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TESI DI LAUREA: COMUNICAZIONE REPUTAZIONALE: METODOLOGIE E STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELLA REPUTAZIONE AZIENDALE

Libera Università Maria Assunta, Roma – Dipartimento di scienze umane
Corso di Laurea in Marketing & Digital Communication, Anno Accademico 2018 – 2019

COMUNICAZIONE REPUTAZIONALE: METODOLOGIE E STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELLA REPUTAZIONE AZIENDALE
REPUTATIONAL COMMUNICATION: METHODOLOGIES AND TOOLS OF EVALUATION OF THE CORPORATE COMMUNICATION

Tesi di Davide Emanuele nappi – Relatore Prof. Luca Poma
A questo link, il testo integrale della Tesi (146 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Nell’epoca attuale, ove per “attuale” è da intendersi recentissima, un nuovo paradigma economico si sta imponendo quia regula servanda est, alternativo e multiface.

L’”economia della reputazione”, fondata sul credito attribuito vicendevolmente agli attori protagonisti delle interazioni di mercato, si propone come modello economico e finanziario altro, pienamente rispondente alle attenzioni riservate alle nuove modalità relazionali. La reputazione di una azienda diventa certificato di garanzia del suo saper e voler fare bene, nel rispetto delle aspettative di tutti i soggetti che si interfacciano, a vari livelli e con tassi di interesse diversificati, con il sistema imprenditoriale, gli stakeholders.

Partendo da tali presupposti, il presente lavoro vuole essere innanzitutto un’esposizione dello stato dell’arte della letteratura più interessante sul tema, e si avvale di contributi multidisciplinari mutuati da studi di matrice psicologica, sociologica, economica, finanziaria, comunicativa pura, di marketing e organizzazione e gestione aziendale.

Si è cercato di chiarire, nel I Capitolo, cosa si intende per “Reputazione aziendale”, come e perché molto spesso si faccia confusione con termini che invece hanno un significato ben preciso e diverso da quello veicolato dal significante “reputazione”; quanto sia fondamentale una comunicazione efficace, efficiente e sincera, mirata sì alla costruzione di una buona reputazione ma anche al suo mantenimento, alla luce della considerazione che essa sia mutevole e dinamica.

Si afferma, senza paura d’esser smentiti, che la reputazione sia da considerarsi tra uno degli asset intangibili più importanti nella faretra di un’impresa, capace di creare valore o di depauperare, a seconda dell’importanza che le si riserva. È evidente, per chi scrive, che il riverbero sulle performance aziendali del vettore fiduciario reputazionale sia tangibile, riscontrabile tra le righe del bilancio aziendale e nel valore del capitale economico. Una solida corporate reputation consente ad una azienda in condizioni ordinarie di poter capitalizzare condizioni che garantiscano vantaggi competitivi in relazione all’approvvigionamento di risorse o alle istanze di credito ai mercati finanziari e di gestire un premium price per la propria offerta. In condizioni avverse o addirittura di crisi, inoltre, un’impresa di buona reputazione può godere del cosiddetto buffer effect, ovvero una rete protettiva, un paracadute, in virtù proprio del capitale fiduciario riconosciutogli dalla collettività e, più specificatamente, dai propri stakeholders.

Giacché contribuisce alla creazione del valore, sono qui proposti, nel II Capitolo, i più validi modelli di misurazione della reputazione aziendale, rispondendo alla necessità di dare soddisfazione al desiderio di pragmaticità che è nella natura dei rerum oeconomicarum, e quindi di indagare il fenomeno in maniera quantitativa.

Nel processo di reputation building rientra anche l’attenzione fondamentale al risk management, come misura preventiva ma non per ciò stesso da tenere in secondo piano.

Nel terzo e ultimo capitolo viene proposto un modello multistadio di misurazione della reputazione aziendale, attraverso la raccolta di informazioni e dati che, analizzati, diano un outcome numerico e poi percentuale, quindi facilmente misurabile e incorporabile in bilancio. Tale modello di indagine è stato somministrato ad un campione di 120 profili, circa la reputazione di un’azienda che negli anni scorsi ha attraversato crisi reputazionali di vario genere, derivanti da altrettanti scandali di natura etica: Uber Technologies Inc (Uber); ma che nell’ultimo periodo, con il cambio di management, sembra essersi ripresa.

I risultati ottenuti sono in linea con le più importanti e famose classifiche reputazionali internazionali, redatte annualmente dai più importanti istituti di ricerca e monitoraggio della reputazione.




Tesi di laurea: SOCIAL PURPOSE E BRAND ACTIVISM. LE AZIENDE PRENDONO POSIZIONE: COME LO COMUNICANO, COME VIENE PERCEPITO DAL PUBBLICO.

Libera Università Maria Assunta, Roma – Dipartimento di scienze umane
Corso di Laurea in Marketing & Digital Communication, Anno Accademico 2018 – 2019

SOCIAL PURPOSE E BRAND ACTIVISM. LE AZIENDE PRENDONO POSIZIONE: COME LO COMUNICANO, COME VIENE PERCEPITO DAL PUBBLICO.
SOCIAL PURPOSE AND BRAND ACTIVISM. COMPANIES TAKE POSITION: HOW TO COMMUNICATE IT, HOW IT IS PERCEIVED BY THE PUBLIC.

Tesi di Edoardo Greco – Relatore Prof. Luca Poma
A questo link, il testo integrale della Tesi (111 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Nel contesto socio culturale e geo politico attuale, caratterizzato da diverse problematiche a livello globale, in primo luogo il collasso climatico, la disuguaglianza e quindi la discriminazione di genere e di razza, la diffusa corruzione, l’estinzione delle specie animali e la sovra popolazione in alcune zone del Mondo ci conducono alla nascita di conflitti come ad esempio quelli per acqua, cibo, trasporti e istruzione.

Le attuali piaghe che incidono sul benessere collettivo della comunità, stanno portando ad una rivisitazione dei ruoli nella società. Le aziende sono chiamate, non più esclusivamente a generare profitto, creare posti di lavoro, produrre beni o fornire servizi, ma a prendere posizione attivamente sui temi più caldi della società contemporanea, pronte ad impegnarsi e prodigarsi per il raggiungimento del bene comune.

L’elaborato si propone di studiare il nuovo ruolo che le aziende pioniere sono pronte a rivestire, dedite ad aiutare e risolvere, non ad aggravare, i maggiori problemi che affliggono il Mondo, spiccando per la propria eticità e trasparenza.

All’interno del primo capitolo si introdurrà il concetto di Corporate Social Responibility, mettendo in risalto la sua storia e gli eventi che ne hanno contraddistinto l’evoluzione. Si iniziò a parlare di eticità del business nel lontano 1950, riferita al ruolo esclusivo del businessman, fino a giungere all’attuale definizione che prevede comportamenti responsabili, sinceri e duraturi con tutti i portatori d’interesse dell’azienda.

Il focus a questo punto si sposta sui contesti di applicazione della CSR.

Le aziende dovranno impegnarsi nei rapporti con gli stakeholder interni con particolare riferimento alle risorse umane, e quelli esterni, attraverso l’introduzione di concetti come l’etica di prodotto e della comunicazione. Infine questa sarà chiamata alla salvaguardia dell’ambiente: i propri processi di produzione non dovranno in nessun modo influire ed impattare negativamente sul Mondo in cui viviamo.

Il processo di affermazione della CSR ha richiesto molto tempo, infatti i documenti internazionali ed europei, presi come riferimento per inquadrare con precisione la materia, risalgono al periodo attuale. I primi passi in direzione della creazione di una società più etica e responsabile in termini normativi, sono stati mossi nel dicembre del 1984 con la stesura della “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.

Durante il corso degli anni, numerose commissioni si sono susseguite e hanno affrontato i problemi di natura etica che stavano emergendo in particolare modo nei confronti dello strapotere dimostrato dalle multinazionali. I documenti redatti in questi anni rivestono un ruolo fondamentale, in riferimento principalmente al “Global Compact e all’Agenda 21”.

Il capitolo primo si conclude con l’introduzione del concetto di bene comune. Il secondo capitolo si apre, invece, con l’indagine riguardante l’innovativa idea di Brand Activism, nato come la naturale evoluzione della Corporate Social Responsibility associata alla “Teoria del bene comune”. Verranno distinte le attività svolte da un brand definito “progressive” da quelle di uno detto “regressive”, in base alle azioni svolte, ai suoi impatti sul pianeta e la relazione con gli stakeholder.

Il capitolo si propone di mostrare le linee guida che un’azienda deve seguire per attuare politiche di brand activism, volte alla creazione di vantaggio competitivo e di benessere per la comunità. Verranno inoltre esplicitate le maggiori cause di conflitto e decadenza della nostra società, temi che le aziende sono chiamate ad affrontare attivamente, sfruttando la loro possibilità di raggiungere un bacino d’utenza enorme, veicolando messaggi responsabili ed etici, e attraverso l’impegno in cause sociali mediante manifestazioni, prese di posizione e soprattutto donazioni.

La ricerca ha lo scopo di esaltare le due tecniche di comunicazione esterna maggiormente diffuse tra i brand che fanno dell’attivismo una strategia con cui creare valore: l’advertising emozionale e il Cause Related Marketing.

Attraverso il girato di spot emozionali per media tradizionali come la televisione o mediante l’utilizzo dei social network, le aziende potranno veicolare messaggi dal forte impatto, sensibilizzando la propria audience, combattendo politiche di discriminazione razziale e sessuale, o farsi promotori di messaggi per il benessere della collettività o la salvaguardia dell’ambiente.

Le azioni di Cause Related Marketing portano un sostegno attivo a numerose cause sociali, promuovendo allo stesso tempo le vendite dell’azienda e differenziandola per i propri valori di riferimento, esplicitati nella mission. Verranno analizzati inoltre i programmi di CRM più largamente diffusi: Transactional programs, Message promotion programs, Licensing programs e il Joint fund raising.

In riferimento alle tecniche utilizzate per comunicare le attività di brand activism, sono state presentate diverse campagne attuate da brand leader nel settore in primo luogo Diesel, brand sotto la direzione di Renzo Rosso, ma anche Guna, attiva nel settore farmaceutico, che ha fatto sentire il suo notevole appoggio alla Marcia per la Pace e la Non Violenza, Nike in collaborazione con la King Baudounin Foundation e la partnership tra Coca-Cola e WWF.

Il terzo e ultimo capitolo si propone invece di mostrare la percezione del pubblico quando viene stimolato da attività di brand activism, attraverso l’analisi di tre ricerche primarie raccolte negli ultimi anni negli Stati Uniti: la “Battle of wallets: the changing landscape of consumer activism” di Weber Shandwick, la “Meaningful Brands” redatta da Havas ed infine, “Championing Change in the Age of Social Media” ad opera di Sprout Social.

L’intero elaborato si pone l’obiettivo di fare chiarezza riguardo l’innovativo concetto di Brand Activism, mostrando, la connessione che intercorre tra gli obiettivi di business dell’azienda e quelli sociali, i vantaggi ed i rischi che si corrono comunicando i propri valori e le proprie idee ed infine, indagando la risposta dell’audience a prese di posizione forti e non prive di rischi da parte dei brand.




TESI DI LAUREA: UNA NUOVA DIMENSIONE DELLA SOSTENIBILITÀ: DALL’IO AL NOI, L’AZIENDA COME PARTE DI UN TUTTO

Libera Università Maria Assunta, Roma – Dipartimento di scienze umane
Corso di Laurea in Marketing & Digital Communication, Anno Accademico 2018 – 2019
UNA NUOVA DIMENSIONE DELLA SOSTENIBILITÀ: DALL’IO AL NOI, L’AZIENDA COME PARTE DI UN TUTTO – A new dimension of sustainability: from the ego to us, the company as a part of a whole
Tesi di Andrea Trappolini – Relatore Prof. Luca Poma
A questo link, il testo integrale della Tesi (102 pagine), qui di seguito, il testo dell’Abstract in lingua inglese:


ABSTRACT

This text is a reflection on Corporate Social Responsibility, with particular attention to the issue of sustainability. In particular we talk about the ethical responsibility of companies towards their stakeholders and, more generally, towards society.

The definition of Corporate Social Responsibility, often shortened with the acronym “CSR”, dates back to the 60s, so it’s a term that is anything but recent, but which still remains unknown to most people nowadays, that’s why most of this work focuses on the importance of communicating and extending this concept beyond the corporations, with the aim of inculcating in people a new sense of citizenship.

In 2019 we’re also experiencing an interesting historical moment in this context because something is changing, people have developed a new sensitivity to and respect for environmental issues. Just think, for example, of the very young Greta Thunberg and the million kids worldwide who are protesting in defense of the Earth.

The concept of this work is basically a reflection, an invitation to companies to reorganize and bring to life various productive realities, abandoning old entrepreneurial logics in favor of environmentally sustainable activities, which will also be inclusive and collaborative, creating new social value. In parallel, this text is an appeal to the media world and institutions to promote education and new skills in the field of CSR. In fact we should start not only from new visions and possible alternatives, but also from the acquisition of new awarenesses on the part of the whole of society, guaranteeing each person the knowledge indispensable for understanding the strong bond that links productive enterprises to human rights and to hope for a fairer world.

The text is divided into four different chapters, which address the same subject from different perspectives.

The first chapter traces some historical indications concerning the origin of CSR, it also speaks about the renowned case of Japan, a country where responsibility is considered an implicitly widespread value within society, and finally an attempt is made to highlight the connection between economy and ethics, two apparently distant concepts which, however, turn out to be particularly interconnected. Everything is aimed at illustrating a sort of picture that gives the reader the chance to get a first idea 4 of CSR, seen through the eyes of different cultures, and an understanding of why it is so important.

The second chapter opens with two metaphors. The first is that of “business ecosystem”, a sort of provocation that tries to combine a typically natural concept with the business context or, more precisely, to highlight the large number of variables that these two different “environments” have in common. The second metaphor is that of the “sustainable spiral”, the one through which the recurrence in nature of the spiral structure, and its curious importance, is deepened. The chapter concludes with a discussion on environmental education, which highlights the positive aspects that a correct approach to the environment brings (for example in the case of children with pathologies), and finally with epigenetics, a recent branch of genetics dealing with the changes which influence the phenotype without altering the genotype.

The third chapter is devoted to the importance of creative thinking and to adopting alternative points of view, here a key term will be precisely that of “lateral thinking”. It also speaks about the central role of the human component within the corporation context, and about the importance of good communication both within the company and between the company and its external stakeholders.

The fourth and last chapter is mainly devoted to two researches. The first one is conducted on the social network Instagram, which illustrates, by way of example, the cases of some companies who show, in some of their posts, a socially responsible content. The second research concerns some interviews in which I wanted to investigate how widespread knowledge of the concept of CSR is within society.

In the end, it is worth mentioning that, although this work was written with the aim of fully understanding the importance of a widespread responsibility within society, it doesn’t appear as a handbook of rules to follow and apply in order to achieve this goal. The dynamics that lie behind such a process of change are particularly complex and require a systemic approach, so without too many pretensions the final objective is to stimulate new visions and possible interventions.




Nuova analisi internazionale sulla gestione Covid-19: Italia “maglia nera” nelle strategie di gestione della pandemia

Nuova analisi internazionale sulla gestione Codvid-19

Deep Knowledge Group è un consorzio misto profit-no profit, che – anche grazie a un accordo di collaborazione scientifica con il King’s College di Londra – si occupa di ricerca e sviluppo e di investimenti nei campi dell’Intelligenza artificiale, dell’analisi di Big-data e delle soluzioni di tecnologia avanzata per i Governi.

In un interessante ed approfondito articolo su Forbes, curiosamente non ripreso dalla stampa italiana, si evidenzia come – nonostante il continuo release di un enorme quantità di dati sulla pandemia Covid-19 rilasciati da organizzazioni come OMS, CDC, Johns Hopkins University e Worldometers – tali dati assai raramente vengano analizzati in modo efficiente e sistematico per fornire indicazioni realmente utili alla gestione dell’emergenza sanitaria, che interessa materie assai differenti tra loro – ma complementari – come medicina, biologia, epidemiologia, psicologia studio dei comportamenti umani, ed altre aree di interesse scientifico.

DKG e il Covid-19

Un team di esperti DKG ha quindi raccolto e analizzato i dati generati per 200 paesi in tutto il mondo, e ha sviluppato alcuni quadri analitici avanzati per analizzare lo scenario delll’epidemia di Coronavirus, presentando poi l’output sotto forma di dettagliate “classifiche” che dovrebbero essere utili alle istituzioni pubbliche per inquadrare meglio le strategie realmente vincenti nel contenimento dei danni da Covid-19 e per la gestione efficace dell’impatto economico della pandemia.

L’analisi di DKG – che ha valutato i dati in modo imparziale tramite una metodologia basata su metriche proprietarie e accessibile in modalità open-source – è stata progettata per valutare rapidamente la situazione in continua evoluzione nei vari paesi, che muta mentre le autorità si sforzano di mitigare le conseguenze sanitarie ed economiche della diffusione del virus, e ha dimostrato che alcuni paesi sono stati assai efficaci nella lotta contro COVID-19 fin dall’inizio, mentre altri – al di la delle roboanti dichiarazioni utili per la propaganda politica interna – assai meno.

I paesi “virtuosi” si sono concentrati sulla prevenzione anticipata della pandemia, implementando misure di quarantena prima che il numero di casi confermati superasse numeri ingestibili per il servizio sanitario pubblico, e utilizzando metodi efficienti per la mappatura del contagio e per il trattamento dei pazienti ospedalizzati, utilizzando anche tecnologie come l’intelligenza artificiale, la robotica e l’analisi dei big data, in combinazione con le tecniche di trattamento medico e di gestione dell’assistenza sanitaria strutturate in modo sofisticato.

Le “pagelle” di DKG

Ogni paese analizzato
è stato classificato con un punteggio numerico costruito utilizzando una metodologia ben definita: a ogni aspetto
viene assegnato un peso specifico, o fattore di importanza, che viene
utilizzato come input nelle equazioni utilizzate nello studio per generare vari
quadri di classificazione matematica dei fenomeni e comportamenti analizzati.

Più nel dettaglio, il primo quadro di classificazione dà informazioni sul grado di sicurezza in senso assoluto nei vari Paesi, ricavate utilizzando 24 parametri specifici, in 4 categorie distinte: efficienza della quarantena, efficienza della gestione del governo, monitoraggio dei contagi e disponibilità ed efficienza nel trattamento sanitario di emergenza, tenendo conto della protezione dall’infezione COVID, della mortalità, delle informazioni relative alla quarantena e al monitoraggio del contagio, nonché della sicurezza e stabilità in senso lato, compresa la protezione dagli esiti negativi estremi ad esempio sul piano sociale ed economico, tenendo conto che i paesi non in grado di gestire efficacemente la pandemia potrebbero innescare una catena di eventi nefasti tali da pregiudicare la stabilità anche di loro vicini geografici o di nazioni che con essi hanno intense relazioni commerciali.

Sotto questo aspetto, sul podio Israele, Germania e Sud
Corea. L’Italia non appare in classifica nei primi 40 posti.

Il secondo quadro di classificazione è centrato sul rischio COVID-19 nelle nazioni analizzate, evidenziando quindi i Paesi in base ai loro livelli di rischio potenziale, analizzato un ventaglio di fattori di tipo sia medico e non medico, tra cui il rischio di infezione, ricovero, morte e mantenimento della qualità delle condizioni di salute nel tempo. Utilizza anche in questo caso 24 parametri specifici raggruppati in 4 categorie distinte: rischio di diffusione dell’infezione, gestione del governo, efficienza sanitaria e rischi specifici regionali.

In questa sezione – da analizzare in termini di valore negativo, quindi i primi paesi sono quelli più a rischio – l’Italia è al non rassicurante primo posto, seguita da USA, Inghilterra e Spagna. Come abbiamo detto, l’analisi è costantemente aggiornata, quindi il triste primato si riferisce al tempo presente, e non è escluso che nelle prossime settimane lo scenario per la nostra penisola possa – auspicabilmente – migliorare.

Il terzo quadro di classificazione riguarda l’efficienza specifica con la quale sta venendo trattato il virus COVID-19, ed è basato su un’analisi comparativa dei Paesi in base al modo in cui stanno monitorando la diffusione dell’infezione, offrendo ai cittadini gli strumenti e le informazioni necessari per gestire i casi non critici a casa senza sovraccaricare l’infrastruttura sanitaria, quanto rapidamente stanno sviluppando test, vaccini e trattamenti COVID-19 più efficaci, etc. Questo framework è basato su: monitoraggio delle malattie, gestione delle malattie, terapia di emergenza e nuovi approcci alla ricerca e sviluppo del trattamento.

Sul podio per l’eccellenza nell’efficienza del trattamento del Covid-19, troviamo Germania, Cina, Sud Corea, e leggermente distanziate Hong-Kong. Taiwan, Singapore e Israele. L’Italia non figura tra i primi 10.

Il quarto quadro di classificazione è centrato specificamente sui fattori peculiari presenti in Europa, come ad esempio le economie nazionali altamente interconnesse, gli alti livelli di filiera, il significativo flusso turistico all’interno dell’Unione Europea, e l’incidenza di specifici punti critici all’interno dell’UE, e misura quindi il grado di sicurezza potenziale all’interno dei Paesi dell’Eurozona (allargata, includendo ad esempio anche la Svizzera) applicando una versione appositamente modificata del modello di analisi dei dati.

In questa sezione, salgono sul podio la Germania, la Svizzera e l’Austria, mentre l’Italia è al non rassicurante 32° posto.

Dopo aver analizzato la situazione in Asia nel quinto quadro di classificazione, con la Sud Corea al
primo posto, nel sesto
quadro di classificazione
lo studio
DKG evidenzia per ogni Paese del mondo la portata, la diversità, l’efficienza e l’efficacia
degli sforzi e delle misure del Governo per fornire sostegno economico (ad
esempio agevolazioni fiscali, sussidi, prestiti di emergenza, etc.) ai
cittadini, alle imprese, e in particolare alle PMI, ai lavoratori autonomi e ad
altri pubblici interessate dalla crisi COVID-19.

Sul podio, in questo caso, Germania, USA e Giappone, con l’Italia al modesto 10° posto della classifica.

La lezione da imparare

Questa imponente analisi ha prodotto output assai interessanti, ben sintetizzati in un set di interessanti infografiche, dalle quali risulta chiaro una volta di più lo spazio di miglioramento del sistema Italia, che avevo già evidenziato in una mia precedente analisi. Dal punto di vista del crisis management, comunque, il modello che più ha attirato la mia attenzione, nel complesso, resta quello di Taiwan, anche per l’esiguo numero di vittime imputabili al Coronavirus (6, alla data di pubblicazione di questo articolo), grazie alla messa in opera di un efficiente e completo Crisis-plan preventivamente elaborato e testato.

Concludendo, invece che pontificare sul presunto “modello italiano” di gestione della crisi Covid, come hanno fatto molti pennivendoli italiani nell’ultimo mese, sarebbe forse ben più utile sedersi in un’aula (virtuale, ovviamente) e imparare: le informazioni, peraltro, sono tutte disponibili online.

Aggiornamento del 28/11/2020: questo articolo è stato scritto e pubblicato ad aprile 2020, come varie altre analisi su ricerche internazionali che hanno valutato l’impatto della gestione della pandemia Covid-19 della maggior parte delle nazioni coinvolte nell’emergenza. Finalmente, a novembre 2020, 7 mesi (e molti defunti) dopo, anche la stampa italiana mainstrem si accorge delle realtà: il Corriere della Sera pubblica questo articolo, dove scrive: “Nella classifica sui peggiori Paesi per risultati economici e sociali nell’affrontare la pandemia, l’Italia si piazza al quarto posto quasi in pareggio con il Regno Unito e preceduta da Spagna e Belgio; altro che modello italiano da esportare e far copiare nel mondo. E invece di trasformare la sfortuna di essere incappato per primo nel coronavirus, in opportunità per preparare le difese e le contromisure per la più che prevedibile «seconda ondata» (che forse è solo la ripresa della prima ondata), ha perso sette preziosi mesi”. Meglio tardi che mai… (to be continued)

Aggiornamento del 22 febbraio 2021

Si sono succeduti nel tempo numerosi altri studi ed analisi che hanno smentito la narrazione del Governo Conte relativa all’eccellenza italiana nella gestione della pandemia. L’ultima, in ordine cronologico, è quella dell’australiano Lowy Institute, che relega il nostro paese in 59esima posizione tra le 98 nazioni esaminate.

IN calce, una eloquente e impietosa infografica:




Dati (e date) alla mano, ecco perché imparare dalla lezione di Taiwan

Dati (e date) alla mano, ecco perché imparare dalla lezione di Taiwan

In attesa del ritorno autunnale del Covid-19, lezioni da Taiwan per una gestione efficace dell’emergenza. L’analisi di Luca Poma, professore di Reputation management all’università Lumsa di Roma e specialista in crisis communication, e Giorgia Grandoni

Sugli spazi di miglioramento delle istituzioni italiane – nazionali e locali – nella gestione dell’emergenza Covid-19, abbiamo già scritto in una dettagliata e corposa analisi ricca di riferimenti a fonti autorevoli, anche internazionali, e gli spunti critici non sono certo mancati: un ritardo di circa 3 settimane intercorso dalla dichiarazione di stato di emergenza, a fine gennaio, al primo decreto contenente misure restrittive, pubblicato il 22 febbraio; modalità di gestione dei canali di comunicazione assai discutibili; l’assenza di un piano di gestione di crisi predisposto anticipatamente anche sulla base delle buone prassi di Cina, Corea del Sud e Singapore; l’assenza di un programma di sorveglianza attiva con analisi massive tramite tampone; l’incapacità, specie da parte delle istituzioni locali, di cogliere vari segnali deboli di crisi; la mancata applicazione delle raccomandazioni contenute in precedenti piani pandemici; la totale assenza di provvedimenti volti a mitigare l’effetto psicologico negativo del confinamento forzato; il lancio dei bandi del Ministero dell’Innovazione per la ricerca di soluzioni tecnologiche d’avanguardia per la tracciatura dei contagi, partito con quasi un mese di ritardo; l’utilizzo improprio da parte dei politici di un frame narrativo insistentemente improntato sulla paura e sulla guerra; l’insufficienza delle provvidenze economiche fin qui previste dal Governo per attutire l’impatto della chiusura totale, specie sulle classi sociali più svantaggiate.

Potremmo continuare a lungo, mentre le inchieste penali per omicidio e epidemia colposa avviate sia in Lombardia che in Toscana fanno il loro corso, ma ci pare a questo punto assai più costruttivo tentare di concentrarci su alcuni piani strategici sollecitamente applicati in una nazione non piccola (25 milioni di abitanti) e anch’essa colpita da Covid-19, piani che potrebbero fornirci spunti concreti per fare meglio in futuro, che si tratti della “seconda gobba” di contagi da Coronavirus, purtroppo attesa per l’autunno, o della prossima purtroppo inevitabile pandemia.

Potremmo dibattere sulle strategie di contenimento della Cina, ma si sa che in quel paese non la contano giusta sui numeri, e inoltre il fatto di non essere quella Cinese una vera e propria democrazia va a costituire un evidente fattore distorsivo nelle analisi.

Potremmo allora concentrarci su Hong Kong, città tra le più densamente popolate sulla Terra, con 7 milioni e mezzo di abitanti concentrati su una superficie inferiore a quella di Roma, che è arrivata alla giornata di oggi con poco più di 1.000 contagiati e soli 4 (quattro) decessi. Parole d’ordine: previsione di scenario, simulazioni, attenta preparazione, creazione di strumenti di reazione efficace in “tempo di pace”, prima che si presenti l’emergenza, ovvero tutto quello che non si è fatto in buona parte dell’Europa.

Oppure, ed è un caso volendo ancor più interessante, analizzare quanto messo in atto dal governo di Taiwan, consolidata democrazia parlamentare asiatica, della quale pochissimo si parla perché darebbe assai fastidio, per ragioni storico-politiche, al regime di Pechino, che è arrivata al 18 aprile con 395 contagiati e soli 6 (sei) decessi.

Anche per Taiwan, le parole d’ordine sono state le medesime di Hong Kong, forti dell’esperienza bruciante di precedenti pandemie, come ad esempio la SARS: applicazione di protocolli efficaci di contenimento dei contagi, elaborati ovviamente in precedenza, e intervento praticamente immediato ai primi campanelli d’allarme, i cosiddetti “segnali deboli di crisi”. Le misure rigide previste – e rispettate – hanno tra l’altro permesso di evitare il lockdown totale del Paese con blocco dell’economia.

A Taiwan funziona – egregiamente – il CECC – Central Epidemic Command Center, ovvero la task-force governativa anti-epidemie. Avevamo qualcosa di simile anche in Italia, il Centro per la Sorveglianza e Prevenzione delle Epidemie(Cnesps), dipendente dall’Istituto Superiore di Sanità: aveva un ruolo di primo piano “nella prevenzione, sorveglianza e controllo delle malattie infettive”, e dato che era utile e funzionava bene, nel 2016, tra le proteste di migliaia di medici, ricercatori e specialisti, è stato inspiegabilmente smantellato, quando direttore dell’Istituto era Walter Ricciardi, che ora affianca il Ministro della Salute, Roberto Speranza, per gestire l’emergenza Coronavirus in Italia.

Il CEECC di Taiwan, in stretto e costante coordinamento con le istituzioni nazionali e le autorità sanitarie competenti di quella nazione, dal primo gennaio in avanti, per i successivi 60 giorni, ha prontamente attivato ben 124 protocolli di sicurezza per affrontare e governare l’epidemia Covid. È interessante, analizzando i documenti pubblicati dal Journal of American Medical Association, una delle più prestigiose riviste mediche internazionali (fattore d’impatto: 51.2) farci un’idea del tipo di risposta quasi immediata alla pandemia, che in quel Paese ha permesso di contenere fortemente l’emergenza. Qui la lista completa tradotta in italiano, ma esaminiamo i passaggi salienti:

  • 31 dicembre 2019, avvio delle ispezioni ai passeggeri con sintomi in arrivo dalla regione cinese di Wuhan, epicentro del contagio;
  • 20 gennaio 2020, allerta di viaggio sulle zone cinesi epicentro del contagio;
    22 gennaio, il governo distribuisce le mascherine ai rivenditori e fissa per legge un limite di prezzo di 50 mascherine a complessivi USD $ 10 (0,20 centesimi a mascherina);
  • 22 gennaio, i Ministeri della salute e del benessere promuovono la quarantena per contagiati e istituiscono un meccanismo di notifica tramite agenti di viaggio e guide turistiche;
  • 22 gennaio, il governo annuncia che la diffusione di notizie false sull’epidemia può essere multata fino a 100.000 Dollari;
  • 24 gennaio, si stabilisce per Decreto che tamponi del COVID-19 si svolgeranno presso il CDC (centro per la prevenzione e il controllo delle malattie) di Taiwan e in otto ospedali appositamente individuati;
  • 24 gennaio, divieto di esportazione di maschere chirurgiche monouso per 1 mese (disposizione che alla scadenza verrà poi rinnovata);
  • 29 gennaio 2020, monitoraggio elettronico di soggetti in quarantena tramite App governative sui telefoni cellulari;
  • 30 gennaio, la produzione locale di mascherine monouso si attesta a 4 milioni di pezzi al giorno, di cui 1,4 milioni vengono assegnate a ospedali e operatori sanitari, e i restanti 2,6 milioni alle vendite al consumo per la popolazione;
  • 30 gennaio, l’Ufficio dei Procuratori di Taiwan approva una delibera per fermare il potenziale lucro derivante dall’aumento dei prezzi dei prodotti per la prevenzione delle malattie, con pene da 1 a 7 anni di reclusione e una multa fino a 167.000 dollari;
  • 02 febbraio, istituiti presso strutture governative dormitori e campi militari per i soggetti in quarantena, così da evitare che nell’isolamento domestico contagino i propri familiari;
  • 02 febbraio, mobilitato l’esercito per incrementare la produzione nelle fabbriche locali di mascherine, che viene portata a 10 milioni di pezzi al giorno;
    02 febbraio, il governo prolunga le vacanze invernali scolastiche fino al 25 febbraio;
  • 03 febbraio, per evitare assembramenti per l’acquisto di presidi sanitari, si stabilisce che i possessori di carta NHI (assicurazione sanitaria nazionale) che terminano con numeri dispari possono acquistare il lunedì, il mercoledì e il venerdì; I possessori di carta NHI che terminano con numeri pari possono acquistare il martedì, il giovedì e il sabato;
  • 03 febbraio, 3.000 lavoratori delle poste nazionali vengono incaricati di provvedere su base quotidiana alla logistica della distribuzione di mascherine;
    05 febbraio, vietato l’ingresso alle navi da crociera di qualunque nazionalità se hanno effettuato precedenti attracchi in Cina;
  • 05 febbraio, vengono concessi ai funzionari pubblici 14 giorni di congedo per la cura dei figli per motivazioni di salute legate al Coronavirus;
  • 07 febbraio, i cittadini stranieri in aeroporto devono passare da un funzionario dell’immigrazione e non possono usare l’e-Gate (accesso rapido) per l’ingresso sul territorio nazionale di Taiwan;
  • 07 febbraio, multe di 10.000 dollari per i contagiati che infrangono la regola della quarantena domestica di 14 giorni;
  • 10 febbraio, la maggior parte dei voli con servizio passeggeri da Taiwan alla Cina sono sospesi dal 10 febbraio fino a fine aprile;
  • 12 febbraio, tutti i casi d’influenza grave che si sono rivelati inizialmente negativi per l’influenza da Coronavirus, sono stati testati nuovamente per COVID-19;
  • 13 febbraio, 2 miliardi di Dollari vengono resi disponibili per le imprese colpite dall’epidemia;
  • 14 febbraio, lancio del nuovo sistema di quarantena in entrata nel Paese con la compilazione elettronica del modulo di dichiarazione sanitaria;
    16 febbraio, misure di sorveglianza estese per cluster di casi con febbre o sintomi respiratori e casi di polmonite con sintomi senza miglioramento dopo 3 giorni di terapia antibiotica;
  • 17 febbraio, tutti i viaggiatori che arrivano con febbre o sintomi respiratori devono essere sottoposti al tampone;
  • 19 febbraio, viene attivato un programma per disinfettare gli spazi pubblici intorno alle scuole e le aree scolastiche, e il Ministero dei trasporti e delle comunicazioni promuove interventi per garantire standard di igiene per tutti i trasporti pubblici (treni, autobus, taxi, etc.);
  • 21 febbraio, il Ministero della Pubblica Istruzione fissa le regole per garantire la sicurezza a scuola: se è presente più di una persona in una classe (studente o insegnante) con diagnosi di COVID-19, le lezioni in quella classe vengono sospese per 14 giorni; se vi sono più di due casi di COVID-19 in una scuola, la scuola è chiusa per 14 giorni; se un terzo delle scuole di un quartiere, città o distretto viene chiusa, tutte le altre vengono chiuse;
  • 23 febbraio, le scuole e i servizi di dopo-scuola riaprono, e ricevono 6,45 milioni di maschere chirurgiche, insieme a 25.000 termometri frontali e 84.000 litri di disinfettanti a base di alcol.

L’analisi di JAMA si ferma a fine febbraio, ma non vi sono dubbi che anche nel mese di marzo il dinamismo Taiwanese sia proseguito, arrivando a garantire appunto l’irrisorio numero di decessi fino ad oggi registrati.

Premesso che buona parte delle informazioni, dei dati e delle iniziative assunte dai governi dell’estremo oriente per fronteggiare l’epidemia erano online dettagliatamente in lingua inglese già alla fine dello scorso gennaio, come queste utili “lezioni” possano essere cadute nel vuoto e ignorate dalle istituzioni italiane – e di altri Paesi d’Europa – per quasi un intero mese, contribuendo ad aumentare sensibilmente il numero dei decessi di cittadini per complicanze da Coronavirus, resta per me un mistero.

NOTA: se hai trovato stimolante questo articolo, potrebbe interessarti anche approfondire le strategie di gestione della crisi pandemica adottate dal Governo italiano, e le relative critiche mosse da analisti ed esperti, leggendo questa analisi.

AGGIORNAMENTO DEL 28/04/21: sono diversi – oltre a Taiwan – i Paesi che hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica in relazione alle proprie strategie virtuose di gestione della pandemia, come ad esempio la Corea del Sud (1.821 decessi in totale, su 51 milioni di abitanti), la Nuova Zelanda (26 decessi in totale, su 5 milioni di abitanti), Hong Kong (209 decessi in totale, su 7 milioni di abitanti), Giappone (10.000 decessi in totale, su 126 milioni di abitanti), Australia (910 decessi in totale, su 25 milioni di abitanti) e in particolar modo il Vietnam (35 decessi in totale, su quasi 100 milioni di abitanti), nazione sulla quale si è soffermata l’attenzione degli specialisti in crisis management. Oggi la vita in Vietnam scorre relativamente tranquilla, come conferma un articolo sul Corriere della Sera: a parte lockdown brevi e mirati, i cittadini escono, vanno ai concerti, e scuole e ristoranti sono aperti. Il livello di guardia però resta alto: basta un contagio nel proprio quartiere per rimanere bloccati, e con un solo caso conclamato di Covid la zona di provenienza diventa “rossa”, e da lì non ci si può muovere. Limitazione della mobilità e quarantene obbligatorie, tracciamento serrato, lockdown tempestivi e grande quantità di test molecolari e rapidi: un mix di provvedimenti che aiutano a spiegare – conferma l’articolo del quotidiano – come il Vietnam sia riuscito a bloccare il virus prima ancora di avviare – peraltro con successo – la campagna per la vaccinazione di massa…

Bibliografia/Sitografia

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D’Ambros, C; Crisanti: “Epidemia di coronavirus in Italia? Numeri inesatti. Male contenimento e monitoraggio di positivi’’, Globalist Syndication, 22/03/2020
Ditta, A; “Non vogliamo leggere le tue cazzate”: così rispose Regione Lombardia il 22 febbraio alla segnalazione di creare ospedali da Covid-19 per fermare il contagio, TPI, 25/03/20
Ferla V; A futura memoria (se la memoria ha un futuro). Dalla crisi del coronavirus si esce in tre modi: digitale, digitale, digitale, Linkiesta, 16/03/2020
Parisi, G; La lezione cinese non è solo divieti, Huffington Post, 23/03/2
Pisano, G, Sadun, R, Zanini, M; Lessons from Italy’s Response to Coronavirus, Harvard Business Review, 27/03/2020
Poma L; Governo Conte e Coronavirus. Analisi sulle frequenze della paura, Formiche.Net, 25/03/2020
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Redazione FanPage.it, Sintomi da stress post-traumatico, rabbia e confusione: gli effetti psicologici della quarantena, 28/03/2020
Redazione Il Fatto Quotidiano, Coronavirus, gli 007 americani: “La Cina ha fornito intenzionalmente numeri falsi su morti e contagiati”, Il Fatto Quotidiano, 1/04/2020
Redazione Il Fatto Quotidiano; Coronavirus, “omicidio ed epidemia colposa”: indagato il dg del Pio Albergo Trivulzio per le oltre 100 morti nella residenza per anziani, Il Fatto Quotidiano, 01/04/2020
Redazione Iltempo.it, La mazzata di Ricciardi: “Certa la seconda ondata del virus in autunno”. Addio alla normalità, Iltempo.it, 17/04/2020
Santucci, G; Coronavirus, gli errori fatti in Lombardia: un piano da 10 anni nel cassetto e le misure inapplicate, Corriere della Sera, 29/03/2020
Testa ASmettiamo di dire che è una guerra, Internazionale, 30/03/2020
Verdi C; Quel centro per le epidemie smantellato: ora avrebbe potuto coordinare la lotta al Covid-19, Ilgiornale.it, 31/03/2020
Wang CJ, Ng CY, Brook RH; Response to COVID-19 in Taiwan: big data analytics, new technology, and proactive testing. doi:10.1001/jama.2020.3151