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La reputazione guiderà gli investimenti in comunicazione nel 2021

La reputazione guiderà gli investimenti in comunicazione nel 2021

Il budget complessivo mondiale di spesa in comunicazione nel 2020 sarà di circa 4,2 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 4,8 miliardi del 2019

Perennemente connessi e necessariamente concreti. Monitorano le conversazioni sulla loro azienda, dialogano con giornalisti e blogger, scrivono comunicati stampa, accompagnano i top manager spoke person negli eventi pubblici e in televisione, proteggono la reputazione del brand da potenziali speculatori. In fondo sono in prima linea, anche se spesso dietro le quinte. Ecco l’identikit dei comunicatori aziendali, fotografati come ogni anno dal rapporto “The Influence 100” promosso dalla società newyorkese PRovoke.

Una fotografia prevalentemente statunitense, quella che emerge anche per questa nuova edizione: il 56% dei più apprezzati comunicatori opera nel Nord America, mentre il 24% arriva dall’Europa. Leadership prevalentemente al femminile con il 54% del campione a livello globale. Prevalgono i profili che operano nelle aziende di food & beverage, tecnologia, viaggi e retail. Crescono quelli al lavoro nelle Ong, calano invece nei servizi finanziari e nel comparto industriale. Il budget complessivo di spesa in comunicazione nel 2020 è stato di circa 4,2 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 4,8 miliardi di dollari del 2019. Tra le cause c’è l’epidemia, che ha costretto a rivedere messaggi, investimenti, priorità. Anche se ben 9 comunicatori su 10 hanno dichiarato che non ci sono stati tagli di personale nella loro azienda. Per i migliori 100 comunicatori al mondo la proiezione legata agli investimenti del 2021 vedrà una forte attenzione sulla reputazione aziendale (75%), sulle pubbliche relazioni (66%), sulla gestione dei social media (55%), sulla gestione delle crisi (30%). Molto meno rilevanti le esperienze di influencer marketing (23%) o le classiche sponsorizzazioni (9%).

Le aziende leader

I top 100 hanno individuato anche le aziende che hanno gestito al meglio la comunicazione e la reputazione: in vetta spiccano Microsoft, Walmart, Apple, Google, Starbucks, Mars, Patagonia. Le sfide del futuro hanno a che vedere con la gestione del lavoro in una logica plurale e contemporanea: le restrizioni di viaggio e movimento, la discontinuità con cui le imprese devono gestire la customer experience, l’interruzione del lavoro e gli aspetti di salute del personale. Così il ruolo del comunicatore diventa più sociale e con una responsabilità allargata.

L’Italia nella top 100

Nella classifica è presente anche Ryan O’Keeffe, attualmente managing director Emea di BlackRock e professionista che ha lavorato in Italia come direttore comunicazione global di Enel. Una sola comunicatrice italiana nel rapporto: è Lorenza Pigozzi, direttrice comunicazione di Mediobanca. «La crisi sanitaria ha influito molto anche sotto il profilo della comunicazione. Le aziende hanno necessità di rafforzare le relazioni con i propri clienti e stakeholder e per farlo devono puntare sull’autenticità dei propri valori, sulla coerenza del percorso che hanno intrapreso negli anni», afferma Pigozzi, nata sul Lago Maggiore e oggi basata su Milano, in tasca una laurea in lingue e letterature straniere conseguita all’Università Cattolica e un passato professionale prima in Lazard e poi in Sanpaolo Imi. Nel 2001 l’approdo in Mediobanca, dove ha disegnato da zero la comunicazione e ne ha valorizzato la reputazione anche fuori confine e in nuovi segmenti di business. «In questo contesto che cambia così rapidamente è necessario ripensare le strategie, rimodulare stile e canali, sperimentare, ripensare i processi. Le nuove architetture digitali sono già il nostro presente. La comunicazione ha un ruolo strategico nel successo di ogni azienda e come tale non può essere usata in termini tattici. Il successo di una buona strategia di comunicazione lavora nel solco del Dna di ogni brand, il valore di oggi è costruito sulla storia di ieri», precisa Pigozzi.




Textures, uno sguardo internazionale alla professione

Textures, uno sguardo internazionale alla professione

Allargare lo sguardo su cosa succede nella professione nel mondo. Questo l’obiettivo di Textures, il nuovo servizio settimanale per i lettori di Ferpi.it a cura di Giorgia Grandoni e Toni Muzi Falconi. Ogni uscita avrà sette link con breve spiegazione in italiano e link a testi in inglese e almeno un colto riferimento scientifico.

Spartano, secco, senza frizzi e lazzi. Così Textures, il nuovo servizio settimanale per i visitatori di Ferpi.it – ciascuno è invitato a collaborare segnalandoci spunti e idee a redazione@ferpi.it con oggetto “Contributo Textures” ma anche a diffondere i link preferiti ai rispettivi sistemi di relazione – nasce da una inedita integrazione fra la giovanile, creativa e competente curiosità internazionale di Giorgia Grandoni,iscritta UniFerpi, nonché socia e ricercatrice di Reputation Management Srl, insieme alla paludata ma sempre attenta osservazione continua di Toni Muzi Falconi.

Ogni uscita avrà sette link con breve spiegazione in italiano e link a testi in inglese e almeno un colto riferimento scientifico.

Il mondo cambia ogni minuto e così anche le relazioni pubbliche: lo scopo di questo progetto è di “allargare lo sguardo” su cosa succede nella nostra professione nel mondo. Per una volta e consapevolmente, la pandemia non c’entra anche se inevitabilmente sarà talvolta oggetto di analisi.

Articoli

L’incertezza genera l’ansia. Stati prolungati di inquietudine provocati da eventi critici inaspettati come quelli che stiamo vivendo rappresentano un rischio per la nostra salute. Ma come reagisce il nostro cervello all’incertezza? L’articolo di Axios ci illustra che non è necessario sapere tutto per imparare a tollerare ansia e incertezza.
Per approfondire: Axios, How the brain handles the unknown
#unknown #anxiety #neuroscienze #crisis

Perché è necessario chiedersi un perché? In questo articolo Ben Potter esamina attentamente il nebuloso concetto di “scopo” dell’agenzia e se è davvero necessario.
Per approfondire: Ecoconsultancy, Do agencies really need a ‘purpose’?
#purpose #scopo #corporatepurpose #benpotter

Nelle ultime settimane diverse persone hanno riscontrato problemi significativi rilevando sbalzi d’umore e problemi di salute mentale acuti. Timothy Coombs, afferma che a causare ciò sia il fatto che quando ci si convince di essere sulla via del miglioramento l’ansia del peggioramento aumenta di intensità.
Per approfondire: Wadds Inc., COVID-19 fatigue: Why do I feel so miserable?
#anxiety #crisis #timothycoombs #covid19 #mentalhealt

L’autore (1976) del primo libro in assoluto sulla CSR prende spunto dal disastro della Business Roundtable per indicare possibili vie alternative ed analizzare l’evoluzione della responsabilità sociale d’impresa.
Per approfondire: John Paluszek, In a pandemic, how much corporate social responsibility is enough?
#johnpaluszek #businessroundtable #csr #covid19 #change

Ogni 2/3 anni Richard Edelman conia un nuovo termine per indicare in cosa consiste il suo lavoro. Oggi è action communications, a cui si affianca un nuovo paradigma: Do, Say and Advocate. “Fatti non parole” un appello all’azione che vede il ruolo delle PR diventare la forza che preme verso il cambiamento da parte di aziende e marchi.
Per approfondire: Edelman, Actions communications: our new mission
#change #actioncommunications #action #pr #communicativeactions #Edelman

Ricordate quando un gruppo di quasi 200 amministratori delegati di alto profilo ha annunciato l’anno scorso che stavano ridefinendo gli scopi delle loro attività per dare la priorità non solo agli interessi degli azionisti a breve termine, ma al bene sociale? Parliamo della della Business Rountable, ed Elizabeth Warren ci va giù pesante.
Per approfondire: boston.com, A group of top CEOs pledged to change the way they do business for the common good. Elizabeth Warren says they haven’t.
#purpose #businessroundtable #elizabethwarren #csr #stakeholder #shareholder

Articoli scientifici

Habermas è un colosso del pensiero Europeo delle relazioni pubbliche. In questo articolo, viene illustrata revisione della letteratura bibliometrica di 263 articoli di ricerca pubblicati tra il 1980 e il 2016 dal noto accademico tedesco. Un’analisi volta a consolidare il corpo di conoscenza eterogeneo delle relazioni pubbliche e indicare nuove potenziali direzioni di ricerca. Da leggere e, soprattutto, tenere da parte e consultare regolarmente.
Per approfondire: Journal of communication management, Connecting the dots: A bibliometric review of Habermasian theory in public relations research
#Criticaltheory #Habermas #publicsphere #discourseethics #communicativeaction #metaanalysis #bibliometrics




Green Up ha un “Green Touch” del 68%: corrette prassi gestionali e coinvolgimento della comunità i punti di forza della CSR

Green Up ha un “Green Touch” del 68%: corrette prassi gestionali e coinvolgimento della comunità i punti di forza della CSR

Green Up è un’azienda privata italiana specializzata nel settore dei servizi ambientali

Green Up, azienda privata italiana specializzata nel settore dei servizi ambientali, ha un “Green Touch” del 68% rispetto a un valore massimo del 100%. Il punteggio conferma l’impegno concreto di Green Up nell’adottare comportamenti e modelli di business eticamente responsabili, rispettosi dell’ambiente, dei suoi dipendenti, delle comunità e del territorio in cui opera. Da sempre attenta alla sostenibilità ambientale e sociale, Green Up ha scelto di avviare il percorso di attestazione “Green Touch” basato sullo standard europeo ISO26000 – linee guida che accompagnano le organizzazioni nell’adozione di un approccio responsabile – con lo scopo di identificare i punti di forza, ma soprattutto le aree di miglioramento, nella gestione della responsabilità sociale e ambientale e nel coinvolgimento dei suoi interlocutori. L’attestazione “Green Touch” è stata sviluppata dall’Ente Certificatore RINA insieme alla startup innovativa e società benefit Circularity.

Il percorso “Green Touch” parte con una valutazione iniziale basata su un questionario e sulla raccolta di ulteriori informazioni e dati a supporto. Seguono le audit presso la sedi centrale e le sedi operative della società, con interviste mirate al management e ai responsabili delle diverse funzioni aziendali. Il risultato di questo iter di analisi e valutazione è un punteggio per ognuna delle sette aree tematiche indicate nelle linee guida ISO26000 – Governo dell’Organizzazione, Diritti Umani, Rapporti e Condizioni di Lavoro, Ambiente, Corrette Prassi Gestionali, Aspetti relativi ai Consumatori, Coinvolgimenti e sviluppo della Comunità. Il punteggio globale è quindi ottenuto facendo una media dei punteggi parziali ottenuto nelle singole aree tematiche analizzate.

Punti di forza di Green Up, con punteggi parziali superiori al 70%, sono le Corrette Prassi Gestionali – in termini di trasparenza, rispetto delle regolamentazioni e di policy anticorruzione – e il Coinvolgimento della Comunità – grazie alle numerosi iniziative di Green Up per rafforzare il legame con il territorio in cui opera e a sostegno delle comunità, e dei meno fortunati, che lo abitano.

Le aree di miglioramento identificate dall’attestazione “Green Touch”, con punteggi che comunque non sono mai inferiori al 55%, riguardano il coinvolgimento dei dipendenti e dei consumatori, da realizzare anche attraverso azioni di formazione, informazione e informazione relative alle attività di corporate social responsibility di Green Up.

“Galileo Galilei diceva che si può migliorare solo ciò che si misura. È da questo assunto che siamo partiti quando abbiamo deciso di avviare il percorso di attestazione Green Touch di Circularity. Per Green Up l’attenzione verso l’ambiente e il territorio sono imperativi e ci impegniamo in questi ambiti prima che diventassero di moda, facciamo molto e pensiamo di potere fare ancora di più e meglio. È con questa consapevolezza che abbiamo scelto di misurare i risultati raggiunti seguendo le linee guida della standard europeo ISO26000, sistematizzate nell’attestazione Green Touch che l’ente certificatore Rina ha sviluppato per Circularity. Siamo orgogliosi del rating ottenuto e cercheremo, con impegno e determinazione, di superarlo”, ha dichiarato Flavio RaimondoAmministratore Delegato di Green Up.




Community Index®, per misurare il valore e la qualità dei soggetti comunitari

Community Index®, per misurare il valore e la qualità dei soggetti comunitari

Con l’operazione Community Index® (CI) AICCON intende promuovere uno strumento in grado di osservare e valutare la rilevanza e la qualità della relazione tra l’organizzazione e la comunità di riferimento, quale presupposto per promuovere lo sviluppo integrale del territorio.

L’adozione di questa prospettiva può rappresentare un’ottima opportunità sia per le organizzazioni, che per gli altri stakeholder del territorio – in primis la comunità. Le prime, infatti, possono avere a disposizione un cruscotto di indicatori utili a monitorare la propria missione comunitaria, elemento abilitante per la generazione (e valutazione) di impatto sociale; mentre nel secondo caso, attraverso questa sorta di “termometro”, si potranno valutare le organizzazioni in rapporto alla loro “meritorietà comunitaria” e alla loro imprescindibile dimensione di luogo.

In linea con quanto contenuto dalle Linee guida sull’impatto sociale e con quanto sta emergendo nel dibattito a livello nazionale e internazionale circa una visione maggiormente impact oriented delle modalità  di azione e supporto per gli enti non profit (ma non solo), la nuova prospettiva promossa dal CI intende:

• da un lato, assumere come punto di vista quello della comunità di riferimento nella costruzione di strumenti e indicatori in grado di monitorare lo stato di avanzamento rispetto agli obiettivi prefissati

• dall’altro, integrare la valutazione dei cambiamenti attribuibili ai progetti (e alle attività) dell’organizzazione con l’analisi delle organizzazioni stesse in chiave comunitaria, evidenziando quindi il valore del “soggetto comunitario”.

SCARICA IL CONTRIBUTO




L’informazione ai tempi dei Ferragnez. La lotta alle fake news tra emergenza Covid e influencer

L’informazione ai tempi dei Ferragnez. La lotta alle fake news tra emergenza Covid e influencer

«Ragazzi, vi chiedo una trentina di secondi di attenzione perché devo passare un messaggio molto importante».

Lo scorso 19 ottobre ha suscitato una coda di polemiche il messaggio che Fedez ha affidato a Instagram in cui raccontava di essere stato contattato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. 

«Abbiamo ricevuto una telefonata inaspettata. Siamo stati messi in contatto col presidente del Consiglio che ha chiesto un aiuto da parte mia e di mia moglie per esortare la popolazione, soprattutto quella più giovane, all’utilizzo della mascherina», ha rivelato il rapper.

Qualunque cosa ne pensino i detrattori, la strategia pare abbia funzionato. 

In quella giornata sono stati oltre 18.000 gli articoli, i post, le storie, su Facebook, Twitter e Instagram che contenevano la citazione “usare la mascherina”. Il giorno precedente erano poco più di 10.000. 

Impossibile stabilire una relazione di causa-effetto, ma di certo l’associazione tra i due fatti è molto forte. E fotografa il potere mediatico degli influencer, che si amplifica nelle situazioni di emergenza come quella legata alla pandemia da Covid-19 e che diventa critico se messaggi non validati vengono diffusi in modo irresponsabile. Oggi la voce di un influencer sovrasta quindi quella dei canali ufficiali e della stampa? Come aiutare i cittadini a riconoscere le fonti attendibili durante le situazioni di emergenza e in generale sui temi della salute e della scienza? E come contrastare le credenze infondate o le vere e proprie bufale che circolano sulla rete? 

Sono le domande a cui cerca di rispondere “Informing for Life”, un progetto di comunicazione promosso da Fondazione MSD in partnership con CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) con l’obiettivo di promuovere sul web l’informazione scientifica validata. 

Il progetto è uno dei primi tentativi ad ampio raggio di individuare una risposta organica e condivisa al fenomeno delle fake news scientifiche e della disinformazione in rete, che ha un impatto notevole a livello sociale e sulla Salute delle persone. Nel corso di tre tavoli digitali, giornalisti, ricercatori ed esperti del web si sono confrontati sui percorsi da intraprendere per coniugare sul web rigore scientifico, viralità e trasparenza dell’informazione: dal ruolo di Facebook agli strumenti di verifica delle fonti e delle immagini, ai criteri per il fact checking, negli incontri sono state analizzate tutte le più importanti risorse per dare forza sul web alle informazioni scientifiche validate. 

Nel terzo e ultimo appuntamento, il focus è stato quello di come “dare valore” all’informazione social, anche alla luce dell’attuale pandemia. A marzo, nella fase più acuta, le notizie sul Coronavirus sono arrivate a occupare quasi il 60% di tutta la copertura informativa offerta da TV, quotidiani, radio e internet. L’emergenza Covid è stata un moltiplicatore degli accessi ai canali social: secondo i dati diffusi da Mark Zuckerberg ad aprile 2020, durante il lockdown, in Italia, il tempo trascorso sulle app social sarebbe aumentato del 70% e le visualizzazioni delle dirette su Instagram e Facebook sarebbero raddoppiate. E a fine maggio, mentre diminuiva la copertura da parte dei media, l’incidenza della disinformazione sul totale delle notizie relative all’epidemia veicolate attraverso i social ha raggiunto il 13%. Ma è cresciuto anche l’accesso alle fonti istituzionali: nella prima fase, la pagina Facebook del Ministero della Salute ha fatto registrare un incremento di accessi del 693%, con oltre 430.000 nuovi follower che hanno generato una community di oltre 490.000 persone.

«Le piattaforme digitali sono essenziali nell’informazione sanitaria e i social media hanno assunto un ruolo di rilievo durante l’emergenza», è il parere di Lorenzo Montali, vicepresidente del CICAP e docente di Psicologia Sociale, Università di Milano-Bicocca. «Quando la disponibilità di informazioni diventa una necessità vitale le persone si rivolgono a Twitter o Facebook per cercare notizie, diffondere contenuti, condividere emozioni, chiedere aiuto o offrire supporto. A maggior ragione, in queste situazioni i messaggi che raggiungono i cittadini non devono promuovere comportamenti deleteri per la salute e la sicurezza pubblica».

Anche nell’emergenza COVID la disinformazione è stata favorita dai processi di disintermediazione che penalizzano il ruolo tradizionale dei giornalisti come interfaccia tra le fonti di informazione e il pubblico. 

«Oggi il giornalista scientifico deve trovare un suo nuovo spazio, sapersi reinventare per interpretare, commentare, decodificare le notizie invece di limitarsi a raccontarle», afferma Roberta Villa, giornalista medico-scientifica e divulgatrice attraverso il suo profilo social. «In realtà, sulla base della mia esperienza, se sui social si trova la chiave per presentare l’informazione scientifica in maniera al tempo stesso accattivante e rigorosa, emerge una platea vasta di persone interessate e che non si fanno attrarre da notizie non certificate».

Ma come far emergere sui social una comunicazione scientifica di valore e distinguerla dal flusso delle notizie-spazzatura? Un supporto importante al ruolo dei giornalisti scientifici è offerto oggi da QUEST- QUality and Effectiveness in Science and Technology communication, un progetto biennale promosso dall’Unione Europea nell’ambito di Horizon2020, nel quale è coinvolta per l’Italia l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Obiettivo del progetto è studiare qualità ed efficacia della comunicazione scientifica in Europa per contribuire a migliorarla.

Nell’ambito del progetto QUEST, attraverso un confronto che ha coinvolto esperti, accademici, comunicatori e giornalisti di tutta Europa, sono stati individuati 12 indicatori di qualità della comunicazione scientifica riconducibili a tre aree: affidabilità e rigore scientifico, stile di presentazione e connessione con la società e le sue esigenze, tenendo conto anche della responsabilità che può comportare questa comunicazione comporta e richiede. Inoltre, l’Università Ca’ Foscari sta mettendo a punto una serie di strumenti utili a migliorare l’engagement della comunicazione scientifica sui social, basate sul monitoraggio di oltre mille account Facebook e Twitter europei di carattere scientifico.

Oltre al rigore e alla qualità dell’informazione, la comunicazione su temi di salute di interesse pubblico può fare leva sul coinvolgimento di influencer. Ma si tratta di un’arma a doppio taglio: se anche nel passato personaggi celebri hanno prestato la loro notorietà a cause di salute pubblica, come Elvis Presley per la vaccinazione contro la poliomielite, oggi le piattaforme digitali amplificano immediatamente tutti i messaggi e la voce delle fonti ufficiali, della stampa o degli influencer “responsabili” viene offuscata da chi diffonde notizie inattendibili o dannose.

«Il coinvolgimento degli influencer nella comunicazione di crisi delle istituzioni può essere efficace e positivo se avviene all’interno di piani di comunicazione strutturati, integrati e misurabili che utilizzano i social media per assicurare la diffusione tempestiva di informazioni verificate, monitorare la situazione sul territorio e per coordinare gli interventi di soccorso», afferma Giancarlo Sturloni, giornalista scientifico, esperto in Comunicazione del rischio. «In questo momento, però, a livello istituzionale non si vede una comunicazione strutturata sui social e c’è uno scarso livello di interazione con gli utenti e di risposte alle loro domande. Le istituzioni deputate non presidiano ancora stabilmente il palcoscenico e lasciano dei vuoti che possono essere occupati da chiunque. Basta pensare che la Protezione Civile in Italia ha aperto il suo account Facebook solo nel 2018».

Le indicazioni emerse dai tre tavoli digitali di Informing for Life sono il primo step di ulteriori iniziative e progetti, realizzati da Fondazione MSD in partnership con altri soggetti, secondo il principio per cui solo attraverso una azione congiunta e sinergica di tutti gli attori del mondo scientifico e dell’informazione sia possibile prendere adeguatamente in carico il problema.