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Presentazione del nuovo volume “Crash reputation”. 50 (+1) storie di crisi aziendali analizzate da alcuni tra i più apprezzati esperti italiani di gestione della reputazione

Presentazione del nuovo volume “Crash reputation”. 50 (+1) storie di crisi aziendali analizzate da alcuni tra i più apprezzati esperti italiani di gestione della reputazione

Il volume raccoglie case-history di crisi reputazionali realmente accadute, che coinvolgono grandi brand e personaggi pubblici: da Ferragni a Seymandi, da Armani a Nike, da Ryanair a ENI, da Dior a Barilla, da Balenciaga al Gen. Vannacci, e molti altri. Nomi, cognomi, dettagli e dietro le quinte su eventi che hanno messo in discussione l’immagine pubblica, con analisi su quello è accaduto, cosa è stato gestito bene, e quali azioni si sono rivelate efficaci, ma anche ciò che si sarebbe potuto fare meglio.

La reputazione è senza dubbio il principale asset intangibile per qualsiasi organizzazione – che si tratti di un’azienda, un’ONG o un’istituzione pubblica – così come per qualsiasi individuo, sia esso un politico, un artista, uno sportivo o un influencer. Questo dato di fatto è supportato da una solida letteratura scientifica e da migliaia di case study concreti. Non si tratta semplicemente di immagine, un concetto spesso effimero legato alla pubblicità e al marketing, ma di una reputazione autentica, costruita nel tempo, fondata sull’identità e sulle azioni reali, piuttosto che sulla narrazione, spesso agiografica, di sé stessi.

Le crisi reputazionali sono sempre più frequenti e possono colpire chiunque: aziende, professionisti, personaggi pubblici o politici, indipendentemente dalla dimensione del business e dalla sua “esposizione” sui mass-media. Anzi, paradossalmente, realtà pressoché sconosciute al grande pubblico finiscono spesso sotto i riflettori proprio a causa di una crisi reputazionale scatenata da fattori interni o esterni alla loro attività principale,

Questo è il contenuto dell’ultimo lavoro di Luca PomaProfessore di scienze della comunicazione e reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, nonché tra i più apprezzati esperti in gestione della reputazione nel nostro Paese, che viene presentato in tutta Italia con un ciclo di incontri, i prossimi in programma a Roma (4 marzo) e Milano (6 marzo).

Nel corso degli anni Poma è stato coinvolto da istituzioni pubbliche, banche e team di avvocati di primo piano, in alcune tra le più note gestioni di crisi reputazionali, nel nostro Paese e non solo: il libro, scritto in collaborazione con Giorgia Grandoni e Alessio Garzina, illustra 50 storie di crisi reputazionali realmente accadute – più una, scritta dall’AI, a lettore scoprire quale – che variano dal pubblico al privato, dalla moda al mondo informatico, dall’azienda meccanica agli influencer digitali, dal professionista al politico, e riporta in modo circostanziato nomi, brand e retroscena.

“La verità è che quando si parla di reputazione poche cose affascinano il pubblico come tutto ciò che riguarda gli aspetti meno raccontati della gestione delle crisi: scandali, incidenti, emergenze, competizioni sleali tra concorrenti, tutti ingredienti irresistibili per il pubblico. D’altra parte sono gli stessi argomenti che fanno vendere i giornali, anche grazie alla naturale curiosità che suscitano nell’essere umano: in poche parole, noi tutti vogliamo sapere cosa succede dietro le quinte quando le cose si mettono male, e questo – precisa Poma – è esattamente ciò di cui si parla nel libro, con un’analisi dettagliata, tecnica ma comprensibile anche a non addetti ai lavori, di molti casi saliti all’onore delle cronache, nazionali e non solo”.

Lo scopo di questo volume – ha dichiarato la co-autrice dottoressa Giorgia Grandoni, ricercatrice presso il centro studi della start-up innovativa Reputation Management, specializzata in servizi ad

alto valore aggiunto nel settore della costruzione della reputazione e della gestione delle crisi reputazionali – è quello di illustrare i casi in modo trasparente, citando nomi, cognomi e brand, sia riguardo le crisi ben gestite che quelle mal gestite, perché siamo convinti che genuinità autenticità siano valori fondamentali nel processo di costruzione della reputazione, anche se purtroppo questi due principi vengono troppo spesso solo ‘recitati a memoria’ dalle aziende, le quali invece purtroppo, in caso di problemi – aggiunge Grandoni – preferiscono silenziare il rumore di fondo invece che risolvere i problemi nel merito”.

Poma aggiunge: “Con l’avvento delle tecnologie 2.0 e l’affermarsi dell’impatto globale di Internet vale una regola: il solvente universale di una crisi reputazionale è innanzitutto la capacità di saper chiedere scusa, un’azione catartica e un gesto straordinario. L’essere umano come l’organizzazione che sanno farlo hanno ‘la schiena dritta’, sono in grado di guardare l’interlocutore e la audience negli occhi, capire il perché dei propri errori e impegnarsi a cambiare, affinché quanto è successo non accada mai più”.

Il volume vanta una prefazione di Nicola Menardo, avvocato penalista dello Studio Grande Stevens, specializzato in diffamazioni aziendali, e un contributo sulla storia della reputazione di Alberto Pirni, professore di Filosofia morale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.




Presentazione del libro Crash Reputation + talk con autori e ospiti

Presentazione del libro Crash Reputation + talk con autori e ospiti

Giovedì 6 marzo 2025, alle ore 18.00, presso la libreria Mondadori Duomo di Milano, in piazza Duomo angolo via Mazzini, si tiene la presentazione del libro Crash Reputation, seguita da un talk con autori e ospiti.

Falsa beneficienza, scandali matrimoniali, dossieraggio, gravi incidenti, competizione sleale tra aziende, furti di proprietà intellettuale, e altre crisi reputazionali – amplificate dai mass-media e dagli ecosistemi digitali – con il coinvolgimento di multinazionali, politici, sportivi e influencer. Noti specialisti raccontano punti di forza e di debolezza nella gestione della reputazione e appassionanti dietro le quinte su eventi saliti agli onori delle cronache, nazionali e oltre.

Insieme agli autori di Crash Reputation Luca Poma (professore in Reputation management alla Lumsa di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino) e Giorgia Grandoni (ricercatrice del Centro Studi Reputation Management), intervengono Matteo Aiolfi (founder di Espresso Communication), Marco Astorri (founder di BioOn), Nicola Menardo (avvocato, partner Studio Grande Stevens), Mario Resca (presidente di Confimprese e di Mondadori Retail), Carmine Rotondaro (dg di Philipp Plein) e Andrea Soliani (avvocato, partner Studio Losengo Soliani); modera Luca Yuri Toselli (giornalista, direttore editoriale di Creatoridifuturo.it).

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti, previa iscrizione on line. Ulteriori informazioni via email.




Quando la #reputazione va in crisi

Quando la #reputazione va in crisi

La reputazione è un “poligolo”, esordisce Alberto Pirni che cura la prefazione del libro, rimanda cioè a molti significati. Il suo senso, pertanto, necessita di altre parole per essere ben definito. In ultima analisi, la reputazione può essere quindi intesa anche come un “poligono”, con molti lati e molti angoli. L’autenticità, il timore, il rispetto, il riconoscimento, la responsabilità, l’onore, l’affidabilità, infine – quello a me più caro – la dialogicità. Saper parlare a molti.

Pirni, con la parola “dialogicità, dà un nome alla competenza più importante e al tempo stesso più difficile da coltivare e praticare nella crisi profonda che l’umanità sta vivendo: saper dialogare. Che poi è la sfida del nostro mestiere di Relatori Pubblici, o almeno dovrebbe. 

Esiste poi anche l’esercizio archeologico – come lo definisce Alberto Pirni, ovvero il rimando alla etimologia, che è sempre un buon modo per andare all’origine delle parole e alla loro essenza. 

La parola “reputazione” nella lingua greca ha due lemmi: “timé”, tradotto come “onore”, e “eudoxìa”, buona opinione o buona fama. È un passaggio centrale. L’opinione è qualcosa che non prescinde dal giudizio che gli altri hanno di noi e in qualche modo la determina. Accertiamo un dato, lo accettiamo e poi lo approviamo, o meno. Ora, potremmo aprire una lunga digressione su quanto sia importante nella definizione di noi come persone, il giudizio degli altri. Ma quando diventiamo personaggi pubblici – influencer o aziende – il giudizio che gli altri hanno di noi, giusto o sbagliato che sia, ha un peso determinante perché prima o poi si riflette anche nei risultati di business. E quindi “Crash”, il titolo ci sta davvero tutto.

Poma, Grandoni e Garzina analizzano quindi 50 casi di comunicazione di crisi, in cui aziende e personaggi pubblici hanno davvero rischiato di rimetterci la reputazione, quando non lo hanno proprio fatto. Il libro, per ogni caso, mette a fuoco cosa è stato gestito e cosa poteva essere gestito meglio. Un vademecum di cosa fare, fare meglio, o magari evitare di fare. Comune denominatore un grande monito: saper comunicare, anzi, vogliamo dirlo, comunicare.

Crash, reputation è un libro che – insieme ad altri in questa fase- affronta dunque il tema della crisi e della sua gestione, e viene da chiedersi come potrebbe altrimenti in questo tempo dominato dal concetto di “policrisi”, una delle parole ormai entrate nel vocabolario comune e perfino discussa nel World Economic Forum di Davos nel 2023? Un intreccio di crisi che si amplificano l’una con l’altra (economica, climatica, politica) e di fronte alla quale sia gli individui sia le aziende non sono immuni. Sicuramente è anche per questo che i libri sul crisis management e sulla crisis communication fioccano e stanno diventano una fonte preziosa che dovrebbe essere sempre a portata di mano e sulla scrivania di un buon manager. Perché la crisi, ci ribadiscono gli autori nella loro introduzione, quasi sempre si può prevedere e prevenire, o quantomeno si può essere pronti a gestirla. 

Di tutto questo si parlerà il 4 marzo presso l’Università LUMSA di Roma, dalle 16 alle 18, nell’evento “Quanto la #reputazione va in crisi – nuove sfide per la protezione della reputazione nella dimensione della infosfera”.

Dopo i saluti introduttivi di Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, Presidente della Commissione UE al Senato, e di FERPI, interverranno: Paolo Barletta, Founder Gruppo Arsenale, Alessandro Giosi, Ordinario di Economia Aziendale Università LUMSA, Giorgia Grandoni, Ricercatrice Centro Studi Reputation Management, Nicola Menardo, Avvocato, Partner Studio Legale Grande Stevens, Alberto Pirni, Associato di Filosofia morale, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Luca Poma, Professore in Reputation Management Università LUMSA e Francesco Rotolo, Founder Storyfly, con la moderazione del giornalista Yuri Toselli.

Un evento da non perdere, di questi tempi.




IA: era una bolla quella che è scoppiata

IA: era una bolla quella che è scoppiata

Il Re è nudo e l’Intelligenza Artificiale è solo una tecnologia informatica fatta di software, dati e datacenter. Cassandra oggi ne scrive brevemente e, come spesso accade, in retroguardia.

Se non ve ne foste ancora accorti, è perché quello che si è letto e visto in giro non è causato da questioni tecnologiche, ma da qualcos’altro. E quindi della parte tecnologica parleremo semmai un’altra volta.

Dobbiamo infatti passare su un piano diverso e non informatico e considerare il fatto che l’IA odierna sia principalmente un fenomeno finanziario e speculativo. Con il collasso innescato dai cinesi, la cosa è diventata piuttosto evidente.

Fin dall’inizio gli LLM sono stati un prodotto dotato di grande fascino e apparenza, ben funzionanti per risolvere un insieme ristretto di problemi: per esempio elaborare testi e costruire chatbot.

Essendo un prodotto affascinante, potevano essere venduti anche per quello che non erano: venduti per risolvere problemi che non erano in grado di risolvere, nascondendo la loro incapacità drogando i problemi con immense quantità di denaro.

E’ pur vero che – grazie ai miliardi di dollari e ai chilowattora di cui sono stati nutriti – gli LLM sono migliorati al punto che forniscono prestazioni eccezionali… almeno finché si tratta di chiacchierare.

Ma la somministrazione di droga finanziaria è continuata. Si millantava di renderli degli oracoli, dei risolutori di problemi di qualsiasi tipo, a cui si possono porre domande per ottenere risposte vere, non semplicemente affidabili o probabili.

Ripetiamo giusto un’altra volta che gli LLM non sono oracoli e che, per esempio, non sono minimamente in grado di risolvere problemi matematici, anche elementari.

Malgrado questo, legioni di strani individui continuavano (e continuano incessantemente) a propagandarli come tali, anche di fronte a prove e dimostrazioni del contrario. Perché?

Lo scoppio della bolla finanziaria legata all’IA aveva partorito mostri, come la crescita di una piccola azienda informatica come Nvidia ad azienda più capitalizzata del pianeta. Questo accadeva per il solo fatto di non essere in grado di produrre un numero sufficiente di chip per soddisfare una fortissima richiesta (notata la contraddizione?). Ma non poteva essere stabile, non poteva durare.

In maniera andreottiana è molto facile capire perché si è manovrato per creare una bolla speculativa paragonabile a quella delle DotCom, scoppiata nel 2000: per fare soldi. Semplicemente. Da parte di chi? Dei soliti noti del mondo della finanza. In che modo? Fregandosene completamente delle conseguenze.

La fascinazione di una tecnologia nuova, come gli LLM che “parlano”, è stata artatamente usata per creare e ingigantire aziende che erano in realtà entità quasi esclusivamente finanziarie, del tutto simili a quelle che scomparvero il 10 marzo del 2000, quando la bolla di allora scoppiò. E questo sapendo benissimo che si stava creando una bolla che era destinata a scoppiare.

Non è rilevante che siano stati proprio i cinesi a farla scoppiare in anticipo, con la loro startup meravigliosa che ha partorito Deepseek. Lo hanno fatto probabilmente anche per ottenere un vantaggio politico, sfruttando l’effetto Sputnik.

Ma questo non deve distrarre dal valore del gesto della Cina come atto di guerra finanziaria. Nel caso che siate stati su un albero negli ultimi 80 anni, gli imperi si combattono tra loro anche in tempo di pace, anche guerreggiando sul piano finanziario. Per fare questo, non esistono solo i dazi e gli embarghi; è un atto di guerra anche far esplodere le bolle finanziarie quando nessuno se l’aspetta. Vedetelo come un atto di guerra asimmetrica: tecnologia eretica contro finanza. Vedetelo come un evento in cui, per una volta, i cinesi sono i buoni.

Non ci sono dubbi che i 24 indefettibili lettori di Cassandra l’avranno ben seguita in questa esternazione, annuendo vigorosamente. Restano da dire due cose, che sono così certe da rendere quasi disonorevole enunciarle, per una profetessa.

La prima è che la speculazione finanziaria attorno agli LLM e alle magnifiche sorti e progressi dell’IA continuerà nella massima misura possibile, anche dopo essere stata smascherata ancora una volta in maniera clamorosa.

La seconda è che in questo atto di guerra finanziaria i soldi generati dalla speculazione sono andati ai pochi soliti noti; e i capitali persi finiranno certamente, in un modo o nell’altro, a carico dei molti soliti poveracci.




Talk e presentazione del volume “CRASH REPUTATION” – Engage

Talk e presentazione del volume "CRASH REPUTATION" - Engage

Mondadori Duomo – Milano PIAZZA DUOMO ANGOLO VIA MAZZINI MILANO LOMBARDIA 20121 IT

Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria tramite eventbrite

Falsa beneficienza, scandali matrimoniali, dossieraggio, gravi incidenti, competizione sleale tra aziende, furti di proprietà intellettuale, e altre crisi reputazionali – amplificate dai mass-media e dagli ecosistemi digitali – con il coinvolgimento di multinazionali, politici, sportivi e influencer.

Nel talk, noti specialisti racconteranno punti di forza e di debolezza nella gestione della reputazione, e appassionanti “dietro le quinte” su eventi saliti agli onori delle cronache, nazionali e oltre.

Partecipano al talk:

– Matteo Aiolfi, Founder Espresso Communication
– Marco Astorri, Founder BioOn
– Giorgia Grandoni, ricercatrice del Centro Studi Reputation Management
– Nicola Menardo, Avvocato, partner Studio Grande Stevens
– Luca Poma, Professore in Reputation management alla LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino
– Mario Resca, Presidente Confimprese, Presidente Mondadori Retail
– Carmine Rotondaro, DG Philipp Plein
– Andrea Soliani, Avvocato, partner Studio Losengo Soliani

Modera l’incontro Luca Yuri Toselligiornalista, direttore editoriale di ‘Creatoridifuturo.it’
Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria tramite eventbrite 

50 case-history: cosa è accaduto, cosa non è andato bene, cosa si poteva fare meglio
Il manuale pratico per imparare dagli errori (degli altri) a gestire la propria reputazione

Che la reputazione sia il primo asset intangibile per qualunque organizzazione – azienda, Ministero, ONG, istituzione pubblica – come per qualunque personaggio – politico, artista, sportivo, influencer – è ormai fuori discussione, e confortato da una solidissima letteratura scientifica, nonché da migliaia di case-study; e non parliamo qui dell’immagine – concetto “effimero”, legato al mondo della pubblicità e del marketing – bensì della reputazione costruita nel medio e lungo periodo, centrata sulla propria identità, su ciò che si fa concretamente, non su ciò che, troppo spesso agiograficamente, si racconta agli altri di se stessi.
Una crisi, inoltre, può colpire un’azienda, un professionista o un personaggio pubblico, del tutto a prescindere dalla dimensione del business e dalla sua “esposizione” sui mass-media: anzi, spesso realtà industriali pressochè sconosciute al grande pubblico diventano (tristemente) conosciute proprio a causa di una crisi di reputazione indotta da fattori esogeni alla propria attività.
E – quando si parla di reputazione – poche cose affascinano il pubblico come tutto ciò che concerne gli aspetti della gestione delle crisi: scandali, incidenti, emergenze, competizione sleale tra concorrenti … mix di ingredienti irresistibili per il percepito del cittadino comune e dei clienti delle aziende: non a caso, sono gli stessi argomenti che fanno vendere i giornali, anche grazie alla naturale curiosità generalizzata tipica dell’essere umano: in poche parole, vogliamo sapere cosa succede quando le cose si mettono male.
Tuttavia, non sono sempre chiari e ben definiti al grande pubblico i contorni di cos’è una crisi, così come non sembra essere sufficiente il grado di consapevolezza di imprenditori, figure pubbliche o leader di organizzazioni complesse e corpi intermedi su cosa fare quando una crisi reputazionale si verifica. Scopo di questo volume è quindi quello di fornire una panoramica variegata – seppur sintetica, rispetto all’enorme quantità di casi di crisi di reputazione, che ormai popolano le cronache una settimana sì e l’altra pure – al
fine di far comprendere, in modo semplice anche per non addetti ai lavori, i principali errori e, per contro, le buone prassi relative alla gestione della crisi.
La crisi scatena paure tanto fra i pubblici dell’organizzazione coinvolta che all’interno dell’organizzazione stessa. Queste paure sono differenti fra di loro, e talvolta contrastanti. Se consideriamo – per esempio – la presenza in un prodotto alimentare di residui dannosi, le paure dei cittadini e dei clienti sono completamente diverse da quelle dei dirigenti e da quelle delle autorità di controllo: il dirigente teme la perdita di quota di mercato; le banche e i fornitori temono gli insoluti; il consumatore teme di essere danneggiato; il funzionario pubblico teme di essere accusato di scarsa vigilanza; il commerciante teme che il prodotto resti sullo scaffale invenduto; il dipendente teme la perdita del posto di lavoro; il giornalista teme di essere battuto dalla concorrenza nel raccontare con completezza di particolari e tempestività la storia.
Chi si trova di fronte a queste situazioni corre il rischio di essere “paralizzato” nell'azione dalla sua stessa paura di non riuscire a confrontarsi efficacemente con questa pluralità di timori, e con le difficoltà proprie della situazione stessa; spesso la paura del procedimento legale che avrebbe inesorabilmente seguito il fatto pregiudiziale, ha indotto l’azienda a comunicare in modo inadeguato e a chiudersi in se stessa, con il risultato di venire condannata dal tribunale dell'opinione pubblica anni prima di essere assolta in quello
giudiziario, quando ormai i danni – sotto il profilo commerciale, e non solo – erano ormai irreversibili.

Con l’avvento delle tecnologie 2.0 e l’affermarsi della portata globale di Internet, l’impatto locale si fa globale: ad esempio, ciò che viene considerato localmente come un comportamento pregiudiziale per la reputazione, può danneggiare un brand su scala assai più ampia, eventi di per se poco significativi possono essere ingigantiti ad arte da concorrenti e mass-media, e situazioni che poco hanno a che fare con il core-business dell’azienda (si pensi ad esempio alle violenze fisiche o anche loro psicologiche ai danni di collaboratrici e
collaboratori sul posto di lavoro) possono avere riflessi molto negativi sul posizionamento dei brand e sulle vendite. Una corretta gestione delle crisi reputazionali, diventa quindi uno strumento fondamentale per evitare che la professionalità e la dedizione che un manager o un imprenditore hanno profuso per molti anni nella crescita dell’azienda stessa, possano essere vanificate o messe in discussione.
Il volume racconta appunto 50 storie di crisi reputazionali realmente accadute, che vanno dal pubblico al privato, dalla moda al mondo informatico, dall’azienda meccanica al giovane influencer digitale, dal professionista al politico, che fanno chiarezza sul tema del crisis management (come gestire le crisi di reputazione) e della crisis communication, (come comunicarle). Crisi reputazionali come quelle illustrate nel libro possono mettere a dura prova un’azienda e il suo management: da una simile situazione un’organizzazione può venire fuori con le ossa rotte, i conti in rosso e la reputazione sotto i tacchi; ma può anche uscirne rafforzata, scoprire nuovi punti di forza, nuovi alleati, conoscere potenzialità nascoste, dando
prova a sé stessa e al mondo esterno della sua forza e del suo valore. La copertura mediatica tipica di queste situazioni – nei primi momenti di sicuro non positiva – può essere infatti intelligentemente sfruttata dall’organizzazione per comunicare al mondo i propri valori etici e aumentare quindi la propria reputazione.
Paradossalmente, una crisi reputazionale, benché nasca da un evento negativo, se ben gestita può quindi diventare un’occasione per crescere, e per farsi conoscere ed apprezzare come un soggetto responsabile e affidabile.
Occorre infine sottolineare come molte siano le situazioni di crisi aziendale che possono essere efficacemente prevenute, mediante la corretta applicazione dei principi fondamentali del crisis management e della crisis communication, materie tecniche patrimonio di specialisti: ciò che l’imprenditore e il manager saggi dovrebbero comprendere, è che – se è vero come è vero che la buona reputazione aumenta il valore per gli azionisti, e orienta positivamente i comportamenti di acquisto dei cittadini – la reputazione è un bene
da tutelare, ed è meglio agire prudentemente in anticipo, dotandosi di tutti gli strumenti necessari, piuttosto che – per citare l’antico adagio popolare – dover “chiudere la stalla dopo che i buoi son scappati”.