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Nel futuro dell’Email Marketing: in Gmail arrivano le email “navigabili”

Nel futuro dell’Email Marketing: in Gmail arrivano le email “navigabili”

Grazie all’AMP, i brand ora possono lanciare campagne interattive dove il destinatario può sfogliare cataloghi di prodotti, prenotare viaggi e molto altro, senza lasciare l’email. Un enorme passo avanti a livello di user experience, engagement e conversioni.

Fino a oggi l’email era un flyer, una preview statica di un’offerta. Ora non più, o (almeno) non solo.

Google ha infatti da pochissimo annunciato il rilascio della tecnologia AMP in Gmail, rendendo i messaggi di posta elettronica non solo dinamici (GIF animate e countdown già contribuivano a questo) ma anche interattivi, navigabili, actionable.

Si tratta di una novità che apre importanti scenari alle aziende, tanto che alcune realtà – come Booking, Doodle, Ecwid, Pinterest, solo per citarne alcune – l’hanno già introdotta nel proprio piano di Email Marketing.

Ma andiamo con ordine. In questo post vedremo:

  • In cosa consiste la tecnologia AMP
  • Come si applica al mondo email
  • Quali scenari di comunicazione e marketing apre alle aziende
  • Come farla propria utilizzando MailUp.

Che cos’è l’AMP

Aperto e promosso da Google, AMP sta per Accelerated Mobile Page. Si tratta di un linguaggio di creazione di siti web derivato dall’HTML e ottimizzato perché i siti si carichino più rapidamente sui dispositivi mobile.

Alla base dello sviluppo di AMP sta la volontà di assecondare una tendenza globale, che vede il traffico dai dispositivi mobile costantemente superiore a quello riconducibile al mondo desktop.

In molti casi la fruizione dei contenuti su mobile non è ancora ottimale, risentendo di difficoltà di adattamento delle grafiche e lentezza nel caricamento. Limiti che intaccano l’esperienza di navigazione dell’utente.

Nate con l’obiettivo di migliorare la velocità di caricamento delle pagine web per mobile, le pagine AMP si programmano infatti con un linguaggio proprio, una variazione dell’HTML chiamata AMP HTML, un nuovo formato aperto con licenza Apache il cui codice è disponibile su GitHub per tutti gli interessati allo sviluppo.

AMP, insomma, è la libreria open source che permette di creare pagine interattive, fluide e veloci da caricare.

Perché implementare AMP in Gmail

E qui arriviamo al punto: da pochissimo Google ha annunciato di aver portato a termine il progetto di implementazione di AMP sui propri servizi di posta elettronica.

AMP for Email si traduce nella possibilità per i destinatari di compiere azioni nel corpo dell’email che vadano ben oltre il semplice clic di reindirizzamento a una landing page o a un sito web.

Semplificando il funzionamento, possiamo dire che – in base al clic del destinatario – il client di posta invia al sito web dell’azienda il dato e, per effetto, produce l’aggiornamento dell’email con nuovi contenuti.

Una grande svolta, soprattutto se consideriamo che Gmail catalizza un’enorme fetta (26% dell’audience) del mercato ESP, grazie a oltre un miliardo e mezzo di utenti attivi a fine 2018. In più, Mountain View ha già annunciato che AMP verrà implementato anche su Yahoo Mail, Outlook e Mail.ru.

“Negli ultimi dieci anni sul web in generale, siamo passati dalle pagine statiche alle app interattive. Eppure l’email è rimasta sostanzialmente invariata, con messaggi statici o che sono semplicemente un trampolino di lancio per contenuti più complessi”.
Aakash Sahney, Product manager di Gmail

Con la nuova tecnologia sulle email è possibile eseguire azioni direttamente nel corpo del messaggio. Azioni quali:

  • La conferma della partecipazione a un evento
  • La compilazione di un questionario
  • La consultazione di offerte e cataloghi di prodotti
  • La risposta a un commento e molto altro.

Tutto questo senza dover uscire dall’email.

Come anticipato, già diverse aziende hanno iniziato a utilizzare le email interattive. Tra queste Booking.com, Despegar, Doodle, Ecwid, Freshworks, Nexxt, OYO Rooms, Pinterest e redBus. Vediamo allora alcuni esempi di utilizzo di AMP per Gmail.

Alcuni scenari d’uso per l’Email Marketing

Pinterest è stata una delle prime realtà a sperimentare la tecnologia. Di fatto, le email di Pinterest si presentano apparentemente come prima, ma – una volta dentro – si nota subito un’enorme novità: ora sono letteralmente navigabili, consentendo al destinatario di andare in cerca di idee e ispirazioni da appuntare alla propria bacheca.

Quello che l’utente Pinterest avrebbe fatto entrando nel proprio account, ora può farlo direttamente all’interno dell’email. Di fatto si annullano le distanze, si semplifica la user experience dell’utente, a intero vantaggio di entrambi gli attori: l’azienda e l’utente.

OYO Rooms invece permette al destinatario di navigare tra le diverse proposte di pernottamento e hotel, consultando i dettagli semplicemente scorrendo e cliccando nel corpo dell’email:

Per non parlare di quanto la nuova tecnologia possa facilitare tutte quelle attività legate alle prenotazioni: museiistituti o qualsiasi azienda promuova eventi o corsi, ma anche compagnie aeree e di treni. Ogni realtà troverà la via creativa migliore e più funzionale per dare la possibilità a clienti e prospect di consultare, scegliere e prenotare viaggi, visite e corsi, direttamente nella propria inbox, da desktop o mobile.

Qualcosa di simile a quanto, già ora, fa Doodle, che invia email interattive da cui il destinatario può rispondere agli inviti selezionando la data a lui ideale, senza dover accedere a un altro sito.

Pensiamo poi al potenziale che l’AMP può avere per le strategie di Email Marketing di e-commerce e retail, due settori che potrebbero rendere le proprie campagne dei veri e propri store online navigabili, vetrine consultabili in profondità pochi istanti dopo l’apertura di una semplice email.

Alcuni step in preparazione

Una premessa: al momento, la tecnologia AMP non è supportata da editor drag & drop (come BEE di MailUp), e il suo utilizzo all’interno di messaggi creati in HTML è ai primissimi stadi.

Un buon punto di partenza è iniziare a implementare alcuni passi necessari lato tecnico, per prepararsi a eventuali sviluppi futuri. Nello specifico:

  • L’allineamento del dominio usato nella firma DKIM con quello usato come mittente
  • La corretta implementazione del DMARC
  • L’aggiunta di un MIME TYPE specifico (AMP MIME)
  • Un contenuto AMP HTML già strutturato (al momento non è possibile crearlo utilizzando gli editor della piattaforma).

Gmail richiede ai mittenti una ottima e comprovata reputazione sul dominio mittente con la configurazione indicata: per questo motivo – anche se non siete ancora pronti ad inviare email dinamiche – suggeriamo di prendere in considerazione i primi due punti fin da ora.

Per maggiori informazioni su questa attività di sviluppo, per ottenere un preventivo e per ogni altra domanda sul tema, ti invitiamo a scriverci.




Al via la Global Partnership on Artificial Intelligence (GPAI): l’Italia è tra i Paesi fondatori

Al via la Global Partnership on Artificial Intelligence (GPAI): l’Italia è tra i Paesi fondatori

Con una dichiarazione congiunta dei Paesi fondatori ha preso il via la Global Partnership on Artificial Intelligence (GPAI), a cui l’Italia ha aderito lo scorso 26 maggio. Tra i partecipanti vi sono Australia, Canada, Francia, Germania, India, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Repubblica di Corea, Singapore, Slovenia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, e l’Unione Europea (per quest’ultima il processo di adesione è in corso).

“Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale avrà un ruolo fondamentale nel disegnare il nostro futuro: potrà rendere più efficienti molti processi della nostra società e aiutarci a compiere scelte con maggiore consapevolezza”, ha dichiarato il Ministro per l’Innovazione e la Digitalizzazione, Paola Pisano. “Tuttavia, la tecnologia non è neutra: il suo valore dipende da come viene sviluppata e applicata. Attraverso la GPAI, l’Italia si unisce alla riflessione globale che si è avviata per garantire che lo sviluppo tecnologico non esuli mai dalla sua connotazione umana”.

Nell’incipit della dichiarazione congiunta, in cui si ricorda che la collaborazione è aperta anche ad altri Paesi e partner interessati, si legge: “sosterremo lo sviluppo dell’IA, responsabile e incentrato sul potenziamento delle capacità degli individui, e un utilizzo coerente con i diritti umani, le libertà fondamentali e i nostri valori democratici condivisi, come indicato dalla Raccomandazione OCSE sull’IA”.

La GPAI è un’iniziativa internazionale e multidisciplinare che ha come obiettivo la promozione, lo sviluppo e l’utilizzo responsabile dell’Intelligenza Artificiale, “fondata sui diritti umani, l’inclusione, la diversità, l’innovazione e la crescita economica”.

Uno dei primi compiti della GPAI sarà avvicinare teoria e pratica nell’IA, sostenendo “attività applicate” relative ad essa. Vi saranno riuniti “esperti di rilievo provenienti dall’industria, dalla società civile, dal settore pubblico e dal mondo accademico”, che lavoreranno su quattro tematiche in altrettanti gruppi di lavoro:

  • Intelligenza Artificiale Responsabile
  • Governance dei dati
  • Il Futuro del Lavoro
  • Innovazione & Commercializzazione

Dato il contesto in cui nasce questa partnership, la prima attività degli esperti si focalizzerà “anche sull’analisi del contributo che l’Intelligenza Artificiale può offrire per superare l’emergenza sanitaria da Covid-19 e contribuire alla ripresa economica nella fase post-epidemica”.

A livello organizzativo, la GPAI potrà usufruire di un Segretariato presso l’Ocse a Parigi (la cui costituzione è nella fase finale) e di due Centri di Ricerca (a Montréal e Parigi). “La collaborazione con l’Ocse contribuirà a creare forti sinergie tra il lavoro scientifico e tecnico della GPAI e la leadership internazionale che l’Ocse ha sulle politiche sulla IA, rafforzando la base analitica per tutte quelle misure di policy volte alla promozione di una IA responsabile”, si legge ancora nella dichiarazione congiunta. In particolare, i progetti che saranno intrapresi o valutati dagli esperti riceveranno il supporto amministrativo e di ricerca dei Centri, che pianificheranno anche le riunioni plenarie annuali del gruppo multidisciplinare di esperti della GPAI, che si riunirà per la prima volta in Canada a dicembre 2020.




Acqua Sant’Anna mi cade sull’… eCommerce

Acqua Sant'Anna mi cade sull... Ecommerce

Prima che mi convertissi alle caraffe filtranti, Acqua Sant’Anna è sempre stata sulla mia tavola, in ogni formato possibile, in ogni stagione possibile. Non è certo la più economica, ma forse è una tra le più (letteralmente) limpide, anche nell’etichetta. E se oggi non sono più loro cliente, appartengo però professionalmente agli interessati al tema dell’innovazione industriale e della corporate communication, che Sant’Anna ha sempre abituato bene, a partire dal varo della famosa BIO Bottle, che ha riscosso diversi premi e che a detta loro sarebbe la prima bottiglia bio al mondo di acqua minerale 100% riciclabile e biodegradabile, rispettosa di ambiente e salute. Insomma, eccezionale, se consideriamo quanto alto è il consumo di acqua in bottiglia in Italia.

L’elogio a questo marchio potrebbe continuare, perché di ragioni anche non solo teoriche ce ne sarebbero, come ad esempio i loro stabilimenti sulle Alpi costruiti secondo logiche di bio-edilizia, la preferenza del trasporto su rotaia o i programmi di recupero e riduzione delle plastiche, dichiarati anche sul loro sito (qui). E pare che gli sforzi ripaghino: Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato, poche settimane fa ha dichiarato al Corriere Economia di aver raggiunto la conquista di una leadership internazionale, con 1,5 miliardi di bottiglie di Acqua Sant’Anna prodotte in un anno.

Se sei un’eccellenza, o ambisci ad esserlo, comunicazione e coerenza devono però andare di pari passo, sempre: solo così si costruirà una solida identità. Scalfire una reputazione ben strutturata è complesso, ma non impossibile: basta scivolare su una buccia di banana per rincorrere nuove opportunità di business, che poi così nuove non sono.

Mi sono imbattuto in un’inserzione di Sant’Anna, scorrendo Facebook, che mi offriva 30 bottiglie di acqua + 6 di tè, ad un prezzo agevolato, consegnate fin sotto casa. Acqua a domicilio, bella impacchettata, senza intermediari; la cosa mi ha incuriosito, tanto da lanciarmi sul sito per saperne di più. Ad accogliermi, un altro simpaticissimo banner di vendita che faceva da coperta… allo shop on-line del brand. Intendiamoci, vendere acqua su internet, pur essendo assurdo, è qualcosa di non così nuovo, ma perchè non lasciare questo (sporco) compito ai rivenditori? Conviene rincorrere un profitto a tutti i costi rischiando di ledere la propria immagine?

La mia delusione iniziava a farsi sentire: pagine sull’impegno aziendale, sullo storytelling e l’ambiente, e si finisce, come primo impatto, con le call to action allo shop di plastica. Anche no, dai.

Da dove spedisce Sant’Anna? Ha centri di smistamento sparsi in Italia? Questo mi sono chiesto. Ammesso che ci sia qualcosa di etico nel compare acqua in bottiglia facendosela consegnare fino a casa, mi piacerebbe capire se parte un furgoncino solo per me, e da dove. Nella F.A.Q relativa alla spedizione l’unica certezza è che raggiungono tutta Italia, ma nulla si dice sulla geolocalizzazione dei magazzini, che invece aiuterebbe parecchio a farsi un’idea riguardo questa operazione. L’unico dettaglio in merito al magazzino che ho trovato vanta che lo stabilimento è condotto da carrelli automatizzati a guida laser, permette il caricamento diretto sugli autotreni che, carichi di acqua fresca, partono e si fermano alla prima grande stazione ferroviaria a valle, dove il prodotto è spostato sui treni e quindi spedito in tutta Italia. Tutto ancora troppo fumoso, per chi cerca di capire se sta comprando un comodo debito con l’ambiente o dell’acqua. Cerco quindi un call center, che non mi sa aiutare, ma posso invece chattare con H₂O, il BOT dell’azienda. Chi meglio di lui può arrivare alla fonte delle informazioni, penso: così chiedo da dove parta la spedizione. Risposta immediata: spediamo in tutta Italia; seconda risposta: grazie a te avrò qualche chance in più di imparare! Bene, ma non benissimo. Lascio H₂O nel suo mare di incertezze, ma prima di gettare la spugna mi ci asciugo le lacrime.

Il punto è che un’azienda leader nel settore, in un settore un po’ affollato, certo, credo non debba cedere alla pressione dell’e-commerce lanciandosi a capofitto nel primo servizio utile da mettere in piedi solo per fare più soldi.

Intendiamoci, comprare prodotti online non è affatto un crimine, e nei confronti dell’ambiente può addirittura fare del bene se – rispetto a centri commerciali o negozi – sono distante abbastanza. Ma spedire plastica da chissà dove, col supermercato vicino a casa, invece, non mi convince per niente. E minare la credibilità di un brand per così poco è un rischio che non correrei mai.

Perchè, ad esempio, non puntare su un modello di business su acqua in vetro e vuoto a rendere? Sarebbe stato più coerente con i valori del marchio Sant’Anna, e io, forse, un pensierino lo avrei fatto…




Coronavirus, linee guida vecchie e fondi spesi male. Così il piano pandemico dell’Italia è andato in tilt

Coronavirus, linee guida vecchie e fondi spesi male. Così il piano pandemico dell’Italia è andato in tilt

Mentre noi finanziavamo progetti sui primi mille giorni del neonato il resto del mondo si preparava all’emergenza virus. Le nostre linee guida? Sono vecchie di 14 anni.

Preparazione e pianificazione. Due parole chiave che
l’Organizzazione mondiale per la salute (Oms) mette da anni in cima ai suoi
documenti. Una pandemia non è prevedibile, ma è ricorrente e probabile. Dopo la
diffusione dei virus Sars (2002) e H1N1 (2009) la raccomandazione è sempre
stata: mettere a punto un piano d’azione e aggiornarlo costantemente seguendo
le linee guida concordate, è l’unica arma disponibile. L’Italia era pronta? No.
Piani vecchi, stoccaggio delle mascherine affidato alle Regioni con linee di
azione ormai superate, fondi spesi per interventi come “la promozione dei primi
1000 giorni di vita del neonato”.

Il quadro a livello mondiale – con molte aree
sprovviste di piani aggiornati – era ben noto alla vigilia dell’arrivo del
Sars-Covid-2. Per ogni Paese l’Oms indica su una specifica piattaforma le
performance dei piani pandemici adottati che devono rispondere ad alcuni
parametri: qual è la linea di comando? Chi deve pensare a stoccare mascherine e
respiratori? Come va effettuato il monitoraggio per segnalare subito anomalie e
far scattare l’allarme? In inglese viene definito come “Preparedness”. Ovvero
prevenzione e pianificazione. E l’allarme era stato lanciato da tempo. Il 29
gennaio dello scorso anno Daniel Coats, direttore della National Intelligence,
ascoltato dal comitato del Senato statunitense per il controllo delle attività
dei servizi segreti, aveva inserito la pandemia influenzale tra i pericoli
concreti per il mondo. 

Piani vecchi, pericoli nuovi

Il piano pandemico italiano è vecchio di dieci anni, anzi, di quattordici. Sul sito dell’Oms viene datato al 2010, ma aprendo il file, anche nella versione in inglese, i metadati riportano il 2006 come anno di elaborazione del documento. C’è di più. Il nostro sistema sanitario nazionale è sostanzialmente regionalizzato; dunque il piano nazionale rimanda l’attuazione delle norme di prevenzione a documenti regionali. E anche in questo caso il pericolo pandemico non veniva percepito come reale ed imminente. Molte regioni italiane non hanno mai attualizzato la loro capacità di risposta, con buona parte dei documenti elaborati più di dieci anni fa. Il piano nazionale affidava ai governi regionali alcuni compiti chiave: «Stimare il fabbisogno di Dpi (dispositivi di protezione individuale, ovvero mascherine di protezione ad altri sistemi per evitare il contagio, ndr) e di kit diagnostici e mettere a punto piani di approvvigionamento e distribuzione». Quello che oggi drammaticamente manca. E ancora, «censire la disponibilità ordinaria e straordinaria di strutture di ricovero e cura, incluso il censimento delle strutture con apparecchi per la respirazione assistita», l’altra Caporetto, almeno in Lombardia, della pandemia del nuovo coronavirus.

Il Ministero della Salute, interpellato su questo
punto da La Stampa, ha risposto specificando che, oltre al piano pandemico,
esiste anche il “Piano nazionale di difesa – settore sanitario”. Si tratta di
un documento in buona parte classificato, destinato a indicare la
strategia della Difesa civile, organismo in capo al Viminale, attivato per
affrontare le emergenze di diverso tipo. Tra queste, spiega il ministero,
«quelle di tipo biologico (anche di origine terroristica), che minacciano non
solo le persone ma anche il normale assetto sociale, mettendo in crisi il
servizio sanitario nazionale ma anche altre attività del Paese». Per quanto
riguarda invece il primo piano, il ministero assicura che è in via di revisione
e che le esercitazioni sono state realizzate. Purtroppo non siamo i soli. La
situazione in Europa è a macchia di leopardo. I Paesi con piani più recenti e
aggiornati sono la Germania, i Paesi scandinavi, i Paesi baltici e la Gran
Bretagna. Hanno, invece un piano non aggiornato in epoca recente la Spagna, la
Polonia, l’Austria, la Slovenia, la Croazia e il Belgio.

La cabina di regia

Il piano pandemico nazionale affida un importante ruolo al Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ccm), istituito al Ministero della salute. Ha il compito di svolgere l’analisi dei rischi epidemiologici e opera in coordinamento con le Regioni, i centri di ricerca, le università e la sanità militare. In altre parole può essere considerato come il cuore del sistema di risposta alle epidemie e pandemie. I piani annuali di azione – pubblicati in sintesi sul sito istituzionale – hanno budget relativamente limitati. Nel 2019, ad esempio, il Ccm ha speso 8,4 milioni di euro. Nel documento di programmazione, però, non vi sono riferimenti specifici alle azioni di preparazione per l’epidemie. Nel campo specifico delle emergenze i progetti hanno riguardato, per fare qualche esempio, la prevenzione per le ondate di calore estivo, lo studio del siero per il West Nilus virus, la prevenzione della tubercolosi, lo screening per il tumore ai polmoni, la promozione dei primi 1000 giorni di vita del neonato. L’unica voce in qualche maniera correlata con i rischi virali riguarda l’implementazione degli antidoti per le guerre batteriologiche. Per trovare qualche progetto relativo al rischio pandemie bisogna risalire al 2014, budget speso 400 mila euro. La regione capofila è il Veneto, che, fin dall’inizio dell’emergenza Covid-19, svolge anche la funzione di coordinamento interregionale. Risultati? Nulla è riportato sul sito del Ccm e sul portale della Regione Veneto si legge: «Attualmente il progetto è nella fase di consolidamento dell’attività del gruppo di lavoro centrale che avrà il compito di coordinare ed organizzare la “task force” a livello regionale e interregionale». Anche in questo caso, lavori in corso. 

Lo studio della John Hopkins

L’impreparazione italiana per affrontare una pandemia emerge anche da uno studio dello scorso ottobre realizzato dal Center for Health Security della John Hopkins University, in collaborazione con The Economist. L’Italia è collocata solo al 31° posto, con un punteggio globale di 56.2 su una scala di 100. La posizione scende ulteriormente nelle prestazioni per la risposta rapida e le politiche di mitigazione di un’epidemia. Particolarmente critica è stata giudicata la “Comunicazione con gli operatori sanitari durante un’emergenza”. Nonostante sia stato creata creata la Cross (Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario), non sembra previsto un sistema specifico di comunicazione tra il personale sanitario. Il nostro Paese ha ricevuto uno zero per l’indicatore “Risposta operativa alle emergenze”: «Il centro operativo primario per le emergenze in Italia – si legge nel report – non è indirizzato alle pandemie». Secondo lo studio il Dipartimento della Protezione civile non avrebbe una preparazione specifica. Ben diversa la posizione di altre nazioni. In cima alla classifica, oltre agli Stati Uniti, si sono posizionati la Germania e la Gran Bretagna, i cui piani pandemici sono più recenti rispetto a quello italiano.

Quando alla fine il coronavirus è arrivato in Italia
tutti i nodi sono arrivati al pettine. Le mascherine introvabili, il
sistema sanitario al collasso, i medici e gli infermieri contaminati – 39 i
morti fino ad ora – e problemi di approvvigionamento di reagenti per i
laboratori: un quadro annunciato.




DA ZERO A UN MILIONE DI ACCESSI: STORIA DEL SUCCESSO DI UN GIOVANE PROGETTO DIGITALE, BASATO SU CONTENUTI DI VALORE E… SULLA PERSEVERANZA

Intervista a Claudio Fioretti, creatore e autore della pagina Maturansia

Intervista a Claudio Fioretti, creatore e autore della pagina Maturansia

Claudio, in varie precedenti interviste, hai raccontato con entusiasmo il tuo progetto e come è nata l’idea di Maturansia. Mi piacerebbe approfondire: come sei riuscito ad arrivare da 0 a 50.000 follower già dopo pochi mesi dall’avvio dell’iniziativa, per poi arrivare ai numeri ancora più corposi, sia sulla pagina Instagram che sul Blog?

Con Maturansia, non siamo partiti esattamente da zero. Il nostro
percorso è iniziato lo scorso anno con una pagina che si chiamava “Maturità 2k19”, per cui il nome del
brand era già abbastanza diffuso. All’inizio dell’anno scolastico 2019-20 siamo
partiti come Maturità 2k20 ma in
seguito, per una questione meramente di branding,
ho deciso di utilizzare il nome Maturansia,
così da poter evitare di cambiare ogni anno il nome della pagina. Certamente,
ad averci aiutato nella crescita sono stati agli utenti dell’anno scorso e anche
il passaparola tra i ragazzi; ma il motivo per cui siamo cresciuti così in
fretta, credo che sia anche e soprattutto grazie ai contenuti che pubblichiamo
giornalmente ad esempio su Instagram, e che accompagnano i ragazzi dal primo all’ultimo
giorno di scuola, con
particolare attenzione anche a ciò che accade offline. Devo confessare di non
aver mai utilizzato automazioni, ho sempre voluto avere una pagina pulita,
ragionata, frequentata da persone che la seguissero realmente, riconoscendo
valore a quanto veniva pubblicato, e senza mai “giocare sporco”.
Avere un numero elevato di persone che ti seguono “solo sulla carta” ma che poi
non interagiscono, o magari che non sei capace di far spostare su un’altra
piattaforma (che nel nostro caso è il Blog) non ha davvero senso. Concludendo, direi
che la crescita è dovuta soprattutto ai contenuti di Instagram che per noi sono
dei contenuti di content discovery ovvero
dei contenuti grazie ai quali la gente “ci scopre”, scopre il nostro mondo. Oltre
questi, ci sono i contenuti long form
sul blog come appunti, news e consigli che ci permettono di consolidare il
rapporto con l’audience. Ed infine, ripeto, giocare pulito: questo ci ha sempre
ripagato.

Se dovessi dare un’indicazione preziosa per un tuo coetaneo che voglia lanciare un’iniziativa come la vostra, magari con un focus diverso, in quanto stimeresti la necessità finanziaria per lanciarla e per sostenerla nei primi mesi di attività? Le “buone idee” e l’impegno sono fondamentali, ma immagino che non siano sufficienti per avviare una community impegnativa come la vostra…

Quando ho aperto Maturità 2K19 stavo facendo una lezione
di analisi 1 all’Università, mi piaceva produrre dei meme, ed iniziò così,
senza pretese. Racconto questo aneddoto per dire che contrariamente a quanto si
possa immaginare al giorno d’oggi è possibile partire da zero, soprattutto nel
mondo dei Social media. È però fondamentale produrre contenuti scegliendo un
pubblico preciso, cercando una nicchia specifica alla quale rivolgersi. Credo
che noi non saremmo cresciuti così tanto se ci fossimo rivolti indistintamente
a tutti gli studenti. In definitiva,
a costo di sfatare un mito, confesso che sono partito davvero da zero, senza
particolari risorse. Poi, piano piano, le aziende hanno notato la crescita
della pagina e hanno iniziato a propormi collaborazioni. Così, ho iniziato a
pagarmi l’abbonamento a software per produrre meme in modo più professionale. Le
prime centinaia di euro le ho investite per aprire il Blog, che è servito per
consolidare quanto era stato fatto fino a quel momento, e via così.

Ho avuto modo di esplorare il vostro blog, e devo dire che è molto ben strutturato, sia come grafica che come funzionalità…

Ti ringrazio. Con il blog quest’anno abbiamo raggiunto il milione di accessi in solo 8 mesi, è stato un risultato che mai mi sarei aspettato di raggiungere così presto. Il Blog ci ha aiutato davvero in quanto è stato utile per diffondere contenuti più solidi e didattici, rispetto a quelli divertenti ed ironici diffusi su Instagram. Per rimanere sul tema finanziario, pagai il dominio per il blog soli 0.99 centesimi, un prezzo accessibile per chiunque. Per quanto riguarda l’hosting, siamo partiti con il piano base che ha un costo di circa 30 euro annui finché non è stato necessario effettuare un upgrade che ci permettesse di ospitare maggior traffico. Questo è successo il giorno dell’uscita delle materie per la maturità, nel quale abbiamo avuto una mole altissima di traffico, che ci ha addirittura mandato in crash il sito. Racconto di questo episodio per confermare che per partire ci vuole veramente poco: poi, per consolidare, basta reinvestire quello che si guadagna man mano.

Questo è certamente un anno particolare per le istituzioni scolastiche, e in particolar modo per i maturandi, per via dell’emergenza Covid-19: sarà una maturità diversa.  Credi che questo abbia in qualche modo influito sul successo della tua pagina, e se si, perché?

Personalmente mi ha
destabilizzato in quanto avevo in mente una programmazione che prevedeva di informare
i ragazzi e supportarli con materiali per le diverse prove scritte. Per quanto
riguarda i ragazzi, se prima dell’emergenza Covid-19 erano un gruppo coeso che
ci seguiva con l’obbiettivo di superare l’esame di maturità, con l’emergenza
sanitaria si sono divisi tra chi era “pro” maturità e chi invece
sosteneva di avere delle buone ragioni per non farla. Noi in questo caso
abbiamo scelto di posizionarci come “la voce degli studenti”, quindi
abbiamo dato voce sia a chi affermava di voler concludere il percorso
scolastico con l’esame, sia a chi invece sosteneva di avere dei motivi validi
per rivalutare l’esame o addirittura non farlo. Devo confessare però che il
fatto di non aver preso una posizione netta ci ha fatto perdere parte di quel
pubblico che era fermamente deciso a non voler fare la maturità. Di questo
siamo dispiaciuti, perché crediamo che loro abbiano alcune motivazioni molto
valide, ma allo stesso tempo era giusto dar voce anche a chi effettivamente vuole
terminare il percorso di studi con il passaggio della maturità. Per quanto
riguarda la crescita della pagina invece, in numeri assoluti abbiamo continuato
a crescere, la nostra è stata una crescita costante e questo è dovuto anche,
come affermavo prima, ai contenuti di cronaca riportati sotto forma di meme,
che hanno sempre comunque una loro sostanza.

In questo momento così confuso sarà certamente cresciuta la necessità dei ragazzi di trovare un canale a loro dedicato che gli potesse dare le giuste informazioni ed aggiornarli sugli sviluppi inerenti l’esame finale…

Questo è vero. Ma noi abbiamo scelto di non dare mai informazioni prima di verificare accuratamente le fonti, in quanto è capitato anche da parte delle istituzioni di dare informazioni poco chiare. Abbiamo scelto di arrivare piuttosto con un paio d’ore di ritardo, ma trasmettendo solamente informazioni verificate e attendibili. Spesso in Direct arrivavano moltissimi Screen di foto di Circolari ministeriali che poi si rivelavano essere palesemente fake, e in questa situazione delicata abbiamo prestato una particolare attenzione verso la trasmissione di contenuti che volevamo fossero completamente attendibili.

Siete stati presenti, ma con l’attenzione di comunicare informazioni certificate con criterio e responsabilità. Requisito essenziale in questo particolare periodo storico. Lodevole comunque il vostro impegno nel voler informare i ragazzi in questo momento caratterizzato da grandi incertezze che si sommano ai timori e le ansie che caratterizzano il periodo in cui si affronta la maturità.

A livello tecnico diffondere
delle informazioni nei primi minuti potrebbe anche aiutare, perché a livello
del blog lato SEO o comunque posizionamento sui motori di ricerca, saremmo
potuti salire cavalcando l’onda. Ma a
me non interessa questo piuttosto mi interessa offrire valore genuino ed utile…
la crescita deve essere una conseguenza naturale di un lavoro ben fatto, e non
deve essere l’obbiettivo. Ho sempre
voluto posizionare l’informazione e l’utente al centro. Inoltre differenza di molte
altre pagine che hanno un seguito di centinaia di migliaia di follower, noi
abbiamo sempre risposto a tutti i numerosissimi
messaggi dei ragazzi anche nel caso ci venisse chiesto qualcosa a cui in prima
battuta non sapevamo come rispondere: era a quel punto nostra premura
informarci, per dare la migliore risposta possibile. Questo ha contribuito
molto nella crescita: dare valore ai nostri follower e alle loro richieste. La
gente spesso è stupita nel vedere una pagina con centomila persone rispondere a
ogni messaggio, ma questo per noi è un requisito essenziale: ci sono persone dietro
gli schermi, e quindi deve esserci un lato umano dietro la pagina.

Immagino tu non sia l’unica persona coinvolta nel progetto: quali sono le principali figure che lavorano in team a Maturansia, e quali sono i loro compiti?

Generalmente io uso sempre il
“noi” però in realtà a gestire i social media e il blog a livello dei
contenuti sono io, di persona. Oltre a me c’è un ragazzo, che è il collaboratore
che si occupa della programmazione per quanto riguarda il sito, e infine un
paio di ragazzi che occasionalmente scrivono articoli e contenuti per il Blog.
Quest’ultimo è un aspetto che vorrei davvero potenziare in quanto non vorrei
posizionarmi solo come “informazione scolastica” ma mi piacerebbe trattare il
target 18-19 aiutando i ragazzi anche su altri versanti, come l’educazione
alimentare o l’educazione finanziaria. In questo momento infatti sono molto
propenso a cercare ragazzi che abbiano competenza e voglia di scrivere di
questi contenuti e a cui appassioni l’idea di aiutare i ragazzi attraverso la
comunicazione online. Mi piacerebbe davvero ampliare il team e rafforzare
questo aspetto. Oltre alle figure che ti ho nominato c’è un ragazzo che mi
aiuta nel settore fiscale e legale.

Sulla piattaforma Instagram comunichi quotidianamente con i tuoi follower attraverso lo strumento dei Meme. Come mai questa precisa scelta?

Quando si va a scegliere un
target e ci si posiziona in un settore bisogna sempre capire come sono le
persone con la quale ci si rivolge. Io ho scelto i meme in quanto in questo
periodo questo stumento di comunicazione ritengo ci metta più in sintonia con i
ragazzi. Un meme può comunicarti qualsiasi cosa, e costruirlo è davvero
semplice: basta selezionare un argomento e cercare il template adatto per
quanto riguarda l’immagine. In questo modo riesci a richiamare l’attenzione in
modo davvero rapido ed efficace. Quindi il nostro schema è il seguente:
attiriamo l’attenzione dei ragazzi attraverso il meme e poi li spostiamo su di
un contenuto un po’ più serio e articolato, che trovano sul Blog. Credo che questa
sia esattamente la chiave: usare il metodo comunicativo più appropriato in base
al target alla quale ci si rivolge.

Quanto peso hanno avuto le partnership con le aziende sponsor nella costruzione del successo della pagina?

Sicuramente
hanno un peso rilevante nella fase iniziale, quando si parte da zero e si vuole
passare a uno step successivo, come creare un blog. All’inizio sei disposto
anche a “svendere” il progetto pur di crearti un portafoglio che possa servirti
per investire, ad esempio, in upgrade tecnologici. Successivamente, ho cercato
di essere sempre più selettivo, cercando di non accettare mai collaborazioni
che escano fuori la sfera dell’istruzione in senso stretto. Ho avuto anche
proposte con cifre molto alte per fare pubblicità con brand formalmente “fuori
target”, ma personalmente ho deciso di posizionarmi come punto di riferimento e
di essere trasparente evitando partnership di questo genere. Se invece si
riesce a strutturare una buona patnership con le aziende che sono affini con la
tua mission, come nel nostro caso – ad esempio – case editrici o blog che hanno
sempre come target gli studenti, questo aiuta anche relativamente ai contenuti
che di volta in volta si offrono ai ragazzi.

Ho avuto modo di dare uno sguardo all’altra vostra pagina, “Matricolansia”, già molto attiva, e con un alto numero di follower, che ha come target gli studenti al primo anno di Università. Il progetto è nato secondo lo stesso schema, o c’è qualcosa di particolare da aggiungere a riguardo?

Matricolansia in realtà è l’ex Maturità2k19. Dopo essere arrivati lo
scorso anno a raggiungere il 15% dei maturandi in Italia (eravamo circa 70.000!),
una volta conclusa la maturità c’erano due strade da seguire: o continuare con
quella pagina lì perdendo tutto il pubblico e cercare di intercettare e
acquisire i nuovi maturandi (con il rischio che si abbassasse l’engagement)
oppure cercare di “rimodellarla” andando a colpire quella che è la percentuale più
alta tra i maturandi, ossia quelli che andranno a frequentare l’università. Quindi,
possiamo dire che Matricolansia sia
il gradino successivo dopo Maturansia.
Ciò che auspichiamo è che gli utenti che noi curiamo durante il 5 anno, se si
sono trovati bene, in quanto è nostro obiettivo offrirgli sempre dei contenuti
di valore, saranno disposti a seguirci anche su Matricolansia dove troveranno contenuti universitari altrettanto
interessanti per loro. L’obiettivo però non è solo accompagnare quelli che si
dirigeranno nel percorso universitario: in realtà ci piacerebbe posizionarci
come “compagno di viaggio” dal primo giorno del quinto anno fino al post
diploma che può condurre verso la scelta dell’università ma non solo, anche
concorsi, o addirittura verso il mondo del lavoro.

Quindi il vostro obiettivo ora è quello di continuare a seguire di anno in anno con Maturansia il target dei maturandi, e poi una volta concluso il percorso scolastico “traghettare” i neodiplomati verso lo status di matricole, favorendo quindi il passaggio da una community all’altra?

Si. Dal momento che abbiamo
aggiunto una notorietà così alta con Maturansia,
certamente manterremo la pagina. Cercheremo sicuramente di spostare il target
universitario verso Matricolansia, e
acquisire nel contempo nuovo pubblico su Maturansia.
Quello che ci piacerebbe fare già dal prossimo anno con Maturansia è quello di offrire ai ragazzi gli strumenti per effettuare
una scelta consapevole nella delicata fase post diploma. Quest’anno siamo
ancora poco strutturati, ma già dal prossimo anno ci piacerebbe offrire degli
strumenti di valore per tutto quello che concerne la vita dopo la maturità.
Vorremmo offrire una panoramica completa ai ragazzi in quanto credo che questo
tutt’ora manchi in Italia. Io stesso mi sono trovato ad aver scelto una facoltà
a seguito del diploma in cui non mi sono ritrovato, comprendendo solo durante
il primo semestre, e quindi dopo aver pagato tasse e quant’altro, che non era
quello che volevo realmente fare nella mia vita.

Ciò che è evidente, è che sei riuscito, con il tuo staff, a creare una community molto attiva. Hai in mente di farne un business vero e proprio, proseguendo in questa attività a livello professionale, o hai in serbo altri e differenti progetti per il tuo futuro?

Quando ho iniziato il progetto
di Maturansia, sono partito da zero
non solo sul fronte economico, ma anche su quello delle conoscenze. Avevo una
buona base, sapevo pubblicare e creare un meme, ma non conoscevo tutto quello
che c’è da sapere mondo digital.
Negli ultimi anni ho iniziato quindi ad approfondire le mie conoscenze e a
implementare le mie competenze; a tal proposito, nel contesto italiano
nell’ultimo periodo sono nate molte community che offrono molto valore gratuito
a coloro che intendono imparare. Così ho iniziato a specializzarmi sempre più
nei social media, e a esplorare anche altri aspetti come quello del marketing.
In questo modo si riesce a sviluppare una serie di skill che possono potenzialmente aiutarti in futuro a sviluppare
altro. Principalmente, vorrei continuare con il progetto di Maturansia, perché tengo
molto a ciò che ho creato e all’idea di offrire quotidianamente contenuti di
valore agli studenti. Per me, il guadagno non è la prima scelta, ciò che mi
guida nella gestione di quest’attività è creare contenuti che possano essere
utili per i ragazzi. Poi se da questo deriva un guadagno, che deve essere una
conseguenza, sarà utile per poter andare ad ampliare sempre più il progetto e
il valore che potremmo offrire loro. A tal proposito abbiamo in cantiere di
investire in una mobile App che potrà essere disponibile già dal prossimo anno
e che possa essere utile a rendere maggiormente fruibile tutto il materiale che
offriamo, come ad esempio gli appunti.

Come potremmo riassumere la mission di Maturansia?

Il nome Maturansia potrebbe trarre in inganno perché si potrebbe pensare a qualcosa
che ti faccia pesare le giornate perché ti mette “ansia”. Invece
l’obbiettivo di Maturansia è proprio
il contrario, ovvero di sconfiggere l’ansia e cercare di arrivare all’esame con
una preparazione che ti permetta di vedere la maturità come una formalità, tale da certificare
competenze acquisite, e non come un incubo.
È proprio per questo che, ad esempio, andiamo ad offrire riassunti di tutte le
materie, consigli sul metodo di studio e quant’altro. L’obbiettivo è quello di
accompagnarli dall’ultimo giorno del quinto anno fino a quella che è la scelta
consapevole del loro futuro.

Cosa consiglieresti ad un ragazzo che come te desidera avviare un progetto sui social media?

La perseveranza, è
indispensabile, e aiuta molto. Io ho iniziato questo percorso assolutamente
senza pretese, e anche i primi follower mi stupivano parecchio: anche quando
eravamo solamente in mille, pubblicare i contenuti giornalmente, essere
costante, non abbandonare mai la pagina, ero certo che alla lunga mi avrebbe ripagato,
e così è stato. Ho pubblicato ogni giorno
da quando è stata aperta la pagina, sia che fosse Natale o altre festività. Confesso
che ho personalmente scelto di dedicare la maggior parte della mia giornata a
questo progetto, complice il fatto che avere il tuo business facilmente
accessibile a tutte le ore del giorno attraverso il telefono rende quasi
impossibile “staccare”. Non puoi scegliere di dedicarti a questa
attività solo in una certa fascia oraria e poi tenere scoperte tutte le altre;
ma se si ha passione per quello che si fa, non se ne sente troppo il peso. Quindi,
per concludere, a coloro che hanno il desiderio di costruire un progetto nel
mondo digitale dico che essere perseveranti è la chiave di tutto: credere
nell’idea, e soprattutto avere costanza, permette di raggiungere i risultati
che si desiderano, e Maturansia ne è
la prova.