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E-Distribuzione, con la street art le cabine elettriche diventano opere d’arte

E-Distribuzione, con la street art le cabine elettriche diventano opere d'arte

La street art è per definizione un paradigma artistico di rottura, che libera energia creativa in grado di riscrivere il volto di intere aree e quartieri; rappresenta di fatto una gentrificazione gentile ma di impatto, possibile grazie al talento e all’immaginazione degli artisti.

Le potenzialità della street art come elemento di innovazione e riqualificazione per il territorio sono state intercettate anche da E-Distribuzione, la più grande società in Italia nel settore della distribuzione e misura di energia elettrica. La materia prima, dopotutto, non manca: sono numerose infatti le infrastrutture elettriche, come le cabine secondarie, che possono trasformarsi in opere d’arte grazie all’immaginazione di artisti e writer.

Le cabine, che già svolgono un ruolo fondamentale per garantire il servizio elettrico, possono diventare anche elementi di pregio estetico integrati sempre di più nel paesaggio, dimostrando che gli impianti di trasformazione sono tasselli vitali del territorio, che possono evolvere nel tempo.

E, come dimostrato in molti casi, il cambiamento può contribuire a una ripartenza anche in un momento critico.

A Genova, E-Distribuzione ha messo a disposizione dell’artista Zedz un muro perimetrale da 500 metri quadrati della Cabina Primaria Quadrivio sul Polcevera. L’artista, nell’ambito del progetto On The Wall realizzato dal Comune con l’associazione Linkinart per la riqualificazione di Certosa, il quartiere che ha assistito al crollo del Ponte Morandi, ha realizzato un murales che ha per tema La gioia.

Altri artisti internazionali hanno aderito al progetto On The Wall, la scorsa estate, a un anno esatto dal crollo del ponte.

Grazie a una superficie ampia, che si fa già notare per le dimensioni, Zedz ha potuto far esplodere la sua ispirazione, con un’opera che si impone grazie a scelte cromatiche vitali, una miscela di arancione, celeste, grigio molto urban. Anche una importante infrastruttura elettrica può quindi dire la sua nel paesaggio e contribuire a generare nuove e più positive adesioni identitarie.

I valori di vicinanza, sostenibilità e innovazione per il territorio sono stati sposati da E-Distribuzione anche in occasione della 102esima edizione del Giro d’Italia, corsa a tappa nazionale ma amata in tutto il mondo. Per l’occasione sei cabine, situate lungo il percorso della carovana ciclistica, sono state trasformate in opere artistiche, con quel tocco rosa che da sempre connota uno degli eventi più amati dagli italiani. A realizzarle giovani artisti, come il writer bolognese Casciu o il lodigiano Geometric Bang: le cabine riviste in chiave creativa hanno offerto un nuovo punto di vita al pubblico in attesa della corsa e agli stessi atleti che hanno preso parte alla competizione. La velocità, il paesaggio, i colori delle maglie, l’energia per arrivare al traguardo hanno rappresentato un’ispirazione forte per le opere.

Un ulteriore progetto ha dimostrato che le infrastrutture di E-Distribuzione possono diventare baluardi artistici, e di comunicazione di un messaggio, al territorio. L’azienda ha infatti lanciato anche il progetto E-Distribuzione per la montagna, mettendo in gioco alcune cabine lungo il percorso territoriale che lega Veneto e Friuli Venezia Giulia, nei territori colpiti nel 2018 dalla violenza della tempesta Vaia.

Selva di Cadore, Sappada e Sauris in Friuli Venezia Giulia sono alcune delle località che ospiteranno le installazioni (la prima è stata inaugurata lo scorso 22 ottobre a Selva di Cadore).

Al momento il progetto di street art ha interessato oltre 170 cabine su tutto il territorio nazionale, ma le pennellate di E-Distribuzione continueranno ad allargarsi a macchia d’olio, valorizzando gli elementi infrastrutturali della rete e mettendo in luce il talento di molti artisti. Un’arte che vivacizza e dà nuova energia ai quartieri e agli angoli più grigi delle città, trasformando in un vero e proprio museo a cielo aperto i nostri territori.




In fuga da TikTok. Chi ha paura dal soft(ware) power della Cina?

In fuga da TikTok. Chi ha paura dal soft(ware) power della Cina?

Il ban in India, la mail di Amazon, il divieto di scaricarla per lo staff del Partito Democratico e di quello Repubblicano. Da diverse settimane l’app è al centro di un fuoco incrociato

«L’Australia e l’India hanno bannato TikTok. Credo che verrà bannato presto anche qui. Se non mi seguite su Instagram e YouTube andate a seguirmi ora». Flower Friendly ha 1,2 milioni di follower su TikTok. Vive in California e si sposta su una vecchia ambulanza riadattata a camper. Come occupazione principale intreccia dreadlocks per i suoi clienti ma con TikTok stava cominciando ad acquisire popolarità. Almeno fino ad oggi, visto che in uno dei suoi ultimi video chiede ai follower di spostarsi su altre piattaforme.

Pochi giorni fa Tyler “Ninja” Blevins, streamer conteso tra Amazon e Microsoft, ha annunciato la cancellazione di TikTok da tutti i suoi dispositivi. Troppo grandi i rischi collegati alla sicurezza: «Speriamo che un’azienda meno invadente e che non sia di proprietà della Cina possa ricreare legalmente lo stesso concetto di app». Cosa sta succedendo alla piattaforma sviluppata dalla cinese ByteDance che fino a poche settimane fa sembrava pronta far tremare l’impero di Facebook?

Il vostro primo social cinese

In origine fu Musical.ly, una piattaforma di condivisione video nata a Shanghai. Con 200 milioni di utenti, Musical.ly si basava quasi esclusivamente sui lip sync: si sceglieva un audio (tendenzialmente una canzone) e si registrava un video in playback. L’app era riuscita a superare la Grande Muraglia ma la sua diffusione si era fermata agli utenti più giovani.

Nel novembre del 2017 ByteDance ha comprato Musical.ly (e tutti i suoi utenti). È da qui che è partita la scalata di TikTok. Partendo dal pubblico di Musical.ly, l’app è riuscita a fare il “salto di specie”, allargandosi oltre la Cina. Secondo una stima fornita da Hootsuite e We Are Social nel gennaio 2020 TikTok ha raggiunto gli 800 milioni di utenti attivi, con un’età media sempre più alta.

India, Amazon e gli staff elettorali: tutti i ban

Secondo un’anticipazione della Cnn i comitati elettorali del Partito Democratico e del Partito Repubblicano avrebbero chiesto ai membri dei loro staff di non utilizzare TikTok durante la campagna elettorale che porterà alle elezioni per il presidente degli Stati Uniti. E il livello di attenzione è alto anche in altri ambienti.

Amazon ha chiesto ad alcuni suoi dipendenti di togliere TikTok dai loro smartphone. Un sollecito arrivato direttamente via mail, come riportato da New York Times. Dopo poche ore l’azienda è tornata sui propri passi, senza fornire troppe spiegazioni: «Questa mattina è stata mandata per sbaglio una mail ai nostri dipendenti. Al momento non ci sono cambiamenti nella nostre policy riguardo TikTok».

Fermare l’app in un’intera nazione non è poi così impossibile. In India TikTok aveva 120 milioni di utenti attivi eppure è stata bannata insieme ad altre 58 app cinesi. Una rappresaglia digitale nata da un conflitto tra Pechino e New Dehli per la proprietà di un territorio di confine.

L’ultimatum di Anonymous: «Cancellate subito l’app»

Ma non c’è solo la politica estera. Negli ultimi giorni anche il gruppo Anonymous è intervenuto sul tema, senza usare nessun giro di parole. Gli hacker hanno lanciato l’allarme: «Cancellate TikTok; se conoscete qualcuno che la sta usando spiegate loro che essenzialmente si tratta di un malware gestito dal governo cinese per portare a termine uno spionaggio di massa».

Le risposte di TikTok

Open ha contattato TikTok per capire quale fosse la posizione dell’app in mezzo a questo fuoco incrociato. Al momento non è stato possibile parlare con un dirigente ma l’azienda ha fornito comunque delle risposte ufficiali, a partire dalle analisi riportate da Anonymus: «Valutiamo molto seriamente queste affermazioni, per tale ragione stiamo procedendo a una revisione completa che ha rivelato come molte di esse siano inaccurate o riflettano analisi o versioni precedenti dell’app che, in alcuni casi, sono obsolete».

Chiara anche la posizione sulla possibilità di fornire i dati degli utenti al governo cinese: «TikTok è guidata da un amministratore delegato americano, con centinaia di impiegati e figure chiave per quanto riguarda la sicurezza, la protezione, il prodotto e le politiche pubbliche, che operano qui negli Stati Uniti. La nostra priorità assoluta è promuovere un’esperienza sicura e un luogo protetto per i nostri utenti. Non abbiamo mai fornito dati degli utenti al governo cinese, nè lo faremmo in caso di richiesta».

Il peso del soft(ware) power

OPEN | Alessandro Aresu

Allievo del filosofo Massimo Cacciari, Alessandro Aresu è l’autore di Le potenze del capitalismo politico: Stati Uniti e Cina (La Nave di Teseo), un volume che affronta il conflitto in atto fra questi due sistemi economici e politici. È lui a spiegare qual è il peso della diffusione di TikTok nella terra dove sono stati programmati tutti i social che usiamo in Occidente:

«È importantissimo. Il conflitto tecnologico fra Pechino e Washington è una costante del nostro tempo. Se analizziamo le maggiori app diffuse in questo momento vediamo già una divisione in due sfere: in Cina le app cinesi, negli Stati Uniti, e in molti altri Paesi, quelle statunitensi. TikTok è la prima app che dalla Cina varca questo confine»

L’importanza del piano tecnologico in questo conflitto si legge anche sul terreno del 5G, con il bando a Huawei imposto alle aziende statunitense e suggerito ai Paesi alleati:

«Il primato tecnologico è condizione del primato mondiale. La possibilità che degli standard tecnologici globali, come nel caso di Huawei per il 5G, vengano decisi, o codecisi, da una potenza straniera, presenta un rischio per la sicurezza del Paese. Non è nemmeno una questione solo tecnologica ma proprio di sicurezza nazionale»

Lo scontro tra Stati Uniti e Cina per questo nuovo soft power, non è certo cominciato con TikTok. Già nel febbraio 2018, l’Fbi e la Cia chiedevano al Senate Select Intelligence Committee di non usare i dispositivi prodotti da Huawei e Zte. Ora, con la pandemia in corso, la battaglia è solo più diretta:

«Il Coronavirus ha sgomberato un po’ di ipocrisie reciproche. Ha esposto delle fragilità del sistema statunitense che, come sappiamo, si trova ancora in una situazione molto complessa nella lotta al virus. Dall’altra parte è emersa anche una delle fragilità più importanti della Cina. Con questa epidemia gli Stati Uniti stanno rafforzando la loro politica in Asia in ottica anticinese, mostrando così quanto siano deboli i rapporti di Pechino con il suo vicinato»

Foto di copertina: Illustration by Murat Kalkavan from Icons8




Leroy Merlin: «Gli acquisti diventano solidali»

Leroy Merlin: «Gli acquisti diventano solidali»

Parte «(Ri)Generiamo», un’impresa benefit nata dalla collaborazione di Leroy Merlin con cooperative sociali e associazioni solidali

Si può. Può non essere un’utopia: imprenditorialità e sostenibilità possono convivere in modo produttivo, creando un punto di incontro tra profit e non profit. Nasce così (Ri)Generiamo, un’impresa benefit nata dalla collaborazione di Leroy Merlin con cooperative sociali e associazioni solidali. «Oggi, l’opportunità delle società benefit e delle cooperative, come è accaduto nel secondo dopoguerra, può essere un’idea vincente per creare un’intera nuova generazione di imprenditori orientata allo sviluppo sostenibile» ha spiegato l’economista Enrico Giovannini, fondatore e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), «proprio la sostenibilità in tutte le sue sfaccettature, unita alla capacità di cooperazione tra imprese di diversa natura, può rappresentare la chiave di volta per affrontare simultaneamente la contingente questione economica e sociale».

E così, Mauro Carchidio, direttore immobiliare e sviluppo sostenibile di Leroy Merlin Italia, spiega che: «Con (Ri)Generiamo vogliamo dare vita a un modello di business realmente sostenibile, capace di includere le persone e di realizzare prodotti che abbiano un valore sociale importante, attraverso i quali coinvolgere e rendere partecipi i nostri clienti».

Nascono allora GenerAtelier, una rete di sartorie sociali che realizza mascherine, shopper e prodotti per l’arredo tessile, ricavandoli da scarti di tessuti certificati, già in vendita dall’1 agosto in tutti i negozi Leroy Merlin. Parallelamente, anche nel settore «green», sono stati messi a punto due progetti: FormidAbili, un’iniziativa che prevede la fornitura di servizi per la cura del verde, attraverso l’inclusione e la valorizzazione di persone con disabilità e che prende il via in fase sperimentale nei punti vendita di Roma Fiumicino e Torino Moncalieri, e Terra Inclusiva che, grazie al coinvolgimento del VivaIO di Agricoltura Capodarco, si occupa invece della produzione di piante aromatiche attraverso l’integrazione di persone con disabilità mentali e psichiche.

L’obiettivo è quello di promuovere un’economia che valorizzi, in un’ottica imprenditoriale, le persone nella loro diversità e le renda protagoniste nell’attuale sistema di mercato. Le società benefit hanno infatti  l’obbligo di integrare nel proprio statuto, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sull’habitat: non sono imprese sociali o enti caritatevoli, ma rappresentano un’evoluzione dei modelli tradizionali di impresa.

«La pandemia è un evento storico che ci ha messo di fronte alla necessità di compiere un cambio epocale», ha dichiarato durante la conferenza stampa suor Alessandra Smerilli, direttrice comitato scientifico della Scuola di Economia Civile e consigliere dello Stato Vaticano, «Nell’ambito dell’economia, è importante pensare a un’azione di reset, più che di restart. Dobbiamo lavorare per preparare il futuro, quindi è importante dimostrare al mondo come sia possibile fare impresa in un modo differente dal passato. L’Italia sta dimostrando grande effervescenza nel settore delle società benefit, per questo è necessario fare rete e intraprendere un cammino insieme».




Extreme annuncia il Corporate Social Responsibility Council: alla guida Kimberley Basnight e Katy Motiey

Extreme annuncia il Corporate Social Responsibility Council: alla guida Kimberley Basnight e Katy Motiey

Extreme Networks annuncia la formazione del Corporate Social Responsibility Council per promuovere lo sviluppo sostenibile, gli investimenti di tipo filantropico e la crescita dei dipendenti, sia all’interno che all’esterno dell’azienda. A guidare la nuova struttura saranno Katy Motiey nel ruolo di Chief Sustainability Officer, che si aggiunge a quello di Chief Administrative Officer, e Kimberley Basnight in quello di Head of Diversity and Inclusion, che si aggiunge a quello di Chief of Staff/Of

“Nel corso della loro carriera, anche all’interno di Extreme, sia Katy che Kimberley hanno sostenuto progetti di responsabilità sociale e ambientale. Katy ha promosso la creazione del Women’s Council, ha sostenuto l’investimento in Bloom Energy, con una importante riduzione dell’impatto ambientale della nostra sede in California, e ha inserito le attività di responsabilità sociale tra gli obiettivi di Extreme per l’anno fiscale 2020. Kimberley è stata particolarmente attiva all’interno del Women’s Council, e ha promosso la creazione di un gruppo di supporto per i dipendenti Extreme Afro-Americani e Neri”, ha affermato Ed Meyercord, President e CEO di Extreme Networks.

Katy Motiey ha oltre 25 anni di esperienza in ambito legale e delle risorse umane. In Extreme dal 2015, si è occupata di corporate governance, fusioni e acquisizioni, licenze e contratti, sostenibilità, patrimonio immobiliare, e aspetti occupazionali. Nel 2018, è stata tra i promotori del Women’s Leadership Council di Extreme, ed è tra i principali sponsor della partnership con l’American India Foundation, un’organizzazione non-profit che ha il compito di accelerare il cambiamento sociale ed economico in India. Nel ruolo di Chief Sustainability Officer, guiderà le strategie e le attività di Extreme nell’ambito della sostenibilità.

Kimberley Basnight ha oltre 20 anni di esperienza nella gestione di programmi di management, pianificazione strategica, e gestione del cambiamento. Nel ruolo di Head of Diversity and Inclusion, avrà il compito di stimolare il cambiamento per tutti gli aspetti legati alla diversità e all’inclusione. In Extreme dal 2016, Kimberley ha lanciato il programma Black at Extreme, per promuovere la diversità sul posto di lavoro attraverso le differenze culturali, etniche e razziali, con programmi per l’inclusione nelle attività di ricerca del personale e lo sviluppo professionale.




CONTRO IL PESSIMISMO

CONTRO IL PESSIMISMO

Conosci l’hotel Abisso?

Per i frequentatori della filosofia è facile rispondere, per gli altri un po’ meno ma tutti – prima o poi – siamo chiamati a fare i conti con il pessimismo e l’opacità della visione.

La suggestione dell’Hotel l’ho recuperata da una provocazione letteraria di György Lukács: “una parte considerevole della migliore intellighenzia tedesca, fra cui lo stesso Adorno, ha preso alloggio (…) presso il ‘Grand Hotel dell’Abisso’, un ‘bell’Hotel, fornito di ogni comfort, sull’orlo dell’abisso, del nulla e dell’insensato. E la visione giornaliera dell’abisso, tra produzioni artistiche e pasti goduti negli agi, può solo accrescere la gioia procurata da questo raffinato comfort”. *

Persino per il ventennale della morte di Adorno, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici organizzò una fotografica a Palazzo Serra di Cassano utilizzando, come titolo proprio il motto di Lukacs.

Il suo spunto polemico è dotto, efficace, sintetico: forse è il primo espediente utilizzato per apostrofare una corrente di pensiero, quella degli apocalittici francofortesi.

Il tema, dunque, è il pessimismo, l’appetito nichilista, la pratica della disperazione creata ad arte.

Nell’informazione e nella comunicazione talvolta si incappa in tecniche deepfake che trasformano la realtà in fiction e revenge porn; c’è troppo bookbullismo, troppi falsetti, troppe funzioni bucoliche nella comunicazione pubblica.

Troppo anche per gli apocalittici, quelli blasonati e seri, di cui si occupò Lukacs.

Ad ogni buon conto, per dirla con Foucault «croyez-moi, la déraison es tout aussi oppressive».

Usciremo dal Covid prima o poi e l’atteggiamento che tornerà utile (lo dico ora per allora) sarà proprio l’ottimismo, necessaria medicina per ricostruire.

Vorrei trovarmi altrove rispetto a chi si crogiola in atteggiamenti acrimoniosi, chi gode del feticismo pessimista, chi lagna in continuazione da petulante manierista.
Ciò non significa abbandonarsi al positivismo ingenuo. Anzi, ciò che raccomando (anche) alla mia scrittura è persino un sano senso del dramma.

Preciso meglio il contorcimento: serve una narrazione con personaggi conflittuali, ritratti in situazioni di conflitto.

O detto meglio e in modo franco: vorrei lavorare per una comunicazione che scavi nei personaggi, che sappia ricondurre alla razionalità attraverso i rituali, la descrizione dei dolori, le scelte, i destini (che sono gli elementi costitutivi del dramma).

Una comunicazione che superi gli eccessi della banalità, che non si concentri sulle colpe. Che proponga guarigioni efficaci e ci allontani dai comportamenti irrazionali.

In questo, la comunicazione intesa come pubblico servizio ha un senso liturgico di processo espiativo che può condurre al famigerato bivio, dove la via d’uscita non deve essere mai banale e istintuale, dove è possibile determinarsi in scelte misurabili.
Nel dramma, fatalismo e passività non vi trovano posto.

Ecco, l’ho detto.

Vorrei (dovrei) salvaguardare l’insuperabile profilo fattuale della realtà e della libertà della persona come unici baluardi incomprimibili perché nel mezzo c’è la storia con le sue complicate – ma fondamentali – contraddizioni.

Lo ripeto: serve una visione drammatica della realtà (non il banale pessimismo fine a se stesso), che sveli il senso ultimo delle relazioni e restituisca il gioco dei ruoli.

Si deve cambiare e in fretta per evitare che il comunicatore nostrano si trasformi in un addetto al necrologio.

Il dramma, non il pessimismo.

La passione per le contraddizioni, non l’omologazione viscida.

L’etimo irriducibile, non la damnatio memoriae.

Dunque, nessun Hotel Abisso, almeno per noi.

«La tragedia attraverso la pietà e il terrore produce la purificazione (catarsi) da simili emozioni» Aristotele, Poetica 1449b.

Grand Hotel „Abgrund”, Világosság, no.8/9, 1977, p.572-79; trad. it. in La responsabilità sociale del filosofo, a c. di V. Franco, Pacini Fazzi, Lucca 1989