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Come usare le mappe mentali per avviare un nuovo progetto

Come usare le mappe mentali per avviare un nuovo progetto

Scopriamo da dove partire per usare questo strumento prezioso per la pianificazione di ogni progetto

Dopo un periodo di stasi come quello che abbiamo vissuto, riprendere i progetti sospesi sembra la cosa più difficile da fare. Cala la notte, e come ogni sera, ci rigiriamo nel letto in preda a un vortice di pensieri. Riusciremo davvero a raggiungere tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati a inizio anno? Certo è che questi mesi non ci hanno aiutato per niente, e nell’aria si respira ancora un certo timore, più che altro paura di ripartire, con il dubbio che una possibile, nuova paralisi sia dietro l’angolo. Perché, in fondo, chi poteva prevedere tutto ciò? 

Ma stare fermi ad aspettare che il prossimo ostacolo piombi improvvisamente sul nostro cammino non ci aiuterà, e quando ci dicono che è tutta questione di punti di vista, lo è davvero.

Forse non siamo ancora realmente pronti a camminare, ma è passo dopo passo che si costruiscono le cose, dopo una caduta ci si rialza, dopo il temporale arriva l’arcobaleno, e dopo una pausa si ricomincia a vivere, anche se adesso abbiamo più l’impressione di sopravvivere. Una lunga ripresa ci aspetta, ma come possiamo raggiungere i nostri obiettivi e avviare nuovi progetti?

Un modo c’è, possiamo avvalerci delle mappe mentali.

competenze

Cosa sono le mappe mentali

La maggior parte dei progetti inizia con lo stabilire un obiettivo, che sia creare un nuovo sito web, scrivere un libro o pianificare una vacanza. Gli obiettivi non sono difficili da definire, ma il bello viene quando non riusciamo a capire come raggiungerli.

Un’idea per semplificare i processi necessari per arrivare al nostro scopo è quella di utilizzare le mappe mentali. Per quale motivo?

Facilitano la suddivisione dei passaggi da fare riducendoli in attività realizzabili. Accendono la creatività, aiutano a generare e a catturare idee e ci consentono di valutare più opzioni in modo da poter prendere le decisioni migliori.

Ma cosa sono le mappe mentali?

Sono uno strumento prezioso per la pianificazione di un progetto. Promuovono un libero flusso d’idee, un po’ come avviene durante un brainstorming. Si parte da un concetto centrale, che riguarda l’obiettivo da raggiungere e mano mano si creano delle associazioni di concetti che, a primo impatto, sembrano totalmente scollegati con il nostro piano finale. Si lascia vagare la mente dove vuole e lungo la strada, si raccolgono nuove intuizioni in un diagramma: quello schema è la mappa mentale, una rappresentazione grafica del nostro libero pensiero.

Le mappe mentali hanno una struttura gerarchica e associativa. Gerarchica perché si serve di rami per collegare ciascuno elemento all’altro. Associativa perché opera tramite associazioni di concetti. Furono inventate per caso, come accade quasi sempre per le cose più geniali, dallo psicologo cognitivista Tony Buzan.

Come funzionano le mappe mentali

La creazione di una mappa mentale in sostanza è piuttosto semplice. Si comincia con un cerchio in cui inserire l’argomento centrale, e da lì partono tutte le associazioni delle più svariate idee che ci vengono in mente. Includeremo argomenti secondari, i rami e tutte le connessioni di cui abbiamo bisogno. Possiamo rappresentarla su un foglio con penne e pastelli di diversi colori, su una lavagna o tramite degli appositi software disponibili, sia gratuiti che a pagamento. 

Questi programmi ci consentono di trascinare e rilasciare bolle e sezioni su diverse aree della mappa o su altri argomenti, facilitando il collegamento dei diversi concetti in qualsiasi momento. Ci permettono di allegare file e collegarci a diverse fonti. Inoltre possiamo invitare anche altre persone a parteciparne alla creazione e a collaborare con noi. Possiamo commentare il progetto e comunicare con tutti i partecipanti tramite chat.

Ovviamente, una volta terminato, possiamo condividere il tutto esportandolo come immagine, PDF o presentazione.

Credits: Zapier

Quali progetti realizzare con le mappe mentali

Quasi tutti i progetti, sia personali che professionali, beneficiano della mappatura mentale nelle loro fasi iniziali, soprattutto quando si ha un obiettivo ma non un piano per raggiungerlo, o quando dobbiamo collaborare e raccogliere idee da tante persone. 

Lavorare in team

Se dobbiamo portar avanti un progetto con il nostro team, la stesura di una mappa mentale potrà esserci davvero utile. Partiamo da un’idea centrale ossia il nostro obiettivo, un problema, l’argomento o il nome del progetto e collochiamolo al centro della mappa.

Confrontiamoci con il nostro gruppo di lavoro, chiedendo ai nostri collaboratori le loro impressioni. Annotiamo tutto ciò che viene detto, è un momento di ricerca, di raccolta, in seguito ci sarà la fase di revisione. Scriviamo e colleghiamo tutto, tramite dei rami, al concetto principale.

In corso d’opera le cose possono cambiare, possono accadere eventi, importanti revisioni di cui tener conto. Siamo flessibili. Dopo aver terminato la sessione di mappatura mentale, ci sono diversi modi per valutare e utilizzare le idee raccolte, anche attraverso discussioni con commenti, allegati e link di riferimento. Infine possiamo pubblicare la nostra mappa mentale come immagine o presentazione per condividerla e mostrarla a tutti, sia al team che ai clienti.

Ma quali sono effettivamente i progetti che possiamo semplificare attraverso una mappa mentale? Diamo un’occhiata da vicino.

mappe mentali

1. Definizione dei requisiti del progetto

Perfetto per designer UX, analisti e team di sviluppo

Definito l’obiettivo, che sia sviluppare un’app o perfezionare la user experience per ridurre i tassi di abbandono di un sito, con le mappe mentali cercheremo di capire come raggiungerlo.

Ogni componente del team ha delle soluzioni e attraverso la mappa le metteremo insieme dando a tutti una voce nella direzione del progetto.

Questo brainstorming visivo, ci consentirà di avere davanti elementi che magari non avremmo mai preso in considerazione, sollevando dubbi e domande sin dall’inizio, permettendo di focalizzare e risolvere piccoli ostacoli prima che possano diventar insormontabili.

2. Creazione di una tabella di marcia del prodotto

Perfetto per i product manager.

La mappa è uno strumento molto utile anche per creare una roadmapping, una tabella di marcia, per prodotti di alto livello. I responsabili di prodotto possono essere incaricati della creazione di tabelle di marcia dei prodotti, ma non solo loro.

Le parti interessate, i rappresentanti del servizio clienti, i rappresentanti di vendita e i clienti hanno anche un prezioso contributo su quale direzione dovrebbe prendere un prodotto in futuro.

La mappa mentale collaborativa consente di raccogliere input da più gruppi e di considerare tutto quando si crea una nuova tabella di marcia, rendendo a tutti chiara la strategia da adottare.

3. Sviluppo e perfezionamento di una strategia di marketing

Perfetto per responsabili del content marketing e altri team di marketing

Un’altra funzione essenziale delle mappe è quella di aiutare i team di marketing a valutare meglio le strategie e le tattiche da scegliere in un progetto.

La creazione di una mappa mentale che considera tutte le opzioni rende meno complessa la messa a punto di una strategia, e avere a portata di mano tutte le idee insieme rende più facile selezionare la migliore.

La mappatura mentale consente di raccogliere le idee di tutti per le principali strategie, i canali da indirizzare e le tattiche specifiche da provare.

Inoltre è utile per raccogliere più idee e creare anche una procedura di fallback da considerare in seguito se una delle linee d’azione selezionata fallisce. Questo ci aiuterà a muoverci meglio con le procedure da adottare. 

4. Definire gli obiettivi e le priorità del team

Perfetto per i manager

Possiamo usufruire della mappa per elaborare specifici obiettivi individuali e dipartimentali. Lavorare insieme per rivedere gli obiettivi organizzativi o suggerire quelli che desideriamo definire come team.

Organizzare la mappa pensando a come raggiungere il nostro scopo finale in modo SMART, e tenendo presente l’opinione di tutti.

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5. Definizione di flussi di lavoro e processi

Perfetto per i project manager.

In una piccola organizzazione, i processi sono più semplici: uno scrittore scrive il contenuto e un editore lo rivede e lo pubblica, un CEO lavora direttamente con uno sviluppatore per aggiungere una nuova funzionalità al sito. Ma nelle grandi organizzazioni, i processi sono più complessi.

Prima di cominciare, bisogna documentare i processi complessi e i flussi di lavoro, indicare ai responsabili quali passi adottare, in quale ordine e chi coinvolgere in diverse fasi per assicurarsi che nessuno venga escluso.

Riunire manager e leader di tutta l’organizzazione per una sessione di mappatura mentale per sollecitare input su chi deve essere coinvolto e in quale fase introdurre una specifica risorsa.

Dopo aver raccolto tutto, possiamo organizzare la mappa mentale in un diagramma di flusso ben dettagliato.

6. Gestione di nuovi software

Perfetto per IT support.

L’onboarding relativo a nuovi software non è un processo semplice. Non si tratta solo di installare software e migrare i dati da qualsiasi sistema esistente, ma bisogna anche formare gli utenti su come utilizzarlo, incoraggiarne l’adozione e fornire supporto a chi si approccia a sistemi che non conosce.

In questo caso la mappatura mentale è un modo semplice per identificare i problemi che potremmo incontrare.

Riunire tutti per discutere delle loro maggiori preoccupazioni, consentirà di prevedere e trovare soluzioni ad ogni eventuale impedimento nel riuscire a usufruire dei nuovi sistemi.

7. Pianificare un evento

Perfetto per organizzatori di eventi ed esperti di marketingPoche cose sono complesse come cercare di pianificare un evento, che si tratti di una conferenza di settore o di una festa per piccoli uffici.Una mappa ci darà l’opportunità di focalizzare contemporaneamente i compiti da svolgere e le persone necessarie, creando ordine e affidando ad ognuno il proprio incarico.

8. Creazione di un calendario editoriale

Perfetto per scrittori e content editor

Alzi la mano chi ha elaborato qualcosa di sensato fissando svogliatamente uno schermo vuoto. Leggere appunti che altre persone hanno trascritto, stimola il nostro cervello ad essere più produttivo.

Riunirsi e scambiare opinioni con il nostro team per mettere insieme un calendario editoriale è un modo eccellente per generare idee. Interfacciandosi insieme, riusciremo a sviluppare associazioni e a generare idee che non avremmo mai immaginato stando da soli.

mappe mentali

9. Catturare idee per progetti personali

Le mappe mentali sono efficaci non solo per progetti lavorativi, ma sono decisive anche per progetti personali. Un trasferimento in un’altra città, la pianificazione di un matrimonio, un nuovo lavoro, ogni sogno, ogni progetto può essere rappresentato con una mappa mentale.

Prendiamoci 15 minuti per pensare in modo mirato ai nostri buoni propositi e trascriviamo tutto ciò che ci balena in mente. Possiamo condividere il nostro schema con chi ci conosce bene, e farci aiutare nel definire il tutto.

Una volta completato, osserviamolo con attenzione, revisioniamolo, eliminiamo il superfluo o aggiungiamo qualche dettaglio. Utilizziamo la mappa mentale per elaborare un piano dettagliato del nostro “disegno”, comprese le scadenze.

Come utilizzare un software per la creazione di mappe mentali

Uno dei software più utilizzati è MindMeister, uno strumento che permette la creazione di mappe mentali online che consente di acquisire, sviluppare e condividere idee graficamente.

mappe mentali

Il brainstorming con mappe mentali online è risultato ancora più efficace delle tradizionali sessioni di persona. In effetti, l’uso di mappe mentali online può aumentare l’output creativo di circa il 50%. Dopo aver raccolto le idee, bisogna revisionarne il contenuto. In che modo?

  • Rimuovere gli argomenti con idee inapplicabili;
  • Spostarli e posizionarli nel posto giusto per creare una struttura adeguata dello schema;
  • Aggiungere spiegazioni e dettagli alle idee sotto forma di note, collegamenti, immagini e file;
  • Conferire maggior enfasi agli argomenti scegliendo stili e icone appropriati.

Importante è avviare anche un’analisi di costi e benefici che ci aiuterà a decidere se è davvero una buona idea intraprendere il progetto pianificato. Per eseguire un’analisi costi benefici in una mappa mentale:

  • Aprire una mappa mentale vuota;
  • Creare un ramo per gli obiettivi del progetto;
  • Creare un ramo per le risorse stimate necessarie per eseguire il progetto;
  • Crea un terzo ramo per i benefici previsti.

Successivamente calcolare il valore attuale netto del progetto e usare il risultato per decidere se andare avanti o meno.

Inoltre possiamo riutilizzare questa mappa mentale come tabella di marcia del progetto semplificandola e condividendola con il team e le parti interessate. Una tabella di marcia è un ottimo strumento per rivedere rapidamente gli obiettivi e assicurarsi di essere ancora nei tempi previsti. Ovviamente, possiamo aggiornarla per tutta la durata del progetto se le nostre priorità cambiano o bisogna perfezionare le stime precedenti.

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Gli italiani trascorrono un quarto della loro giornata online

Gli italiani trascorrono un quarto della loro giornata online

A dirlo “Digital 2020”, il report annuale di We Are Social che analizza lo scenario social e digital a livello locale e globale, realizzato in collaborazione con Hootsuite.

l nostro paese registra ancora un trend di adozione in crescita per quanto riguarda Internet, piattaforme social e nuove tecnologie: sono quasi 50 milioni gli utenti che accedono a Internet ogni giorno.YouTube si conferma la piattaforma più attiva, seguita dalla famiglia di app di Facebook (WhatsApp, Facebook, Instagram e Messenger nell’ordine).

A dirlo “Digital 2020”. il report annuale di We Are Social che analizza lo scenario social e digital a livello locale e globale, realizzato in collaborazione con Hootsuite.

La ricerca – alla sua nona edizione – delinea un paese “maturo” nell’utilizzo di Internet e dei canali social: ogni giorno sono 45 milioni le persone che accedono a Internet da mobile e 35 milioni quelle attive sui canali social, utilizzati in maniera sempre più diversificata, a scopo di intrattenimento, informazione, condivisione e conversazione.

In linea con altri paesi occidentali, anche gli italiani stanno sviluppando grande attenzione per temi importanti legati alla vita online, come il controllo della propria privacy e la scelta di fonti di informazione affidabili: più di una persona su due ha espresso preoccupazione per la tematica del trattamento dei dati personali (59%) e per il fenomeno delle fake news (52%).

Le principali evidenze italiane:

Internet

  • sono quasi 50 milioni gli utenti Internet su base giornaliera che trascorrono 
online 6 ore al giorno; 

  • in crescita l’utilizzo della tecnologia voice: il 35% degli utenti Internet utilizza 
almeno un servizio controllato tramite la voce
  • gli italiani ricercano online intrattenimento ma anche “crescita” personale: il 
92% della popolazione guarda contenuti video e il 34% vlog, il 57% ascolta musica in 
streaming, il 39% web radio e il 23% podcast
  • 1 italiano su 7 possiede uno smartwatch o un dispositivo wearable (dato triplicato 
rispetto al 2019, dal 5% al 15%) 

  • in forte espansione il mondo del gaming: 4 italiani su 5 giocano e 1 su 8 segue il live 
streaming di altri giocatori

Social media

  • sono 35 milioni le persone attive sulle piattaforme social: il 98% di loro accede 
da mobile; 

    le persone trascorrono in media sui canali social 1 ora e 57 minuti del tempo 
giornaliero, in aumento rispetto al 2019
  • la piattaforma social più attiva si conferma YouTube, seguita dalla famiglia di app di Facebook. Instagram registra la crescita più evidente anno su anno, dal 55% al 64%
  • in media sono circa 8 gli account per ogni persona

Mobile

  • quasi tutti gli abitanti del nostro paese possiedono uno smartphone (94%)
  • da mobile gli italiani utilizzano soprattutto app di messaggistica (92%), per 
l’intrattenimento e la fruizione di contenuti video (73%), per l’ascolto di musica (52%), per lo shopping (68%) e il gaming (43%)

E-commerce

  • la crescita nell’utilizzo di Internet sta trainando anche l’e-commerce: l’87% degli utenti attivi ha dichiarato di aver cercato online prodotti e servizi da comprare, mentre il 77% ha acquistato online un prodotto nell’ultimo mese

E cosa succede nel mondo?

  • sono 4,54 miliardi le persone online, con quasi 300 milioni di utenti che hanno
  • avuto accesso ad internet per la prima volta nel corso del 2019
  • la metà della popolazione mondiale – 3,8 miliardi di persone – utilizza
  • regolarmente i social media
  • le piattaforme social più attive sono Facebook, YouTube e WhatsApp, e si registra
  • una crescita significativa nell’utilizzo di TikTok con 800 milioni di utenti attivi al mese, di cui 300 milioni fuori dalla Cina

“Il nostro paese registra ancora un trend positivo per quanto riguarda l’aumento delle persone che accedono a Internet e ai social media, ma in questa fase di maturità quello che cambia è l’utilizzo, sempre più diversificato e consapevole. Accanto a realtà come Facebook e Google, che mantengono la loro leadership, emergono nuovi canali che introducono nuove modalità di espressione e fruizione dei contenuti. Un contesto che lancia una sfida a chi si occupa di comunicazione e ai brand che dovranno conoscere profondamente le esigenze delle persone a cui si rivolgono e come si esprimono per stabilire una connessione positiva, a prescindere dalla piattaforma utilizzata”, commentano Gabriele CucinellaStefano Maggi e Ottavio Nava, CEO We Are Social.

I report completi sono disponibili ai seguenti link:
https://wearesocial.com/it/digital-2020-italia
https://wearesocial.com/digital-2020 




Sky Zero, l’impegno del gruppo ad azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2030

Sky Zero, l'impegno del gruppo ad azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2030

Il Gruppo Sky diventerà net zero carbon entro il 2030 tagliando le emissioni di carbonio prodotte dalle persone che usano Sky, dai suoi fornitori in tutti i territori in cui opera e da tutte le sue attività

ky diventerà dunque net zero carbon, rendendo più efficienti da un punto di vista energetico tutti i propri prodotti tecnologici presenti nelle case dei clienti; sviluppando gli studi televisivi e cinematografici più sostenibili al mondo. Rendendo net zero carbon tutte le produzioni originali Sky, i canali TV, gli show ed i film. Inoltre trasformando i 5000 veicoli aziendali in una flotta di veicoli a zero emissioni.

Ma non solo: supporterà le 11.000 aziende che lavorano con Sky, che siano produttori di set top box o della prossima serie TV di successo, al fine di metterli sul giusto percorso per il raggiungimento di emissioni nette di carbonio pari a zero. E poi, piantando alberi, mangrovie e alghe marine, affinché assorbano il carbonio che non possiamo tagliare… per ora. Sky infine richiederà la certificazione dei propri obiettivi al STBi (Science-Based Target Initiative) e pubblicherà il proprio impatto ambientale.

Sky Zero, ne parlano Jeremy Darroch e Maximo Ibarra

“Stiamo entrando in un decennio critico per il lungo percorso verso il miglioramento climatico e tutte le aziende hanno l’opportunità di accelerare il progresso e diventare parte della soluzione”, le parole di Jeremy Darroch, Sky Group Chief Executive. “Ogni business dipende dall’ambiente e abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Dobbiamo agire adesso – perché il pianeta non può attendere.  Abbiamo intrapreso questo cammino e vogliamo portare tutti a bordo. Sky Zero trasformerà la nostra attività, promuoverà il cambiamento e ispirerà i nostri 24 milioni di clienti ridurre a zero l’impatto ambientale insieme a noi “.

“Quello della salvaguardia climatica è un obiettivo chiave per Sky” spiega Maximo Ibarra, Amministratore delegato di Sky Italia. “L’impegno contro il climate change rappresenta uno dei nostri valori identitari. Come media company abbiamo una grande responsabilità nel sensibilizzare le persone e da anni ormai la nostra informazione e la nostra programmazione sono impegnate a spiegare le implicazioni del tema ambientale sul futuro del nostro pianeta. Dopo gli ottimi risultati della campagna ‘Sky Ocean Rescue’, che solo in Italia ha impedito che 35.000 kg di plastica monouso finissero nei mari, abbiamo deciso ora di fare ancora di più. Sono orgoglioso degli obiettivi che ci siamo posti con ‘Sky Zero’ per sostenere il cambiamento non solo con campagne di informazione, ma anche attraverso le nostre azioni quotidiane”.

Trasformare il Business

L’impegno di Sky è in linea con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale a 1.5 °C, ed è dimostrazione del sostegno dell’azienda all’iniziativa United Nations Global Compact per il raggiungimento di quel target. Fin dal 2006, Sky è un’azienda carbon neutral per quanto riguarda le emissioni dirette, ed è stata la prima media company a fare questo passo.

Adesso Sky inizierà la seconda fase del viaggio andando oltre quanto fatto fino ad oggi per raggiungere il net zero carbon entro il 2030 in tutta la value chain. La value chain di Sky include le emissioni dal suo business diretto, ma anche da quelle derivanti dai suoi 11.000 fornitori e dall’uso di prodotti Sky nelle case di milioni di abbonati.

Inoltre, Sky trasformerà i 5000 veicoli aziendali in una flotta di veicoli a zero emissioni, renderà i prodotti come Sky Q ancora più efficienti e si assicurerà che i nuovi studi, gli Sky Studios Elstree, diventino le strutture di produzione più sostenibili al mondo insieme a tutte le produzioni originali Sky, che saranno a loro volta net zero carbon.

Inspirare gli altri #GoZero

Sky userà i propri canali e la propria programmazione per ispirare gli altri a #GoZero parlando a milioni di persone ogni giorno. Sono ormai dieci anni che il gruppo Sky è attivo nella salvaguardia dell’ambiente, da Rainforest Rescue a Sky Ocean Rescue e, attraverso i propri canali, informerà i clienti spiegando loro come possono iniziare a ridurre il loro impatto ambientale e #GoZero. Sky Ocean Rescue continuerà a sostenere la salute degli oceani con WWF e chiamerà a raccolta le persone su #BeAnOceanHero per contribuire a salvare i nostri oceani e Sky Ventures (il nostro fondi di investimento a impatto da 25 milioni di sterline) continuerà a supportare le innovazioni che possono fermare il flusso della plastica negli oceani.

Sky Zero

L’ambasciatore Luis Alfonso de Alba, inviato speciale delle nazioni unite al 2019 Climate Action Summit ha commentato: “Abbiamo bisogno di piani concreti e realistici entro il 2020 per ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 45% nel prossimo decennio e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Il cambiamento climatico richiede uno sforzo senza precedenti da parte di tutti i settori della società. La leadership dimostrata fissando obiettivi scientificamente provati a 1.5°C invierà un segnale forte al mercato mentre cerchiamo di identificare le soluzioni scalabili e replicabili necessarie per garantire un mondo sicuro dove nessuno viene lasciato indietro”. 

Anche il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa ha commentato l’iniziativa di Sky:“Coloro che forniscono informazioni e parlano a un gran numero di persone, come Sky, hanno una grande responsabilità perché più di altri devono dare il buon esempio. Il piano della campagna Sky Zero è ambizioso, ma la sfida sul clima chiede a tutti di essere coraggiosi e puntare al meglio. Per questo motivo, come Ministero dell’Ambiente, saremo sempre al fianco di coloro che sono impegnati a preservare l’ambiente e comunicare la sostenibilità. Non faremo mancare il nostro sostegno e la nostra concreta partecipazione.”




Parte il cantiere per costruire il perimetro nazionale di cybersecurity

Parte il cantiere per costruire il perimetro nazionale di cybersecurity

Duecento persone al lavoro. Primo compito: scegliere asset e infrastrutture che hanno la priorità in caso di attacco hacker

Confidenzialità e integrità. Sono questi i due criteri con cui il governo sceglierà quali aziende e infrastrutture devono stare all’interno del perimetro nazionale di sicurezza cibernetica. Ossia gli asset da proteggere per primi dai rischi di attacchi informatici. A spiegare l’evoluzione della strategia cyber italiana è Roberto Baldoni, vicedirettore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). A Itasec, la più grande conferenza italiana dedicata alla cybersecurity (che si è chiusa ad Ancona il 7 febbraio), il numero due dei servizi segreti con delega proprio alla galassia digitale traccia i prossimi passi dei piani nazionali.

Il perimetro nazionale oggi è un grande cantiere”, spiega l’accademico oggi ai piani alti di piazza Dante. Il primo lavoro è esaminare asset e funzioni dello stato, valutare l’impatto che potrebbero avere se fossero vittime di un attacco e stabilire le priorità: chi ha la precedenza a entrare nel perimetro. “Applicheremo un criterio di gradualità – spiega Baldoni -. Si parte con un numero ragionevole di asset e soggetti ict”. Già nove gruppi sono al lavoro per fare questa scrematura: intorno ai tavoli sono riuniti duecento tra tecnici e giuristi di 20 amministrazioni.

A differenza della direttiva europea Nis, sempre sulla cybersecurity, che ha come principio base per stabilire gli asset da proteggere il blocco del servizio (e ha già portato in Italia a censire 465 operatori dei servizi essenziali), il perimetro sarà più restrittivo. Non si ragionerà solo in termini di danni che un attacco hacker può provocare se mette ko un servizio fondamentale per la vita quotidiana, come l’energia elettrica. Ma anche di quelli causati dalla violazione della confidenzialità e dell’integrità di un asset. Che sono condizioni sufficienti per finire nel perimetro. È il caso, per esempio, di infrastrutture legate allo spazio o delle industrie high-tech.

In parallelo, per Baldoni occorre sviluppare una rete di laboratori di certificazione. Non solo a supporto del ministero dello Sviluppo economico, per effettuare nei tempi gli scrutini tecnologici che il rafforzato golden power impone su tecnologie come il 5G. Ma anche, secondo il cyberzar, per arruolare esperti da spedire a Bruxelles a lavorare a standard produttivi per l’high tech adatti alle aziende italiane. Per Baldoni “ora occorre ragionare su un’autonomia nazionale strategica digitale: è chiaro che ci sono tante tecnologie, ma dobbiamo capire quelle fondamentali per il nostro Paese e portarle avanti”.

Il 2020 sarà l’anno della costruzione dei cyberteam nei ministeri, dalla Difesa agli Interni. Ma tra le sfide Paolo Prinetto, professore del Politecnico di Torino e presidente del Laboratorio nazionale di cybersecurity, espressione del Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica (Cini), elenca la costruzione di centri di cybersecurity regionali, sull’esempio di quello toscano, per il sostegno alle amministrazioni locali. E la costituzione di cyber range, “poligoni di tiro” per le esercitazioni. Oltre alla scommessa di portare in Italia il centro europeo di ricerca e competenza sulla cybersecurity, previsto dalla direttiva Nis.




Moda? È ora di mettersi il vestito buono (cioè green)

Per le aziende del fashion non impegnarsi sui principi della sostenibilità oggi significa perdere profitti. Gli investitori guardano ai bilanci «verdi» e i Millennial cominciano a preferire i capi etici

Le ragioni di una scelta

Più che una scelta, ormai è una necessità. Non impegnarsi sui principi della sostenibilità ambientale può far perdere denari alle aziende della moda: 45 miliardi di euro i profitti a rischio entro il 2030, ha calcolato Barclays nel report «Green is the new black» di gennaio. Messa così, la svolta verde può diventare concreta. «Oggi anche un pubblico diverso guarda da vicino alla sostenibilità finanziaria: investitori e analisti», dice Marie-Claire Daveu, a capo della Sostenibilità e e degli affari istituzionali di Kering, il gruppo guidato da François-Henri Pinault che raduna marchi come Gucci e Yves Saint Laurent, Bottega Veneta e Balenciaga, Alexander McQueen e Brioni e che per il terzo anno di fila, il 26 gennaio scorso, è stato incluso nella «A list», la lista delle celebrità, dell’organizzazione non profit Cpd per il cambiamento climatico. Ma in Italia si stanno muovendo anche aziende come Ferragamo, Moncler e Y-Nep (Yoox), ex startup come la Wrap di Matteo Ward o aziende innovative come Aquafil che ricicla reti da pesca raccolte in mare. «Il rischio socio-ambientale incide sulla capacità di crescita – dice Lorenzo Solimene, partner associato di Kpmg – . Se vuoi essere competitivo nel tempo e dare continuità alla tua azienda devi avere un modello di business orientato a questi principi». Solimene indica tre ragioni che spingono le imprese della moda a impegnarsi sull’ambiente: l’interesse crescente degli investitori, l’attenzione dei Millennial e la regolamentazione. Capitolo investimenti: quelli nei settori della responsabilità sociale ormai coprono il 49% di tutti gli investimenti finanziari (fondi, Borsa) in Europa, nota il rapporto «La sostenibilità nel settore fashion» di Kpmg. Nel mondo sono aumentati del 34% nel 2016-2018 a 31 trilioni di dollari. Per essere scelti, bisogna essere sostenibili. A essere buoni si può anche risparmiare, in prospettiva: basti pensare ai costi futuri dei cambiamenti climatici, a partire dall’acqua che è essenziale nel tessile e potrà scarseggiare. Attrezzarsi per tempo riduce il danno. Capitolo Millennial: le nuove generazioni di consumatori sono sempre più attente alla sostenibilità. Il 72% dei ragazzi fra 15 e 20 anni (la Generazione Z) e il 73% di quelli fra i 21 e i 34 anni sono disposti a pagare un sovrapprezzo pur di avere un capo etico, dice un’indagine Nielsen dell’ottobre 2019 su 30 mila consumatori in 60 Paesi. Le regole, infine: sono più stringenti. Per esempio, il bilancio sociale (impatto su ambiente, occupazione, territorio) dal 2018 è obbligatorio per le società d’interesse pubblico o con più di 500 dipendenti. Una spinta viene anche da Ursula von der Layen, la neopresidente della Commissione Ue che ha lanciato il suo Green new deal, con tanto di fondo da 100 miliardi per la transizione equa. Restano alcuni nodi, in generale: in testa la tracciabilità dei capi e la filiera non sempre chiara del low cost.

Gucci, un bilancio «senza carbone»

Non solo abiti per Sanremo 2020. Il direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, ha vestito da santi e regine l’eccentrico cantante Achille Lauro. Ma non sono previsti travestimenti negli ultimi bilanci del marchio, uno dei big della moda che sulla sostenibilità si sta impegnando di più. Tre mesi fa l’amministratore delegato Marco Bizzarri (nella foto) ha scritto una lettera aperta ai suoi omologhi delle grandi aziende per chiamarli a misurare, evitare, ridurre ed eventualmente compensare le emissioni di Co2. Un invito a riunirsi nella «Carbon neutral challenge», la sfida della produzione senza emissioni di anidride carbonica. «Abbiamo introdotto pratiche come l’uso di fibre organiche, di nylon rigenerato, la rinuncia alla pelliccia – dice Antonella Centra, capo della sostenibilità – . E il 12 settembre Gucci ha annunciato che compenserà tutte le emissioni di gas serra generate dalle proprie attività e dalla catena di fornitura». Il 30 gennaio il gruppo Kering, di cui Gucci fa parte, ha presentato il Rapporto di sostenibilità con i primi risultati: -14% gli impatti sull’ambiente complessivi nel conto economico ambientale nel 2015-2018. L’obiettivo è ridurli del 40% entro il 2025.

Marina Spadafora, l’equità nell’armadio

Coordinatrice di Fashion Revolution in Italia, consulente di moda etica pluripremiata, Marina Spadafora (nella foto) ha in cantiere un libro, coautrice Luisa Ciuni: «La rivoluzione comincia dal tuo armadio». Uscita prevista il 19 marzo con Solferino Libri. «Tre le regole per un armadio sostenibile – dice la stilista -. Uno, prima di fare un acquisto informarsi sulle pratiche di responsabilità sociale dell’azienda che lo produce; due, comperare vintage e dare una seconda possibilità ai capi d’abbigliamento; tre, andare dai piccoli sarti portando il tessuto». Ma come capire se il produttore è etico? Il 29 aprile Fashion Revolution, che quel mese compirà sette anni, presenterà la Mappa della sostenibilità. «Sarà sul sito di Fashion Revolution Italia, con i negozi di abbigliamento che vendono prodotti certificati», dice Spadafora. Che in questo periodo è impegnata in Africa, fra l’Etiopia e l’Egitto dove lavora al progetto Cottonforlife con Filmar, azienda cotoniera italiana, e l’Unido. Insieme, stanno trasformando campi di cotone in campi di cotone organico. «Al Cairo, poi, con Unido teniamo corsi di perito tessile ai ragazzi, per sensibilizzarli sui temi della sostenibilità».

Matteo Ward, blockchain in etichetta

Ha portato le sue magliette alla Starbucks di Milano, Chicago, New York e al Museo Ferragamo. Ha stretto accordi con Yoox, Biffi e 10 Corso Como. Matteo Ward (nella foto), con la sua Wrad, è l’enfant prodige della moda sostenibile. Ha inventato con Perpetua un sistema per recuperare la grafite scartata dalla lavorazione industriale, usandola per tingere i tessuti. Ora studia una blockchain per calcolare e comunicare l’impatto ambientale dei capi: il progetto gli ha dato accesso al fondo dalla Regione Lombardia, con il Politecnico di Milano e partner come Mood, 1TrueID, White Milano. Lavora poi a una fibra in grafite e spalmabile per tessuti tech ecologici. «In tre anni abbiamo raggiunto ricavi per quasi mezzo milione e il pareggio – dice – . L’obiettivo è toccare il milione entro il 2022, stiamo raccogliendo nuovi soci». Altre mete: coinvolgere 12 mila studenti quest’anno in un progetto educativo. E portare in tutti i reparti di terapia intensiva neonatale in Italia il progetto Me&Te con Tm Project. Lanciato in novembre, prevede «l’uso di fibre sostenibili che riducono dell’85% la proliferazione batterica».

Lanificio Leo, i plaid di design dalla Sila

Il Lanificio Leo ha 147 anni, è nella Calabria della Sila ed è guidato da Emilio Leo, architetto di 45 anni (nella foto). La quarta generazione. La sua sostenibilità si misura nell’esserci rimasto, in quella terra, e «non abbiamo cercato subito l’utile ma l’aggregazione culturale», dice Leo, amministratore delegato e azionista: «Abbiamo fatto ripartire la fabbrica nel 2008 recuperando ciò che c’era, come i telai dalla fine dell’800 agli Anni 60». Ci sono anche macchine innovative, qui, ma la produzione, di nicchia e design con filati certificati – plaid, sciarpe, arazzi – segue il tempo che ci vuole. Fondata dal nonno Antonio, la fabbrica è rimasta ferma 15 anni. Emilio Leo l’ha rilanciata superando «difficoltà burocratiche e locali, come quella di far capire il messaggio». Ora il Lanificio partecipa alla Design Week e a progetti della Triennale di Milano, in gennaio è stato a Parigi alla fiera del décor Maison et objet, è stato finalista al Premio Guggenheim Impresa e cultura. Ha aperto cinque negozi al Sud, ma il 20% dei ricavi viene già da clienti stranieri. Finanziato da Banca Etica, ha un piano al 2023: diventare grande, sostenibilmente.