1

Marriott International comunica durante la pandemia

Una case-history di buona comunicazione ai Clienti in epoca di ermergenza Covid-19

Sono passate tre settimane dall’ultima volta che vi ho parlato del drammatico impatto dell’emergenza COVID-19 sulla nostra attività. Purtroppo, da allora siamo stati tutti testimoni degli effetti di questo insidioso virus sulle nostre famiglie, sulle nostre comunità e sul nostro modo di vivere. La situazione è sconfortante, ma vedo ogni giorno atti di coraggio, umanità e amore che mi rincuorano e danno gioia. Sebbene stiamo vivendo tempi difficili, sono ottimista riguardo al fatto che il nostro mondo tornerà a prosperare.

Oggi voglio farvi sapere in che modo stiamo dando supporto alle comunità in cui vivono e lavorano i nostri dipendenti. Inoltre, desidero informarvi degli aggiornamenti apportati ai nostri termini di cancellazione delle prenotazioni e alle date di scadenza dello stato e dei punti Marriott Bonvoy.

Nella comunità

Marriott è consapevole del fatto che siamo tutti uniti nella lotta contro COVID-19 e il suo impatto devastante in tutto il mondo. Mentre assistiamo all’evoluzione di questo evento senza precedenti, la cosa più importante che possiamo fare è sostenere e dare supporto al personale sanitario e di assistenza che lavora in prima linea per contenere questa malattia. A tal fine, abbiamo istituito i seguenti programmi per aiutare a contrastare la pandemia.

In tutto il mondo, i nostri hotel situati nelle immediate vicinanze degli ospedali sono in una posizione unica per fornire aiuto. Molti di questi hotel e resort offrono riposo agli operatori ospedalieri stremati, al personale militare e ai dipendenti dei supermercati che hanno necessità di stare vicino al luogo di lavoro o sono preoccupati di tornare a casa e mettere a rischio la salute dei propri cari. A Suzhou, in Cina, i dipendenti di cinque hotel dei brand Marriott hanno trovato un modo diverso di aiutare il personale sanitario. Quando una fabbrica locale di mascherine chirurgiche ha annunciato di avere bisogno di lavoratori, circa 30 dei nostri dipendenti si sono offerti volontari per aiutare a produrre e confezionare le mascherine. Il lavoro è stato molto faticoso, ma, grazie anche al loro aiuto, la fabbrica ha iniziato a produrre 100.000 mascherine al giorno. È questo lo spirito che ci sosterrà durante questa crisi.

Data la sospensione senza precedenti nel settore dei viaggi, purtroppo alcuni dei nostri hotel hanno dovuto chiudere temporaneamente. Anche durante il periodo di chiusura, da Nuova Delhi, in India, a Santos, in Brasile, i dipendenti hanno trovato svariati modi per dare supporto alle comunità in cui sono inseriti i loro hotel. Il Riviera Marriott Hotel La Porte de Monaco e l’AC Hotel Nice, ad esempio, hanno donato tutti gli articoli inutilizzati e i prodotti alimentari a un ente di beneficenza locale per l’infanzia che fornisce alloggi e altri servizi ai bambini in situazione di rischio.

Molti dei nostri hotel e resort hanno contribuito fornendo cibo, pasti pronti e preconfezionati per gli interventi di soccorso in caso di crisi e articoli di importanza primaria, tra cui prodotti per la pulizia, mascherine, guanti, salviette antimicrobiche, disinfettanti e cuffie per doccia a personale sanitario e operatori schierati in prima linea. Infine, come segno della straordinaria solidarietà tra tutti noi, molti dei nostri team hanno illuminato le finestre degli hotel con simboli di amore e messaggi di speranza (alcune di queste immagini sono visibili nella parte superiore di questa e-mail).

Per i nostri clienti

In questi tempi difficili, ci impegniamo a garantire ai nostri clienti la massima flessibilità. Proprio per questo motivo abbiamo ulteriormente esteso i nostri termini di cancellazione e vorrei darvi un aggiornamento su tali modifiche.

Per gli ospiti titolari di prenotazioni esistenti per qualsiasi data di arrivo futura e anche nel caso delle tariffe prepagate, solitamente legate a maggiori limitazioni, consentiremo la possibilità di effettuare gratuitamente ogni modifica o perfino la cancellazione fino a 24 ore prima dell’arrivo, a condizione che la modifica o la cancellazione avvenga entro il 30 giugno 2020. Si prega di notare che le modifiche alle prenotazioni esistenti saranno soggette a disponibilità e a ogni eventuale differenza di tariffa.

Per gli ospiti che effettuano nuove prenotazioni per qualsiasi data di arrivo futura, anche nel caso delle tariffe prepagate, a partire dal 13 marzo e fino al 30 giugno 2020, consentiremo la modifica o la cancellazione gratuita fino a 24 ore prima della data di arrivo prevista.

Per restare aggiornati, vi invitiamo a continuare a visitare il nostro sito web

Per i nostri soci Marriott Bonvoy

Voglio dedicare un pensiero anche ai nostri soci Marriott Bonvoy. Come per molti di voi, per me e per la maggior parte dei membri del team Marriott, viaggiare è uno stile di vita. È il modo in cui ci connettiamo, ci ispiriamo e sviluppiamo il nostro business ogni giorno. Sebbene sia la cosa giusta da fare, è difficile non poter viaggiare. Sappiamo che, quando tornerete a volare e viaggiare, i vostri punti e il vostro stato saranno importanti per voi.

•Estensione dello stato: vogliamo consentirvi di usufruire dello stato che avete raggiunto nel 2019. Per questa ragione, lo stato ottenuto nel 2019 continuerà a essere valido fino a febbraio 2022.

•Scadenza dei punti: per offrirvi tutto il tempo di cui avete bisogno per riscattare i vostri punti, la scadenza dei punti sarà sospesa fino a febbraio 2021.

In quel momento, i vostri punti scadranno solo se il vostro account è rimasto inattivo per almeno 24 mesi.

Con il passare dei giorni, continueremo a monitorare e modificare i requisiti del nostro programma, se necessario.

In molti ci avete chiesto in che modo potreste aiutare. Tramite la piattaforma per le donazioni di Marriott Bonvoy Marriott Bonvoy’s Giving Platform, potete donare i vostri punti Marriott Bonvoy a organizzazioni umanitarie al lavoro per fronteggiare l’emergenza COVID-19 in tutto il mondo, e supportate anche da Marriott, come la Croce Rossa americana, la Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, UNICEF e World Central Kitchen.

Grazie per essere soci del nostro programma fedeltà o semplicemente per aver scelto di soggiornare presso di noi: vi consideriamo parte della grande famiglia Marriott. Torneremo a viaggiare di nuovo e non vediamo l’ora di darvi il bentornato.

Fino a quel giorno, prendetevi cura di voi stessi.




Un’idea di futuro di cui ci si possa innamorare

Un'idea di futuro di cui ci si possa innamorare

È il 1962, siamo in piena guerra Fredda, gli astronauti sovietici sono già andati nello spazio e John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti, davanti a 35 mila persone, fa il celebre discorso in cui annuncia: “Abbiamo deciso di andare sulla Luna. Abbiamo deciso di andare sulla Luna questo decennio e di fare altre cose, non perché siano semplici, ma perché sono difficili, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e capacità”.

Anni ‘90. L’Albania è al collasso economico ed istituzionale. Migliaia di persone fuggono dal Paese dove dilagano miseria, corruzione, traffico di droga e armi, tratta delle donne. Nel 2000 diventa sindaco di Tirana Edi Rama, ha 36 anni, è un pittore e scultore che ha vissuto esule in Francia. Ha zero budget e una montagna di problemi da risolvere. Come prima cosa, che fa? Ridipinge a colori vivaci i grigi palazzi del centro cittadino. Poi quelli delle periferie. E apre il primo ultramoderno cinema 3D d’Albania, prima di tante altre capitali europee.

A quel tempo scrivevo per Panorama, ero stata in Albania varie volte per raccontarne il dramma, la mafia, l’emigrazione di massa. Corsi a intervistarlo e lui mi spiegò: “Questo Paese deve tornare a credere nella bellezza, la gente deve aver voglia di riappropriarsi delle strade, deve ritrovare l’orgoglio di essere albanese, i ragazzi non devono raggiungere clandestinamente l’Europa per poter sognare al cinema”.

Per l’Albania fu l’inizio della rinascita. Rama, in un TED Talk, commenta: “La bellezza faceva da guardiano laddove la polizia municipale, o lo Stato stesso, mancavano”. Nel 2004 vinse il premio come miglior sindaco del mondo. Oggi è il primo ministro dell’Albania che – mentre l’Europa tentennava – ci ha mandato medici, infermieri e mascherine.

Perché queste due storie?

È il 2020. Siamo in una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti. Siamo bloccati nelle nostre case e sappiamo già che – quando potremo uscirne – la nostra vita non potrà essere quella di prima.

Va bene fare gli applausi ai medici e agli infermieri. Ascoltare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ci ringrazia perché rispettiamo il lockdown. Vedere i grandi brand che fanno pagine di pubblicità sui giornali per dire anche loro “grazie” e #iorestoacasa. Ma non basta.

Questo è il momento in cui abbiamo l’opportunità di contribuire a dare forma alla vita che verrà poi. Senza subirla. Di fare cose “non perché sono semplici…”.

È l’ora dell’impresa.

Si esce dalla crisi entrando in un mondo nuovo. Con tutte le cose che dovremo ricostruire (abitudini, business, relazioni), che cosa vogliamo preservare e che cosa scegliamo di lasciare andare? Ancora più importante, che cosa vogliamo incorporare nella nuova vita, che prima mancava o non c’era abbastanza? Dovremo convivere con il coronavirus per un paio di anni almeno, dicono gli esperti. Con che altro vogliamo vivere negli anni a venire? Contro cosa vogliamo vaccinarci?

Abbiamo bisogno di una idea di futuro che ci faccia superare la perdita e la paura.

Kennedy non ha promesso agli americani che avrebbero potuto stare tranquilli in vacanza su una spiaggia della Florida nonostante la Guerra Fredda. Ha promesso la luna. E ce li ha portati. Edi Rama non ha aggiunto un poliziotto all’angolo o tappato una buca per strada perché le persone non rischiassero attraversandola. Ha riportato in città la bellezza e il colore perché le persone avessero voglia di prendersene cura.

Abbiamo bisogno di una versione di futuro che ci faccia venir voglia di rimboccarci le maniche per realizzarla.

Questione di leadership

Jacqueline e Milton Mayfield, una coppia di professori americani, hanno studiato i pilastri su cui si regge la comunicazione di un leader che sappia motivare i suoi seguaci a dare il meglio di sé: in inglese li chiamano direction-givingmeaning-making e empathy. Offrire una direzione, creare senso, avere empatia.

Questo vale per la leadership, e vorremmo vederla in chi ci governa, ma ciascuno di noi può e deve esercitarla, giocando un ruolo chiave nello spostare la conversazione dal virus alla visione, da crisi-perdita-paura, a senso-progetto-fiducia.

Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace, inventore del Microcredito, parlando ai giovani li esorta: “Dovete smetterla di cercare un lavoro. Dovete creare il vostro lavoro” (e potenzialmente quello di tanti altri). “Il vostro lavoro è guardare là fuori e rispondere a quel che vedete. Dovete scegliere se volete abitare il mondo così come è, o se volete creare il vostro mondo ideale, rispondendo a problemi reali”.

Noi oggi siamo chiamati a ricostruire il mondo perché quello che conosciamo è fortemente compromesso dalla pandemia. Dobbiamo diventare una task force di poeti, pittori, sognatori. E designer.

Dobbiamo essere creativi, nel senso che dobbiamo immaginare e realizzare. Pensate agli scrittori di fantascienza: raccontano futuri verosimili, danno forma alle città e ai comportamenti di domani, la tecnologia trae ispirazione e realizza.

Ad Amani Institute, l’organizzazione non profit con cui lavoro, tra le varie discipline per l’impatto sociale si insegna anche un modulo che chiamiamo social fiction. Non fantascienza, ma fantasocietà. Yunus la definisce la narrazione di una società migliore. Se la raccontiamo, tracciamo anche la strada per raggiungerla.

L’immaginazione definisce la destinazione.

Pensiamo alla fine del lockdown, alla fase 2, a quando potremo finalmente uscire.

Prenderemo la metropolitana con guanti e mascherine e treni affollati? Torneremo a soffocare nel traffico e nelle polveri sottili? Ci rinchiuderemo nei grandi centri commerciali con la luce artificiale e l’aria condizionata?

Non è ciò che sogniamo in questi giorni. Oggi dopo tanti anni, vediamo le stelle nel cielo meno inquinato di Milano. Io non voglio perderle. Voi?

Tutti auspicano un piano di grandi opere per far ripartire l’economia. Ma quali grandi opere vogliamo?

Immaginate se quella che oggi chiamiamo “fase 2” fosse un piano straordinario per il rinnovamento delle nostre città, con interventi per costruire quelle piste ciclabili o camminabili che sarebbe stato impossibile realizzare senza paralizzare il traffico in giorni normali.

Pensate se approfittassimo da subito delle scuole chiuse fino a settembre (e forse oltre) per metterle in sicurezza, digitalizzarle, per migliorare le palestre.

Se inondassimo tutti parchi di attrezzature sportive, sparpagliandole qua e là, per quando ripartiremo, ingrassati e in crisi di astinenza da attività all’aria aperta.

Se riempissimo le nostre città di fontane, dove lavarci più spesso le mani e riempire le nostre borracce di acqua, mettendo al bando le bottiglie di plastica.

Quanti di noi – dopo questa fase di reclusione metropolitana e lavoro da remoto – avrebbero voglia di trasferirsi in un centro più piccolo, magari in montagna o vicino al mare, se solo ci fosse la garanzia della banda larga, anche per avere un costo della vita più basso? Allora forse i finanziamenti del governo potrebbero favorire la riapertura di attività commerciali essenziali innanzitutto nei bellissimi borghi italiani semi abbandonati…

Utopia o progettazione?

In Nuova Zelandaa Berlino e a Bogotà è già iniziato quello che è stato ribattezzato tactical urbanism: ovvero l’immediata trasformazione degli spazi per rispondere alla crisi attuale, ma favorendo soluzioni di trasporto pulito che tengano conto delle distanze da tenere per evitare il contagio anche in futuro: piste ciclabili a doppia larghezza e corsie pedonali in quello che era lo spazio delle auto. Per consentire il distanziamento tra le persone, la mobilità pulita e l’attività fisica.

Amsterdam ha annunciato che la sua fase 2 corrisponderà con l’inizio della sperimentazione di un nuovo modello economico, studiato a Oxford, che mette al centro benessere ed equità sociale.

Se i governi devono indebitarsi e tutti noi dobbiamo cambiare le nostre abitudini, meglio cambiarle in direzione dei Sustainable Development Goals, no?

Nella Task Force messa insieme dal Governo ci sono persone capaci e illuminate, come Colao, Giovannini, Mazzuccato che parlano di inclusionefuturi possibili, e necessità di ripensare il capitalismo. Non costringiamoli a inseguire e selezionare possibili app per il tracciamento dei contagiati.

Dobbiamo concentrarci meno sul Covid-19 e più sul mondo che vorremmo.

Non dobbiamo pensare alla vita di prima meno quel che il virus non ci consente. Ma a una vita diversa con più cose che per noi sono importanti. E poi conciliare quel progetto con la tutela della salute nostra e degli altri.

L’Italia del dopoguerra non è risorta solo con il denaro del piano Marshall. È ripartita grazie allo spirito imprenditoriale che ha creato il tessuto della nostra piccola e media impresa. Forse è giunto il momento di rispolverarlo, di liberare le energie, di collaborare di più anche con imprenditori di tutto il mondo per replicare le buone idee e adattarle al nostro contesto. Una cosa il virus ce l’ha insegnata: i confini non esistono.

Agli italiani, alla patria di Leonardo da Vinci, non mancano le idee. Manca una conversazione sulle idee.

Chiamiamo il nostro Belpaese, ed è bello davvero. A Milano abbiamo una Design Week che è stato uno dei primi grandi eventi internazionali cancellati all’inizio della pandemia.

Apriamo una design season, anche se in modo virtuale, come un grande forum internazionale per ridisegnare assieme il dopo che vogliamo. Non basta più dire Grazie a chi ci sta aiutando a sopravvivere, è il momento di pensare a cosa rende bello il nostro vivere, di avere visioni, di creare e comunicare idee di futuro possibili. 

Yunus dice che non è l’ora del Common sense, della saggezza, dell’esperienza. Meglio essere unconventional, innovatori.

Ma innovare non significa solo avere belle idee chiuse in un cassetto. Significa esporle, mettersi in gioco e farle circolare. L’idea si deve scontrare con le idee e le abilità degli altri e diventare azione.

Di quale idea di futuro siete innamorati?

*Questo testo è nato grazie a CafFERPI, una conversazione online a cui sono stata invitata per riflettere su temi di comunicazione. Se volete vedere il video del mio intervento, lo trovate nel Gruppo Facebook FERPI Triveneto




COME IL VIRUS HA CAMBIATO LE ABITUDINI DIGITALI DEGLI ITALIANI

COME IL VIRUS HA CAMBIATO LE ABITUDINI DIGITALI DEGLI ITALIANI

a pandemia da Sars-CoV-2, costringendoci a rimanere a casa, ha determinato un mutamento nella percezione dell’utilità della tecnologia e anche delle abitudini della popolazione mondiale.

Ha fatto capire a molti intellettuali, ma anche a semplici superficiali, che i dispositivi connessi non limitano necessariamente le esperienze. Al contrario, in una situazione di limitazione delle esperienze nella quale si acuisce la percezione di ciò che abbiamo perso, possono aiutarci a ricostruire la fisicità perduta e a tenere in vita le relazioni. Soli, ma insieme, grazie alle tecnologia.

Amplificazione di vecchie abitudini e insorgere di nuovi bisogni

L’impossibilità di spostarsi, se non per gli acquisti essenziali, ha amplificato il bisogno di sfruttare la rete per sopperire alle attività che richiedevano la presenza fisica e ha creato nuovi bisogni temporanei. Abbiamo trascorso più tempo a fare cose che facevamo prima, ma abbiamo anche imparato a fare nuove cose, con l’aiuto delle tecnologie di rete.
Ad esempio abbiamo sviluppato un desiderio, quasi spasmodico, di intrattenimento e comunicazione, dettato probabilmente dalla voglia di evadere dalla prigione domestica. Secondo McKinsey, dall’inizio dell’emergenza Covid-19, il 64% degli italiani ha incrementato la fruizione di contenuti online e il 62% l’uso dei videogiochi e le chat.
Allo stesso tempo abbiamo anche iniziato, forzatamente, ad usare alcuni strumenti di apprendimento e di lavoro a distanza. Il 57% ha usato per la prima volta tool per la scuola da remoto e il 42% le videoconferenze per uso professionale (dato più alto rispetto a quello di Francia e Germania). Un buon numero di early adopter anche tra coloro che non avevano mai fatto lezioni online per tenere in forma il corpo e la mente (rispettivamente 38% e 22%).

nuove abitudini italiani Covid-19 mckinsey
Report McKinsey

I servizi internet più usati durante il Coronavirus

Stando a casa è cambiata la modalità di fruizione di internet: è diminuita la quota di utilizzo della rete mobile ed è aumentata la navigazione da desktop. Si usano ancora molto gli smartphone, ma connessi al wifi casalingo e, comunque, vengono preferiti gli schermi più grandi.
Di questo stato di iperconnessione non hanno beneficiato tutti i servizi online. Naturalmente a soffrire di più sono stati quelli che permettono l’organizzazione di viaggi (weroad.it -140% di traffico web a marzo rispetto a gennaio), tra questi tutte le compagnie di trasporto e di noleggio (herz.it -80% di traffico).
Ad esplodere sono state sei tipologie di servizi che rispondono a specifiche esigenze che si sono accentuate in questo periodo.

E-Commerce e Delivery: le aziende al dettaglio già equipaggiate con un ecommerce e appartenenti a settori merceologici essenziali hanno beneficiato di questa situazione di reclusione forzata, anche se hanno dovuto riorganizzare la catena logistica a causa della domanda inattesa.
Gli altri, come l’abbigliamento e la cosmesi, stanno soffrendo. Certamente è cresciuto il bisogno di ordinare cibo a domicilio sia direttamente dai supermercati (Coop, Esselunga, Carrefour hanno avuto incrementi di visite ai siti di oltre il 200% a marzo rispetto a gennaio), sia attraverso gli intermediari (Glovo ha avuto un’impennata di traffico di circa il 100% e Deliveroo di circa il 50%).

ecommerce retail italia traffico coronavirus 2020
Report Similarweb

Informazione: sono cresciuti gli accessi ai siti che permettono di essere aggiornati sull’evoluzione dell’emergenza, anche in maniera dettagliata. A marzo gli accessi a Repubblica.it sono cresciuti del 55%, al Corriere.it del 59% e al Sole 24 Ore del 149%. A beneficiare di un impatto positivo è stata anche l’informazione settoriale, ad esempio OrizzonteScuola.it ha toccato i 5 milioni di utenti unici (+70%) e Zanichelli 1,8 milioni di utenti unici (+154%).

Lavoro/Istruzione: per molti l’attività professionale si è spostata tra le mura domestiche e dunque ci si è dovuti attrezzare per imparare ad utilizzare le piattaforme necessarie per lavorare e imparare a distanza. 
A marzo l’applicazione per videoconferenze più scaricata dagli italiani è stata l’outsider Zoom (oltre 2,3 milioni di volte) che è stata anche quella che ha subìto il maggiore incremento di utenti giornalieri insieme a Hangouts Meet. Ma la più utilizzata dagli italiani rimane Skype, usata quotidianamente da oltre 300.000 utenti Android, seguita da Zoom (120.000).

applicazioni videoconferenza download coronavirus

Intrattenimento: la quota di tempo dedicata a qualche forma di svago o di cura degli interessi personali (hobby, audio/video streaming, videogames, porno) è aumentata e si è polverizzata lungo tutto il corso della giornata.
I dati di marzo della fruizione di contenuti da desktop mostrano che YouTube, con i suoi 33,7 milioni di visitatori unici, è il centro nevralgico dell’intrattenimento perché permette la massima libertà di costruzione del proprio palinsesto.
Seguono Mediaset.it (17,9 milioni di visitatori unici) e Sky.it (13,6 milioni). Più in basso RaiPlay (6,7 milioni), La7.it (6,6 milioni). Tra gli over the top Amazon Prime Video ha attratto ben 6,3 milioni di visitatori da desktop probabilmente perché molti si sono accorti che era compreso nel proprio abbonamento Prime. Netflix ha ricevuto 4,9 milioni di visitatori da desktop, ma rimane leader tra le app di streaming.

Comunicazionel’utilizzo delle app dedicate alla messaggistica istantaneaper rimanere in contatto con parenti e amici, non è cresciuto in termini di tempo speso, ma si è allargata l’arena competitiva e la base degli utilizzatori nel giorno medio.
Anche in questo periodo di isolamento la chat preferita dagli italiani è stata WhatsApp, stabile in termini di utenza giornaliera, ma unica a crescere in termini di tempo si utilizzo (55 minuti a persona al giorno). Hangouts, la chat consumer di Google, è la sola ad aumentare i suoi utenti quotidiani (su Android).
L’app più scaricata in questa categoria è stata Facebook Messenger (1,6 milioni di download a marzo), seguita a sorpresa da Telegram (1,5 milioni). Marzo segna la comparsa della novità Houseparty con 1 milione di download e una crescita di utenti giornalieri dell’8000%.

Social: non potendo frequentare i luoghi fisici di aggregazione, gli italiani si sono ritrovati nelle piazze della rete. La classifica di preferenza rimane invariata rispetto alla mia analisi annuale, ma ci sono delle novità interessanti. Sono cresciuti i social che incorporano una forte funzione di intrattenimento. A marzo Facebook ha fatto registrare 41 milioni di accessi unici da desktop (+43% rispetto a febbraio). Cresce anche Twitch, il sito di game streaming, che totalizza 25 milioni di visite (+25%).
L’applicazione di gran lunga più scaricata è stata TikTok (oltre 1,6 milioni di volte ossia +50%) seguita da Instagram (oltre 1,1 milioni).
Nel grafico in basso, che mostra la crescita degli utenti giornalieri Android, si nota che TikTok e Twitch sono quelli che hanno incrementato maggiormente la propria utenza (rispettivamente 18,7% e 20,4%).

crescita utenti giornalieri social app marzo 2020

Quando ritorneremo ad uscire dalle nostre case per riprendere la routine della vita pre-covid19 l’utilizzo di molti servizi si attenuerà, ma alcune abitudini rimarranno perché l’ostacolo psicologico all’utilizzo è stato rimosso, anche se forzatamente. L’insegnante avrà meno timore a organizzare una video lezione e la casalinga più restia si concederà il lusso dell’home delivery, dopo una giornata faticosa.

* L’analisi sull’utilizzo delle applicazioni è stata fatta considerando i dati Similarweb del Play Store italiano. In Italia Android rappresenta l’83% delle istallazioni mobili (Kantar).




Quel che non vi hanno detto sugli aiuti esteri all’Italia per il coronavirus

Quel che non vi hanno detto sugli aiuti esteri all'Italia per il coronavirus

Si è molto parlato, nelle ultime difficili settimane di pandemia di coronavirus, degli aiuti esteri ricevuti dalle nostre istituzioni. La parola aiuto è stata quella che maggiormente ha riempito le pagine dei giornali, anzi. Tra gli episodi più eclatanti, che hanno scatenato le attenzioni della stampa e diviso l’opinione pubblica, ci sono le spedizioni di personale medico e dispositivi mandate dalla Cina subito dopo l’inizio del lockdown italiano; il personale sanitario inviato da Cuba in Lombardia; i 30 medici e infermieri dall’Albania accompagnati dal premier Edi Rama in persona, e infine i nove voli militari provenienti dalla Russia con a bordo soldati e apparecchiature mediche. Molti di questi aiuti sono stati accolti in pompa magna direttamente dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, all’aeroporto militare di Pratica di Mare.

Nel racconto pubblico (e giornalistico) ha genericamente prevalso – soprattutto in alcuni casi – il frame della solidarietà internazionale: d’altronde di aiuti si tratta, no? A ben vedere, tuttavia, col proverbiale senno del poi – e alcune inchieste arrivate negli ultimi giorni – vale la pena allargare lo sguardo, per collocare le mosse di questi paesi nei loro contesti politici, che non sempre si sposano al meglio con la vulgata dello stato povero ma dal cuore grande.

I voli russi pagati dall’Italia

L’ex capo politico del M5s Di Maio si è ritrovato coinvolto in un’inchiesta de La Stampa secondo la qualeil costo dei voli dalla Russia sarebbe stato interamente pagato dal governo italiano. Il costo dei voli, secondo la stima più bassa possibile, sarebbe di almeno 500mila euro. Il Foglio, inoltre, citando una fonte militare italiana, ha sottolineato come i mezzi giunti a Pratica di Mare e poi fatti circolare nel territorio nazionale, in particolare in Lombardia, fossero eccessivi rispetto al carico effettivamente trasportato.

“La parte più pesante del carico trasportato dai nove Ilyushin-76 erano mezzi necessari per trasportare i soldati russi e i mezzi per la sanificazione, ma sono tutti mezzi di cui l’Italia già dispone in larga misura: era proprio il caso di trasportarli dalla Russia?”, ha chiesto retoricamente il direttore, Claudio Cerasa.

Garry Kasparov, ex campione mondiale degli scacchi celebre anche dissidente russo, oggi in esilio a New York, ha sottolineato come dietro quegli aiuti possano nascondersi intenzioni propagandistiche. “Quella è un’operazione militare e di intelligence, non certo un aiuto umanitario. Putin, inviando oltre 100 soldati in Italia, si era posto due obiettivi: vincere una campagna di pubbliche relazioni e al tempo stesso installare la propria intelligence sul territorio di un paese Nato” – ha spiegato lo scacchista sempre a La Stampa – “Putin sta affrontando la crisi globale della pandemia come una guerra ibrida, in cui si esporta instabilità in un momento di crisi per l’Occidente”. Una sorta di operazione propagandistica su larga scala, accolta con entusiasmo da partiti come il M5s o la Lega, che non hanno mai fatto troppo per nascondere il loro interesse per possibili alleati a est.

La recita del premier albanese Edi Rama

Un particolare momento di raccoglimento e sdilinquimento nazionale, lo scorso 29 marzo, è stato causato da un video – diventato rapidamente virale – del presidente Edi Rama, primo ministro dell’Albania. “Le sorelle e i fratelli italiani ci hanno ospitati e adottati in casa loro quando l’Albania bruciava di dolori immensi”spiegava il premier albanese con un discorso a effetto davanti alle telecamere della Rai con al suo fianco 30 medici connazionali in partenza per l’Italia, pronti ad affrontare l’emergenza Covid-19. L’Albania sta tuttora gestendo l’emergenza coronavirus in maniera sorprendente, con poco più di 600 positivi, 26 decessi e pochissimi pazienti in terapia intensiva. Ma il suo aiuto al nostro paese, arrivato nel momento più difficile della crisi, ha avuto un enorme valore simbolico: mentre l’Europa dei “paesi ricchissimi” (per usare le parole del premier) stentava a muovere un dito, la piccola Albania decideva di mettersi in moto.

Che quei 30 medici e infermieri albanesi siano, come si dice in questi casi, eroi non ci piove. Del presidente Rama però ha scritto bene Nicola Pedrazzi sul sito specializzato dell’Osservatorio Balcani e Caucaso: “Abilissimo nello sfruttare le debolezze del nostro giornalismo sugli esteri”, l’italofono ministro albanese Edi Rama è “un artista prestato alla politica”, ma anzitutto “un politico controverso, sia dal punto di vista della gestione del potere interno sia per quanto concerne la sua ambigua politica estera”. Oltre a non essere considerato uno stinco di santo (eufemismo) dalle opposizioni – che lo accusano di essersi intestato la spedizione umanitaria a cose fatte, dando un cappello istituzionale a un’iniziativa volontaria di carattere privato – Rama, secondo il giornalista esperto di Balcani Alberto Negri, avrebbe agito per puro interesse economico ed elettorale: “La popolazione albanese in Italia è di circa 500mila persone”, ha scritto Negri sul Quotidiano del Sud, “un quinto di tutta la popolazione albanese, che genera rimesse fondamentali per l’economia di Tirana”, cioè circa 130 milioni di euro nel solo 2017 (più, ovviamente, il sommerso). E quel quinto di albanesi che vivono al di là dell’Adriatico votano, nemmeno a dirlo.

C’è anche un precedente, e nemmeno troppo lontano nel tempo: nell’agosto del 2018, Rama è entrato a gamba tesa nella politica italiana, offrendosi di accogliere venti migranti della nave Diciotti, bloccata al porto di Catania dall’allora ministro degli Interni Matteo Salvini. La mossa anche allora è stata accolta da una commozione bipartisan e grossolane interpretazioni antropologiche, noncuranti del fatto che nessun asilante della Diciotti è mai arrivato in Albania e che il 100 per cento del carico umano di quello sbarco ha raggiunto la Francia, la Germania, il Belgio, quegli “indifferenti paesi europei” – già allora – che nel discorso politico del governo Conte I non avevano dimostrato il cuore e l’europeismo della piccola Albania.

L’Albania di Edi Rama ha da pochi giorni ottenuto l’apertura dei negoziati di adesione all’Ue, con il voto unanime al Consiglio europeo e il supporto diplomatico dell’Italia. In questa congiuntura internazionale favorevole, scrive Pedrazzi, “Rama è tornato a fare quello che meglio ha fatto negli ultimi sette anni di premierato: bucare l’attualità europea”. Con gesti che fanno parlare di lui in patria, e dimenticare la realtà del suo piccolo stato periferico, una democrazia fragile con un parlamento abbandonato dalle opposizioni – che si sono dimesse in massa – e il consenso interno molto basso.

La Croce rossa cinese

La diplomazia statunitense ha espresso preoccupazione per il fatto che la spedizione di massa di forniture mediche dalla Cina verso altri paesi abbia come scopo quello di estendere ulteriormente l’influenza cinese nell’Ue, il maggiore partner commerciale di Pechino.

Questa strategia, di per sé del tutto legittima, potrebbe tuttavia anche essere accompagnata da una vistosa attività di disinformazione, con il leitmotiv dei sistemi democratici che non sono in grado di proteggere i propri cittadini. Secondo un’analisi di Social Data Intelligence, quasi la metà dei post su Twitter pubblicati tra l’11 e il 23 marzo con l’hashtag #forzaCinaeItalia è opera di account automatizzati. E prodotto da un bot è anche oltre un terzo di quelli con l’hashtag #grazieCina. Laura Rosenberger, direttore dell’Alliance for Securing Democracy, ha spiegato come il governo cinese abbia mutuato dalla Russia diverse tattiche della disinformazione via internet con lo scopo di ripulire la propria immagine dopo i ritardi che hanno causato l’esplosione della pandemia a Wuhan.

Ma forse l’aspetto più preoccupante di questa campagna è che uno dei suoi volti principali, la Croce rossa cinese, è una consociata interamente di proprietà del Partito comunista di Pechino. Nelle scorse settimane, la ong ha fornito forniture e competenze mediche ad alcune delle nazioni più colpite dal Covid-19, come Spagna, l’Iran e anche l’Italia.

Il problema è che le ong come la Croce rossa cinese sono stati a lungo uno dei principali strumenti del Pcc, spesso creati e sostenuti dal governo, per dirottare la società civile. Questo patrocinio consente loro di espandersi rapidamente e di promuovere il loro marchio a livello internazionale. Enti di beneficenza privati con elevati standard di trasparenza non mancano in Cina, ma le ong come la Croce rossa cinese giocano con regole a parte, con cellule del partito al loro interno e un rapporto strettissimo con il Comitato centrale. Al tempo degli aiuti, tali entità aumentano a dismisura la loro portata.

Esagerate o no che siano queste ricostruzioni, il soft power di Pechino sembra funzionare. Secondo un recente sondaggio di Swg la popolarità della Cina è vertiginosamente aumentata nell’opinione pubblica italiana nell’ultimo anno, mentre la gli Stati Uniti e l’Unione Europea perdono terreno.




Torneremo a viaggiare? Ripensare il turismo ai tempi del Covid-19

Torneremo a viaggiare? Ripensare il turismo ai tempi del Covid-19

Tra i settori più colpiti dall’emergenza Covid-19 c’è certamente quello del turismo. Secondo un’indagine condotta da Confturismo-Confcommercio, l’Italia, tra le mete europee più gettonate, dal primo marzo al 31 maggio ospiterà 31,625 milioni di turisti in meno con una perdita stimata di 7,4 miliardi di euro.

Un dato che innesca una serie di reazioni a catena e determina conseguenze importanti. Ad esempio, Astoi Confindustria Viaggi, l’associazione che rappresenta i tour operator italiani, prevede un progressivo ritorno alla normalità solo nel 2021, con una perdita di fatturato nel settore che potrebbe oscillare dal 35 al 70%. La preoccupazione monta anche all’interno delle organizzazioni locali che, con il passare del tempo, temono un peggioramento del fatturato rispetto al 50% precedentemente prefissato.

Il quadro, dunque, sembra essere poco confortante e non solo a livello nazionale. L’Untwo, l’Organizzazione mondiale del turismo, prevede un crollo del 20-30% degli arrivi di turisti internazionali nel 2020 rispetto allo scorso anno. Se così fosse, le percentuali si tradurrebbero in un calo equivalente a sette anni di crescita del comparto.

COME PREPARARE LA RIPARTENZA

Anche questi pochi dati dimostrano, dunque, quanto sia importante intraprendere delle azioni immediate per ridurre i rischi di una marginalizzazione a lungo termine di un settore così importante per il nostro Paese, con una strategia di ripresa una volta che anche questa emergenza sarà finita. Perché ci sarà una ripresa, è solo questione di tempo e di comunicazione. Come ho già avuto di spiegare in questa rubrica, alcuni settori sono certamente più sensibili all’emergenza Covid-19 e sono stati costretti a convertire il proprio business online e a cambiare la propria strategia comunicativa.

Come riportato da un articolo recentemente pubblicato da Aspen, internet è improvvisamente diventato più rilevante, per fare acquisti, per informarsi, per lavorare. Joy Marino, presidente del Milan Internet Exchange, centro di smistamento del traffico tra i vari operatori, ha reso noto che a partire dal 10 marzo scorso il traffico sulle macchine del Mix è aumentato da 0,75 a 1,1 terabit al secondo. Dunque, settori come quello del turismo, già da subito, per cercare di tutelare il proprio business, dovrebbero monitorare e fornire informazioni dettagliate ai turisti attraverso i social e gli strumenti digitali; investire in azioni di marketing territoriale; riflettere sulle offerte proposte; costruire e rendere forte la rete di operatori e la comunità di riferimento preparando la ripartenza.

SFRUTTARE LA RETE PER UNA COMUNICAZIONE TEMPESTIVA

È infatti importante che gli strumenti digitali vengano sfruttati in tutti i modi per dare comunicazioni chiare, trasparenti e, soprattutto, tempestive, relativamente a quanto sta accadendo sul territorio in merito alle variazioni turistiche. Questo costante monitoraggio e questa costante informazione devono essere affiancati da una buona strategia di marketing che, a sua volta, deve essere suggellata da una incisiva strategia comunicativa. Un esempio di quanto può essere fatto in questo settore, attraverso l’engagement dei propri clienti e campagne di comunicazione online, è il Gruppo Alpitur con la campagna “Alpitur è con te” lanciata a febbraio. Riflettere sulle proposte offerte è fondamentale per ingaggiare quanti più clienti o potenziali tali.

Per questo motivo, come si legge su un articolo di Prima Online, il messaggio e gli obiettivi della campagna di Alpitour sono stati finalizzati a rassicurare i propri clienti, comunicando la flessibilità dell’offerta, senza puntare su riduzioni economiche o promesse che, probabilmente, non potrebbero essere mantenute. Secondo Alpitur, infatti, in questa fase di incertezza, le persone non sono alla ricerca di uno sconto, ma di una rassicurazione e di una parvenza di normalità e quotidianità che le faccia evadere da questo clima di incertezza. È importante, inoltre non abbandonare i nuovi clienti, ma reinventarsi e continuare a comunicare costantemente con loro anche in un periodo di crisi. Alla luce di ciò, Alpitur ha quindi garantito la prenotazione di viaggi in tranquillità perché in grado di assicurare, fino a due settimane prima, annullamenti senza alcuna penale. La campagna di comunicazione sembra aver dato i suoi frutti raggiungendo oltre 3,5 milioni di persone, con oltre 12 milioni di Impression e più di 40 mila interazioni sotto i post.

CONTRO L’INCERTEZZA BISOGNA TRASMETTERE COMPETENZA E FLESSIBILITÀ

Un altro aspetto cruciale per il settore del turismo in questo momento di crisi è il ruolo della comunicazione interna, ovvero la comunicazione con i propri agenti e dipendenti per i quali, molto spesso, l’annullamento di un viaggio può diventare un momento di conflitto con il cliente. Trasmettere informazioni chiare ai propri dipendenti è, più che mai, fondamentale. Attraverso una serie di strumenti e linee guida fornite dalla stessa azienda, i dipendenti saranno in grado così di gestire il cliente in una fase d’incertezza, trasmettendo professionalitàcompetenza e flessibilità, caratteristiche fondamentali in questo momento. Inoltre, è importante mandare segnali di apertura e disponibilità, il cliente si sentirà di poter condividere i propri dubbi solo se inserito in un contesto che glielo consente.

LE AZIENDE DEVONO REINVENTARSI SENZA ABBANDONARE IL CLIENTE

Infine, è cruciale, in questa fase di lockdown, prevedere subito una ripartenza. Come ho avuto modo di dire più volte, si ripartirà, certamente con lentezza e misurandoci con dei mercati molto diversi rispetto a quelli a cui eravamo abituati, ma si ripartirà e per farlo al meglio è necessario programmarlo fin da questo momento. Sarà necessario portare avanti le giuste campagne di comunicazione e di marketing, ingaggiare il proprio target ed espandere la propria rete attraverso il supporto della comunità locale e degli stakeholder di riferimento. Non sarà possibile, fin da subito immaginare in che modo l’attività potrà riprendere. Potremo accedere ai musei o partecipare a tour guidati? Viaggiare in Europa senza problemi? Alloggiare nelle strutture alberghiere desiderate? Tutto questo è difficile prevederlo, per questo è necessario che le aziende del settore si reinventino e non abbandonino il cliente: tour virtuali gratuiti online, webinar in cui esperti raccontano posti esotici, è questa la comunicazione fruttuosa in un periodo di incertezza.

In conclusione, seppur sia difficile immaginare il futuro del settore turismo, è necessario mettere in atto alla giusta strategia comunicativa che sia in grado di comunicare flessibilità e disponibilità e sia completata da profonda professionalità e competenza. Non abbandonare i propri clienti e reinventarsi attraverso gli strumenti digitali potrà certamente aiutare a riprendere l’attività quando l’emergenza sarà finita, ma tutto questo deve essere accompagnato da una precisa e costante comunicazione interna che sia in grado di legare territori, clienti e dipendenti.