Faccio cose, vedo gente. Cosa fa un lobbista europeo, spiegato da un lobbista italiano
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Nell’Unione europea la professione ha un riconoscimento giuridico, mentre nel nostro Paese la figura non è normata. Il suo lavoro di “rappresentante di interessi” è però sacrosanto, perché porta avanti le istanze di una comunità. E infatti il buon legislatore sa ascoltarlo
Si stanno svolgendo in questi giorni le audizioni riguardanti le proposte di legge in materia di disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi. Detta in modo spicciolo si sta cercando, per l’ennesima volta, di normare l’attività di lobbying. Ma chi è e cosa fa il lobbista?
Il lobbista non è affatto un uomo misterioso affamato di potere. Non è neanche il Remy Danton di House of Cards, o meglio forse qualcuno sì. Il lobbista o rappresentante di interessi, è colui il quale veicola ad un pubblico decisore un interesse di un gruppo, di un’azienda, di un’associazione o di un circolo bocciofilo. Cerca di tradurre le esigenze di una comunità affinché queste possano avere tutela a livello normativo. Esatto, tutela normativa. Il lobbista si impegna per realizzare un impianto giuridico consono all’attività del proprio cliente o azienda, facendo parte di una categoria non normata. Cioè?
Il lobbista italiano, differentemente da quanto accade negli Stati Uniti o nella Unione Europea, non ha un riconoscimento giuridico e, come “Balto”, sa solo quello che non è. Vive nel limbo normativo dove si intersecano piccole regolamentazioni settoriali, regionali e locali ma è totalmente privo di una legge di contesto che possa dire «cosa fare ma soprattutto cosa non fare». Questo rende ancora più confusa la figura del lobbista che nel momento in cui gli si chiede «ma tu di preciso che fai?» sente un brivido scorrere lungo la schiena.
«Cosa fai nella vita?», «Faccio il lobbista». Come canta Francesco Guccini, di cui recentemente si sono festeggiati gli ottant’anni, «…e chi fa il giornalista si vergogna». Oggi la stessa frase potrebbe essere usata per poter dire «…e chi fa il lobbista si vergogna».
Si vergogna perché è associato a corruzione e malaffare e perché porta, nella usata e abusata narrativa comune, un velo nero che lo avvicina a Dart Fener senza considerare l’Anakin Skywalker che è in lui.
Vestendo gli abiti, jeans e camicia, di “rappresentante di interessi” potrei, credo a buon ragione, affermare che normare l’attività di lobbying non solo è giusta ma è un passo di civiltà. Voglio tralasciare i “salamelecchi giuridici”, le erudizioni ed il latinorum degli “istituti”, parola che al primo anno di giurisprudenza significava tutto ma che in realtà non si capiva mai fino in fondo, e portarmi su di un altro contesto. Quello che viviamo tutti i giorni, quello sociale, quello politico. Partendo da una semplice domanda. Ma il lobbista che fa?
Dal «faccio cose, vedo gente» alla realtà, ne passa eccome. Ne passano ore di studio, ne passano giorni di approfondimento, ne passano ricerche, letture ed analisi. Ne passa una buona dose di pazienza. Perché è molto più complesso capire cosa scrive il Legislatore che non cosa faccia il lobbista. Legislatore. Altra parola strana, valida risposta a tutte le domande d’esame e scritta con la maiuscola perché così diceva il “Torrente” (noto manuale di diritto privato, ndr).
Dietro queste ore passate fondamentalmente a “leggere e scrivere” c’è qualcosa che accarezza la mitologia di questo mestiere: l’associazionismo e il vivere in comune. Il lobbista rappresenta gli interessi organizzati meritevoli di tutela.
Interesse. Organizzato. Meritevole di tutela. Tre parole su cui poter trascorrere settimane di simposi, convegni, “inviti a partecipare” e congressi. Parole su cui materiale e svariate tesi di laurea, tra cui la mia, non cessano di elucubrare.
Ma io, che di giuridico ho forse solo il titolo accademico, voglio raccontare il romanticismo di queste parole. Cosa merita tutela? La libertà? Certo. Le possibilità? Ovvio. L’opportunità? Esatto. Ma di cosa? Di poter raccontare al mondo una storia. Un’idea. Così come il lobbista la racconta al proprio interlocutore. Quello che i più bravi chiamano law maker.
È tra lo svolgimento della storia e il suo epilogo che entra in scena il lobbista, che con qualche strumento tecnico racconta la sua versione o quella dell’organizzazione che rappresenta. La pone all’attenzione di chi, su quella storia, avrà il potere di aggiungere o togliere dei tasselli importanti. Tramite una norma, un ok, una legge o “un fondo dedicato”. Perché poi la poesia lascia spazio al mondo e il mondo lascia spazio al denaro.
Interesse organizzato allora? È la parte strumentale. L’organizzazione convoglia in un grande imbuto la voce di migliaia di altre storie, la compatta, la razionalizza e diventa così l’output della stessa. Portandola, appunto, con gli strumenti tecnici del rappresentante di interessi, alle orecchie del Legislatore. Che quando ascolta, assimila, dibatte, critica e osserva merita la tanto agognata lettera maiuscola.
Imprese sostenibili: crescono di numero, cala il budget
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Nel 2019 gli investimenti in csr hanno sfiorato la cifra di un miliardo e ottocento milioni di euro, in crescita del 25% rispetto al 2017
L’investimento medio nel 2019 tocca i 241mila euro, ma le attese sul 2020 parlano di una riduzione del 16%
“Bisogna reggere l’urto dell’emergenza covid-19 pensando a nuovi modelli di sviluppo, ancora più sostenibili”, commenta Roberto Orsi dell’Osservatorio Socialis
Negli ultimi 20 anni l’attenzione delle imprese italiane per la responsabilità sociale e lo sviluppo sostenibile ha conosciuto una crescita costante. Ma i conti della crisi si fanno sentire sui bilanci e il covid-19 potrebbe bloccare il trend positivo, portando a una contrazione dei budget stanziati
Le imprese italiane sono sempre più attente alla responsabilità sociale e allo sviluppo sostenibile, ma la pandemia potrebbe frenare il trend positivo degli ultimi 20 anni. Sebbene resti forte l’interesse, al punto che le aziende che investiranno in corporate social responsibility (csr) nel 2020 potrebbero aumentare fino al 95%, i conti della crisi si fanno sentire sui bilanci e i budget stanziati si preparano a subire una contrazione o, nella peggiore delle ipotesi, anche un annullamento.
Secondo il IX rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia promosso dall’Osservatorio Socialis e realizzato dall’Istituto Ixè, nel 2019 gli investimenti in csr hanno sfiorato la cifra di un miliardo e ottocento milioni di euro, in crescita del 25% rispetto al 2017, e hanno riguardato il 92% delle imprese italiane con più di 80 dipendenti. L’investimento medio ha dunque toccato i 241mila euro, contro i 209mila del 2017, ma le attese sul 2020 parlano di una riduzione del 16%.
“I dati confermano il radicamento e il valore del fenomeno – commenta Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis – Ora si tratta di reggere l’urto dell’emergenza covid-19 pensando a nuovi modelli di sviluppo, ancora più sostenibili, più attenti alle persone, all’ambiente, al contenimento degli sprechi, dove la tecnologia e l’innovazione sposano la responsabilità sociale”. Secondo Orsi, sarà necessario un approccio metodico, con il “sostegno di una politica di premialità fiscale dedicata a chi dimostra di operare in ottica integrata: sociale, economica e ambientale”.
Secondo l’analisi, il 37% delle aziende aveva già stanziato a inizio anno un budget per la csr (si parla mediamente di 130mila euro), ma a causa della crisi economica ha dovuto o deciso di ridurlo o annullarlo. Il 40%, invece, lo ha lasciato invariato, dichiarando di voler dedicare alla responsabilità sociale d’impresa mediamente 293mila euro nel 2020. Ma c’è anche chi non aveva previsto un budget (il 18%) e ha spostato lo sguardo sul tema solo in seguito allo scoppio dell’emergenza epidemiologica, dichiarando di voler investire mediamente 153mila euro.
Ma dove vanno a finire questi flussi? Secondo i ricercatori, il 66% delle imprese italiane si concentra in particolare sulle iniziative interne all’azienda stessa, come la formazione del personale (49%). Quasi la metà pone l’attenzione sul territorio vicino alla sede dell’impresa, mentre solo l’8% volge lo sguardo verso i paesi esteri, “confermando la volontà delle aziende di migliorare il rapporto con il territorio e le comunità di appartenenza”, si legge in una nota. Un rapporto che, per quattro aziende su dieci, potrebbe migliorare proprio grazie alla csr: il 49% ritiene che tale tipologia di investimenti abbia un impatto positivo anche sulla propria immagine, visto la crescente attenzione dei consumatori sul tema.
Non manca poi l’interesse per l’impatto ambientale. Il 42% delle aziende investe in tecnologie innovative per ridurre l’inquinamento e favorire un migliore smaltimento dei rifiuti, mentre il 38% punta sull’efficientamento del risparmio energetico.
In un’ottica futura, otto imprese su 10 immaginano di integrare la corporate social responsibility nel modello di business, specialmente quelle provenienti dal Nord Italia e attive nei settori della farmaceutica, delle telecomunicazioni, del manifatturiero e della finanza. Se il 70% ha già un responsabile dedicato nel proprio organico, l’80% sostiene che una specializzazione in csr possa rappresentare un plus in termini di competenze. A tal proposito, le comunicazioni interne della direzione (per il 52%) e gli incontri periodici con i dipendenti (per il 42%) sono le strade più utilizzate per diffondere un’adeguata cultura aziendale sull’argomento.
Come usare le mappe mentali per avviare un nuovo progetto
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Scopriamo da dove partire per usare questo strumento prezioso per la pianificazione di ogni progetto
Dopo un periodo di stasi come quello che abbiamo vissuto, riprendere i progetti sospesi sembra la cosa più difficile da fare. Cala la notte, e come ogni sera, ci rigiriamo nel letto in preda a un vortice di pensieri. Riusciremo davvero a raggiungere tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati a inizio anno? Certo è che questi mesi non ci hanno aiutato per niente, e nell’aria si respira ancora un certo timore, più che altro paura di ripartire, con il dubbio che una possibile, nuova paralisi sia dietro l’angolo. Perché, in fondo, chi poteva prevedere tutto ciò?
Ma stare fermi ad aspettare che il prossimo ostacolo piombi improvvisamente sul nostro cammino non ci aiuterà, e quando ci dicono che è tutta questione di punti di vista, lo è davvero.
Forse non siamo ancora realmente pronti a camminare, ma è passo dopo passo che si costruiscono le cose, dopo una caduta ci si rialza, dopo il temporale arriva l’arcobaleno, e dopo una pausa si ricomincia a vivere, anche se adesso abbiamo più l’impressione di sopravvivere. Una lunga ripresa ci aspetta, ma come possiamo raggiungere i nostri obiettivi e avviare nuovi progetti?
La maggior parte dei progetti inizia con lo stabilire un obiettivo, che sia creare un nuovo sito web, scrivere un libro o pianificare una vacanza. Gli obiettivi non sono difficili da definire, ma il bello viene quando non riusciamo a capire come raggiungerli.
Un’idea per semplificare i processi necessari per arrivare al nostro scopo è quella di utilizzare le mappe mentali. Per quale motivo?
Facilitano la suddivisione dei passaggi da fare riducendoli in attività realizzabili. Accendono la creatività, aiutano a generare e a catturare idee e ci consentono di valutare più opzioni in modo da poter prendere le decisioni migliori.
Ma cosa sono le mappe mentali?
Sono uno strumento prezioso per la pianificazione di un progetto. Promuovono un libero flusso d’idee, un po’ come avviene durante un brainstorming. Si parte da un concetto centrale, che riguarda l’obiettivo da raggiungere e mano mano si creano delle associazioni di concetti che, a primo impatto, sembrano totalmente scollegati con il nostro piano finale. Si lascia vagare la mente dove vuole e lungo la strada, si raccolgono nuove intuizioni in un diagramma: quello schema è la mappa mentale, una rappresentazione grafica del nostro libero pensiero.
Le mappe mentali hanno una struttura gerarchica e associativa. Gerarchica perché si serve di rami per collegare ciascuno elemento all’altro. Associativa perché opera tramite associazioni di concetti. Furono inventate per caso, come accade quasi sempre per le cose più geniali, dallo psicologo cognitivista Tony Buzan.
Come funzionano le mappe mentali
La creazione di una mappa mentale in sostanza è piuttosto semplice. Si comincia con un cerchio in cui inserire l’argomento centrale, e da lì partono tutte le associazioni delle più svariate idee che ci vengono in mente. Includeremo argomenti secondari, i rami e tutte le connessioni di cui abbiamo bisogno. Possiamo rappresentarla su un foglio con penne e pastelli di diversi colori, su una lavagna o tramite degli appositi software disponibili, sia gratuiti che a pagamento.
Questi programmi ci consentono di trascinare e rilasciare bolle e sezioni su diverse aree della mappa o su altri argomenti, facilitando il collegamento dei diversi concetti in qualsiasi momento. Ci permettono di allegare file e collegarci a diverse fonti. Inoltre possiamo invitare anche altre persone a parteciparne alla creazione e a collaborare con noi. Possiamo commentare il progetto e comunicare con tutti i partecipanti tramite chat.
Ovviamente, una volta terminato, possiamo condividere il tutto esportandolo come immagine, PDF o presentazione.
Credits: Zapier
Quali progetti realizzare con le mappe mentali
Quasi tutti i progetti, sia personali che professionali, beneficiano della mappatura mentale nelle loro fasi iniziali, soprattutto quando si ha un obiettivo ma non un piano per raggiungerlo, o quando dobbiamo collaborare e raccogliere idee da tante persone.
Lavorare in team
Se dobbiamo portar avanti un progetto con il nostro team, la stesura di una mappa mentale potrà esserci davvero utile. Partiamo da un’idea centrale ossia il nostro obiettivo, un problema, l’argomento o il nome del progetto e collochiamolo al centro della mappa.
Confrontiamoci con il nostro gruppo di lavoro, chiedendo ai nostri collaboratori le loro impressioni. Annotiamo tutto ciò che viene detto, è un momento di ricerca, di raccolta, in seguito ci sarà la fase di revisione. Scriviamo e colleghiamo tutto, tramite dei rami, al concetto principale.
In corso d’opera le cose possono cambiare, possono accadere eventi, importanti revisioni di cui tener conto. Siamo flessibili. Dopo aver terminato la sessione di mappatura mentale, ci sono diversi modi per valutare e utilizzare le idee raccolte, anche attraverso discussioni con commenti, allegati e link di riferimento. Infine possiamo pubblicare la nostra mappa mentale come immagine o presentazione per condividerla e mostrarla a tutti, sia al team che ai clienti.
Ma quali sono effettivamente i progetti che possiamo semplificare attraverso una mappa mentale? Diamo un’occhiata da vicino.
1. Definizione dei requisiti del progetto
Perfetto per designer UX, analisti e team di sviluppo
Definito l’obiettivo, che sia sviluppare un’app o perfezionare la user experience per ridurre i tassi di abbandono di un sito, con le mappe mentali cercheremo di capire come raggiungerlo.
Ogni componente del team ha delle soluzioni e attraverso la mappa le metteremo insieme dando a tutti una voce nella direzione del progetto.
Questo brainstorming visivo, ci consentirà di avere davanti elementi che magari non avremmo mai preso in considerazione, sollevando dubbi e domande sin dall’inizio, permettendo di focalizzare e risolvere piccoli ostacoli prima che possano diventar insormontabili.
2. Creazione di una tabella di marcia del prodotto
Perfetto per i product manager.
La mappa è uno strumento molto utile anche per creare una roadmapping, una tabella di marcia, per prodotti di alto livello. I responsabili di prodotto possono essere incaricati della creazione di tabelle di marcia dei prodotti, ma non solo loro.
Le parti interessate, i rappresentanti del servizio clienti, i rappresentanti di vendita e i clienti hanno anche un prezioso contributo su quale direzione dovrebbe prendere un prodotto in futuro.
La mappa mentale collaborativa consente di raccogliere input da più gruppi e di considerare tutto quando si crea una nuova tabella di marcia, rendendo a tutti chiara la strategia da adottare.
3. Sviluppo e perfezionamento di una strategia di marketing
Perfetto per responsabili del content marketing e altri team di marketing
Un’altra funzione essenziale delle mappe è quella di aiutare i team di marketing a valutare meglio le strategie e le tattiche da scegliere in un progetto.
La creazione di una mappa mentale che considera tutte le opzioni rende meno complessa la messa a punto di una strategia, e avere a portata di mano tutte le idee insieme rende più facile selezionare la migliore.
La mappatura mentale consente di raccogliere le idee di tutti per le principali strategie, i canali da indirizzare e le tattiche specifiche da provare.
Inoltre è utile per raccogliere più idee e creare anche una procedura di fallback da considerare in seguito se una delle linee d’azione selezionata fallisce. Questo ci aiuterà a muoverci meglio con le procedure da adottare.
4. Definire gli obiettivi e le priorità del team
Perfetto per i manager
Possiamo usufruire della mappa per elaborare specifici obiettivi individuali e dipartimentali. Lavorare insieme per rivedere gli obiettivi organizzativi o suggerire quelli che desideriamo definire come team.
Organizzare la mappa pensando a come raggiungere il nostro scopo finale in modo SMART, e tenendo presente l’opinione di tutti.
5. Definizione di flussi di lavoro e processi
Perfetto per i project manager.
In una piccola organizzazione, i processi sono più semplici: uno scrittore scrive il contenuto e un editore lo rivede e lo pubblica, un CEO lavora direttamente con uno sviluppatore per aggiungere una nuova funzionalità al sito. Ma nelle grandi organizzazioni, i processi sono più complessi.
Prima di cominciare, bisogna documentare i processi complessi e i flussi di lavoro, indicare ai responsabili quali passi adottare, in quale ordine e chi coinvolgere in diverse fasi per assicurarsi che nessuno venga escluso.
Riunire manager e leader di tutta l’organizzazione per una sessione di mappatura mentale per sollecitare input su chi deve essere coinvolto e in quale fase introdurre una specifica risorsa.
Dopo aver raccolto tutto, possiamo organizzare la mappa mentale in un diagramma di flusso ben dettagliato.
6. Gestione di nuovi software
Perfetto per IT support.
L’onboarding relativo a nuovi software non è un processo semplice. Non si tratta solo di installare software e migrare i dati da qualsiasi sistema esistente, ma bisogna anche formare gli utenti su come utilizzarlo, incoraggiarne l’adozione e fornire supporto a chi si approccia a sistemi che non conosce.
In questo caso la mappatura mentale è un modo semplice per identificare i problemi che potremmo incontrare.
Riunire tutti per discutere delle loro maggiori preoccupazioni, consentirà di prevedere e trovare soluzioni ad ogni eventuale impedimento nel riuscire a usufruire dei nuovi sistemi.
7. Pianificare un evento
Perfetto per organizzatori di eventi ed esperti di marketingPoche cose sono complesse come cercare di pianificare un evento, che si tratti di una conferenza di settore o di una festa per piccoli uffici.Una mappa ci darà l’opportunità di focalizzare contemporaneamente i compiti da svolgere e le persone necessarie, creando ordine e affidando ad ognuno il proprio incarico.
8. Creazione di un calendario editoriale
Perfetto per scrittori e content editor
Alzi la mano chi ha elaborato qualcosa di sensato fissando svogliatamente uno schermo vuoto. Leggere appunti che altre persone hanno trascritto, stimola il nostro cervello ad essere più produttivo.
Riunirsi e scambiare opinioni con il nostro team per mettere insieme un calendario editoriale è un modo eccellente per generare idee. Interfacciandosi insieme, riusciremo a sviluppare associazioni e a generare idee che non avremmo mai immaginato stando da soli.
9. Catturare idee per progetti personali
Le mappe mentali sono efficaci non solo per progetti lavorativi, ma sono decisive anche per progetti personali. Un trasferimento in un’altra città, la pianificazione di un matrimonio, un nuovo lavoro, ogni sogno, ogni progetto può essere rappresentato con una mappa mentale.
Prendiamoci 15 minuti per pensare in modo mirato ai nostri buoni propositi e trascriviamo tutto ciò che ci balena in mente. Possiamo condividere il nostro schema con chi ci conosce bene, e farci aiutare nel definire il tutto.
Una volta completato, osserviamolo con attenzione, revisioniamolo, eliminiamo il superfluo o aggiungiamo qualche dettaglio. Utilizziamo la mappa mentale per elaborare un piano dettagliato del nostro “disegno”, comprese le scadenze.
Come utilizzare un software per la creazione di mappe mentali
Uno dei software più utilizzati è MindMeister, uno strumento che permette la creazione di mappe mentali online che consente di acquisire, sviluppare e condividere idee graficamente.
Il brainstorming con mappe mentali online è risultato ancora più efficace delle tradizionali sessioni di persona. In effetti, l’uso di mappe mentali online può aumentare l’output creativo di circa il 50%. Dopo aver raccolto le idee, bisogna revisionarne il contenuto. In che modo?
Rimuovere gli argomenti con idee inapplicabili;
Spostarli e posizionarli nel posto giusto per creare una struttura adeguata dello schema;
Aggiungere spiegazioni e dettagli alle idee sotto forma di note, collegamenti, immagini e file;
Conferire maggior enfasi agli argomenti scegliendo stili e icone appropriati.
Importante è avviare anche un’analisi di costi e benefici che ci aiuterà a decidere se è davvero una buona idea intraprendere il progetto pianificato. Per eseguire un’analisi costi benefici in una mappa mentale:
Aprire una mappa mentale vuota;
Creare un ramo per gli obiettivi del progetto;
Creare un ramo per le risorse stimate necessarie per eseguire il progetto;
Crea un terzo ramo per i benefici previsti.
Successivamente calcolare il valore attuale netto del progetto e usare il risultato per decidere se andare avanti o meno.
Inoltre possiamo riutilizzare questa mappa mentale come tabella di marcia del progetto semplificandola e condividendola con il team e le parti interessate. Una tabella di marcia è un ottimo strumento per rivedere rapidamente gli obiettivi e assicurarsi di essere ancora nei tempi previsti. Ovviamente, possiamo aggiornarla per tutta la durata del progetto se le nostre priorità cambiano o bisogna perfezionare le stime precedenti.
Gli italiani trascorrono un quarto della loro giornata online
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A dirlo “Digital 2020”, il report annuale di We Are Social che analizza lo scenario social e digital a livello locale e globale, realizzato in collaborazione con Hootsuite.
l nostro paese registra ancora un trend di adozione in crescita per quanto riguarda Internet, piattaforme social e nuove tecnologie: sono quasi 50 milioni gli utenti che accedono a Internet ogni giorno.YouTube si conferma la piattaforma più attiva, seguita dalla famiglia di app di Facebook (WhatsApp, Facebook, Instagram e Messenger nell’ordine).
A dirlo “Digital 2020”. il report annuale di We Are Social che analizza lo scenario social e digital a livello locale e globale, realizzato in collaborazione con Hootsuite.
La ricerca – alla sua nona edizione – delinea un paese “maturo” nell’utilizzo di Internet e dei canali social: ogni giorno sono 45 milioni le persone che accedono a Internet da mobile e 35 milioni quelle attive sui canali social, utilizzati in maniera sempre più diversificata, a scopo di intrattenimento, informazione, condivisione e conversazione.
In linea con altri paesi occidentali, anche gli italiani stanno sviluppando grande attenzione per temi importanti legati alla vita online, come il controllo della propria privacy e la scelta di fonti di informazione affidabili: più di una persona su due ha espresso preoccupazione per la tematica del trattamento dei dati personali (59%) e per il fenomeno delle fake news (52%).
Le principali evidenze italiane:
Internet
sono quasi 50 milioni gli utenti Internet su base giornaliera che trascorrono online 6 ore al giorno;
in crescita l’utilizzo della tecnologia voice: il 35% degli utenti Internet utilizza almeno un servizio controllato tramite la voce
gli italiani ricercano online intrattenimento ma anche “crescita” personale: il 92% della popolazione guarda contenuti video e il 34% vlog, il 57% ascolta musica in streaming, il 39% web radio e il 23% podcast
1 italiano su 7 possiede uno smartwatch o un dispositivo wearable (dato triplicato rispetto al 2019, dal 5% al 15%)
in forte espansione il mondo del gaming: 4 italiani su 5 giocano e 1 su 8 segue il live streaming di altri giocatori
Social media
sono 35 milioni le persone attive sulle piattaforme social: il 98% di loro accede da mobile; le persone trascorrono in media sui canali social 1 ora e 57 minuti del tempo giornaliero, in aumento rispetto al 2019
la piattaforma social più attiva si conferma YouTube, seguita dalla famiglia di app di Facebook. Instagram registra la crescita più evidente anno su anno, dal 55% al 64%
in media sono circa 8 gli account per ogni persona
Mobile
quasi tutti gli abitanti del nostro paese possiedono uno smartphone (94%)
da mobile gli italiani utilizzano soprattutto app di messaggistica (92%), per l’intrattenimento e la fruizione di contenuti video (73%), per l’ascolto di musica (52%), per lo shopping (68%) e il gaming (43%)
E-commerce
la crescita nell’utilizzo di Internet sta trainando anche l’e-commerce: l’87% degli utenti attivi ha dichiarato di aver cercato online prodotti e servizi da comprare, mentre il 77% ha acquistato online un prodotto nell’ultimo mese
E cosa succede nel mondo?
sono 4,54 miliardi le persone online, con quasi 300 milioni di utenti che hanno
avuto accesso ad internet per la prima volta nel corso del 2019
la metà della popolazione mondiale – 3,8 miliardi di persone – utilizza
regolarmente i social media
le piattaforme social più attive sono Facebook, YouTube e WhatsApp, e si registra
una crescita significativa nell’utilizzo di TikTok con 800 milioni di utenti attivi al mese, di cui 300 milioni fuori dalla Cina
“Il nostro paese registra ancora un trend positivo per quanto riguarda l’aumento delle persone che accedono a Internet e ai social media, ma in questa fase di maturità quello che cambia è l’utilizzo, sempre più diversificato e consapevole. Accanto a realtà come Facebook e Google, che mantengono la loro leadership, emergono nuovi canali che introducono nuove modalità di espressione e fruizione dei contenuti. Un contesto che lancia una sfida a chi si occupa di comunicazione e ai brand che dovranno conoscere profondamente le esigenze delle persone a cui si rivolgono e come si esprimono per stabilire una connessione positiva, a prescindere dalla piattaforma utilizzata”, commentano Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava, CEO We Are Social.
Sky Zero, l’impegno del gruppo ad azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2030
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Il Gruppo Sky diventerà net zero carbon entro il 2030 tagliando le emissioni di carbonio prodotte dalle persone che usano Sky, dai suoi fornitori in tutti i territori in cui opera e da tutte le sue attività
ky diventerà dunque net zero carbon, rendendo più efficienti da un punto di vista energetico tutti i propri prodotti tecnologici presenti nelle case dei clienti; sviluppando gli studi televisivi e cinematografici più sostenibili al mondo. Rendendo net zero carbon tutte le produzioni originali Sky, i canali TV, gli show ed i film. Inoltre trasformando i 5000 veicoli aziendali in una flotta di veicoli a zero emissioni.
Ma non solo: supporterà le 11.000 aziende che lavorano con Sky, che siano produttori di set top box o della prossima serie TV di successo, al fine di metterli sul giusto percorso per il raggiungimento di emissioni nette di carbonio pari a zero. E poi, piantando alberi, mangrovie e alghe marine, affinché assorbano il carbonio che non possiamo tagliare… per ora. Sky infine richiederà la certificazione dei propri obiettivi al STBi (Science-Based Target Initiative) e pubblicherà il proprio impatto ambientale.
Sky Zero, ne parlano Jeremy Darroch e Maximo Ibarra
“Stiamo entrando in un decennio critico per il lungo percorso verso il miglioramento climatico e tutte le aziende hanno l’opportunità di accelerare il progresso e diventare parte della soluzione”, le parole di Jeremy Darroch, Sky Group Chief Executive. “Ogni business dipende dall’ambiente e abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Dobbiamo agire adesso – perché il pianeta non può attendere. Abbiamo intrapreso questo cammino e vogliamo portare tutti a bordo. Sky Zero trasformerà la nostra attività, promuoverà il cambiamento e ispirerà i nostri 24 milioni di clienti ridurre a zero l’impatto ambientale insieme a noi “.
“Quello della salvaguardia climatica è un obiettivo chiave per Sky” spiega Maximo Ibarra, Amministratore delegato di Sky Italia. “L’impegno contro il climate change rappresenta uno dei nostri valori identitari. Come media company abbiamo una grande responsabilità nel sensibilizzare le persone e da anni ormai la nostra informazione e la nostra programmazione sono impegnate a spiegare le implicazioni del tema ambientale sul futuro del nostro pianeta. Dopo gli ottimi risultati della campagna ‘Sky Ocean Rescue’, che solo in Italia ha impedito che 35.000 kg di plastica monouso finissero nei mari, abbiamo deciso ora di fare ancora di più. Sono orgoglioso degli obiettivi che ci siamo posti con ‘Sky Zero’ per sostenere il cambiamento non solo con campagne di informazione, ma anche attraverso le nostre azioni quotidiane”.
Trasformare il Business
L’impegno di Sky è in linea con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale a 1.5 °C, ed è dimostrazione del sostegno dell’azienda all’iniziativa United Nations Global Compact per il raggiungimento di quel target. Fin dal 2006, Sky è un’azienda carbon neutral per quanto riguarda le emissioni dirette, ed è stata la prima media company a fare questo passo.
Adesso Sky inizierà la seconda fase del viaggio andando oltre quanto fatto fino ad oggi per raggiungere il net zero carbonentro il 2030 in tutta la value chain. La value chain di Sky include le emissioni dal suo business diretto, ma anche da quelle derivanti dai suoi 11.000 fornitori e dall’uso di prodotti Sky nelle case di milioni di abbonati.
Inoltre, Sky trasformerà i 5000 veicoli aziendali in una flotta di veicoli a zero emissioni, renderà i prodotti come Sky Q ancora più efficienti e si assicurerà che i nuovi studi, gli Sky Studios Elstree, diventino le strutture di produzione più sostenibili al mondo insieme a tutte le produzioni originali Sky, che saranno a loro volta net zero carbon.
Inspirare gli altri #GoZero
Sky userà i propri canali e la propria programmazione per ispirare gli altri a #GoZero parlando a milioni di persone ogni giorno. Sono ormai dieci anni che il gruppo Sky è attivo nella salvaguardia dell’ambiente, da Rainforest Rescue a Sky Ocean Rescue e, attraverso i propri canali, informerà i clienti spiegando loro come possono iniziare a ridurre il loro impatto ambientale e #GoZero. Sky Ocean Rescue continuerà a sostenere la salute degli oceani con WWF e chiamerà a raccolta le persone su #BeAnOceanHero per contribuire a salvare i nostri oceani e Sky Ventures (il nostro fondi di investimento a impatto da 25 milioni di sterline) continuerà a supportare le innovazioni che possono fermare il flusso della plastica negli oceani.
L’ambasciatore Luis Alfonso de Alba, inviato speciale delle nazioni unite al 2019 Climate Action Summit ha commentato: “Abbiamo bisogno di piani concreti e realistici entro il 2020 per ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 45% nel prossimo decennio e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Il cambiamento climatico richiede uno sforzo senza precedenti da parte di tutti i settori della società. La leadership dimostrata fissando obiettivi scientificamente provati a 1.5°C invierà un segnale forte al mercato mentre cerchiamo di identificare le soluzioni scalabili e replicabili necessarie per garantire un mondo sicuro dove nessuno viene lasciato indietro”.
Anche il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa ha commentato l’iniziativa di Sky:“Coloro che forniscono informazioni e parlano a un gran numero di persone, come Sky, hanno una grande responsabilità perché più di altri devono dare il buon esempio. Il piano della campagna Sky Zero è ambizioso, ma la sfida sul clima chiede a tutti di essere coraggiosi e puntare al meglio. Per questo motivo, come Ministero dell’Ambiente, saremo sempre al fianco di coloro che sono impegnati a preservare l’ambiente e comunicare la sostenibilità. Non faremo mancare il nostro sostegno e la nostra concreta partecipazione.”