de la red Genio Net y la de los movimientos sectarios y manipuladores “representa una acusación absolutamente carente de cualquier fundamento y totalmente falsa”. La posición de Rodríguez se resume en una frase suya, repetida varias veces en el extenso informe final de la Auditoría, frase que parece no dejar lugar a equívocos:

“Se puede afirmar categóricamente que la empresa del Curso Genius (Genio Net, nota del editor) no se adapta en absoluto, ni en lo más mínimo, a ninguno de los puntos que definen los parámetros de ‘secta’.”

Dr. Pepe Rodríguez

Rodríguez también sugirió a la empresa Genio Net que procediera penalmente contra cualquiera que utilice de manera impropia esa etiqueta difamatoria en perjuicio de la empresa.

Lo cual la Red Genio Net hizo: pero con alguna sorpresa.

La “fuente” detrás de las acusaciones a Curso Genius

¿Quién es el que – inicialmente – promovió la acusación a Curso Genius, y dio pie al rumor que humilló y mortificó a los trabajadores de la empresa y sus familias, poniendo en riesgo de derrumbe y destrucción a toda una organización empresarial?

Las palabras del Abogado Massimo Bajma Picit, quien se ha ocupado de este caso y ha enviado a nuestra redacción un testimonio escrito, son esclarecedoras para intentar responder a esta pregunta:

“La empresa Genio Net y sus representantes y colaboradores han sido objeto de ataques, a través de múltiples canales mediáticos, tanto tradicionales (prensa, televisión) como mediante los llamados nuevos medios (internet, email, redes sociales), que con su incontrolable capacidad de difusión al propagar los mensajes difamatorios, potencialmente capaces de perjudicar el valor de la empresa, han hecho absolutamente indispensable una enérgica reacción y la preparación de un plan para reprimir, contrarrestar y prevenir estas agresiones ilícitas, comparables a una auténtica ‘máquina del fango’. Es interesante destacar cómo las investigaciones de la Policía Nacional han evidenciado que varios apodos que en la red, mediante publicaciones en redes sociales, comentarios en diversos foros, mailbombing, etc., atacaban y criticaban a la empresa, se referían a identidades falsas vinculadas al mismo proveedor suizo, que ofrece la posibilidad de crear identidades ficticias protegiendo el anonimato del usuario”.

Cabe preguntarse, es decir, ¿por qué esta persecución y cuáles son los beneficios que estos individuos o grupos obtienen al denunciar como “sectarios” a muchos grupos que en realidad no lo son? Sobre este punto, nos responde nuevamente la Dra. Di Marzio:

“Muchas veces se crean alarmas cuando hay intereses personales o de grupo: si alguien ha creado una organización para combatir las sectas, las sectas deben existir, porque si ya no existen, esa organización no tiene razón de ser, no puede seguir pidiendo fondos, no puede seguir adelante con sus actividades. Entonces, hay intereses organizativos y económicos en juego. Este amplio círculo de expertos y consultores vive del impacto económico creado a lo largo de los años alrededor de su actividad, y que sobre todo obtiene un retorno de imagen personal. Estas personas son percibidas por algunos como santos, como aquellos que ‘salvan a las personas de las sectas’, o como perseguidos por las sectas, algo de lo que nunca ha habido ninguna prueba”.

En realidad, todas estas acusaciones – hilos hostiles online contra Genio Net y sus empleados y colaboradores, artículos de blog, etc. – parecen haber dado sus primeros pasos, sorprendentemente, a partir de las declaraciones – luego amplificadas deliberadamente – de una psicologa supuesta “experta en movimientos sectarios”, autoproclamada como tal, ya que – a diferencia de los formadores en estrategias de aprendizaje de Genio Net – nunca ha publicado un solo estudio científico sobre el tema del que se presenta como “experta” (índice de impacto de su nombre en las principales bases de datos: simplemente cero). De la inconsistencia del currículum de la presunta experta ya se ha escrito en línea, en una obra hilarante  ue generó tanta irritación en ella misma que la llevó a quejarse por la vía judicial (pero sus quejas fueron archivadas, con una decisión de un juez que no consideró que hubiera nada difamatorio en esas páginas). Aparte de sus declaraciones en su blog, la única obra popular jamás publicada por esta supuesta experta es un libro titulado “Sette e manipolazione mentale” (Sectas y manipulación mental), duramente criticado por el Prof. Luigi Berzano, miembro de CESNUR, uno de los centros de estudio italianos más famosos sobre el tema de los nuevos movimientos religiosos: “la estructura del libro está desprovista de cualquier fundamento lógico (…) y está viciada por la ausencia total de referencias adecuadas a las fuentes (…) mientras que las reconstrucciones (reportadas en el libro, ed.) están salpicados de numerosas y graves inconsistencias, verdades parciales y omisiones”.

A los efectos de nuestro análisis, basta con destacar que la misma no nos consta que sea miembro de la Sociedad Italiana de Psicología de las Religiones (SIPR), que es la asociación nacional de psicólogos y especialistas que se ocupan de fenómenos sectarios, ni ha presentado nunca una sola investigación en los numerosos congresos organizados por la asociación, ni tampoco ha firmado un solo trabajo en publicaciones científicas, revistas revisadas por pares, etc. Ella misma sostiene ser depositaria de “numerosísimas denuncias de no conformidad” contra la empresa por parte de ex clientes de Genio Net (aunque nunca ha dado a conocer ninguna…); por el contrario, ha sido denunciada no solo por la empresa ante la Fiscalía, como confirma este informe pro-veritate, sino que también, tras las investigaciones de los magistrados, ha sido procesada a raíz de otras denuncias presentadas por otros sujetos por hechos estrechamente relacionados con su campaña difamatoria (el juicio penal está en curso a la fecha de publicación de esta investigación).

Recientemente, también el Parlamento italiano se ha ocupado del tema sectario: se ha presentado nada menos que una interpelación parlamentaria en la que una diputada ha preguntado al Gobierno si no debería hacer más contra ese fenómeno, incluyendo sorprendentemente a Genio Net entre las posibles “psicosectas” (!); incidentalmente, la diputada en cuestión resultó estar en contacto directo y quizás no casual con la supuesta experta en movimientos sectarios mencionada anteriormente. De esta última se ha ocupado – en términos a veces poco positivos – también la ya citada comunidad Fufflix, que le ha dedicado un “Live” específica y una investigación detallada comentando negativamente su enfoque maximalista sobre el tema de las sectas y su actitud de acusar de comportamientos manipuladores a grupos que no cumplen en absoluto con esos requisitos, Live cuya visualización recomendamos a cualquiera que desee formarse una opinión propia y “evaluar” el perfil de los acusadores públicos de Genio Net.

Además, el propio Presidente de la Sociedad Italiana de Psicología de la Religión se pronunció sobre este supuesto movimiento de expertos “anti-sectas”, definiéndolos como “…grupos que – proclamándose ‘antisectas’ – se presentan como paladines de la religión institucional y defensores de personas plagiadas y de sus familiares”, pero que en realidad son “…absolutamente desconocidos en el debate científico internacional, y a menudo giran en torno a la manía de protagonismo de supuestos investigadores, facilitadores y consultores”.

Ataques inconsistentes, por tanto, promovidos por personajes sin ninguna preparación académica demostrable en el sector específico de la protección contra los grupos sectarios: ataques que, sin embargo, – paradójicamente – han estimulado también algunos cambios: veamos cuáles.

La crisis, de peligro a oportunidad: ¿qué ha cambiado dentro de Genio Net?

Como enseña cualquier buen manual de gestión de crisis, una crisis también puede revelarse como una oportunidad. Lo confirma Mirko Romano, que, entre los cargos que ocupa en esa empresa, es responsable del servicio de atención al cliente, es decir, la oficina que se ocupa de la gestión de las relaciones con los clientes y de su grado de satisfacción.

“Dado que nuestra empresa nunca ha recibido quejas o denuncias de ningún tipo, inicialmente, cuando leímos las afirmaciones difamatorias y las acusaciones online, nos preguntamos: ‘¿realmente estamos cometiendo tantos errores?’. Por supuesto, toda empresa tiene un porcentaje de ex clientes o ex trabajadores descontentos por los motivos más variados, pero llegar a pintarnos como una ‘peligrosa psicosecta’ nos parecía absurdo. La verdad es que estas críticas feroces y estos ataques nos han estimulado mucho, casi nos han obligado a ‘mirarnos por dentro’, y este proceso de autoanálisis ha sido muy fecundo: por ejemplo, nos ha llevado a revisar y enriquecer enormemente el contenido didáctico de nuestros cursos, anclándolo aún más en evidencias científicas, pero no solo. Hemos iniciado un proyecto llamado ‘Genius en Obras’, es decir, en lugar de elaborar como dirección de la empresa un código ético al que todo el equipo debería adherirse, hemos realizado un gran trabajo en grupo, pidiendo a todos – independientemente de su posición en el organigrama – que aportaran su contribución para llegar a la redacción de una carta de valores realmente compartida, y que, deseablemente, en ese momento se aplicara con mayor eficacia, porque no ha sido ‘impuesta desde arriba’. Luego, hemos activado una oficina de atención al cliente, que se encarga de cualquier queja de no conformidad que pueda llegar desde el exterior, y un equipo de RRHH (recursos humanos) que analiza las que puedan llegar desde el interior, de los trabajadores de la empresa. Se ha creado un Comité Ético independiente, que observa cómo la empresa reacciona a cada denuncia, y cada 6 meses produce un documento, un informe, que publicamos en nuestro sitio web con total transparencia. En resumen, la presión externa negativa en realidad ha estimulado un gran salto de calidad también en la forma en que nos relacionamos con todos nuestros públicos”, afirma Romano.

En busca de confirmaciones en el ámbito de los temas tratados en nuestra investigación, hemos contactado a la decana del Comité Ético de Genio Net, la Notaria Alessandra Coscia, para entrevistarla.

Doctora, lleva varios años colaborando en el Comité Ético de Genio Net como profesional independiente, junto con otros colegas cualificados que se han alternado en este compromiso realmente central en la vida de la empresa. Ustedes se ocupan, en resumen, de monitorear el estándar del servicio de atención al cliente, es decir, cómo responde la empresa a posibles quejas o denuncias de no conformidad por parte de clientes y exclientes, en qué tiempos y con qué grado de satisfacción para quienes envían las denuncias. La primera pregunta que le hago es la siguiente: supongo que para evitar conflictos de interés su trabajo es pro-bono, entonces ¿qué la motiva a hacerlo, dado que no es el dinero?

“Confirmo la absoluta independencia y gratuidad de mi prestación, considero que forma parte de aquellas actividades pro-bono en las que es posible, como profesional, poner con gusto al servicio de los alumnos de una empresa (sujetos que también por definición normativa son considerados contractualmente ‘más débiles’) mi competencia, y un equilibrio y neutralidad que además es típico de mi profesión de Notaria”.

Cada semestre ustedes redactan un informe, que luego la empresa debe publicar de manera transparente y accesible para todos en su sitio web. Aproximadamente, ¿cuántas quejas registradas son enviadas a su atención cada 6 meses, respecto a los aproximadamente 2.800 alumnos que Curso Genius forma cada semestre?

“Las quejas son generalmente, por cada semestre, entre 10 y 15. De estas, alrededor del 60% son solicitudes de resolución del contrato para personas que cambian de opinión y ya no quieren terminar el curso de formación, por los más diversos motivos, las otras son por cuestiones menores”.

Las empresas no son perfectas, pero son mejorables. En estos años, ¿qué idea se ha hecho de la disposición de esta empresa para hacerse cargo de las quejas de no conformidad y esforzarse por resolverlas?

“La disposición de esta empresa para resolver conflictos tanto iniciales como ya existentes es normalmente máxima. Y – considerando la atención empresarial – como Comité Ético animamos a clientes y/o potenciales clientes y/o exclientes a manifestar sin demora posibles quejas por no conformidad que puedan haber percibido, recomendándoles que detallen claramente y directamente lo sucedido, ya que obviamente el Comité Ético no puede hacerse cargo de quejas anónimas o en nombre de terceros. En cualquier caso, nuestra experiencia confirma que cada vez que hay una queja, también hay una respuesta concreta de la empresa para resolverla”.

Una última pregunta: en realidad no son muchas las PYMEs que se han dotado de herramientas como esta, un Comité Ético independiente con funciones también de control. Le pregunto si el motivo podría ser también la reticencia a ‘dejarse mirar por dentro’ por parte de muchas empresas, exponiéndose quizás a críticas por parte de la opinión pública (u otros motivos que considere relevantes) y si, por el contrario, podríamos considerar esta práctica de transparencia una ‘buena práctica’ a adoptar más ampliamente también para aumentar la competitividad de las empresas italianas, gracias al fortalecimiento de la relación de confianza entre las propias empresas y sus públicos…

“Cualquier herramienta destinada a garantizar transparencia en la relación entre una empresa y sus clientes, que demuestre atención y disposición para afrontar de manera constructiva las críticas o denuncias por parte de sus usuarios, es digna de ser incentivada. La institución de un Comité Ético es de indudable relevancia para una PYME, especialmente cuando el producto ofrecido por la empresa no es ‘medible’ en términos estrictamente ‘cuantitativos’ y se refiere a áreas como, en este caso, la metodología de estudio, las técnicas de memorización o el desarrollo de habilidades transversales y soft skills. Propuestas que, precisamente porque están dirigidas a un público de adolescentes y jóvenes, requieren de una atención constante para que cualquier divergencia con los Códigos Éticos empresariales y las prácticas se subsanen rápidamente, incluso en detrimento de lógicas e intereses meramente económicos, considerando que la buena reputación es un activo empresarial insustituible”.

Mirko Romano, del servicio de atención al cliente, quiere precisar: “Como cualquier empresa, no tenemos la pretensión de ser perfectos, somos un grupo de seres humanos y también cometemos errores”.

¿Os habéis expuesto a críticas en el pasado?

“Sí, y la razón es muy simple – sostiene Romano – y evidente para cualquiera que actúe de buena fe: los chicos que se apasionaron por el proyecto Curso Genius y el tema del aprendizaje, de volver a enamorar a la gente del estudio, y que constituyeron el primer núcleo de la empresa, eran talentosos pero muy jóvenes, los más ‘maduros’ no tenían ni siquiera 30 años, y ninguno de ellos tenía en ese momento experiencia en una gran empresa estructurada. Además, el proyecto despegó rápidamente, y en varias naciones, primero en Italia, y luego en España, Suiza, EE.UU., Gran Bretaña, y hoy también en África, en Ghana para ser precisos. En ese momento, estas personas compensaron las obvias carencias estructurales y de gestión – muchas de las cuales simplemente heredaron de quienes les enseñaron el oficio en empresas anteriores, poco después de terminar su formación – con entusiasmo, y es evidente que el entusiasmo a veces no es suficiente. Luego se llegó a una verdadera maduración profesional, se iniciaron programas de formación intensivos y muy desafiantes, se hicieron convenios con instituciones científicas de primer nivel, en resumen, se llenaron los diversos vacíos, y se puso atención a muchos temas que hoy hacen que la empresa sea, en mi opinión, excelente en muchos aspectos. Aclaro que también tuvo un gran impacto la elección de contar con profesionales de renombre y con currículos de nivel nacional e internacional, que pudieran guiar a la empresa en este largo y arduo proceso de gestión del cambio. Esto incluyó preguntarnos: ¿en qué podemos mejorar? ¿Y quién podría ayudarnos a mejorar en esta área específica?”

¿Puede dar algunos ejemplos prácticos?

“Al principio, la empresa tenía un organigrama desequilibrado y tambaleante, con los mejores trabajadores desempeñando principalmente dos roles: el instructor, que era el responsable de la didáctica en la sede, o el responsable del servicio de atención al cliente. Además, el primero, siendo responsable de toda la docencia, era la figura claramente más visible, quien ‘estaba en el escenario’. No debe sorprender que un joven de veinte años entusiasta se preguntara cómo poder hacer exactamente ese trabajo, pidiera ser formado para hacer eso y nada más que eso. Es obvio que esto creó un fuerte desequilibrio a nivel organizativo, que llevó años corregir. Además, algunas malas lenguas sostenían que la empresa de alguna manera promovía una especie de “idolatría del instructor”. En realidad, aunque por las oficinas pasaban miles de jóvenes, se nombraba a un instructor cada 2 años, y cada año había una decena de personas en formación para convertirse en uno. Por lo tanto, la narrativa maliciosa del instructor en el podio como un semi-dios, es desmentida por los hechos y los números. Pero ya se sabe: quien quiere pensar mal y hablar mal, rara vez mira los números.

Un error descomunal – y por suerte luego resuelto – fue también no medir los resultados de los alumnos a uno o dos años de haber terminado el curso de aprendizaje: para las empresas estructuradas estas cosas son el pan de cada día, pero para nosotros inicialmente no lo eran. Hoy, medimos la permanencia de los resultados y el hecho de que los alumnos sigan – si lo desean – aplicando el método de estudio en el trabajo y en la vida, después de 3 meses, 6 meses, 1 año, etc. Y bien que hicimos al iniciar este proyecto, porque en la primera ronda de medición nos dimos cuenta de que había una gran satisfacción en los meses posteriores al curso, pero una satisfacción decreciente en los dos años siguientes. Esta crítica nos llevó a estructurar mejor el servicio de tutoría y la formación de los tutores, que hoy está a cargo de docentes internos y de figuras profesionales externas a la empresa, y pasa precisamente por nuestra “Escuela de Tutores”, es decir, un programa de formación para convertirse en tutor – y seguir siendo tutor –, con clases, material didáctico y examen final. Esta elección ha llevado a una mejora notable de esta estadística, como también está documentado en una investigación que hemos publicado.

Otro error notable – prosigue Romano – fue sin duda comunicar poco online: partíamos del supuesto de que, dado que en la gran mayoría de los casos el curso de aprendizaje tenía resultados notables, eso debía bastarnos. Un error grande, porque sabemos bien cuánto importa la ‘percepción’. Durante demasiado tiempo, los espacios online no fueron gestionados por la empresa: esto creó un ‘vacío comunicativo’, que cualquiera llenaba como mejor le parecía, y no siempre de manera positiva, dejando espacio incluso a fantasías bastante ‘creativas’ sobre la actividad real de la empresa. Se sabe: lo que no se explica bien puede parecer ‘misterioso’, y lo ‘misterioso’ potencialmente inspira desconfianza. Un enorme malentendido involuntario que hemos corregido, creo que bien, en los últimos años, con testimonios de nuestros alumnos y también de sus padres, entrevistas a nuestro equipo de instructores, a colaboradores externos, y también con la producción de algunos documentales que explican lo que sucede en nuestros cursos, tanto los estrictamente relacionados con el aprendizaje como el más motivacional, el Eagle”.

Otro aspecto que ha generado muchas incomprensiones – y que al principio no estaba en nuestro radar – se refiere a una cuestión aparentemente divertida, por cómo se malinterpretó: la del lenguaje. En nuestras sedes se hablaba de ‘PAV’, de ‘loci’, de ‘mapas’, de ‘potenciales’ y ‘cartelinos’… El tema de la semiótica es enorme, y también toca el aspecto de la interlocución cotidiana: los términos que he mencionado son absolutamente rutinarios para cualquiera que haya asistido a un curso de este tipo o que entienda un mínimo de aprendizaje estratégico, pero difíciles de entender para muchas otras personas. Cada grupo que se frecuenta asiduamente adopta su propio lenguaje o jerga, vale para los grupos de chicos que salen juntos, para quienes hacen CrossFit, para los boy-scouts y probablemente para cualquier empresa en el mundo. Basta recordar una conversación entre expertos informáticos y nerds para que te dé dolor de cabeza, es un lenguaje completamente incomprensible. Pero algún observador malintencionado habló de inmediato en sus acusaciones fantasiosas en línea de un ‘lenguaje para iniciados’: siendo nosotros una peligrosa secta dedicada a hacer sacrificios animales frente a las sedes, obviamente debíamos tener un lenguaje críptico… Bromas aparte, dicho así hace reír, pero cada una de estas ingenuidades ha sido un elemento que ha alimentado una narrativa tóxica que, francamente, no merecíamos en absoluto”.

¿Hay algo más de lo que se arrepienta?

“Sí, hay algo que me importa especialmente y quiero decirlo, si me lo permite. Imagina a un joven docente de veinticinco años o un poco más, recién graduado, que bromea al final de un curso con alumnos de diecinueve o veinte años. Es fácil imaginar cuántas ‘frases malinterpretables’ pudieron haberse pronunciado en los primeros años de actividad en la empresa, frases que seguramente pueden haber herido – comprensiblemente – la sensibilidad de alguien, y creo que la empresa debe disculparse incondicionalmente con esas personas, y de hecho lo ha hecho sinceramente con cualquiera que haya tenido la fuerza y la franqueza de señalar esta posible no conformidad. Lo que quiero decir es que lo que para alguno de nuestros jovencísimos colaboradores era una broma inocente, pudo haber ofendido a algún cliente en el pasado, y miembros de nuestro personal, dispuestos a ayudar a otros jóvenes con dificultades en el estudio, apenas un poco más jóvenes que ellos, han mantenido también conversaciones al límite de lo privado, o excesivamente informales, arriesgándose a transformar una relación profesional en una relación ‘de amistad’, algo que puede prestarse a malentendidos y que de todos modos no es ni correcto ni funcional para ofrecer eficazmente un servicio de formación donde la relación entre docente y alumno debe estar lejos de cualquier sospecha de excesiva ‘familiaridad’. Con el tiempo, este aspecto se ha corregido con una formación adecuada: no estoy diciendo que un docente no pueda después del curso ir a tomar una cerveza con los alumnos, pero el perímetro de estas relaciones profesionales debe estar bien claro y delimitado, precisamente para evitar caer en algún malentendido. En cualquier caso, la dirección de la empresa y todo el equipo han crecido, madurado y tomado conciencia de estos temas, pero no solo: la crítica también ha sido un punto de partida para la mejora.

Por ejemplo, recuerdo bien cuando un alumno nuestro comunicó haber escuchado de otro miembro del personal frases a veces vulgares, acompañadas de actitudes que podían denotar prejuicios – esa era la percepción de nuestro colega – hacia la comunidad LGBTQ+. Tomamos conciencia de ello y pedimos al equipo que reflexionara al respecto, y en nuestro Código Ético empresarial se incluyó también – algo obvio, pero antes de esos hechos no ‘codificado’ – la necesidad de respetar firmemente esas identidades y sensibilidades. Posteriormente, la empresa organizó y financió para todos los colaboradores un curso sobre DEI – Diversidad, Equidad e Inclusión – para sensibilizar aún más profundamente a todo el equipo sobre este tema. A mí me gustó mucho esto: es la confirmación de que no somos perfectos, pero sí mejorables, y que la empresa es una entidad en continuo – y espero positivo – cambio”.

¿Cree que todavía hay margen de mejora?

“Creo que cuando deje de haber margen de mejora, la empresa estará muerta. Siempre existirá, muy simplemente. Una vez establecidas las líneas guía, de hecho, hay que asegurarse de que todos las conozcan, las respeten, y que cuando esto no ocurra por cualquier razón, se actúe con prontitud y se haga todo lo posible por formar y educar a las personas, y optimizar sistemas y procedimientos. Pero creo que estos procesos afectan a cualquier grupo humano, y sigo convencido de que esta disposición a mirarnos por dentro, a dejar que nos miren por dentro, a admitir nuestras carencias, y a actuar concretamente para resolverlas, es una demostración, permítanme decirlo, de buena fe: también por esto he encontrado ciertas acusaciones que hemos recibido en línea humillantes, no genuinas y francamente injustas. Pero miramos hacia adelante con optimismo: tenemos más de 50 sedes activas en 6 países, y este proyecto creo que apenas está comenzando”.

La “cabeza” de Genio Net: el punto de vista de los directivos de la empresa y la cultura del error

Massimo De Donno, Presidente de Genio Net, es también uno de los más conocidos expertos en estrategias de aprendizaje en Europa, autor de éxito del grupo Mondadori. Y no tiene medias palabras para describir lo que ha ocurrido: “Los grupos y personajes anti-sectas parecen querer ‘salvar el mundo’ con su cruzada contra los movimientos sectarios, pero en realidad tienen una actitud meramente destructiva, y su propaganda, especialmente la online, se ‘funde’ con el deseo de chismes y acusaciones sin fundamento, sin realizar ninguna verificación, típica de las redes sociales, que son ecosistemas digitales de ‘linchamiento fácil’.

De Donno, sin embargo, adopta una actitud positiva, subrayando cómo lo ocurrido ha sido útil para consolidar lo que define como la “cultura del error” en la empresa:

“Todo empresario sabe que lo más importante en su empresa es el capital humano: las empresas pueden volverse realmente productivas cuando las personas que trabajan en ellas están entusiasmadas y convencidas de pasar parte de su tiempo intercambiando valor con los clientes. Crear un ambiente donde las personas sientan que pueden desarrollar al máximo su talento y creatividad, donde tengan ganas de lograr algo por lo que realmente vale la pena esforzarse tanto, no es nada fácil, pero es muy importante. Y es algo que a menudo me reconocen otros empresarios que – cuando conocen a un trabajador de Curso Genius, un instructor, un preparador personal – encuentran seres humanos excepcionales que tienen muy clara cuál es nuestra misión empresarial, es decir – como escribimos y decimos en todas partes – volver a enamorar a las personas del estudio. Se dice que ‘se aprende de los errores’, y el error forma parte del proceso natural de aprendizaje, en cualquier ámbito. Así que el error en sí mismo no es un problema: equivocarse es absolutamente normal, quien nunca se equivoca, simplemente es porque no hace nada.

Para nosotros – prosigue De Donno – ha sido fundamental transmitir a todo el equipo esta ‘cultura del error’ demostrando a quienes se equivocan que nunca hay un juicio o una crítica hacia el error en sí, si hay un juicio o una crítica es sobre cómo se reacciona a ese error, en el peor de los casos ocultándolo, no asumiendo la responsabilidad o haciendo como si nada. Si, por el contrario, frente al error la persona comprende y acepta que lo ha cometido, toma conciencia, se responsabiliza, y empieza a preguntarse cómo y qué puede aprender de ese error para que no se repita, esto es fantástico: esa es una persona que ha salido de la película de tener que demostrar que es perfecta.

También por esto en los últimos años – 2022, 2023 y 2024 – hemos iniciado y llevado a cabo varias ‘encuestas’, algunas con el apoyo de entidades de verificación externas, para controlar la calidad del clima interno entre los colaboradores, el grado de satisfacción de los clientes en relación con la actividad de Genio Net en general, y también más específicamente la opinión de los alumnos que han participado en nuestro curso motivacional ‘Eagle’, que es bastante exigente y desafiante: los resultados se han publicado en línea, accesibles para cualquiera, y los aportes han sido muy útiles para mejorar aún más nuestra oferta formativa.

Según mi opinión, en la base del éxito de las propuestas de Genio Net – precisa De Donno – también está esta actitud abierta a las críticas, que son un potente motor de cambio. Lo cual se traduce en un clima que se siente, se percibe al entrar en cualquiera de nuestras sedes: las personas están felices de estar allí y son personas que no tienen miedo de enfrentarse a nuevos retos, tienen entusiasmo por lo que hacen, y son miembros de un equipo que, aunque enseñan, también les encanta aprender, y claramente han hecho las paces con el hecho de no ser perfectos y de no tener que demostrar nada a nadie en ese sentido. Cuando nos equivocamos, tenemos la capacidad de pedir disculpas, porque realmente sentimos que lamentamos no haber satisfecho todas las expectativas de alguien, pero esto siempre es un estímulo para preguntarnos cómo hacerlo mejor, para mejorar más. Esto es lo que también le ha sucedido a toda la organización empresarial: la Genio Net de hoy, no tiene nada que ver con la misma empresa de hace 10 años, o incluso de hace solo 5 años. El proceso de cambio ha sido continuo, y además aún está en curso, porque una empresa es como una persona, es un organismo vivo, que está en cambio constante”.

“Una última cosa – concluye De Donno – quisiera añadir: precisamente porque hemos sido víctimas de campañas de desinformación que han aprovechado la actitud superficial y suspicaz y la incapacidad de ‘distinguir’ de una parte de la población, todos indicadores típicos del analfabetismo funcional, después de estos eventos siento nuestra misión empresarial, paradójicamente, como fortalecida: nuestro objetivo es ‘reavivar la inteligencia de las personas’ a través de proyectos que puedan redescubrir el extraordinario placer del aprendizaje, llevamos años comprometidos en hacer que los estudiantes sean más capaces, productivos y dotados de un método de estudio personalizado, pero hoy estamos aún más motivados para contrarrestar los efectos devastadores de las campañas de fake news que se basan en mecanismos destinados a hacer que los lectores sean ignorantes, asustados y carezcan de una verdadera capacidad de juicio crítico”.

En conclusión: ¿qué dice la ciencia sobre Genio Net?

Ninguna investigación digna de este nombre tendría sentido sin concluir dando la palabra a la ciencia, porque de esto hablamos cuando entramos en el fascinante mundo del aprendizaje, los estilos cognitivos y el rendimiento cerebral.

La bibliografía científica que utilizan los formadores de Genio Net es imponente, y también son interesantes las investigaciones publicadas y presentadas con la AIRIPA, la Asociación Italiana para la Investigación e Intervención en Psicopatología del Aprendizaje, pero quizás lo más interesante a destacar es que desde hace años Genio Net colabora con un equipo de investigación coordinado por el primer Investigador del CNR de Turín, el Dr. Ing. Massimo Arattano. El CNR es la institución científica más prestigiosa de Italia y, según la revista científica Nature, se clasificó en 2018 en el décimo lugar entre los entes públicos de investigación más innovadores del mundo por número de artículos científicos publicados.

Los profesores de Genio Net profundizan en las investigaciones y siguen los cursos de los investigadores del CNR para poder aprender de primera mano y hacer suyo el uso de los “fundamentales del aprendizaje”, como los define Arattano, es decir, esos gestos cognitivos que – repetidos por cada uno de nosotros – pueden decretar el éxito en el campo del estudio, y para poder ofrecer consecuentemente a los participantes de sus cursos el máximo apoyo posible en esta dirección.

“Los cambios obtenidos son extraordinarios”, escribió Arattano en una reciente entrevista. “En una videoentrevista realizada con Vittorio Bartolini, instructor responsable de la Sede de Genio Net de Brescia, documentamos un ejemplo del profundo cambio que los Fundamentales del aprendizaje pueden suponer para una persona. Un cambio que puede transformar completamente la actitud hacia el estudio y permitir conquistar extraordinarias capacidades de comprensión y aprendizaje. Si una chica con las graves dificultades iniciales que se describen en la entrevista, gracias al uso de los fundamentales del aprendizaje, ha conseguido superarlas completamente en pocos meses de estudio, realmente todos pueden lograrlo. A ella, este enfoque le permitió aprobar el examen de admisión a los cursos de grado en enfermería, clasificándose entre los primeros 200 candidatos de un total de 3000 participantes, para luego obtener una media de 28 sobre 30 en su primer año de estudios”.


Imposible, finalmente, terminar el análisis de un caso de estudio de extremo interés como el de Genio Net y la campaña de black-PR que ha tenido que gestionar, sin leer algunos testimonios entre los muchos disponibles en línea de alumnos y certificados por una Asociación de consumidores, verificando el documento de identidad y el expediente universitario de quienes los han proporcionado, así como también de profesores o miembros de las instituciones; pero en particular, nuestra atención se ha centrado en el punto de vista de los padres, que han aceptado tomar la palabra, con un enfoque maduro típico de su edad y experiencia, en relación a la empresa misma y a los contenidos de los cursos en los que han participado sus hijos, confirmando que la organización está muy lejos de ser una “máquina de hacer dinero manipulando a ingenuos jovencitos”:

Roberta Balduzzi: “Habiendo aprendido esta manera de abordar el estudio, seguramente [mi hija] ha ganado tiempo para sus relaciones y para sus actividades. En consecuencia, también ha tenido una mejora en otros aspectos, además del escolar. Yo la he visto con más tiempo para ella y también para la familia misma, por lo que si hay algo que hacer está presente, menos estresada, menos tensa”.

Lilly Giglia: “Los resultados que hemos visto mi marido y yo viendo solo la participación en las aulas de estudio y los webinars han sido increíbles. Nos hemos quedado muy muy impresionados, principalmente por un cambio en el enfoque del estudio, especialmente para una de nuestras dos [hijas] que tenía un enfoque algo negativo respecto a la cantidad y la dificultad de los deberes. Esto se traducía también en un estrés familiar, obviamente, porque se sabe que los padres que se preocupan por el rendimiento escolar de sus hijos se ven afectados por el estado de ánimo con el que los hijos afrontan el estudio. Había momentos de tensión […]. Con nuestra grandísima sorpresa, a través de estas aulas de estudio y estos webinars hemos visto resultados realmente excelentes y esto nos hizo decidir invertir el dinero para que luego asistiera al curso […]. En lo que a mí respecta, pienso que lo mejor que podemos hacer como padres es invertir en su futuro”.

Patrizia, madre de dos hijas que han participado al Curso Genius: “[mis hijas] Han tenido muchos menos problemas no solo en el estudio, sino también en los exámenes. Es decir, en el trato con los mismos profesores. Una de las dos chicas se interesó por el entorno y quiso continuar también con la Soft Skills Academy y he notado cambios personales en ella muy positivos. ¡Muy importantes también! Seguro que para ella ir a los exámenes ha sido mucho más sencillo y a nivel familiar es mucho más abierta”.

Massimiliana, madre de una alumna que ha participado al Curso Genius: “Mi hija era una chica, una jovencita, muy cerrada, muy introvertida. Nunca hablaba con nadie, tenía una actitud muy cerrada. Desde que asiste a Genio y a la SSA, ha florecido. En las relaciones se ha vuelto maravillosa. Grandes satisfacciones para ella y también para nosotros, su familia. Obviamente, ahora estamos muy tranquilos porque la vemos así y sobre todo estamos tranquilos por el ambiente en el que está creciendo”.

Porque en el fondo – al margen de las clamorosas y desconcertantes manipulaciones de la realidad que hemos documentado en esta investigación – esta es la voz que más cuenta, la opinión de los alumnos del Curso Genius, que han puesto los pies en esas aulas, y sobre todo la de sus padres: poco más podría tener más peso que esto a la hora de determinar con honestidad intelectual el perfil ético de una organización.




CAN FAKE NEWS DESTROY BRAND REPUTATION? THE ‘ANTI-CULT CULT’ AND THE ‘GENIO NET / GENIUS IN 21 DAYS’ CASE

Fake-news, analfabetismo, sette, Genioin21giorni.

The original article in Italian is available at this link

Following the success of our recent nationwide investigation into BioOn, the green start-up for biodegradable plastic that once reached a market capitalization of over one billion euros on the Milan Stock Exchange, only to be destroyed by malicious financial speculation—including a fake news video designed to incite market panic and profit from the stock’s collapse—and our investigation into the clash between the Milan Prosecutor’s Office and the Milan City Council over urban regeneration projects, where hundreds of works were halted and billions in damages occurred due to the false and debunked news of unclear relationships between public administrators and builders, we now turn our attention to this new analysis—broadening the focus on the topic of misinformation—to the issue of corporate reputation being jeopardized by fake news and Black PR campaigns. We will specifically examine—among other cases—the situation of the multinational learning company, Genio Net, the well-known training enterprise whose business continuity has been seriously compromised due to a campaign of defamation and online hate. However, as we will see, this matter is part of a broader and, in certain aspects, more disturbing phenomenon.

Are fake news related to functional illiteracy?

According to many studies, the answer to this question is YES, but let’s break it down and first define the profile of a functional illiterate: while a completely illiterate person is unable to read or write, a person affected by functional illiteracy, on the other hand, has a basic level of literacy (they can read and write, express themselves with varying degrees of grammatical and stylistic correctness, and perform simple arithmetic calculations). In short, they can understand the meaning of individual words but struggle to achieve an adequate level of comprehension and analysis, and cannot connect or correctly interpret content within the context of a more complex discourse. What does this have to do with fake news?

According to the Ital Communications-Censis report “Misinformation and Fake News in Italy: The 2023 Information System Put to the Test by Artificial Intelligence,” 20.2% of Italians believe they lack the skills to recognize fake news, while 61.1% think they only partially have these skills. Even more concerning is the fact that 29.7% deny the existence of fake news altogether and believe that we shouldn’t even talk about it, instead—often with a barely concealed tone of conspiracy—suggesting that we should talk about “true news that is deliberately censored by the media” (!). This means that nearly 1 in 3 Italians not only doesn’t know how to protect themselves from the problem but isn’t even aware that it exists.

In practice, what can happen is that an unverified piece of news is circulated by someone who hasn’t been responsible enough to check their sources. This news is then not critically evaluated by the reader, who, in most cases with good intentions, further spreads the false information.

The proof? How many times have we heard the phrase, “I shared it just in case; you can decide if it’s true”?

Moreover, the phenomenon of fake news has been causing significant turbulence in the business world for some time now. “Fake news besieges brands and puts their reputation at risk,” headlined the renowned Giampaolo Colletti in Il Sole 24 Ore recently. Just a few months ago, shares of the pharmaceutical giant Eli Lilly dropped a significant 4.37% after a fake Twitter account impersonating the company, which operates in the insulin business for diabetics, spread the news that the product would be distributed for free by the government. Starbucks, on the other hand, found itself in the middle of an online hate storm after some fake accounts circulated on social media the news that the company would distribute free frappuccinos to undocumented immigrants.

Sometimes, therefore, fake news “benefits” someone: they are deliberately constructed and can even take the form of well-organized defamation campaigns.

What is a “black propaganda” campaign?

The mechanism described above is often fueled unconsciously. However, there are rarer cases where someone might benefit from the spread of fake news.

Luca Poma, a respected author in our editorial team and Professor of Reputation Management at LUMSA University in Rome and the University of the Republic of San Marino, who has recently been closely involved with the case study we are about to discuss, described a “black PR” campaign, or black propaganda, in one of his analyses as follows:

  • a hidden source spreads defamatory news and lies about a certain organization among the public;
  • this news may be entirely fabricated, but very often it will be exaggerations of true events or artificially distorted conclusions that, although based on a few true facts, are tendentiously exaggerated to paint an overall non-existent scenario;
  • the campaign puts the organization under severe stress, as it not only fails to understand where/who the source of the attack is but also cannot comprehend the reasons behind it. Such a campaign ultimately undermines the business continuity and reduces the organization’s ability to generate revenue and create value;
  • since the campaign is often based on a small portion of true facts, it causes the organization to “withdraw,” becoming a victim—acting in good faith—of its own feelings of guilt (“We know we’ve made some mistakes, but could they have been this serious?”). The organization then, incredibly, reduces its own license to operate, its scope of action, and its influence in the market (…)

In short, by decontextualizing reality or taking real events and exaggerating them, any person or company could become a victim of such attacks: normal errors in customer management can be turned into “fraud”; the dissatisfaction of a former employee, perhaps who has moved to a competitor, becomes “exploitation of people”; a former employee dismissed for valid reasons becomes a “victim of a toxic system,” and so on.

A typical case of a “black PR campaign,” which has been written about and even discussed in a university thesis, is that of the company Genio Net, which markets the training course for students called Genius in 21 days. Let’s briefly review what happened.

The “Genius in 21 days” Case

Genio Net is an Italian company operating in six countries (Italy, Spain, Switzerland, England, the USA, and Ghana) that offers training courses to accelerate learning for both students and professionals. The most well-known of these courses is called “Genius in 21 days,” a name chosen for marketing reasons, as it is also the title of a best-seller written by two of the company’s founders and published in 2012 by Sperling & Kupfer (Mondadori Group).

The company is a partner of TuttoScuola, the leading magazine in the sector in Italy, where it offers free training to teachers and school administrators to help them pass competitive exams. Additionally, it collaborates with the magazine on projects aimed at combating school dropout rates.

Genio Net has been collaborating for years with a team of researchers from the CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche (National Research Council), who train the company’s own instructors (here is a report from the RAI scientific news program “Leonardo” that explains the purpose of this collaboration). The company also offers courses to the State Police Union and the Italian Finance Police, with whom they have agreements.

The scientific coordinator of Genio Net is Emilia Costa, former head of the 1st Chair of Psychiatry at the University of Rome “La Sapienza” (here is her resume) and author of numerous scientific publications. The company itself has conducted various studies on the effectiveness of its “personalized study method,” which have been presented at several conferences of AIRIPA—the Italian Association for Research and Intervention in Learning Psychopathology.

In 2019, Genio Net also established an external and independent Ethics Committee, composed of experts and specialists and coordinated by a notary. This committee has the authority to inspect the company’s customer service practices and ensures that any customer complaints regarding potential non-compliance are addressed and resolved by the company in a timely and appropriate manner. The Ethics Committee publishes its own report online every six months.

So, what could a company like this, which has also enjoyed favorable national press coverage, have to do with a “dangerous psycho-cult“?

In theory, nothing. However, this company has been the target of a rather curious attack: someone—whom we will identify during this investigation—has accused it of being nothing less than a cult: gurus, brainwashed followers, estrangement from families, and abusive cult practices. These are not only defamatory and offensive labels for anyone but are also capable of seriously undermining the business continuity of any economic organization.

But let’s take it step by step and understand how such accusations—no matter how fanciful—can turn into a devastating prejudice for an entire business organization. We asked Germano Milite, the founder of Italy’s most important and visible “anti-scam” community, for his insights.

The Perspective of the “Anti-Fake-Guru” Community and Digital Reputation Experts

Germano Milite is a journalist and one of Italy’s most influential experts in the fight against scams and “fake gurus,” a term popularized by the community he created, Fufflix. The ecosystem coordinated by Milite—carrying out a vital social utility role—relies primarily on the participation of approximately 60,000 people in its digital community on YouTube, Twitch, and Facebook. These members, when necessary, report possible misleading advertisements, unfair commercial practices, Ponzi schemes, or outright scams, with a focus on protecting the interests of citizens. The reporting system is filtered by the editorial team, which decides which posts to approve, thereby facilitating debate and commentary on the various social pages. From these posts, editorials, investigations, interviews, and testimonials emerge, which also serve a deterrent function: being called out by Fufflix often means “not having acted correctly,” according to the founder’s words. Fufflix is also an active protection system: the platform has secured hundreds of thousands of euros in refunds from alleged “gurus,” extrajudicially, thanks in part to collaboration with qualified lawyers.

Milite explains how these tools work:

“Fuffapedia.com and Fufflix have a search engine where you can enter the name of the trainer or service provider you want to check, and you’ll receive results from verified sources, not from Google, where the presence of paid advertorials on the one hand, or unsupported accusations on the other, can unfortunately distort the perception of the scenario related to any interlocutor.”

However, Fufflix is also a useful indicator for reflecting on the opposite scenario, that is, on those who impulsively label practically any training offer as a “scam.”

“It is inherent in human nature,” Milite stated, “to be impulsive in words and reactions. So, even out of ignorance, terms like ‘scam’ or ‘scammer’ or similar may be used inappropriately and lightly, without realizing that in theory, and also in practice, such terms should not be used unless a person has been convicted with a final sentence. You should be precise and say, ‘Germano was convicted of that crime ten years ago.’ This logic, in my view, is absolutely correct, also because if Germano was convicted ten years ago, but has served his sentence, repented, and rehabilitated, and has not reoffended, it is not fair to label him negatively ‘for life.’ We are emotional beings, and we often speak from the gut, not from the head.”

Milite also addresses the issue of social platforms that exacerbate this phenomenon of easy labeling, which can sometimes defame business operators for any reason that draws the attention of their community:

“If I have to accuse someone face to face, it’s harder to do; saying certain things to someone’s face carries weight, and maybe we think twice. Online, however, in thirty seconds I can write the worst things under any advertisement, underestimating the impact that comment—which could be read by thousands of people—might have. We feel the need to ‘give our opinion,’ sometimes overstepping the bounds of moderation. This is a typical mechanism of social networks: we don’t realize the damage we can cause.”

On the generalization and populism that often characterize certain online debates, Milite is clear:

“Maximalism never brings anything good because if we want to sensibly fight specific phenomena, we need to be precise and concrete. There’s a lot of trash online, and the temptation to label everything as a scam is strong, I understand that, but we need to learn to distinguish between aggressive advertising for a service that has content and that which is truly deceptive or sells worthless products at high prices.”

Matteo Flora, a well-known professional and influencer in the Italian digital world, recently interviewed by our outlet, responds to Milite:

“The problem is that the gatekeeper is dead,” says Flora. “Gatekeepers have traditionally been those entities responsible for standing between the user who consumes news and the news itself: generally, in the past, these were journalists. This role prevented just anything from reaching the newspapers and ensured that only selected content, also based on the quality of the news, was given space. With social media, this no longer happens. This isn’t necessarily a bad thing, but one negative consequence is defamatory attacks, black PR, and media lynching. In reality, today, anyone can, with very little effort, publish content or—anonymously or falsely—claim: ‘I am the most famous psychotherapist in the world, and I tell you…’, and it’s also become easy to buy exposure on thousands of different blogs, whether it’s ‘CookingwithFriends.com’ or ‘FinanceandHorses,’ and gain visibility. The problem is that as gatekeepers ‘died’ or lost importance, users have become unaccustomed to seeking quality sources. The result is that ‘The Dashing Reporter,’ or ‘Yesterday, Today, and Tomorrow with Rabbits,’ and ‘The Funny Gazette,’ in people’s minds, have the same validity, making it much easier to push the circulation of a news story. Perhaps a false one.”

Can this affect a company’s reputation, damaging it? Flora has no doubts:

“Yes, because reality is a ‘socially negotiable’ subject. There is no single concept of reality, but rather what a large number of people describe as ‘reality.’ And if you manage to convince a sufficiently large number of people within a specific group, within a certain interest group, that things are a certain way, you are effectively creating a parallel reality, which may become ‘the reality’ for many.”

Kenan Malik shares this view, recently noting in the prestigious Guardian that “in the past, only governments and the powerful could manipulate public opinion by presenting lies as truths. Today, anyone with access to the internet can do it, because the very notion of truth has fragmented.” Malik also recalls the first known case of institutional intervention against fake news: in the 17th century, panic gripped the English royal household because coffee houses had become hotbeds of political dissent, fabricating, among other things, scandalous and false news about the Crown. Charles II then issued a decree to curb the spread of false news, marking the first recorded intervention against fake news.

Colletti in Il Sole 24 Ore also references the Financial Times, which recently launched the Fake Hits campaign, symbolized by the shattered logos of the most well-known social networks, under the headline “Companies struggle to combat fake news.” Colletti also points out that the International Communication Consultancy Organisation (ICCO), a network that brings together 3,000 PR companies across 70 countries, has initiated incisive actions against fake news, even when it harms brands: “In recent years, misinformation has become a threat not only to companies but also to individuals, because in America, 77% of users aged 18 to 25 get their news from social media,” said Massimo Moriconi, President of ICCO Europe.

Up to this point, we have highlighted, through the voices of three key figures in the national and international debate on these issues, the risks of the “drift” from the legitimate debate against scams and frauds, and how reality can be exaggerated and manipulated to generate “hype” or even as a form of personal venting online.

But there is more because some defamation campaigns can—and this is disturbing—also be meticulously planned, as we will soon discover. But first, we need to clarify a key concept in this scenario: what is a “cult”?

What does the cult expert say?

The phenomenon of so-called “cults,” or more generally manipulation for profit or the construction of absolute leadership, is a very serious issue. Dr. Raffaella Di Marzio, president of the LIREC Study Center, is one of the most recognized experts in Italy in this field, both academically and beyond. We asked the doctor what dangers someone faces when they are recruited by a genuine cult group.

“Providing a precise definition of a ‘cult group’ is impossible because the types of groups, let’s call them sectarian, in the sense that they have characteristics of isolation from the outside world and very authoritarian authority, vary greatly. These groups manage to manipulate the people who are part of them in various ways: some of these groups are inspired by some form of religion, while others are secular, where God has nothing to do with it. In these latter groups, the authority leading the group may not even believe in God. However, a common feature of all these groups is the conviction that those inside are right, in the perfection of truth, while those outside are in falsehood and evil. So, in these sectarian and closed groups, those inside are good, and those outside are evil. This creates a ‘inside-outside’ opposition that can be dangerous.”

But the doctor also warns us about a very similar phenomenon but with an opposite sign: the maximalism of those—sometimes for personal interest, other times for a distorted view of reality—who claim to fight against cult movements, possibly without any specific academic expertise, and end up adopting the same manipulative languages and methods.

“I have been dealing with these issues for almost 30 years, and I confirm that, increasingly in recent years, so-called experts on cult phenomena have intensified their activities to denounce ‘cults everywhere’: it’s a form of alarmism that creates a moral panic in society, meaning it generates fear of a very serious phenomenon that does not actually exist. Not because there are no problems related to cult groups, of course there are, but because it does not exist to the extent propagated by individuals truly possessed by the ‘fever’ of denouncing the existence of manipulations, even where none exist. Often these people aim at the wrong target. In a fairly recent publication, a couple of journalists wrote that there are five million Italians ‘in the cult network’. If we consider that, according to reliable data, there are approximately two and a half million people in Italy who are not Catholic but belong to the Muslim, Protestant, Buddhist world, and various new age groups, distributed across about 860 groups in total, saying that there are five million Italians in cults is an absolute statistical nonsense, without any sense. It’s a total invention that, however, is continuously reported by the press.”

Dr. Di Marzio continues:

“Unfortunately, this invention is also propagated within public institutions, where these so-called experts are credited, stimulating parliamentary inquiries and requests for investigations. Those among the parliamentarians, almost always in good faith, who take this data and request, for example, the creation of an inquiry commission on the phenomenon, often do not consider the problem of verifying ‘the source’ of this data. Thus, those who read online the request for an inquiry commission believe that the problem really exists. Serious and adequate verifications are not conducted because if the true source were sought, groups and individuals focused on the ‘war against cults’ at all costs would be found.”

And if someone were to ask these subjects for confirmation of a source or academic certainty supporting their claims, what would happen?

“In these cases,” continues Di Marzio, “systematic actions are taken to undermine the credibility of the person who has expressed a different opinion or raised doubts, which is contrary to pluralism and scientific spirit.”

Could we define these characters as part of an “anti-cult cult”?

“Yes, because within them manifest the same psychological dynamics they attribute to cults: they manipulate information and people to try to prove the validity of their approach, they spread misinformation online, and they violently accuse anyone who thinks differently from them. Paradoxically, they use cult-like methods without realizing the damage they cause to people and sometimes to economic organizations.”

About a month and a half ago, Dr. Di Marzio continues, “I received a call from someone who wanted to share their experience with me. This person had been part of a religious group that, according to them, had sectarian characteristics. At a certain point, disagreeing with certain doctrines, they left and found an anti-cult group where they sought support and help. After about six months within this anti-cult group, during which they gave several interviews sharing their previous negative experience, they received some criticism about the behavior of people in the group. At that moment, they experienced the same type of actions and pressures within the anti-cult group. They contacted me to say, ‘I found in the anti-cult group the same dynamics that I had in the cult I left, so I left there too.’”

It should be noted, concludes the specialist, “that the scientific preparation generally found in those who fight this singular and dangerous ‘anti-cult’ activity is rarely adequate. Some of these people have psychological training and are psychologists or psychotherapists; they deal—often for a fee—with treating people who leave these groups and may be experiencing psychological difficulties. However, at the level of scientific production, field studies, and academic debate, we are at ground zero. They base their theories solely on cases of people who have been ill or suffered abuses (real or alleged), and build their anti-cult theory only on these experiences, prisoners of an enormous self-confirmation bias. Thus, they are not doing science but propaganda. And these anti-scientific approaches can have serious consequences in a democratic country.”

Finally, we asked the doctor what the consequences might be—if any—for those who are incorrectly labeled as “members of a cult group”:

“Those accused of being part of such a group automatically lose the right to be considered credible people. It is assumed that they are brainwashed, and as a result, everything they say loses its value. Even their own experience, which may not be sectarian at all, cannot be referenced because ‘they are manipulated anyway,’ so the ‘cult’ thesis cannot be refuted because any differing element that disproves the accusation is never considered. These easy-accusing individuals feed on their own convictions and deductions, which they are never willing to question, and anyone who says something different from them is labeled as someone who ‘sides with the cults’: which is obviously the maximalist attitude that cults have towards the outside.”

“Let alone the emotional damage suffered by individual people, or the financial and reputational damage when the unfounded accusation is directed at an economic organization like a company. When someone looks for information about a group and finds labels like ‘cult’ or other scientifically nonexistent terms like ‘psycho-cults,’ they are obviously frightened and distance themselves. Moreover, those who initially know little about the organization and see these labels might decide to distance themselves to avoid problems. Leaders who have perhaps worked in the sector for years and achieved positive results see their reputation and work destroyed, and even if they conduct self-analysis and improve their organization, they receive no responses from those who criticize them because the goal of these groups is not to help or improve the situation but, on the contrary, to amplify problems for media resonance.”

If what the doctor says is true—and given her preparation and reputation in the scientific and academic field in this sector, we have no reason to doubt it—here you have, no less than the ‘perfect reputational crime.’

Genio Net’s “Counterintuitive” Reaction to the Attacks: Allowing Internal Scrutiny

The first reaction, well-known and described both in studies and in professional practice, by individuals and organizations targeted by black PR campaigns, is almost always to “retreat,” adopting a defensive stance and often engaging in a somewhat unproductive “tit-for-tat” approach.

When Genio Net was bizarrely but destructively accused online of being a “manipulative group” and a “psychocult,” it chose a different approach, perhaps influenced by a “culture of error” that we will discuss further in this investigation: in response to the accusations, the company contacted one of Europe’s leading experts on sectarian movements and abusive groups (both religious and non-religious), Dr. Pepe Rodríguez, Scientific Director of the EMAAPS study center in Barcelona. Genio Net voluntarily underwent a rigorous examination, lasting several months, to objectively and independently assess the nature, goals, and operational modalities of the organization and its branches. The result of the audit, reported in a detailed written report available online for anyone to review, states that any association between Genio Net’s activities and those of sectarian and manipulative movements “represents an accusation that is completely unfounded and entirely false.” Rodríguez’s position is summarized in a phrase he repeated several times in the extensive final audit report, a phrase that seems to leave no room for ambiguity:

“It can be categorically stated that the company behind Genius in 21 days (Genio Net, editor’s note) does not fit at all, not even slightly, any of the criteria defining the parameters of a cult.”

Dr. Pepe Rodríguez

Rodríguez also suggested that Genio Net take legal action against anyone who improperly uses that defamatory label to the detriment of the company.

And so Genio Net did—but with some surprises.

The “source” behind the accusations against Genius in 21 days

Who is the one who initially promoted the accusation against Genius in 21 days, which led to the rumor that humiliated and distressed the company’s employees and their families, and put an entire business organization at risk of collapse and destruction?

The words of lawyer Massimo Bajma Picit, who has handled this case and sent our editorial office a written testimony, are enlightening in addressing this question:

“The company Genio Net and its representatives and collaborators have been subjected to attacks through multiple media channels, both traditional (press, television) and new media (internet, email, social networks), which, with their uncontrollable dissemination capacity in spreading defamatory messages, potentially capable of damaging the company’s value, have made it absolutely necessary to undertake a vigorous response and prepare a plan to suppress, counter, and prevent these illegal attacks, comparable to a true ‘mud machine’. It is interesting to note how investigations by the National Police have revealed that several aliases attacking and criticizing the company online, through social media posts, comments in various forums, email bombing, etc., were linked to false identities provided by the same Swiss provider, which offers the possibility of creating fictitious identities while protecting the user’s anonymity.”

It is worth asking, why this persecution and what benefits do these individuals or groups gain by labeling many groups as “sectarian” when they are not? On this point, Dr. Di Marzio responds again:

“Often alarms are created when there are personal or group interests at stake: if someone has created an organization to combat cults, the cults must exist, because if they no longer exist, that organization has no reason to be, cannot continue to ask for funds, and cannot continue its activities. So, there are organizational and economic interests involved. This broad circle of experts and consultants thrives on the economic impact created over the years around their activity, and primarily gains personal image returns. These people are perceived by some as saints, as those who ‘save people from cults’, or as victims of cults, something for which there has never been any proof.”

In fact, all these accusations – hostile online threads against Genio Net and its employees and collaborators, blog articles, etc. – seem to have taken the first steps, surprisingly, starting from the declarations – later artfully amplified – of a psychologist, self-styled “expert in sectarian movements”: self-proclaimed as such, since – unlike the learning strategy trainers of Genio Net – she has never published a single scientific study on the subject on which she presents herself as an “expert” (impact index of her name on the main databases: simply zero). The inconsistency of the presumed expert’s CV has already been written about online, in a hilarious piece of work that generated so much irritation in her that it pushed her to complain about it through the courts (but her complaints were archived, complete with a pronouncement by a Judge who did not consider there was anything defamatory in those pages). Net of her utterances on her blog, the only popular work ever published by this alleged expert is a book entitled “Sette e manipolazione mentale” (Sects and mental manipulation”), harshly panned by Prof. Luigi Berzano, member of CESNUR, one of the most famous Italian study centers on the topic of new religious movements: “the structure of the book is devoid of any logical foundation (…) and is vitiated by the total absence of adequate references to the sources (…) while the reconstructions (reported in the book, ed.) are peppered with numerous and serious inconsistencies, partial truths and omissions”.

For the purposes of our analysis, it is sufficient to highlight that there is no evidence that she is a member of the Italian Society of Psychology of Religions (SIPR), which is the national association of psychologists and specialists dealing with sectarian phenomena. She has neither presented any research at the numerous conferences organized by the association nor published any work in scientific journals, peer-reviewed magazines, etc. She claims to hold “numerous non-compliance reports” against the company from former clients of Genio Net (although she has never disclosed any…); on the contrary, she has been reported not only by the company to the Public Prosecutor’s Office, as confirmed by this pro-veritate report, but also, following investigations by the magistrates, she has been prosecuted as a result of other complaints filed by other individuals related to her defamatory campaign (the criminal trial is ongoing as of the publication of this investigation).

Recently, the Italian Parliament has also addressed the issue of sectarianism: a parliamentary interpellation was presented in which a deputy asked the government if it should do more against this phenomenon, surprisingly including Genio Net among the potential “psychocults” (!). Incidentally, the deputy in question was found to be in direct, and perhaps not coincidental, contact with the supposed expert on sectarian movements mentioned earlier.

This individual has also been discussed—sometimes negatively—by the already cited Fufflix community, wich dedicated a specific “Live” session to it as well as a detailed investigation, commenting negatively on its maximalist approach to the theme of sects and its ability to accuse groups of manipulative behavior that do not meet those requirements in the slightest, Live and investigation which we recommend consulting to anyone who wishes to form their own opinion and “weigh” the profile of the public accusers of Genio Net

Furthermore, the President of the Italian Society of Psychology of Religion himself spoke out about this supposed movement of “anti-cult” experts, describing them as “…groups that—proclaiming themselves as ‘anti-cult”—present themselves as champions of institutional religion and defenders of individuals who have been manipulated and their families,” but are in reality “…completely unknown in the international scientific debate, often revolving around the mania of self-promotion by supposed researchers, facilitators, and consultants.”

Thus, these inconsistent attacks, promoted by individuals without any demonstrable academic expertise in the specific field of protection against sectarian groups, have paradoxically also spurred some changes. Let’s examine which ones.

The Crisis: From Danger to Opportunity – What Has Changed Within Genio Net?

As any good crisis management manual teaches, a crisis can also turn out to be an opportunity. This is confirmed by Mirko Romano, who, among his roles at the company, is responsible for customer service—the department that manages client relations and satisfaction levels.

“Since our company had never received any complaints or reports of any kind, initially, when we read the defamatory statements and online accusations, we wondered: ‘Are we really making so many mistakes?’ Of course, every company has a percentage of former clients or employees who are dissatisfied for various reasons, but painting us as a ‘dangerous psycho-cult’ seemed absurd. The truth is that these fierce criticisms and attacks have greatly motivated us; they almost forced us to ‘look inward,’ and this process of self-analysis has been very fruitful. For example, it led us to extensively review and enrich the educational content of our courses, grounding it even more in scientific evidence. But that’s not all. We started a project called ‘Genius at Work,’ meaning that instead of creating an ethical code imposed from above, we conducted extensive group work, asking everyone—regardless of their position in the hierarchy—to contribute to drafting a truly shared values statement, which was ideally applied more effectively because it wasn’t ‘imposed from above.’ Additionally, we established a customer service office to handle any complaints of non-compliance from the outside, and an HR team to analyze those that might come from within the company’s employees. We created an independent Ethical Committee that monitors how the company responds to each complaint and produces a report every six months, which we publish on our website with complete transparency. In summary, the negative external pressure has actually stimulated a significant improvement in how we interact with all our stakeholders,” says Romano.

In seeking confirmation on the issues discussed in our investigation, we contacted the Chair of Genio Net’s Ethical Committee, Notary Alessandra Coscia, for an interview.

Doctor, you have been collaborating on the Genio Net Ethical Committee as an independent professional for several years, along with other qualified colleagues who have alternated in this crucial role for the company. You are responsible, in summary, for monitoring the standard of the customer service, that is, how the company responds to possible complaints or non-compliance reports from clients and former clients, including the timing and satisfaction levels for those who submit the complaints. My first question is: I assume that to avoid conflicts of interest, your work is pro bono; so what motivates you to do it, given that it’s not money?

“I confirm the absolute independence and gratuitousness of my service; I consider it part of those pro bono activities where, as a professional, I can gladly contribute my expertise and the balance and neutrality typical of my notarial profession to serve the students of a company (who are also contractually considered ‘weaker’ by normative definition).”

Each semester, you prepare a report which the company must then publish transparently and accessibly on its website. Approximately, how many registered complaints are sent to your attention every six months, compared to the roughly 2,800 students that Genius in 21 days trains each semester?

“Complaints are generally between 10 and 15 per semester. Of these, around 60% are requests to terminate the contract from people who change their minds and no longer want to complete the training course, for various reasons. The rest are for minor issues.”

Companies are not perfect, but they can improve. Over the years, what is your impression of this company’s willingness to handle complaints of non-compliance and strive to resolve them?

“The company’s willingness to resolve both initial and existing conflicts is usually very high. And—considering the business attention— as an Ethical Committee, we encourage clients and/or potential clients and/or former clients to promptly raise any perceived non-compliance complaints, recommending that they clearly and directly detail what happened, as the Ethical Committee cannot handle anonymous complaints or those made on behalf of others. In any case, our experience confirms that every time there is a complaint, there is also a concrete response from the company to resolve it.”

One last question: not many SMEs have tools like this, an independent Ethical Committee with oversight functions. Do you think the reason might be a reluctance to ‘look inside’ and expose themselves to potential public criticism (or other reasons you consider relevant)? Conversely, could we consider this practice of transparency a ‘best practice’ to be more widely adopted to increase the competitiveness of Italian companies, thanks to strengthening the trust relationship between companies and their stakeholders?

“Any tool aimed at ensuring transparency in the relationship between a company and its clients, which demonstrates attention and willingness to constructively address criticisms or complaints from its users, is worth encouraging. The establishment of an Ethical Committee is undeniably important for an SME, especially when the product offered by the company is not ‘measurable’ in strictly ‘quantitative’ terms and refers to areas such as, in this case, study methods, memorization techniques, or the development of transversal skills and soft skills. Proposals that are aimed at a young audience, precisely because they target teenagers and young adults, require constant attention to ensure that any divergence from corporate Codes of Ethics and practices is quickly addressed, even at the expense of purely economic interests, considering that a good reputation is an irreplaceable business asset.”

Mirko Romano from customer service wants to clarify: “Like any company, we don’t claim to be perfect; we are a group of human beings and we also make mistakes.”

Have you faced criticism in the past?

“Yes,” Romano says, “and the reason is quite simple—and evident to anyone acting in good faith: the people who got passionate about the Genius in 21 days project and the topic of learning, about rekindling people’s love for studying, and who formed the initial core of the company, were talented but very young. The most ‘mature’ among them weren’t even 30 years old, and none of them had experience in a large, structured company at that time. Additionally, the project took off rapidly, in several countries, starting in Italy and then expanding to Spain, Switzerland, the U.S., Great Britain, and now also in Africa, in Ghana to be precise. At that time, these individuals compensated for obvious structural and management shortcomings—many of which they had inherited from those who taught them the trade in previous companies, shortly after completing their training—with enthusiasm. And it’s clear that enthusiasm alone is sometimes not enough.

Over time, we reached a real professional maturity, initiated intensive and challenging training programs, established agreements with top scientific institutions, and in summary, filled various gaps, focusing on many areas that now make the company, in my opinion, excellent in many aspects. I should also mention that the choice to involve renowned professionals with national and international-level resumes to guide the company through this long and challenging process of change management had a great impact. This included asking ourselves: ‘How can we improve? And who could help us improve in this specific area?’

Can you provide some practical examples?

“At first, the company had an unbalanced and wobbly organizational structure, with the best workers mainly taking on two roles: the instructor, who was responsible for the teaching at the site, or the customer service manager. Additionally, the instructor, being responsible for all the teaching, was clearly the most visible figure, the one ‘on stage’. It’s not surprising that a twenty-year-old enthusiast would wonder how to do that job exactly, ask for training to do that and nothing else. This obviously created a strong organizational imbalance, which took years to correct. Moreover, some bad-mouthed critics claimed that the company somehow promoted a sort of ‘idolization of the instructor’. In reality, even though thousands of young people passed through the offices, an instructor was appointed every 2 years, and each year there were about ten people in training to become one. Therefore, the malicious narrative of the instructor on a pedestal as a semi-god is refuted by the facts and numbers. But, as we know, those who want to think and speak badly rarely look at the numbers.

A colossal mistake—fortunately later resolved—was also not measuring the results of students one or two years after completing the course. For structured companies, this is routine, but initially, it wasn’t for us. Today, we measure the persistence of results and whether students continue—if they wish—to apply the study method in their work and life after 3 months, 6 months, 1 year, etc. And it was good that we started this project because in the first round of measurement, we realized there was high satisfaction in the months following the course but decreasing satisfaction in the subsequent two years. This criticism led us to better structure the tutoring service and the training of tutors, which is now handled by internal teachers and external professionals, and goes through our ‘Tutors’ School,’ a training program to become a tutor—and continue being one—with classes, teaching materials, and a final exam. This choice has led to a notable improvement in this statistic, as documented in a study we have published.

Another notable mistake—Romano continues—was undoubtedly poor online communication: we started with the assumption that, since in the vast majority of cases the course had remarkable results, that should be enough. A big mistake, because we know how much ‘perception’ matters. For too long, online spaces were not managed by the company: this created a ‘communication void,’ which anyone filled as they saw fit, not always in a positive manner, even leaving space for quite ‘creative’ fantasies about the company’s actual activities. It is known: what is not well explained can seem ‘mysterious,’ and ‘mysterious’ things potentially inspire distrust. An enormous unintentional misunderstanding that we have, I believe, well corrected in recent years, with testimonials from our students and their parents, interviews with our team of instructors, external collaborators, and also with the production of some documentaries that explain what happens in our courses, both those strictly related to learning and the more motivational ones, like the Eagle.”

“Another aspect that has generated many misunderstandings—and initially wasn’t on our radar—relates to a seemingly amusing issue due to how it was misinterpreted: the language. In our locations, terms like ‘PAV’, ‘loci’, ‘maps’, ‘potentials’, and ‘cartelinos’ were used. Semiotics is a huge topic, and it also touches on everyday communication: the terms I mentioned are absolutely routine for anyone who has attended a course of this type or who has a basic understanding of strategic learning, but they are difficult for many others to understand. Every group that frequents regularly adopts its own language or jargon—whether it’s a group of friends, CrossFit enthusiasts, scouts, or any company in the world. Just think of a conversation between IT experts and nerds, and you’ll get a headache; it’s a completely incomprehensible language. However, some ill-intentioned observers immediately labeled our ‘language for insiders’ in their fanciful online accusations: being a dangerous cult dedicated to animal sacrifices in front of our offices, we obviously had to have a cryptic language… Joking aside, it’s funny when said like this, but each of these ingenuities has fueled a toxic narrative that we honestly didn’t deserve at all.”

Is there anything else you regret?

“Yes, there is something that particularly matters to me, and I want to say it if you allow me. Imagine a young teacher of twenty-five or a bit older, freshly graduated, joking at the end of a course with students who are nineteen or twenty years old. It’s easy to imagine how many ‘misinterpreted phrases’ might have been uttered in the early years of the company, phrases that surely could have hurt—understandably—the sensitivity of some individuals, and I think the company must unconditionally apologize to those people, and indeed has done so sincerely to anyone who had the strength and frankness to point out this possible non-compliance. What I want to say is that what for some of our very young employees was an innocent joke, might have offended a client in the past, and members of our staff, who were willing to help other young people struggling with their studies, just a little younger than themselves, have also had conversations that bordered on the private or excessively informal, risking turning a professional relationship into a ‘friendship,’ something that can lead to misunderstandings and is neither correct nor functional for effectively providing training where the teacher-student relationship should be free of any suspicion of excessive ‘familiarity’. Over time, this aspect has been corrected with proper training: I’m not saying that a teacher can’t go out for a beer with students after the course, but the boundaries of these professional relationships need to be clear and well-defined, precisely to avoid misunderstandings. In any case, the company’s management and the entire team have grown, matured, and become aware of these issues, but not only that: criticism has also been a starting point for improvement.

For example, I remember well when one of our students reported hearing from another staff member sometimes vulgar phrases, accompanied by attitudes that could denote prejudice—this was our colleague’s perception—toward the LGBTQ+ community. We became aware of this and asked the team to reflect on it, and our company Code of Ethics now includes—something obvious, but not ‘codified’ before those events—the need to firmly respect those identities and sensitivities. Subsequently, the company organized and funded a DEI (Diversity, Equity, and Inclusion) course for all employees to deepen the team’s awareness of this issue. I liked this a lot: it confirms that we are not perfect, but we are improvable, and that the company is an entity in continuous—and I hope positive—change.”

Do you think there is still room for improvement?

“I believe that when there is no longer room for improvement, the company will be dead. It will always exist, very simply. Once the guidelines are established, it is necessary to ensure that everyone knows them, respects them, and that when this doesn’t happen for any reason, action is taken promptly and everything possible is done to train and educate people and optimize systems and procedures. But I think these processes affect any human group, and I remain convinced that this willingness to look inward, to let others look inside, to admit our shortcomings, and to act concretely to resolve them, is a demonstration, if I may say so, of good faith: for this reason, I have found some of the accusations we’ve received online humiliating, disingenuous, and frankly unjust. But we look forward with optimism: we have over 50 active locations in 6 countries, and I believe this project is just beginning.”

The “Head” of Genio Net: The Executive Perspective and the Culture of Error

Massimo De Donno, President of Genio Net, is also one of Europe’s most renowned experts in learning strategies and a bestselling author with Mondadori. He does not mince words when describing what has happened: “Anti-cult groups and individuals seem to want to ‘save the world’ with their crusade against sectarian movements, but in reality, they have a merely destructive attitude, and their propaganda, especially online, blends with the desire for gossip and unfounded accusations, without any verification, typical of social networks, which are digital ecosystems of ‘easy lynching’.”

However, De Donno adopts a positive attitude, emphasizing how the events have been useful in consolidating what he defines as the “culture of error” within the company:

“Every entrepreneur knows that the most important aspect of their company is human capital: companies can truly become productive when the people working in them are enthusiastic and convinced about spending part of their time exchanging value with clients. Creating an environment where people feel they can fully develop their talent and creativity, where they are eager to achieve something worth striving for, is not easy, but it is very important. And it is something that other entrepreneurs often recognize when they meet a Genius in 21 days employee, an instructor, a personal coach—they find exceptional human beings who have a clear understanding of our business mission, which is, as we write and say everywhere, to rekindle people’s love for studying. It is said that ‘one learns from mistakes,’ and error is part of the natural learning process, in any field. So, error itself is not a problem: making mistakes is absolutely normal; those who never make mistakes are simply not doing anything.

For us—continues De Donno—it has been crucial to convey this ‘culture of error’ to the entire team, showing those who make mistakes that there is never a judgment or criticism of the error itself. Judgment or criticism are directed at how one reacts to that error, at worst by hiding it, not taking responsibility, or acting as if nothing happened. If, on the other hand, the person facing the error understands and accepts that they made it, becomes aware, takes responsibility, and begins to ask how and what they can learn from that mistake to prevent it from happening again, this is fantastic: that’s a person who has moved beyond the need to prove they are perfect.”

For this reason, in recent years—2022, 2023, and 2024—we have initiated and conducted several surveys, some with the support of external verification entities, to monitor the quality of the internal climate among our employees, the level of customer satisfaction with Genio Net’s activities in general, and also more specifically the opinions of students who have participated in our demanding and challenging motivational course ‘Eagle’. The results have been published online, accessible to everyone, and the feedback has been very useful in further improving our training offerings.

In my opinion, the success of Genio Net’s proposals is also rooted in this open attitude towards criticism, which serves as a powerful engine for change. This is reflected in the atmosphere you feel when entering any of our locations: people are happy to be there, are not afraid to face new challenges, are enthusiastic about what they do, and are members of a team that, although they teach, also loves to learn. They have come to terms with the fact that they are not perfect and do not need to prove anything in that regard. When we make mistakes, we have the ability to apologize because we genuinely regret not meeting someone’s expectations, but this always drives us to ask how we can do better, to improve further. This is what has happened to the entire business organization: the Genio Net of today bears no resemblance to the company from 10 years ago, or even just 5 years ago. The process of change has been continuous and is still ongoing, because a company, like a person, is a living organism in constant change.

“One last thing,” De Donno concludes, “I would like to add: precisely because we have been victims of misinformation campaigns that have exploited the superficial and suspicious attitudes and the inability to ‘distinguish’ of some segments of the population, all typical indicators of functional illiteracy, after these events, I feel that our business mission has, paradoxically, been strengthened. Our goal is to ‘rekindle people’s intelligence’ through projects that rediscover the extraordinary pleasure of learning. We have been committed for years to making students more capable, productive, and equipped with a personalized study method, but today we are even more motivated to counter the devastating effects of fake news campaigns that rely on mechanisms designed to make readers ignorant, fearful, and lacking genuine critical judgment.”

In conclusion: What does science say about Genio Net?

No research of merit would be complete without turning to science, as this is precisely what we are discussing when we enter the fascinating world of learning, cognitive styles, and brain performance.

The scientific bibliography used by Genio Net’s trainers is impressive, and the research published and presented with AIRIPA, the Italian Association for Research and Intervention in Learning Psychopathology, is also notable. However, perhaps the most interesting aspect to highlight is that for years Genio Net has been collaborating with a research team coordinated by Dr. Massimo Arattano, the leading researcher at the CNR in Turin. The CNR is Italy’s most prestigious scientific institution and, according to the scientific journal Nature, ranked 10th in 2018 among the most innovative public research entities worldwide based on the number of scientific articles published.

Genio Net’s instructors delve deeply into research and follow courses from CNR researchers to learn firsthand and adopt the “fundamentals of learning,” as defined by Arattano. These are cognitive gestures that, when repeated by each of us, can determine success in studying. This allows them to offer participants in their courses the utmost support in this regard.

“The results obtained are extraordinary,” Arattano said in a recent interview. “In a video interview conducted with Vittorio Bartolini, the instructor responsible for the Genio Net office in Brescia, we documented an example of the profound change that the Fundamentals of Learning can bring to an individual. This change can completely transform one’s attitude toward studying and enable the acquisition of extraordinary comprehension and learning abilities. If a girl with severe initial difficulties, as described in the interview, has managed to overcome them completely in a few months of study thanks to the use of these fundamentals, truly everyone can achieve this. She used this approach to pass the entrance exam for nursing degree programs, ranking among the top 200 candidates out of 3000 participants, and then achieved an average of 28 out of 30 in her first year of studies.”


It is impossible to conclude the analysis of a case study as intriguing as that of Genio Net and the black PR campaign it has had to manage without reading some of the many online testimonials from students, certified by a consumer association, verifying the identity documents and university records of those who provided them, as well as from teachers or members of institutions. However, our focus has particularly been on the perspective of the parents who have chosen to speak out, with a mature approach typical of their age and experience, regarding the company itself and the contents of the courses their children have participated in, confirming that the organization is far from being a “money-making machine manipulating naive young people.”

Roberta Balduzzi: “Having learned this approach to studying, [my daughter] has certainly gained time for her relationships and activities. Consequently, she has also improved in other areas beyond academics. I’ve seen her with more time for herself and for the family, so when there’s something to be done, she’s present, less stressed, and less tense.”

Lilly Giglia: “The results that my husband and I saw just from observing the study sessions and webinars were incredible. We were very, very impressed, especially by a change in the approach to studying, particularly for one of our two [daughters] who had a somewhat negative attitude toward the amount and difficulty of homework. This also led to family stress, obviously, because it’s known that parents who worry about their children’s academic performance are affected by their children’s attitude toward studying. There were moments of tension […]. To our great surprise, through these study sessions and webinars, we saw truly excellent results, which led us to decide to invest the money for her to attend the course […]. As far as I’m concerned, I think the best thing we can do as parents is to invest in her future.”

Patrizia, mother of two daughters who participated in Genius in 21 days: “[My daughters] have had many fewer problems not only in their studies but also in their exams, including their interactions with the teachers. One of the two girls became interested in the environment and wanted to continue with the Soft Skills Academy as well, and I’ve noticed very positive personal changes in her. Very important ones too! It’s definitely been much easier for her to go to exams, and at the family level, she is much more open.”

Massimiliana, mother of a student who participated in Genius in 21 days: “My daughter was a very reserved and introverted young girl. She never spoke to anyone and had a very closed attitude. Since she started attending Genio and the SSA, she has blossomed. In her relationships, she has become wonderful. This has brought great satisfaction to her and to us, her family. Obviously, now we are very calm because we see her like this, and above all, we are reassured by the environment in which she is growing.”

Ultimately—aside from the glaring and bewildering manipulations of reality documented in this investigation—this is the voice that matters most, the opinion of the Genius in 21 days students who have been in those classrooms, and especially that of their parents: little could weigh more than this when determining with intellectual honesty the ethical profile of an organization.